Ordinanza n. 103 del 2012

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ORDINANZA N. 103

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alfonso                       QUARANTA                                   Presidente

-           Franco                         GALLO                                              Giudice

-           Luigi                            MAZZELLA                                             "

-           Sabino                         CASSESE                                                 "

-           Giuseppe                     TESAURO                                                "

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                        "

-           Giuseppe                     FRIGO                                                      "

-           Paolo                           GROSSI                                                    "

-           Giorgio                        LATTANZI                                               "

-           Aldo                            CAROSI                                                    "

-           Marta                           CARTABIA                                              "

-           Sergio                          MATTARELLA                                        "

-           Mario Rosario             MORELLI                                                 "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato) promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Siena nel procedimento vertente tra la Confraternita di Misericordia di Abbadia di San Salvatore e l’Ufficio del registro di Montepulciano con ordinanza del 5 giugno 2000, iscritta al n. 229 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2012 il Giudice relatore Sabino Cassese.

Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Siena, sezione II, con ordinanza del 5 giugno 2000 (reg. ord. n. 229 del 2011), ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato), «nella parte in cui non prevede l’esenzione da ogni tipo d’imposta ad ogni trasferimento di beni – compresi quelli “inter vivos” – operato da parte delle Associazioni di volontariato»;

che, secondo quanto riferito dal giudice rimettente, la ricorrente nel giudizio principale, organizzazione di volontariato, ha impugnato l’avviso di liquidazione emesso dall’Ufficio del registro di Montepulciano per il recupero in via suppletiva delle imposte ipotecaria e catastale sull’atto n. 1066/IV, registrato in data 18 settembre 1997; che successivamente, in sede di registrazione, l’atto d’acquisto veniva ritenuto esente dalle imposte di registro e di bollo ai sensi dell’art. 8, comma 1, della legge n. 266 del 1991, essendo la ricorrente iscritta nel Registro del volontariato della Regione Toscana, e questa esenzione era applicata, estensivamente, anche alle imposte ipotecaria e catastale; e che, infine, l’Ufficio impositore, ritenendo non applicabile tale esenzione, notificava alle parti un avviso di liquidazione – impugnato nel giudizio principale – per il recupero in via suppletiva di dette imposte su prezzo dichiarato;

che – riporta il giudice rimettente – la ricorrente sostiene che «pur non essendo l’esenzione delle imposte ipotecaria e catastale espressamente prevista dalla legge, tuttavia essa va desunta dal combinato disposto del 1° e 2° comma dell’art. 8 della legge n. 266/1991 (…), da cui traspare evidente che l’intenzione del legislatore è quella di agevolare gli atti di trasferimento connessi allo svolgimento delle attività delle associazioni di volontariato, siano essi “inter vivos” sia “mortis causa”»;

che, in via subordinata, la ricorrente ha sollevato questione di costituzionalità dell’art. 8, comma 1, della legge n. 266 del 1991 «per disparità di trattamento tra associazioni che ricevono beni a titolo gratuito e associazioni che acquistano beni a titolo oneroso con identica finalità solidaristica, laddove le prime sarebbero esenti da ogni imposta, le seconde, invece, oltre ad essere gravate dell’impegno economico sostenuto per l’acquisto, dovrebbero scontare le normali imposte ipotecarie e catastali»;

che il giudice rimettente riferisce che l’Ufficio resistente ritiene invece che l’art. 8, comma 2, della legge n. 266 del 1991 non sia applicabile al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in quanto «la “ratio” della differente disciplina agevolativa degli atti di liberalità rispetto a quelli a titolo oneroso risiede nella totale assenza di un interesse lucrativo nei primi, che arricchiscono unicamente l’organizzazione di volontariato, mentre negli atti onerosi il privato percepisce un corrispettivo che può essere anche molto ingente e merita di andare soggetto a tassazione, e pertanto limitare l’agevolazione ai tributi di registro e di bollo – che come le imposte ipotecarie sarebbero dovuti in solido da entrambe le parti – contempererebbe la duplice esigenza di agevolare in qualche misura la finalità del volontariato senza agevolare troppo l’interesse lucrativo della controparte contrattuale»;

che la Commissione tributaria provinciale di Siena ritiene che la norma di agevolazione tributaria di cui all’art. 8, comma 2, della legge n. 266 del 1991 costituisca un’eccezione alle norme impositive di carattere generale e non sia applicabile oltre i casi in essa tassativamente considerati;

che, tuttavia, ad avviso del giudice rimettente non sembra soddisfacente la ratio giustificativa dei commi 1 e 2 dell’art. 8 della legge n. 266 del 1991 così come individuata dall’Ufficio resistente nel giudizio principale, «ove si consideri che la pretesa finalità di colpire tributariamente “l’interesse lucrativo della controparte”, viene di fatto frustrata dal momento che le imposte ipotecarie e catastali – così come quelle di registro e di bollo – fanno carico in via principale all’acquirente (e cioè, nella fattispecie alla Associazione di volontariato) e solo in via subordinata – per il principio della solidarietà – alla controparte contrattuale»;

che la Commissione tributaria provinciale di Siena ritiene quindi rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 8, comma 1, della legge n. 266 del 1991, per contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede l’esenzione da ogni tipo d’imposta – così come il successivo comma 2 per gli atti di liberalità – per ogni trasferimento di beni connesso allo svolgimento delle attività delle associazioni di volontariato;

che, con atto depositato nella cancelleria di questa Corte il 22 novembre 2011 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo la non fondatezza della questione;

che la difesa dello Stato, dopo aver premesso che la disposizione censurata rientrerebbe, in quanto norma agevolativa, nella sfera della discrezionalità del legislatore, insindacabile da parte del giudice, sottolinea la ragionevolezza della previsione di un diverso trattamento tributario degli atti di liberalità rispetto agli atti a titolo oneroso nei quali sia parte un’associazione di volontariato;

che, inoltre, la difesa dello Stato osserva che il diverso trattamento tributario riguarderebbe «due fattispecie assolutamente differenti» – da un lato atti donativi e mortis causa, dall’altro atti inter vivos a titolo oneroso – venendo quindi meno «l’identità delle situazioni messe a confronto»;

che la ratio del diverso trattamento tributario, dunque, risiederebbe nel «favore del legislatore per gli accrescimenti patrimoniali tesi ad arricchire l’ente di volontariato, gratuitamente, senza alcun sacrificio economico», in quanto l’esenzione da ogni imposta degli atti di liberalità – prevista dall’art. 8, comma 2, della legge n. 266 del 1991 – renderebbe possibile «incentivare tali forme di acquisizioni patrimoniali in capo agli enti che perseguono fini di utilità sociale»;

che diversa sarebbe invece la ratio dell’art. 8, comma 1, della legge n. 266 del 1991, con riferimento agli atti inter vivos a titolo oneroso, per i quali il legislatore avrebbe considerato «il programma negoziale realizzato dai due contraenti», per cui, se normalmente l’ente di volontariato pone in essere tale tipo di negozi al solo fine di perseguire il proprio fine istituzionale, l’altro contraente agirebbe «attualizzando un programma di carattere lucrativo, tendendo a realizzare un profitto di tipo egoistico dell’operazione negoziale», e sarebbe quindi «la connotazione lucrativa dell’interesse dell’altro contrente/alienante», assente nei negozi di liberalità, a giustificare, rendendola come tale coerente, la scelta del legislatore di differenziare, dal punto di vista tributario, le due diverse tipologie di atti;

che, di conseguenza, l’incentivazione delle operazioni volte alla cessione di beni strumentali, utili agli enti di volontariato per lo svolgimento di fini istituzionali, sarebbe perseguita dal legislatore attraverso l’esenzione della sola imposta di registro e di bollo, evitando che gli alienanti possano essere chiamati, in via subordinata, al pagamento delle stesse;

che la persistenza delle imposte ipocatastali, pertanto, si spiegherebbe proprio nell’intento, coerente con il sistema, di negare prevalenza all’interesse lucrativo del cedente, nei negozi in cui sia parte un’associazione di volontariato;

che, infine, la difesa dello Stato rileva che le considerazioni espresse dal giudice rimettente sul fatto che le imposte ipotecarie e catastali farebbero carico in via principale all’acquirente (e dunque all’associazione di volontariato) e solo in via subordinata alla controparte contrattuale, sarebbero del tutto irrilevanti ai fini della denuncia di incostituzionalità, perché, se in materia di imposte «d’atto» vige il principio di solidarietà passiva nei confronti dell’amministrazione e normalmente le stesse gravano sulla parte acquirente, l’autonomia contrattuale delle parti potrebbe, in base all’art. 1475 del codice civile, stabilire diversamente, con la conseguenza che potrebbe essere anche il contraente diverso dall’associazione di volontariato a versare le imposte ipocatastali.

Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Siena, sezione II, con ordinanza del 5 giugno 2000 (reg. ord. n. 229 del 2011), ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato), «nella parte in cui non prevede l’esenzione da ogni tipo d’imposta ad ogni trasferimento di beni – compresi quelli “inter vivos” – operato da parte delle Associazioni di volontariato»;

che in particolare, con riguardo alle organizzazioni di volontariato aventi esclusivi fini di solidarietà, il giudice rimettente ritiene che l’art. 8, comma 1, della legge n. 266 del 1991, nella parte in cui limita alle imposte di registro e di bollo le esenzioni previste per gli atti costitutivi e per gli atti onerosi inter vivos connessi allo svolgimento dell’attività delle medesime organizzazioni ed assoggetta, invece, tali atti alle imposte ipotecarie e catastali («Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato (…), costituite esclusivamente per fini di solidarietà, e quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti dall’imposta di bollo e dall’imposta di registro»), comporti una ingiustificata disparità di trattamento tributario rispetto agli atti di donazione e alle attribuzioni di eredità o di legato, per i quali il comma 2 del medesimo art. 8 della legge n. 266 del 1991 prevede una esenzione fiscale totale («(…) le donazioni e le attribuzioni di eredità o di legato sono esenti da ogni imposta a carico delle organizzazioni» di volontariato);

che, in via preliminare, occorre ribadire, secondo quanto già osservato dall’ordinanza n. 144 del 2009, che «la concessione di agevolazioni relative a tributi erariali, attraverso norme di carattere eccezionale e derogatorio (ordinanza n. 174 del 2001; sentenza n. 292 del 1987), costituisce esercizio di un potere discrezionale del legislatore, censurabile solo per l’eventuale palese arbitrarietà o irrazionalità; con la conseguenza che la Corte costituzionale non può estenderne l’ambito di applicazione, se non quando lo esiga la ratio dei benefici stessi (sentenze n. 27 del 2001; n. 431 del 1997 e n. 86 del 1985; ordinanze n. 46 del 2009 e n. 10 del 1999)»;

che, innanzitutto, i commi 1 e 2 dell’art. 8 della legge n. 266 del 1991 riguardano due ipotesi differenti, cui si collegano finalità diverse: da una parte, gli atti inter vivos a titolo oneroso (comma 1); dall’altra, gli atti donativi a titolo liberale e gli atti mortis causa (comma 2);

che, nel comparare le due disposizioni, il giudice rimettente tiene esclusivamente conto dei fini perseguiti dalle organizzazioni di volontariato, che possono essere i medesimi in entrambe le ipotesi, senza considerare anche le diverse cause degli atti – a titolo oneroso, liberale o mortis causa – cui è riconducibile una differente posizione dell’altra parte della fattispecie negoziale (in un caso l’alienante, nell’altro il donante o il de cuius);

che, quindi, il rimettente muove dall’erroneo assunto che al medesimo fine generale di solidarietà istituzionalmente perseguito dalle organizzazioni di volontariato debba necessariamente corrispondere una unitaria giustificazione dei benefici fiscali ad esse accordati, così da rendere irragionevole ogni differenziazione delle agevolazioni in base ai diversi tipi di atti;

che, inoltre, la Commissione tributaria provinciale di Siena, nel ritenere la norma censurata in contrasto con l’art. 3 Cost. in quanto non prevede l’esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale, oltre a quella dall’imposta di bollo e dall’imposta di registro, omette altresì di considerare che queste imposte sono tributi di diversa natura, tra loro distinti, regolati ognuno da una propria normativa: il decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell’imposta di bollo) e il decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale);

che, infatti, mentre l’imposta di registro «si applica (…) agli atti soggetti a registrazione e a quelli volontariamente presentati per la registrazione» (art. 1 del d.P.R. n. 131 del 1986) e all’imposta di bollo sono soggetti «gli atti, i documenti e i registri indicati nella tariffa annessa» al d.P.R. n. 642 del 1972, talché esse costituiscono le cosiddette «imposte d’atto», le imposte ipotecaria e catastale, invece, riguardano rispettivamente «le formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione eseguite nei pubblici registri immobiliari» (art. 1 del d.lgs. n. 347 del 1990, relativo all’oggetto dell’imposta ipotecaria) e le volture catastali (art. 10 del d.lgs. n. 347 del 1990, relativo all’oggetto dell’imposta catastale), riferendosi quindi alle iscrizioni necessarie a fini di pubblicità (registri immobiliari) o di organizzazione e raccolta dei dati degli immobili (catasto);

che, dunque, la questione è manifestamente infondata, in quanto, non essendovi identità delle due situazioni messe a confronto dal giudice rimettente e tenuto conto delle differenze esistenti sia tra le imposte considerate, sia tra gli obiettivi perseguiti dal legislatore con le agevolazioni in esame, appare tutt’altro che irragionevole il diverso trattamento tributario previsto dall’art. 8 della legge n. 266 del 1991 per gli atti inter vivos a titolo oneroso, da un lato, e per gli atti donativi a titolo liberale e gli atti mortis causa, dall’altro (ordinanza n. 181 del 2005).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Siena con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2012.