Sentenza n. 192 del 2011

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SENTENZA N. 192

ANNO 2011

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                          MADDALENA                     Presidente

-           Alfio                           FINOCCHIARO                     Giudice

-           Alfonso                      QUARANTA                                "

-           Franco                        GALLO                                         "

-           Luigi                           MAZZELLA                                 "

-           Gaetano                      SILVESTRI                                   "

-           Sabino                        CASSESE                                      "

-           Giuseppe                    TESAURO                                    "

-           Paolo Maria                NAPOLITANO                             "

-           Giuseppe                    FRIGO                                           "

-           Alessandro                 CRISCUOLO                                "

-           Paolo                          GROSSI                                        "

-           Giorgio                       LATTANZI                                   "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 15 e 27 della legge della Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento al bilancio di previsione per l’anno finanziario 2010 e disposizioni finanziarie), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 1°-5 ottobre 2010, depositato in cancelleria il 6 ottobre 2010 ed iscritto al n. 101 del registro ricorsi 2010.

Visto l’atto di costituzione della Regione Piemonte;

udito nell’udienza pubblica del 5 aprile 2011 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;

uditi l’avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giovanna Scollo per la Regione Piemonte.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato alla Regione Piemonte il 1° ottobre 2010, e depositato presso la cancelleria della Corte costituzionale il 6 ottobre 2010 (reg. ric. n. 101 del 2010), il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale in via principale degli articoli 15 e 27 della legge della Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento al bilancio di previsione per l’anno finanziario 2010 e disposizioni finanziarie), per violazione, rispettivamente, dell’art. 117, secondo comma, lettera s), e dell’art. 117, primo, secondo, lettere e) ed s), e terzo comma, della Costituzione.

2. – Il ricorrente espone che l’art. 15, intitolato «Modifiche della legge regionale n. 56/1977», inserisce dopo l’articolo 16 di quest’ultima legge (legge Regione Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, Tutela ed uso del suolo), l’articolo 16-bis, censurabile per quanto disposto dai commi 2 e 3.

2.1. – In particolare, il comma 2 della nuova disposizione prevede che, nel caso di adozione da parte del Consiglio comunale di un Piano di alienazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, qualora la Regione non esprima il proprio dissenso entro 90 giorni dalla ricezione della deliberazione comunale e della relativa completa documentazione, le modificazioni dello strumento urbanistico generale vigente, ivi contenute, si intendono approvate.

Il comma 3 del medesimo articolo prevede che nel caso di modificazioni relative a terreni non edificati, qualunque sia la destinazione dello strumento urbanistico generale vigente, la deliberazione comunale di adozione del Piano delle alienazioni e valorizzazioni del patrimonio immobiliare, dopo la pubblicazione e le eventuali osservazioni, deve essere trasmessa alla Regione e alla Provincia interessata per l’approvazione, tramite Conferenza dei Servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), della relativa variante urbanistica.

2.2. – Il Piano comunale di alienazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, rivestendo dunque una rilevanza urbanistica con il conseguente possibile impatto sul territorio, ricade nel campo di applicazione della vigente normativa sulla Valutazione Ambientale Strategica di Piani e Programmi (VAS), disciplinata dall’articolo 6, commi da 2 a 3-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e, pertanto, deve essere sottoposto almeno alla verifica di assoggettabilità a VAS di cui all’art. 12, comma 6, del medesimo decreto legislativo. Inoltre, nel caso in cui le previsioni del Piano comunale di alienazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare comportino modifiche sostanziali al Piano urbanistico comunale, tali da avere conseguenze ambientali rilevanti, è necessario attivare la procedura di VAS.

La mancata sottoposizione, da parte della normativa regionale sui Piani comunali di alienazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, alla disciplina sulla VAS, presenterebbe profili di illegittimità costituzionale in quanto recherebbe disposizioni difformi dalla normativa statale di riferimento, afferente alla materia della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui all’art. 117, comma 2, lettera s), per la quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva.

3. – Secondo il ricorrente, poi, l’art. 27, recante «moratoria delle procedure relative a impianti fotovoltaici non integrati», prevede la sospensione sine die delle procedure autorizzative in corso o attivate successivamente all’entrata in vigore della legge regionale medesima, relative ad impianti fotovoltaici non integrati da realizzare su terreni ricompresi nelle aree di esclusione di cui al paragrafo 3.3 dell’allegato alla Deliberazione della Giunta regionale 28 settembre 2009, n. 30-12221.

3.1. – La disposizione impugnata eccederebbe la competenza della Regione, invadendo quella statale in materia di tutela della concorrenza e ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), nonché in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., e ciò per contrasto con la normativa statale di principio in materia di fonti rinnovabili, dettata dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), oltre che con le norme internazionali (Protocollo di Kyoto) e comunitarie (art. 3 della Direttiva 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), e dunque anche con violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.

Osserva il ricorrente che il bilanciamento tra le esigenze connesse alla produzione di energia e gli interessi, variamente modulati, rilevanti in questo ambito, impone una prima ponderazione concertata in ossequio al principio di leale cooperazione, al fine di consentire alle Regioni ed agli enti locali di contribuire alla compiuta definizione di adeguate forme di contemperamento di tali esigenze. Una volta raggiunto tale equilibrio, con la formulazione delle linee guida, ogni Regione potrà adeguare i criteri così definiti alle specifiche caratteristiche dei rispettivi contesti territoriali.

La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, nonché gli interventi di modifica e le opere connesse, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla Regione (art. 12, comma 3), a seguito di un procedimento unico al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, nel termine massimo di centottanta giorni (comma 4).

L’indicazione di tale termine deve qualificarsi quale principio fondamentale in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», in quanto questa disposizione risulta ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità garantendo, in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito del procedimento autorizzativo.

In definitiva, la norma impugnata, nella parte in cui sospende fino all’adozione del provvedimento regionale di recepimento delle linee guida nazionali, le procedure autorizzative pendenti (in corso o attivate dopo l’entrata in vigore della legge regionale) per la realizzazione degli impianti fotovoltaici non integrati, si porrebbe in contrasto con i suddetti principi, essendo evidente che la sospensione del procedimento di autorizzazione incide sul rispetto del termine massimo di conclusione del procedimento.

4. – Si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, chiedendo dichiararsi l’infondatezza del ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri.

4.1. – Riguardo alla prima censura la Regione osserva che nel giudizio di costituzionalità dell’art. 58, commi 1 e 2, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133, promosso da essa e da altre Regioni nella parte in cui tale normativa prevedeva che la delibera del Consiglio comunale che approva il Piano delle alienazioni immobiliari costituisce variante automatica, la Corte costituzionale ne ha dichiarata, con sentenza n. 340 del 2009, l’illegittimità per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.: stabilendo 1’effetto di variante ed escludendo che la variante stessa debba essere sottoposta a verifiche di conformità, con l’eccezione dei casi previsti nell’ultima parte della disposizione (la quale pure contempla percentuali volumetriche e termini specifici), la disciplina non era semplicemente finalizzata a prescrivere criteri ed obiettivi, ma si risolveva in una normativa dettagliata che non lascia spazi d’intervento al legislatore regionale.

Dando esecuzione alla citata pronuncia, la Regione Piemonte si è limitata a regolamentare l’istituto del Piano di alienazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare degli enti locali nell’ambito delle proprie competenze come delineate anche dalla sentenza citata. Se nella normativa non si cita l’istituto della VAS (così come non se ne parlava nella norma statale di riferimento), non è certo per derogare ad esso. Bensì si dà per scontata (senza necessità di un richiamo espresso) l’applicazione di norme (statali e regionali) in vigore da molti anni.

La legge regionale 14 dicembre 1998, n. 40 (Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione), del resto, unitamente alle successive disposizioni attuative, obbliga il proponente la variante alla procedura di verifica e di valutazione a seconda dei casi. In particolare, con delibera di Giunta Regionale 9 giugno 2008 n. 12-8931 avente ad oggetto proprio l’applicazione del d.lgs. n. 152 del 2006 (ed in particolare i “primi indirizzi operativi per l’applicazione delle procedure in materia di valutazione ambientale strategica di piani e programmi”), sono state individuate le tipologie di varianti ai piani da sottoporre a valutazione ambientale o a preventiva verifica di assoggettabilità a valutazione, sulla base delle caratteristiche del territorio interessato o della variante in oggetto.

Ad avviso della Regione, non si vede come tale normativa possa intendersi implicitamente abrogata o derogata da una norma successiva che, semplicemente, in attuazione di una norma statale parzialmente dichiarata incostituzionale, prevede una procedura di variante semplificata al fine di consentire la valorizzazione dell’immobile da parte dell’Amministrazione pubblica.

4.2. – Riguardo alla seconda censura, la Regione osserva che l’art. 27 della legge regionale n. 18 del 2010, stabilendo una moratoria delle procedure relative ad impianti fotovoltaici non integrati da realizzare su terreni ricompresi nelle aree di esclusione di cui al paragrafo 3.3 dell’allegato alla deliberazione della Giunta Regionale 28 settembre 2009, n. 30-12221, persegue lo scopo di salvaguardare alcune parti del territorio piemontese dalla proliferazione incontrollata e pregiudizievole degli impianti fotovoltaici c.d. “a terra”, ossia non integrati.

Tale tipologia di impianti, benché alimentati da fonte energetica rinnovabile, per sua natura implica rilevanti impatti di carattere ambientale e di consumo del territorio, e non può essere quindi essere sottratta a tempo indeterminato al principio di individuazione delle aree non idonee alla loro localizzazione, sancito dal d.lgs. n. 387 del 2003, solo in virtù del fatto che non sono state finora approvate, a distanza di sette anni dall’entrata in vigore dello stesso, le linee guida nazionali dirette a disciplinare lo svolgimento del procedimento unico per il conseguimento dell’autorizzazione.

Solo a partire dal 2009, il Ministero dello sviluppo economico, al fine di procedere alla stesura delle linee guida, ha costituito specifici tavoli di lavoro che hanno visto la partecipazione di rappresentanti dei Ministeri coinvolti e di alcune Regioni, tra le quali il Piemonte. Dopo la sua elaborazione, lo schema di linee guida è stato oggetto di confronti tecnici in molteplici sedute interregionali fino ad essere poi esaminato nella seduta tecnica della Conferenza unificata svoltasi il 22 febbraio 2010 e da ultimo licenziato in quella del 15 aprile 2010. In attesa delle linee guida, si ravvisa la necessità di porre temporaneamente un freno alla realizzazione indiscriminata degli impianti fotovoltaici a terra, sospendendo le procedure autorizzative in corso relativamente ad impianti da realizzare sui terreni ricompresi in determinate aree, fino al recepimento regionale delle linee guida nazionali.

Tale situazione di stallo ha costretto la Regione a individuare uno strumento che consenta temporaneamente di salvaguardare alcuni siti da interventi i cui effetti, pur pregevoli sotto il profilo dell’utilizzo delle fonti rinnovabili, avrebbero come inevitabile risvolto la compromissione di aree ricomprese nelle aree di esclusione o di repulsione indicate al paragrafo 3.3 della Relazione programmatica dell’energia approvata dalla deliberazione della Giunta regionale 28 settembre 2009, n. 30-12221.

Va puntualizzato che la suddetta Relazione Programmatica quale “atto propedeutico all’aggiornamento del Piano energetico ambientale Regionale approvato con deliberazione del Consiglio Regionale 3 febbraio 2004, n. 351-3642”, individua i criteri di localizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, la cui portata è stata specificata da apposita Circolare regionale interpretativa del 29 marzo 2010.

Anche alla luce delle emanande linee guida nazionali per la disciplina del procedimento di cui all’articolo 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, la Circolare ha precisato che le indicazioni della Relazione Programmatica sull’energia non possono che intendersi al momento quali primi indirizzi volti ad orientare le valutazioni degli Enti locali piemontesi nell’espressione degli atti di rispettiva competenza nell’ambito di procedimenti autorizzatori e/o di valutazione di impatto ambientale.

Le argomentazioni svolte dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a proposito della violazione del termine per la conclusione del procedimento, starebbero proprio a dimostrare come tale norma non possa che essere intesa “a regime”. In caso contrario, le Regioni sarebbero ristrette tra l’inerzia ministeriale nella stesura delle linee guida e il termine di centottanta giorni per concludere i procedimenti autorizzativi in assenza delle medesime linee guida. Questo lasso di tempo può di fatto compromettere il territorio neutralizzando l’esito finale delle linee guida e le competenze stesse delle Regioni che, quanto alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, in una con il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, rientrano nelle materie di legislazione concorrente.

5. – Nell’imminenza dell’udienza, la Regione Piemonte ha fatto pervenire alla Corte copia delle delibera di Giunta Regionale 14 dicembre 2010 n. 3-1183, in cui, preso atto dell’approvazione delle linee guida nazionali, con decreto ministeriale 10 settembre 2010, pur in attesa dell’assegnazione alle Regioni delle rispettive quote minime di produzione di energia da fonti rinnovabili, vengono individuati siti ed aree non idonei all’installazione di impianti fotovoltaici “a terra”, e si dispone la cessazione del regime di sospensione di cui all’art. 27 delle legge regionale n. 18 del 2010.

5.1. – Successivamente la Regione ha fatto pervenire nota con cui preannuncia che in data 4 aprile 2011, il Consiglio regionale  avrebbe promulgato un testo legislativo di modifica dell’art. 16-bis della legge regionale n. 56 del 1977, nel senso di aggiungere un comma 4-bis, con cui si specifica che «le modificazioni allo strumento urbanistico generale, di cui al presente articolo sono soggette alla fase di verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica». La stessa legge sarebbe entrata in vigore il giorno stesso della pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione. Dal che la difesa regionale ha inferito la cessazione della materia del contendere, o comunque il venir meno dell’interesse da parte dello Stato a coltivare la prima questione di legittimità costituzionale.

5.2. – Nel corso dell’udienza la Regione ha depositato copia del Bollettino Ufficiale Regione Piemonte n. 13 del 31 marzo 2011 recante Legge regionale 29 marzo 2011, n. 3 (Modifica all’articolo 16-bis della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 – Tutela ed uso del suolo).

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della legittimità costituzionale degli artt. 15 e 27 della legge della Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento al bilancio di previsione per l’anno finanziario 2010 e disposizioni finanziarie).

1.1. – Osserva il ricorrente che l’art. 15, della legge della Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento al bilancio di previsione per l’anno finanziario 2010 e disposizioni finanziarie), intitolato «Modifiche della legge regionale n. 56/1977», inserisce, dopo l’art. 16 di quest’ultima (legge Regione Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, Tutela ed uso del suolo), l’art. 16-bis, che regola la procedura di approvazione del Piano di alienazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare. Il comma 2 prevede che nel caso di adozione del piano da parte del Consiglio comunale, le modificazioni dello strumento urbanistico generale, ivi contenute, si intendono approvate qualora la Regione non esprima il proprio dissenso entro novanta giorni dalla ricezione della deliberazione comunale e della relativa completa documentazione; nel caso che il piano apporti modificazioni riguardo al regime dei terreni non edificati, quale che ne sia la destinazione urbanistica, è necessaria l’approvazione della variante tramite la Conferenza dei Servizi, e, a tal fine, in base al comma 3, la deliberazione di adozione del piano deve essere trasmessa alla Regione e alla Provincia interessata.

Il Piano comunale di alienazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, rivestendo dunque una rilevanza urbanistica con il conseguente possibile impatto sul territorio, ricadrebbe nel campo di applicazione della vigente normativa sulla Valutazione Ambientale Strategica di Piani e Programmi (VAS) disciplinata dall’articolo 6, commi da 2 a 3-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e pertanto dovrebbe essere sottoposto almeno alla verifica di assoggettabilità a VAS di cui all’art. 12, comma 6, del medesimo decreto legislativo. Inoltre nel caso in cui le previsioni dello stesso Piano comportino modifiche sostanziali al Piano urbanistico comunale, tali da avere conseguenze ambientali rilevanti, sarebbe necessario attivare la procedura di VAS.

La mancata sottoposizione, da parte della normativa regionale sui Piani comunali di alienazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, alla disciplina sulla VAS, presenterebbe dunque profili di illegittimità costituzionale recando disposizioni difformi dalla normativa statale di riferimento, afferente alla materia della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui all’art. 117, comma 2, lettera s), per la quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva.

1.2. – Secondo la difesa della Regione Piemonte, la norma impugnata regolerebbe gli effetti urbanistici della approvazione del Piano delle alienazioni e valorizzazioni, e non citando l’istituto della VAS, non avrebbe certo inteso derogare alla sua applicazione, imponendosi al contrario un’interpretazione logica che dà per scontata (senza necessità di espresso richiamo) l’applicazione delle norme statali e regionali, che quella valutazione impongono.

Nelle more del giudizio di costituzionalità risulta, peraltro, promulgata dal Presidente della Giunta regionale la legge regionale 29 marzo 2011, n. 3 (Modifica all'articolo 16-bis della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo), pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 13 del 31 marzo 2011, con cui si è aggiunto un comma 4-bis all’art. 16-bis: la norma specifica ora che «le modificazioni allo strumento urbanistico generale, di cui al presente articolo sono soggette alla fase di verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica».

1.3. – La modifica apportata, da parte della legge regionale n. 3 del 2011, alla citata disposizione, ha determinato la cessazione della materia del contendere sul ricorso dello Stato avverso l’art. 16-bis della legge n. 18 del 2010, anche in considerazione della circostanza – desumibile dal tenore della difesa della Regione in ordine alla prassi amministrativa seguita, non contraddetta dal ricorrente, secondo cui la verifica di assoggettabilità andava comunque compiuta – che la norma impugnata non ha comunque determinato medio tempore approvazione di Piani di alienazioni e valorizzazioni senza preventiva sottoposizione a VAS.

2. – Il ricorrente impugna anche l’art. 27 della legge della Regione Piemonte n. 18 del 2010, recante il titolo «Moratoria delle procedure relative a impianti fotovoltaici non integrati», che sospende le procedure autorizzative in corso o attivate successivamente all’entrata in vigore della legge regionale medesima, relative ad impianti fotovoltaici non integrati, da realizzare su terreni ricompresi in determinate aree di pregio ambientale, individuate dalla Giunta regionale.

La previsione della legge regionale eccederebbe la competenza della Regione, invadendo quella statale in materia di tutela della concorrenza e ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), e violando la normativa di principio statale in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., oltre che le norme internazionali e comunitarie con conseguente violazione anche del primo comma dell’art. 117 Cost., essendo evidente – ad avviso del ricorrente – che la sospensione del procedimento di autorizzazione incide sul rispetto del termine massimo di conclusione del procedimento, fissato in centottanta giorni dall’art. 12, comma 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), che è ispirato alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità, e garantisce in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito del procedimento autorizzativo.

2.1. – La difesa regionale replica che la moratoria delle procedure di autorizzazione degli impianti fotovoltaici non integrati agli edifici, da realizzare su terreni ricompresi nelle aree di esclusione di cui al paragrafo 3.3 dell’allegato alla deliberazione della Giunta Regionale 28 settembre 2009, n. 30-12221, persegue lo scopo di salvaguardare alcune parti del territorio piemontese dalla proliferazione incontrollata e pregiudizievole di tali impianti, che implicano rilevanti impatti di carattere ambientale e di consumo del territorio, in attesa delle linee guida nazionali, atteso che a distanza di sette anni dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 387 del 2003, delle linee guida, dirette a disciplinare lo svolgimento del procedimento unico per il conseguimento dell’autorizzazione, non sono state emanate.

2.2. – La questione è fondata.

2.3. – La normativa internazionale, quella comunitaria, e quella nazionale, manifestano ampio favor per le fonti energetiche rinnovabili, nel senso di porre le condizioni per la massima diffusione dei relativi impianti. In ambito nazionale, la normativa comunitaria è stata recepita dal decreto legislativo n. 387 del 2003, il cui art. 12 enuncia i princìpi fondamentali della materia, di potestà legislativa concorrente, della «produzione, trasporto e distribuzione di energia», cui le Regioni sono vincolate (sentenze nn. 124, 168, 332 e 366 del 2010). Pur non potendosi trascurare la rilevanza che, in relazione agli impianti che utilizzano fonti rinnovabili, riveste la tutela dell’ambiente e del paesaggio, il bilanciamento tra le esigenze connesse alla produzione di energia e gli interessi ambientali impone una preventiva ponderazione concertata in ossequio al principio di leale cooperazione, che il citato art. 12 rimette all’emanazione delle linee guida, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata.

Solo in base alla formulazione delle linee guida, ogni Regione potrà adeguare i criteri così definiti alle specifiche caratteristiche dei rispettivi contesti territoriali, non essendo nel frattempo consentito porre limiti di edificabilità degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, su determinate zone del territorio regionale (sentenze nn. 166 e 382 [rectius 282] del 2009; nn. 119 e 344 del 2010; n. 44 del 2011), e nemmeno sospendere le procedure autorizzative per la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili in determinate parti del territorio regionale, fino all’approvazione delle linee guida nazionali (sentenze n. 364 del 2006, n. 382 del 2009, nn. 124 e 168 del 2010).

E’ evidente che, prevedendo la sospensione dei procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore, e di quelli che saranno iniziati in seguito, la legge regionale ha l’effetto di procrastinare per un periodo di tempo indeterminato il rilascio della relativa autorizzazione, così contravvenendo alla norma di principio (art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003), che, ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità, e volta a garantire, in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, le regole del procedimento autorizzativo, fissa in centottanta giorni il termine per la conclusione del procedimento.

L’impossibilità, da parte delle Regioni, di interferire sulla procedura autorizzatoria, facendone dipendere la durata dai tempi di emanazione delle linee guida nazionali, rende poi irrilevante che queste ultime siano state adottate, con decreto ministeriale 10 settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili) (sentenze n. 344 del 2010 e n. 67 del 2011), e che le Regioni vi si siano adeguate.

D’altro canto il regime autorizzatorio configurato dall’art. 6 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.), successivamente intervenuto, che ha ratificato le disposizioni delle Linee guida, ivi compresa la possibilità, per le Regioni, di estendere la soglia di applicazione della procedura semplificata agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, ha ovviamente applicazione a decorrere dalla sua entrata in vigore (29 marzo 2011).

L’art. 27 della legge regionale n. 31 del 2010 è, dunque, costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto in contrasto con il principio fondamentale fissato dall’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003.

L’accoglimento di tale questione comporta l’assorbimento della censura formulata con riferimento all’art. 117, primo e secondo comma, lettere e) ed s), Cost.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 27 della legge della Regione Piemonte 3 agosto 2010, n. 18 (Assestamento al bilancio di previsione per l’anno finanziario 2010 e disposizioni finanziarie);

dichiara cessata la materia del contendere relativamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 15 della legge della Regione Piemonte n. 18 del 2010, proposta, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2011.

F.to:

Paolo MADDALENA, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15 giugno 2011.