Sentenza n. 127 del 2011

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SENTENZA N. 127

ANNO 2011

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Ugo                             DE SIERVO                                     Presidente

-           Paolo                           MADDALENA                                  Giudice

-           Alfio                            FINOCCHIARO                                      “

-           Alfonso                        QUARANTA                                           “

-           Franco                         GALLO                                                    “

-           Luigi                            MAZZELLA                                            “

-           Gaetano                       SILVESTRI                                              “

-           Sabino                         CASSESE                                                “

-           Giuseppe                     TESAURO                                               “

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                        “

-           Giuseppe                     FRIGO                                                      “

-           Alessandro                   CRISCUOLO                                           “

-           Paolo                           GROSSI                                                   “

-           Giorgio                        LATTANZI                                              “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n. 5 (Norme in materia di lavori pubblici e disposizioni diverse), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 30 aprile - 7 maggio 2010, depositato in cancelleria il 10 maggio 2010 ed iscritto al n. 74 del registro ricorsi 2010.

Udito nell’udienza pubblica dell’8 marzo 2011 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

udito l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso depositato il 10 maggio 2010 e iscritto al n. 74 del registro ricorsi dell’anno 2010, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 51, 97 e 117, secondo e terzo comma, Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n. 5 (Norme in materia di lavori pubblici e disposizioni diverse).

Il ricorrente premette che la norma impugnata dispone, al comma 1, che «I dipendenti in servizio con contratto di lavoro a tempo determinato dall’Agenzia per il diritto allo studio universitario (ADISU), assunti a seguito di selezione pubblica, al raggiungimento del requisito temporale di trentasei mesi, transitano con contratto di lavoro a tempo indeterminato nei ruoli dell’ADISU» e, al comma 2, che «Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, i lavoratori con contratto a tempo determinato restano alle dipendenze dell’ADISU fino alla stabilizzazione».

Sarebbe leso, innanzi tutto, l’art. 97 Cost. e, in particolare, la regola della necessità del concorso per l’accesso ai pubblici uffici, violata dalla previsione dell’automatica trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato. L’Avvocatura generale dello Stato aggiunge che la norma impugnata indica in maniera generica i requisiti per potere beneficiare della stabilizzazione; in particolare, non è chiaro in cosa consista la previa assunzione «a seguito di selezione pubblica», né da quando decorra e come vada computato il «requisito temporale di trentasei mesi».

Il ricorrente, ricordato che secondo la giurisprudenza di questa Corte, «la regola del pubblico concorso può dirsi pienamente rispettata solo qualora le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed irragionevoli forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi» (sentenza n. 194 del 2002), deduce anche la violazione del criterio dell’eguaglianza sostanziale e della ragionevolezza nella previsione di trattamenti differenziati (art. 3 Cost.).

La difesa dello Stato sostiene, poi, che l’art. 23 della legge reg. Puglia n. 5 del 2010 contrasta con le disposizioni contenute nell’art. 17, commi da 10 a 13, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, che costituirebbero attuazione degli artt. 3 e 97 Cost. e sarebbero dirette ad inverare quanto più possibile il principio del ricorso al concorso pubblico per l’accesso agli uffici delle amministrazioni pubbliche. Esse, infatti, con riguardo alla generalità delle amministrazioni pubbliche ed in sostituzione delle previgenti procedure di stabilizzazione nel pubblico impiego, hanno introdotto nuove modalità di valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita dal personale precario, prevedendo l’espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva dei posti in favore di tale personale. Il decreto-legge n. 78 del 2009 ha quindi precluso a tutte le pubbliche amministrazioni, a partire dal gennaio 2010, ogni diversa procedura di stabilizzazione del personale non di ruolo.

Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene anche che le predette disposizioni contenute nell’art. 17 del decreto-legge n. 78 del 2009 costituiscono norme di principio in materia di coordinamento della finanza pubblica, poiché esse mirano a porre limiti al ricorso alle nuove assunzioni (laddove non utili), ed al dispendio di risorse finanziarie derivante da quelle assunzioni. Pertanto, la loro violazione da parte della norma impugnata comporta anche la lesione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Il ricorrente aggiunge che l’art. 23, comma 2, della legge reg. Puglia n. 5 del 2010 contrasta altresì con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale ascrive alla competenza legislativa statale esclusiva la materia dell’ordinamento civile. Al riguardo la difesa dello Stato sostiene che la norma censurata si pone in contrasto con l’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), il quale contiene un’articolata regolamentazione degli strumenti lavoristici “flessibili” nel pubblico impiego che indiscutibilmente riguarda rapporti di lavoro di tipo privatistico.

Il Presidente del Consiglio dei ministri menziona, infine, la sentenza di questa Corte n. 95 del 2007, la quale ha affermato che il rapporto di impiego alle dipendenze di Regioni ed enti locali, essendo stato “privatizzato”, è retto dalla disciplina generale dei rapporti di lavoro tra privati ed è, perciò, soggetto alle regole che garantiscono l’uniformità di tale tipo di rapporti, con la conseguenza che la legge statale, in tutti i casi in cui interviene a conformare gli istituti del rapporto di impiego attraverso norme che si impongono all’autonomia privata con il carattere dell’inderogabilità, costituisce un limite alla competenza residuale regionale e va, quindi, applicata anche ai rapporti di impiego dei dipendenti delle Regioni e degli enti locali.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 51, 97 e 117, secondo e terzo comma, Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n. 5 (Norme in materia di lavori pubblici e disposizioni diverse).

Tale norma dispone che i dipendenti in servizio con contratto di lavoro a tempo determinato presso l’Agenzia per il diritto allo studio universitario, assunti a seguito di selezione pubblica, al raggiungimento del requisito temporale di trentasei mesi transitano con contratto di lavoro a tempo indeterminato nei ruoli della medesima Agenzia (comma 1) e che, ai fini dell’attuazione di tale disposizione, i predetti lavoratori restano alle dipendenze dell’Agenzia fino alla stabilizzazione (comma 2).

Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata vìola l’art. 3 Cost., e in particolare, i principi dell’eguaglianza sostanziale e della ragionevolezza nella previsione di trattamenti differenziati, principi salvaguardati dalla regola del concorso quale necessaria modalità di accesso ai pubblici uffici. Sussisterebbe, poi, lesione dell’art. 97 Cost., che tale modalità di accesso impone. Con riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., la difesa dello Stato sostiene che l’art. 23 della legge della Regione Puglia n. 5 del 2010 si pone in contrasto con le previsioni dell’art. 17, commi da 10 a 13, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, le quali costituiscono principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica e hanno introdotto nuove modalità di valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita dal personale precario, prevedendo l’espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva dei posti in favore di tale personale, precludendo a tutte le pubbliche amministrazioni, a partire dal gennaio 2010, ogni diversa procedura di stabilizzazione del personale non di ruolo. Infine il comma 2 della norma impugnata violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. (che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di ordinamento civile), perché attiene a rapporti di lavoro “flessibili” nel pubblico impiego che hanno natura privatistica.

2. – La questione sollevata in riferimento all’art. 97 Cost. è fondata.

L’art. 23 della legge della Regione Puglia n. 5 del 2010 comporta l’automatica stabilizzazione di tutti i lavoratori a termine dell’ente regionale interessato, con palese violazione del principio costituzionale che impone l’accesso ai pubblici uffici per mezzo del concorso pubblico.

Né la legittimità della norma è assicurata dalla previsione in essa contenuta, secondo la quale gli stabilizzandi debbono essere stati a suo tempo assunti a termine «a seguito di selezione pubblica». Infatti questa Corte ha già affermato che il previo superamento di una qualsiasi «selezione pubblica» è requisito troppo generico per autorizzare una successiva stabilizzazione senza concorso, perché tale previsione non garantisce che la previa selezione abbia natura concorsuale e sia riferita alla tipologia e al livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato è chiamato a svolgere (sentenze n. 235 del 2010 e n. 293 del 2009).

Va quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 23 della legge della Regione Puglia n. 5 del 2010 per violazione dell’art. 97 Cost., con conseguente assorbimento degli altri profili di incostituzionalità dedotti dal ricorrente.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 23 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n. 5 (Norme in materia di lavori pubblici e disposizioni diverse).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2011.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2011.