Ordinanza n. 113 del 2012

CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 113

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso                   QUARANTA                                                Presidente

- Franco                     GALLO                                                           Giudice

- Luigi                       MAZZELLA                                                         ”

- Gaetano                  SILVESTRI                                                          ”

- Sabino                     CASSESE                                                             ”

- Paolo Maria             NAPOLITANO                                                    ”

- Giuseppe                 FRIGO                                                                  ”

- Alessandro              CRISCUOLO                                                       ”

- Paolo                       GROSSI                                                                ”

- Giorgio                    LATTANZI                                                           ”

- Aldo                        CAROSI                                                                ”

- Marta                      CARTABIA                                                          ”

- Sergio                      MATTARELLA                                                    ”

- Mario Rosario         MORELLI                                                             ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 303, secondo comma, del codice di procedura civile, promosso dal Tribunale ordinario di Napoli nel procedimento vertente tra Lenci Diego e Balbi Immacolata ed altre, con ordinanza del 16 maggio 2011, iscritta al n. 270 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 54, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 aprile 2012 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli.

Ritenuto che – in un giudizio civile interrotto per morte dell’attore e poi riassunto, dalla controparte, nei confronti degli eredi collettivamente e impersonalmente nell’ultimo domicilio del defunto, ai sensi dell’articolo 303, secondo comma, del codice di procedura civile – l’adito Tribunale ordinario di Napoli, al fine dell’eventuale preliminare dichiarazione di contumacia dei predetti eredi, non comparsi, ai quali la notifica dell’atto di riassunzione risultava effettuata, per irreperibilità, nelle forme di cui all’articolo 140 stesso codice, con finale restituzione dell’atto al mittente, ha reputato per ciò rilevante, ed inoltre non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3, primo comma, 24, primo comma e 111, secondo comma, della Costituzione – onde, di ufficio, ha sollevato con l’ordinanza in epigrafe – questione incidentale di legittimità costituzionale del predetto art. 303, secondo comma, cod. proc. civ. «nella parte in cui, nel consentire, che, a seguito dell’interruzione del giudizio determinata dalla morte di una parte, l’altra parte possa entro un anno dall’evento morte riassumere il giudizio notificando il ricorso ed il decreto collettivamente ed impersonalmente agli eredi nell’ultimo domicilio del defunto, permette, nell’interpretazione data dalla giurisprudenza, che ciò possa avvenire con le modalità previste dall’art. 140 c.p.c., anche nel caso in cui l’avviso spedito a mezzo di raccomandata non possa essere consegnato e non sia successivamente ritirato presso l’ufficio postale»;

che ad avviso del rimettente – venendo meno, nei confronti degli eredi, la presunzione del collegamento tra il destinatario dell’atto ed il luogo di sua abituale residenza, che ne giustifica la notifica nelle forme di cui al citato art. 140 – l’adozione di tal rito anche nell’ipotesi sub art. 303 cod. proc. civ., vulnererebbe, appunto, gli evocati precetti costituzionali, per i profili, rispettivamente, dell’irragionevole equiparazione della sfera di conoscibilità e disponibilità del de cuius con quella degli eredi; della menomazione del diritto di difesa di questi ultimi; della concreta possibilità che il giudizio interrotto prosegua senza il rispetto del necessario contradditorio;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha eccepito l’inammissibilità della riferita questione per errata individuazione del correlativo oggetto (attenendo il denunciato art. 303 all’individuazione del destinatario della notificazione e non alle modalità della stessa) e, in subordine, nel merito, la sua manifesta infondatezza.

            Considerato che, con riguardo alla riferita questione, l’eccezione di inammissibilità per aberratio ictus, formulata dall’Avvocatura generale, è superabile, atteso che, al di là della non del tutto precisa formulazione del dispositivo dell’ordinanza di rinvio, si evince dalla sua motivazione, che ciò che il giudice a quo ha inteso denunciare è la norma virtuale risultante dal combinato disposto degli articoli 303, secondo comma, e 140 del codice di procedura civile, ove applicabile «anche nel caso in cui l’avviso [di deposito dell’atto di riassunzione presso la casa comunale], spedito a mezzo raccomandata, non possa essere consegnato e non sia successivamente ritirato presso l’ufficio postale» dagli eredi della parte defunta;

che, infatti, nell’argomentare, in particolare, in punto di rilevanza della questione così sollevata, il rimettente – dopo aver precisato come essa sia finalizzata ad evitare la declaratoria di contumacia dei convenuti che, altrimenti, egli sarebbe tenuto ad adottare, a fronte di una notifica ex art. 140 cit. formalmente rituale dell’atto di riassunzione e stante la mancata costituzione dei destinatari – aggiunge, appunto, che «ove il dubbio prospettato si rivelasse fondato, risulterebbe indispensabile procedere o ad una nuova notificazione collettivamente ed impersonalmente, anche ai sensi dell’art. 140 c.p.c., con la speranza di una consegna effettiva entro l’anno dalla morte del de cuius, quanto meno della raccomandata contenente l’avviso, ovvero ad una compiuta identificazione degli eredi e ad una notificazione a ciascuno di essi»;

che, però, questi essendo i termini della questione, ciò che non risulta chiaro non è quale ne sia l’oggetto, ma, piuttosto, quale sia, in ordine ad esso, l’intervento correttivo dal giudice a quo auspicato: se, cioè, esso debba incidere sull’art. 140 cod. proc. civ. (in correlazione al quale unicamente egli, per altro, motiva in punto di non manifesta infondatezza), ovvero sul citato art. 303 cod. prov. civ. (non potendo evidentemente, prefigurarsi ipotesi di necessità di notifica «a ciascun erede» senza prima rimuovere l’opposta regola, ivi sancita, che la autorizza, senza eccezioni, in forma «impersonale e collettiva»), ovvero ancora se la reductio ad legitimitatem debba interessare, e con quale coordinazione, entrambe tali disposizioni;

che, pertanto, anche a prescindere dalla non precipua articolazione del petitum, ciò che rileva, in senso ostativo al suo accoglimento, è il fatto che, in ogni sua scansione, esso è volto ad ottenere, in tema di prosecuzione del processo interrotto per morte di una parte, un nuovo e diverso bilanciamento tra l’interesse del notificante ad una più agevole individuazione del luogo e dei destinatari dell’atto di riassunzione, e l’interesse di detti destinatari, ad avere effettiva conoscenza dell’atto stesso, che si postula dal rimettente non adeguatamente tutelato dall’attuale denunciata disciplina.

Il che si risolve nella richiesta di un intervento, comunque, manipolativo non a rima obbligata, come tale non consentito a questa Corte, perché riservato al legislatore;

che la questione in esame è, per tal profilo, dunque, manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 303, secondo comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3, primo comma, 24, primo comma e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Napoli con l’ordinanza di cui in epigrafe.

            Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Mario Rosario MORELLI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 3 maggio 2012.