Sentenza n. 91 del 2011

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 91

ANNO 2011

Commento alla decisione di

Nicola Viceconte

La Corte chiarisce sulle comunità montane. Nota a Corte cost. 21 marzo 2011, n. 91 (e a margine della sentenza n. 326 del 2010)

 per g.c. della Rivista AIC

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Ugo                        DE SIERVO                                       Presidente

-    Alfio                      FINOCCHIARO                                  Giudice

-    Alfonso                  QUARANTA                                             ”

-    Franco                    GALLO                                                      ”

-    Luigi                      MAZZELLA                                              ”

-    Gaetano                 SILVESTRI                                               ”

-    Sabino                    CASSESE                                                  ”

-    Giuseppe                TESAURO                                                 ”

-    Paolo Maria            NAPOLITANO                                         ”

-    Giuseppe                FRIGO                                                       ”

-    Alessandro             CRISCUOLO                                            ”

-    Paolo                      GROSSI                                                     ”

-    Giorgio                   LATTANZI                                                ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 novembre 2008 (Riordino della disciplina delle Comunità montane, ai sensi dell’art. 2, comma 21, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 26 gennaio 2009, depositato in cancelleria il 3 febbraio 2009 ed iscritto al n. 2 del registro conflitti tra enti 2009.

Visto l’atto di costituzione di Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 22 febbraio 2011 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Pierluigi Di Palma per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.— Con ricorso notificato il 26 gennaio 2009 e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 3 febbraio, la Regione Veneto ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 novembre 2008 (Riordino della disciplina delle Comunità montane, ai sensi dell’articolo 2, comma 21, della legge 24 dicembre 2007, n. 244).

1.1.— A decorrere dalla data di pubblicazione del suddetto decreto, per effetto di quanto previsto dall’art. 2 del medesimo, infatti, si sono prodotti, anche per la ricorrente, gli effetti di cui al comma 20 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007, il quale ha previsto che:

«a) cessano di appartenere alle comunità montane i comuni capoluogo di provincia, i comuni costieri e quelli con popolazione superiore a 20.000 abitanti;

b) sono soppresse le comunità montane nelle quali più della metà dei comuni non sono situati per almeno l’80 per cento della loro superficie al di sopra di 500 metri di altitudine sopra il livello del mare ovvero non sono comuni situati per almeno il 50 per cento della loro superficie al di sopra di 500 metri di altitudine sul livello del mare e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore non è minore di 500 metri; nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine e il dislivello della quota altimetrica, di cui al periodo precedente, sono di 600 metri;

c) sono altresì soppresse le comunità montane che, anche in conseguenza di quanto disposto nella lettera a), risultano costituite da meno di cinque comuni, fatti salvi i casi in cui per la conformazione e le caratteristiche del territorio non sia possibile procedere alla costituzione delle stesse con almeno cinque comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio;

d) nelle rimanenti comunità montane, gli organi consiliari sono composti in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo restando che ciascun comune non può indicare più di un membro. A tal fine la base elettiva è costituita dall’assemblea di tutti i consiglieri dei comuni, che elegge i componenti dell’organo consiliare con voto limitato. Gli organi esecutivi sono composti al massimo da un terzo dei componenti l’organo consiliare».

2.— La Regione premette di aver già proposto questione di legittimità costituzionale in ordine al suddetto art. 2, comma 20, della legge finanziaria per il 2008.

3.— Con un ampio excursus, la ricorrente ripercorre l’articolata vicenda normativa che ha interessato le comunità montane.

4.— Deduce, quindi, come per effetto del suddetto d.P.C.m., delle diciannove comunità montane del Veneto, otto sono state soppresse, sicché si è proceduto a nominare commissari straordinari della Giunta regionale per ciascuna delle comunità montane soppresse.

5.— Ad avviso della difesa regionale, l’intervento del legislatore statale, con il d.P.C.m. in questione, ma ancor prima con la legge n. 244 del 2007, costituirebbe un’invasione da parte del governo centrale in un ambito di potestà legislativa esclusiva, che non può essere giustificato neppure invocando la chiamata in sussidiarietà di alcune funzioni.

In ogni caso, sarebbe stato violato il principio di leale collaborazione.

Inoltre, l’intervento legislativo in questione non potrebbe essere ricondotto ad esigenze di coordinamento della finanza pubblica, trattandosi di un ambito materiale in cui la potestà legislativa è regionale, anche se concorrente.

Gli effetti prodotti dal suddetto d.P.C.m. darebbero luogo ad una menomazione del potere amministrativo regionale in violazione dell’art. 118 Cost., in quanto spetta alla Regione la riorganizzazione degli apparati che sono deputati a svolgere le funzioni demandate alle comunità montane e il riordino dell’erogazione delle funzioni stesse.

Detto intervento sarebbe, altresì, lesivo dell’art. 119 Cost., in quanto inciderebbe sulle scelte regionali in ordine all’erogazione delle spesa.

L’intervento legislativo in questione apparirebbe, inoltre, inopportuno e irrazionale, in quanto si è prodotta una traumatica interruzione di quel rapporto di consolidata convivenza ed aggregazione tra Comuni con esigenze simili, che nel tempo si è venuto a costituire.

6.— La ricorrente ha chiesto che la Corte dichiari che non spetta allo Stato incidere sulla disciplina delle comunità montane della Regione Veneto, modificando la loro struttura, riducendo il numero dei Comuni che ne fanno parte e imponendo una diversa composizione dei loro organi consiliari ed esecutivi, spettando all’ente regionale tale potere, con l’effetto di annullare il d.P.C.m. 19 novembre 2008.

7.— Si è costituito in giudizio, con atto depositato il 3 febbraio 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo come fosse all’attenzione della Corte la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 21, della legge n. 244 del 2007, sulla cui base veniva emanato il d.P.C.m. in questione e che, pertanto, occorreva attendere l’esito del suddetto giudizio.

8.— In data 1° febbraio 2011, la Regione Veneto ha depositato memoria con la quale ha ribadito le conclusioni già rassegnate con il ricorso.

La Regione ha dato atto che nelle more del giudizio è intervenuta la sentenza n. 237 del 2009, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 20 e 22, della legge n. 244 del 2007, nonché dell’art. 2, comma 21, ultimo periodo della medesima legge, che prevede: «gli effetti di cui al comma 20 si producono dalla data di pubblicazione del predetto decreto».

Ad avviso della Regione la suddetta pronuncia confermerebbe la fondatezza dei propri assunti difensivi e determinerebbe l’illegittimità derivata del d.P.C.m. 19 novembre 2008.

Considerato in diritto

1.— La Regione Veneto ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 novembre 2008 (Riordino della disciplina delle Comunità montane, ai sensi dell’articolo 2, comma 21, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), con il quale sarebbero state lese le competenze garantite alla Regione dagli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché dai principi di leale collaborazione e di ragionevolezza, operando in un ambito materiale – comunità montane – rimesso alla potestà legislativa residuale della regione, senza che siano ravvisabili ragioni atte a dare luogo alla chiamata in sussidiarietà, nonché profili di coordinamento della finanza pubblica.

2.— In via preliminare, occorre precisare che l’impugnato d.P.C.m. è composto di due articoli: il primo prevede che «per le Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia Marche, Molise, Piemonte, Toscana e Umbria è accertata la riduzione a regime della spesa corrente per il funzionamento delle comunità montane» ai sensi delle disposizioni ivi richiamate; il secondo prevede che per le «Regioni Lazio, Puglia e Veneto si producono gli effetti del comma 20 dell’art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dalla data di pubblicazione» del decreto stesso.

Tenuto conto del contenuto di tale provvedimento, è evidente come oggetto del conflitto sia esclusivamente l’articolo 2 del suddetto decreto, limitatamente alla disposizione adottata nei confronti della ricorrente Regione Veneto; essendo del tutto pacifico che le disposizioni contenute nell’articolo 1, nonché la stessa disposizione contenuta nell’articolo 2, per la parte in cui questa si riferisce a Regioni diverse dalla ricorrente, sono estranee all’oggetto del conflitto medesimo, sicché – per tali parti – il ricorso, con il quale è chiesto espressamente l’annullamento dell’intero d.P.C.m., deve essere dichiarato inammissibile.

3.— Ciò premesso, va precisato che la ricorrente Regione Veneto deduce che, a decorrere dalla data di pubblicazione del suddetto decreto (intervenuta il 27 novembre 2008), si sono prodotti, nei suoi confronti, gli effetti di cui all’art. 2, comma 20, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), ove è previsto che:

«a) cessano di appartenere alle comunità montane i comuni capoluogo di provincia, i comuni costieri e quelli con popolazione superiore a 20.000 abitanti;

b) sono soppresse le comunità montane nelle quali più della metà dei comuni non sono situati per almeno l’80 per cento della loro superficie al di sopra di 500 metri di altitudine sopra il livello del mare ovvero non sono comuni situati per almeno il 50 per cento della loro superficie al di sopra di 500 metri di altitudine sul livello del mare e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore non è minore di 500 metri; nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine e il dislivello della quota altimetrica, di cui al periodo precedente, sono di 600 metri;

c) sono altresì soppresse le comunità montane che, anche in conseguenza di quanto disposto nella lettera a), risultano costituite da meno di cinque comuni, fatti salvi i casi in cui per la conformazione e le caratteristiche del territorio non sia possibile procedere alla costituzione delle stesse con almeno cinque comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio;

d) nelle rimanenti comunità montane, gli organi consiliari sono composti in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo restando che ciascun comune non può indicare più di un membro. A tal fine la base elettiva è costituita dall’assemblea di tutti i consiglieri dei comuni, che elegge i componenti dell’organo consiliare con voto limitato. Gli organi esecutivi sono composti al massimo da un terzo dei componenti l’organo consiliare».

4.— La ricorrente ha chiesto, pertanto, che questa Corte dichiari che non spettava allo Stato – bensì all’ente regionale – incidere sulla disciplina delle comunità montane della Regione Veneto, modificando la loro struttura, riducendo il numero dei Comuni che ne fanno parte e imponendo una diversa composizione dei loro organi consiliari ed esecutivi; di conseguenza, ha chiesto l’annullamento del decreto impugnato.

5.— Tanto la Regione ricorrente, quanto l’Avvocatura dello Stato hanno ricordato che, nei termini di rito, era già stata sottoposta al vaglio di questa Corte la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 17, 18, 19, 20, 21 e 22, della legge n. 244 del 2007, aventi ad oggetto il riordino delle comunità montane.

Tali disposizioni stabilivano (art. 2, comma 17, della legge n. 244 del 2007) che le Regioni, al fine di concorrere agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, avrebbero dovuto provvedere, entro il termine indicato, «al riordino della disciplina delle comunità montane», tenendo conto (art. 2, comma 18) di alcuni principi fondamentali. Il comma 20, stabiliva, in particolare, la cessazione dell’appartenenza alle comunità montane di determinati comuni, nonché la soppressione automatica delle comunità montane che presentassero determinati requisiti – qualora le Regioni non avessero provveduto a quanto disposto dal comma 17, nel termine fissato – a far data dalla pubblicazione del d.P.C.m. di cui al comma 21, ultimo periodo.

Il citato comma 21, oltre alla disposizione appena richiamata, prevedeva, al primo periodo, l’accertamento dell’effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa di cui al comma 17, «sulla base delle leggi regionali promulgate e delle relative relazioni tecnico-finanziarie».

6.— Successivamente alla proposizione del ricorso ora in esame è intervenuta la sentenza di questa Corte n. 237 del 2009, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 20 e 22, della legge n. 244 del 2007, nonché dell’art. 2, comma 21, ultimo periodo, della stessa legge, secondo il quale «gli effetti di cui al comma 20 si producono dalla data di pubblicazione del predetto decreto».

7.— In particolare, la Corte, nel ribadire che l’ordinamento delle comunità montane rientra nella competenza legislativa residuale delle Regioni, ha affermato che il comma 20 viola anche l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto contiene una disciplina di dettaglio ed autoapplicativa che non può essere ricondotta all’alveo dei princípi fondamentali della materia del coordinamento della finanza pubblica, giacché non lascia alle Regioni alcuno spazio di autonoma scelta e dispone, in via principale, direttamente, la conseguenza, molto incisiva, della soppressione delle comunità che si trovino nelle specifiche e puntuali condizioni ivi previste.

La Corte ha, inoltre, rilevato che il comma stesso contiene la previsione della garanzia della presenza delle minoranze negli organi consiliari delle comunità, ambito che esula dalla materia del coordinamento della finanza pubblica, in quanto attiene esclusivamente all’ordinamento dei predetti organismi, che rientra nella competenza residuale delle Regioni.

Con la medesima sentenza si è anche ritenuto che è «palese l’illegittimità dell’ultima parte del comma 21, che attribuisce ad un atto amministrativo dello Stato (il previsto d.P.C.m.), a decorrere dalla data di sua pubblicazione, efficacia abrogativa delle disposizioni regionali adottate, ove riconosciute insufficienti a garantire le riduzioni di spesa indicate nel comma 17».

La Corte ha, quindi, riconosciuto che la previsione della cessazione dell’esistenza di comunità montane o dell’automatico scorporo di comuni dall’ambito delle comunità stesse vanifica il contenuto precettivo della legge regionale eventualmente adottata, con violazione del criterio di riparto di competenze e del principio di legalità costituzionale, in forza dei quali ogni intervento sull’efficacia di leggi regionali deve trovare puntuale giustificazione in fonti costituzionali.

Diversamente, è stata ritenuta non illegittima la previsione contenuta nel primo periodo del comma 21, in quanto essa disciplina un’attività che, sebbene rimessa ad un provvedimento amministrativo dello Stato, non è stata considerata idonea a ledere prerogative di autonomia regionale.

8.— Tanto premesso, deve rilevarsi come l’art. 2 del d.P.C.m. 19 novembre 2008, nella parte in cui forma oggetto della presente controversia, sia in contrasto con gli effetti prodotti dalla citata sentenza n. 237 del 2009 e che, in conseguenza della intervenuta caducazione per illegittimità costituzionale della normativa legislativa di base (art. 2, commi 20 e 21, ultimo periodo, della legge n. 244 del 2007), sia venuta meno anche la legittimità dell’art. 2 del d.P.C.m. stesso, nella parte in cui si riferisce alla Regione Veneto.

9.— Deve, pertanto, affermarsi che non spettava allo Stato l’adozione di siffatta determinazione nei confronti della Regione Veneto e si deve, quindi, annullare l’art. 2 dell’impugnato d.P.C.m. nel punto in cui esso fa riferimento alla ricorrente.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara che non spettava allo Stato disporre che per la Regione Veneto si producano gli effetti di cui al comma 20 dell’art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 21, ultimo periodo, della medesima legge, e per l’effetto, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla stessa Regione, annulla l’art. 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 novembre 2008 (Riordino della disciplina delle Comunità montane, ai sensi dell’articolo 2, comma 20, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) nella parte in cui si riferisce alla ricorrente;

b) dichiara inammissibile, per il resto, il medesimo ricorso proposto dalla Regione Veneto.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 2011.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Alfonso QUARANTA , Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2011.