Sentenza n. 50 del 2012

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SENTENZA N. 50

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alfonso                       QUARANTA                                   Presidente

-           Franco                         GALLO                                              Giudice

-           Luigi                            MAZZELLA                                             “

-           Gaetano                       SILVESTRI                                               “

-           Sabino                         CASSESE                                                  “

-           Giuseppe                     TESAURO                                                “

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                        “

-           Giuseppe                     FRIGO                                                       “

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                           “

-           Paolo                           GROSSI                                                    “

-           Giorgio                        LATTANZI                                               “

-           Aldo                            CAROSI                                                    “

-           Marta                           CARTABIA                                              “

-           Sergio                          MATTARELLA                                        “

-           Mario Rosario              MORELLI                                                 “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 5 e 30 della legge della Regione Umbria 30 marzo 2011, n. 4 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2011 in materia di entrate e di spese), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 3 giugno 2011, depositato nella cancelleria di questa Corte il 6 giugno 2011, ed iscritto al n. 56 del registro ricorsi 2011.

Visto l’atto di costituzione della Regione Umbria;

udito nell’udienza pubblica del 14 febbraio 2012 il Giudice relatore Sabino Cassese;

udito l’avvocato Paola Manuali per la Regione Umbria.

Ritenuto in fatto

1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 27 maggio 2011 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 6 giugno 2011 (reg. ric. n. 56 del 2011), ha impugnato gli articoli 5 e 30 della legge della Regione Umbria 30 marzo 2011, n. 4 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2011 in materia di entrate e di spese), per violazione degli artt. 3, 117, commi primo, secondo, lettera e), e terzo, della Costituzione.

2.— I due articoli impugnati prevedono misure concernenti rispettivamente l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e la disciplina del personale sanitario regionale.

2.1.— L’art. 5 della legge della Regione Umbria n. 4 del 2011 detta norme riguardanti agevolazioni in materia di IRAP. Il comma 1 prevede che, ai fini della determinazione di detta imposta, «i soggetti passivi di cui all’articolo 3 [comma 1, lettere a), b), c) e d)] del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali) che nell’anno di imposta in corso al 31 dicembre 2011 incrementano il numero dei lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato rispetto al numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto alla data del 31 dicembre 2010, possono dedurre il costo del predetto personale come specificato dal comma 2». Il successivo comma 2 precisa che tale deduzione «è pari al cinquanta per cento del costo di ogni nuovo dipendente incrementale assunto a tempo indeterminato, definito ai sensi dell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numero 9 del codice civile. La deduzione è incrementata al settantacinque per cento nei casi di assunzione di personale dipendente disoccupato da oltre dodici mesi di età superiore ad anni quaranta e di assunzione di persone di sesso femminile». Ai sensi del comma 4, «La deduzione spetta per l’anno di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010 e per i successivi quattro anni».

2.2.— L’art. 30 della legge impugnata riguarda il personale sanitario regionale, stabilendo che «In attesa della complessiva ridefinizione della materia e fatti salvi i principi contenuti nel decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e nella normativa statale di settore, per il reclutamento del personale delle Aziende sanitarie regionali continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nella legge regionale 23 febbraio 2005, n. 16 (Disposizioni in materia di dotazioni organiche e di reclutamento del personale nelle Aziende sanitarie regionali)».

3.— Il Presidente del Consiglio dei ministri censura gli artt. 5 e 30 della legge della Regione Umbria n. 4 del 2011 sotto tre profili.

3.1.— In primo luogo, il ricorrente impugna l’art. 5 per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in materia di «sistema tributario e contabile dello Stato», in quanto modificherebbe la disciplina sostanziale dell’IRAP «introducendo un’ulteriore ipotesi di deduzione» rispetto a quelle previste dal decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), in assenza di disposizioni che consentano al legislatore regionale un simile intervento. Ad avviso del ricorrente, la normativa statale prevedrebbe «esclusivamente la facoltà delle Regioni di variare le aliquote, non anche di introdurre agevolazioni diverse rispetto a quelle previste dalle norme statali». La difesa dello Stato rileva inoltre che, in base alla giurisprudenza costituzionale, «l’IRAP si configura come tributo regionale nel solo senso di tributo istituzionalmente destinato ad alimentare la finanza della regione nel cui territorio avviene il prelievo a carico della rispettiva collettività», non rientrando perciò «nella gamma dei tributi regionali “propri” in senso stretto, i quali potranno essere istituiti dalle regioni, con propria legge, nel rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario statale». Il ricorrente sottolinea, infine, che, in ogni caso, «l’intervento agevolativo introdotto dalla Regione Umbria nella forma di deduzioni dalla base imponibile, sarà consentito solo dal 2013», perché l’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario) dispone che solo «a decorrere dall’anno 2013 ciascuna regione a statuto ordinario, con propria legge, può ridurre le aliquote dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) fino ad azzerarle e disporre deduzioni dalla base imponibile, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di giustizia dell’Unione europea. Resta in ogni caso fermo il potere di variazione dell’aliquota di cui all’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 446 del 1997».

3.2.— In secondo luogo, il ricorrente censura l’art. 5 della legge impugnata per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., «nella parte in cui riconosce la facoltà di dedurre il costo di ogni nuovo dipendente incrementale assunto a tempo indeterminato, solo a taluni dei soggetti passivi dell’IRAP introducendo, quindi, una misura selettiva vietata dal diritto europeo». La norma impugnata contiene un esplicito richiamo ai soli soggetti passivi di cui all’art. 3, comma 1, lettere a), b), c) e d), del d.lgs. n. 446 del 1997, restando quindi esclusi i soggetti di cui alla lettera e), ovvero «gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali nonché le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato». Secondo la difesa dello Stato, tale norma sarebbe in contrasto con l’art. 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), violando, di conseguenza, l’art. 117, primo comma, Cost. L’esclusione dal novero dei beneficiari degli enti di cui alla lettera e) del d.lgs. n. 446 del 1997, considerati dalla legge istitutiva dell’IRAP soggetti passivi dell’imposta, priverebbe «l’agevolazione del carattere della generalità, assumendo la misura carattere di aiuto di Stato ed integrando così la fattispecie disciplinata dall’art. 107 del TFUE».

3.3.— In terzo luogo, il ricorrente censura l’art. 30 della legge della Regione Umbria n. 4 del 2011 per violazione degli artt. 3 e 117, terzo comma, Cost., in materia di tutela della salute e di ordinamento delle professioni. Tale articolo, nella parte in cui proroga gli effetti dell’art. 6 della legge regionale 23 febbraio 2005, n. 16 (Disposizioni in materia di dotazioni organiche e di reclutamento del personale nelle Aziende sanitarie regionali), sarebbe «in contrasto con la disciplina generale in materia di accesso alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale di cui al d.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483 (Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale)» e creerebbe «disparità di trattamento in ambito nazionale». Ad avviso della difesa dello Stato, il citato art. 6 della legge regionale n. 16 del 2005, infatti, prevede che, per la copertura dei posti vacanti, «il cinquanta per cento dei posti disponibili della qualifica di dirigente è riservato ai dipendenti delle Aziende sanitarie regionali che bandiscono il relativo concorso», violando in tal modo l’art. 15 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).

4.— Con atto depositato il 6 luglio 2011, si è costituita in giudizio la Regione Umbria, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato.

4.1.— Quanto al primo motivo di ricorso, la difesa regionale rileva che il ricorrente «omette di considerare la portata della normativa successiva al d.lgs. n. 446 del 1997». In particolare, l’art. 1, comma 43, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2008) ha stabilito che «In attesa della completa attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, con particolare riferimento alla individuazione delle regole fondamentali per assicurare il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario di livello substatuale, l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) assume la natura di tributo proprio della regione e, a decorrere dal 1° gennaio 2009, è istituita con legge regionale. […] Le regioni non possono modificare le basi imponibili; nei limiti stabiliti dalle leggi statali, possono modificare l’aliquota, le detrazioni e le deduzioni, nonché introdurre speciali agevolazioni». In seguito, l’art. 42, comma 7, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti), convertito nella legge 27 febbraio 2009, n. 14, ha previsto che «In attesa della approvazione parlamentare del disegno di legge recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, il termine di cui all’articolo 1, comma 43, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è prorogato al 1° gennaio 2010». Di conseguenza, la difesa regionale osserva che, maturato il termine del 1° gennaio 2010 ed essendo intervenuta la legge delega in materia di federalismo fiscale (legge 5 maggio 2009, n. 42), «l’IRAP può essere considerata come tributo “regionale” in tutte quelle regioni che hanno provveduto alla relativa istituzione, avvenuta in Umbria con la legge regionale n. 26 del 2008». Da ciò deriverebbe il potere della Regione di intervenire, oltre che sull’aliquota, anche sulle detrazioni e sulle deduzioni, nonché di introdurre speciali agevolazioni, ai sensi del citato art. 1, comma 43, della legge n. 244 del 2007. Ad avviso della difesa regionale, dunque, la giurisprudenza costituzionale richiamata dal ricorrente sarebbe inconferente rispetto alla fattispecie censurata, perché si riferirebbe a modifiche legislative effettuate dalle Regioni sui soggetti passivi o sulla base imponibile dell’IRAP. Nel caso in esame, invece, la Regione Umbria consente solo deduzioni.

4.2.— In relazione al secondo motivo di ricorso, la difesa regionale osserva che, contrariamente a quanto sostenuto dal Presidente del Consiglio dei ministri, l’agevolazione prevista dalla norma impugnata non configurerebbe «alcun obbligo di notificazione preventiva» alla Commissione europea, ai sensi di quanto stabilito in materia di aiuti di Stato dall’art. 108, comma 3, del TFUE.

4.3.— Infine, quanto al terzo motivo di ricorso, la Regione Umbria ne deduce l’infondatezza, ritenendolo «frutto di evidente equivoco». La difesa regionale precisa che l’art. 31 della legge impugnata abroga l’art. 6 della legge regionale n. 16 del 2005, vale a dire la norma che il ricorrente indica per argomentare l’asserita violazione degli artt. 3 e 117, terzo comma, Cost. Tale rilievo sarebbe perciò assorbente anche rispetto «alla infondatezza della censura di contrasto con l’art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992, considerato che l’ormai abrogato art. 6 della legge regionale n. 16 del 2005, con riferimento alla riserva del 50 per cento di posti di qualifica di dirigente delle Aziende sanitarie regionali richiamava espressamente l’art. 2, comma 4, della legge 29 dicembre 2001, n. 401, a sua volta riferito solo al personale di ruoli amministrativo, tecnico e professionale»: la riserva di cui al citato art. 6 della legge regionale n. 16 del 2005, quindi, mai sarebbe stata applicata alla dirigenza medica.

5.— Successivamente al ricorso, l’art. 9, comma 2, della legge della Regione Umbria 24 novembre 2011, n. 14 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2011, ai sensi della legge regionale di contabilità 28 febbraio 2000, n. 13 di contabilità, artt. 45 e 82, e provvedimenti collegati in materia di entrata e di spesa – Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali) ha modificato l’art. 5, comma 1, della legge impugnata, sostituendo le parole «i soggetti passivi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a), b), c) e d)» con «per il settore privato i soggetti passivi di cui all’articolo 3».

6.— In data 17 gennaio 2012, la Regione Umbria ha depositato presso la cancelleria di questa Corte una memoria illustrativa, in cui sono ribadite le argomentazioni a sostegno della infondatezza del primo e del terzo motivo di ricorso. Quanto al secondo motivo, la difesa regionale rileva che l’intervenuta modifica legislativa realizzata con l’art. 9, comma 2, della legge regionale n. 14 del 2011, farebbe venir meno la censura riferita all’art. 5, comma 1, della legge regionale n. 4 del 2011 per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., così determinando la cessazione della materia del contendere. Ciò anche in quanto la norma impugnata non avrebbe avuto applicazione, perché «i benefici ivi previsti avranno effetto per la prima volta solo al momento della dichiarazione IRAP relativa all’anno 2011».

Considerato in diritto

1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 27 maggio 2011 e depositato presso la cancelleria di questa Corte il 6 giugno 2011 (reg. ric. n. 56 del 2011), ha impugnato gli artt. 5 e 30 della legge della Regione Umbria 30 marzo 2011, n. 4 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2011 in materia di entrate e di spese), per violazione degli artt. 3, 117, commi primo, secondo, lettera e), e terzo, della Costituzione.

Le questioni sottoposte all’esame della Corte concernono l’adozione di misure in materia di imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e il reclutamento del personale sanitario nella Regione Umbria.

2.— Per quanto riguarda le agevolazioni in materia di IRAP, successivamente al ricorso, l’art. 9, comma 2, della legge della Regione Umbria 24 novembre 2011, n. 14 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2011, ai sensi della legge regionale di contabilità 28 febbraio 2000, n. 13 di contabilità, artt. 45 e 82, e provvedimenti collegati in materia di entrata e di spesa – Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali) ha modificato l’art. 5, comma 1, della legge impugnata, prevedendo che «le parole: “i soggetti passivi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a), b), c) e d)” sono sostituite dalle seguenti: “per il settore privato i soggetti passivi di cui all’articolo 3”».

Lo ius superveniens ha ad oggetto esclusivamente l’ambito soggettivo di applicazione della ipotesi di deduzione dalla base imponibile IRAP prevista dall’art. 5 della legge della Regione Umbria n. 4 del 2011. Nulla è mutato con riguardo alla ipotesi di deduzione in sé, la cui introduzione è censurata dal ricorrente per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in materia di «sistema tributario e contabile dello Stato», in quanto la disciplina legislativa statale dell’IRAP non prevedrebbe «la facoltà delle Regioni […] di introdurre agevolazioni diverse rispetto a quelle previste dalle norme statali».

Tale censura deve essere considerata per prima.

2.1.— La questione è fondata.

Questa Corte ha già precisato che l’IRAP, anche dopo la sua «regionalizzazione», non è divenuta «“tributo proprio” regionale – nell’accezione di tributo la cui disciplina è liberamente modificabile da parte delle Regioni (o Province autonome) − ma resta un tributo disciplinato dalla legge statale in alcuni suoi elementi strutturali e, quindi, in questo senso, “erariale”», e che lo Stato «continua a regolare compiutamente la materia e a circoscrivere con precisione gli ambiti di intervento del legislatore regionale» (sentenze n. 357 del 2010 e n. 216 del 2009). La legislazione statale, infatti, dapprima ha disposto che, «per i tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni» – come l’IRAP – «le regioni, con propria legge, possono modificare le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e secondo criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della normativa comunitaria» (art. 7, comma 1, lettere b, numero 1, e c, della legge 5 maggio 2009, n. 42, “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione”); poi, ha stabilito che «A decorrere dall’anno 2013 ciascuna regione a statuto ordinario, con propria legge, può ridurre le aliquote dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) fino ad azzerarle e disporre deduzioni dalla base imponibile, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di giustizia dell’Unione europea. Resta in ogni caso fermo il potere di variazione dell’aliquota di cui all’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446» (art. 5 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 “Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario”).

Fino al 2013, dunque, in materia di IRAP le Regioni «non possono modificare le basi imponibili; nei limiti stabiliti dalle leggi statali, possono modificare l’aliquota, le detrazioni e le deduzioni, nonché introdurre speciali agevolazioni» (art. 1, comma 43, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008”).

L’art. 5 della legge della Regione Umbria n. 4 del 2011 prevede che, «per l’anno di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010 e per i successivi quattro anni» (comma 4), le imprese che nell’anno di imposta in corso al 31 dicembre 2011 abbiano incrementato rispetto al 2010 il numero dei lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato possano dedurre dalla base imponibile IRAP il cinquanta per cento – o il settantacinque per cento, nel caso di assunzione di personale dipendente disoccupato da oltre dodici mesi di età superiore ad anni quaranta o di persone di sesso femminile – del costo di ogni nuovo dipendente incrementale assunto a tempo indeterminato. L’art. 11, comma 4-quater, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), invece, ha riconosciuto alle imprese la deducibilità del costo – per un importo annuale non superiore a 20.000 euro per ciascun nuovo dipendente – per il personale assunto a tempo indeterminato fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008.

L’art. 5 della legge impugnata, pertanto, introduce una ipotesi di deduzione dalla base imponibile IRAP che non è prevista dalla legislazione statale e che, in quanto riferita agli anni 2011 e 2012, è in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in materia di sistema tributario e contabile dello Stato.

2.2.— Per quanto attiene ai profili di censura non assorbiti dalla declaratoria di illegittimità costituzionale parziale dell’art. 5 della legge della Regione Umbria n. 14 del 2011, va dichiarata cessata la materia del contendere con riferimento al giudizio concernente il comma 1 del medesimo articolo. Il ricorrente ha impugnato tale comma lamentando la mancata inclusione, nell’ambito di applicazione dell’agevolazione in materia di IRAP, dei soggetti di cui alla lettera e) dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 446 del 1997, in quanto essa priverebbe «l’agevolazione del carattere della generalità, assumendo la misura carattere di aiuto di stato ed integrando così la fattispecie disciplinata dall’art. 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)». A seguito delle modifiche introdotte con l’art. 9, comma 2, della legge della Regione Umbria n. 14 del 2011, l’ipotesi di deduzione prevista dal legislatore regionale – che si applicherà a decorrere dall’anno 2013 – riguarda per il settore privato tutti i soggetti passivi di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 446 del 1997.

3.— Con riguardo al personale sanitario regionale, il Presidente del Consiglio dei ministri censura l’art. 30 della legge impugnata in quanto esso, prorogando gli effetti della legge della Regione Umbria 23 febbraio 2005, n. 16 (Disposizioni in materia di dotazioni organiche e di reclutamento del personale nelle Aziende sanitarie regionali), violerebbe gli artt. 3 e 117, terzo comma, Cost., in materia di tutela della salute e di ordinamento delle professioni.

La questione non è fondata.

Il ricorrente muove dall’assunto che la norma impugnata sarebbe illegittima perché la proroga degli effetti della legge della Regione Umbria n. 16 del 2005 implicherebbe anche l’applicazione dell’art. 6 di tale legge, il quale prevede una riserva di posti del cinquanta per cento per i dipendenti delle aziende sanitarie locali che bandiscono concorsi per il reclutamento del personale. Il citato art. 6, però, è stato abrogato dall’art. 31 della stessa legge della Regione Umbria n. 4 del 2011, entrato in vigore lo stesso giorno dell’art. 30 impugnato. Ammesso che la norma abrogata fosse applicabile al personale dirigente sanitario, vengono meno le ragioni poste dal ricorrente a fondamento della censura.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 5 della legge della Regione Umbria 30 marzo 2011, n. 4 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2011 in materia di entrate e di spese), in quanto riferito agli anni 2011 e 2012;

2) dichiara cessata la materia del contendere con riguardo al giudizio concernente l’articolo 5, comma 1, della legge della Regione Umbria n. 4 del 2011, in quanto riferito agli anni successivi al 2012, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 30 della legge della Regione Umbria n. 4 del 2011, promossa, in riferimento agli artt. 3 e 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 marzo 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2012.