Sentenza n. 124 del 2010

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SENTENZA N. 124

ANNO 2010

 

Commento alla decisione di

 

David Ottolenghi e Luigi Capozzo

Recenti sviluppi nella normativa in materia di energia rinnovabile: Corte Costituzionale e Autorità Antitrust

 

(per gentile concessione della Rivista elettronica Amministrazione in cammino)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco                                           AMIRANTE                Presidente 

- Ugo                                                    DE SIERVO                   Giudice

- Paolo                                                  MADDALENA                     "

- Alfio                                                   FINOCCHIARO                   "

- Alfonso                                              QUARANTA                        "

- Franco                                                GALLO                                 "

- Luigi                                                   MAZZELLA                         "

- Gaetano                                              SILVESTRI                           "

- Sabino                                                CASSESE                              "

- Maria Rita                                          SAULLE                                "

- Giuseppe                                            TESAURO                             "

- Paolo Maria                                        NAPOLITANO                     "

- Giuseppe                                            FRIGO                                   "

- Alessandro                                         CRISCUOLO                        "

- Paolo                                                  GROSSI                                 "

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 11 novembre 2008, n. 38 (Proroga del termine di cui al comma 3, art. 53, legge regionale 13 giugno 2008, n. 15) e degli artt. 2, 3, comma 1, 5, commi 2 e 3, e dell’Allegato sub 1, punti 2.3 e 4.2, lettere f), i), l) ed o), della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2008, n. 42 (Misure in materia di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi rispettivamente notificati il 19-22 gennaio 2009 ed il 26 febbraio-2 marzo 2009, depositati in cancelleria il 28 gennaio ed il 4 marzo 2009 ed iscritti ai nn. 6 e 17 del registro ricorsi 2009.

Visti gli atti di costituzione della Regione Calabria;

udito nell’udienza pubblica del 9 febbraio 2010 il Giudice relatore Maria Rita Saulle;

uditi l’avvocato dello Stato Enrico Arena per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Massimo Luciani per la Regione Calabria.

Ritenuto in fatto

1. − Con separati ricorsi, il primo notificato il 19-22 gennaio 2009 e depositato il successivo 28 gennaio (registro ricorsi n. 6 del 2009), il secondo notificato il 26 febbraio-2 marzo 2009 e depositato il successivo 4 marzo (registro ricorsi n. 17 del 2009), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato: l’art. 1 della legge della Regione Calabria 11 novembre 2008, n. 38 (Proroga del termine di cui al comma 3, art. 53, legge regionale 13 giugno 2008, n. 15), per violazione degli artt. 3, 97 e 117, primo comma, secondo comma, lettere e) e s), e terzo comma, della Costituzione; nonché gli artt. 2, 3, comma 1 e l’art. 5, commi 2 e 3, l’Allegato sub 1, punti 2.3 e 4.2, lettere f), i), l) ed o), della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2008, n. 42 (Misure in materia di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili), per violazione degli artt. 97, 41 e 117, primo e terzo comma, della Costituzione.

1.1. − Il ricorrente ritiene che l’art 1 della legge regionale n. 38 del 2008, nel prorogare di sessanta giorni la sospensione prevista dall’art. 53, comma 3, della legge regionale 13 giugno 2008, n. 15 (Provvedimento generale di tipo ordinamentale e finanziario collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2008 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), si ponga in contrasto con gli indicati parametri costituzionali.

L’art. 53, comma 3, della legge regionale n. 15 del 2008, richiamato dalla disposizione impugnata, disciplina i procedimenti di autorizzazione alla costruzione di impianti alimentati da fonti rinnovabili e prevede che «per non oltre 120 giorni dalla entrata in vigore della presente normativa […], sono sospese le procedure di rilascio di nuove autorizzazioni, nonché la realizzazione di impianti assentiti, i cui lavori non abbiano avuto materialmente inizio alla data del 28 maggio 2008 […]».

La difesa erariale osserva che per effetto della disposizione impugnata è violato il principio fondamentale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia sancito dall’art. 12, comma 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), che fissa in centottanta giorni il termine di conclusione dei procedimenti di autorizzazione sopra indicati.

L’Avvocatura ritiene, poi, che l’art. 1 della legge regionale n. 38 del 2008 non consente allo Stato il rispetto della direttiva 27 settembre 2001 n. 2001/77/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) recepita dal d.lgs. n. 387 del 2003, con conseguente violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione.

A parere della difesa erariale, poi, la disciplina censurata, da un lato, contrasta con la normativa statale in materia di tutela dell’ambiente, dall’altro, comprime il diritto degli operatori commerciali del settore energetico ad espletare la propria attività in condizioni di parità tra loro.

L’Avvocatura osserva, infine, che seppure l’art. 1 abbia esaurito i suoi effetti, poiché i sessanta giorni di proroga da esso previsti sono iniziati a decorrere dal 16 novembre 2008, ciò non fa venir meno l’interesse al ricorso in ragione della intervenuta applicazione della norma impugnata.

1.2 − Oggetto di specifica censura da parte dell’Avvocatura sono, poi, diverse disposizioni contenute nella legge della Regione Calabria n. 42 del 2008 (registro ricorsi n. 17 del 2009).

Il ricorrente ritiene l’art. 2 in contrasto con gli artt. 41 e 117, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui prevede, nelle more dell’aggiornamento del Piano energetico ambientale regionale (PEAR) e della ripartizione nazionale tra le regioni delle produzioni di energia alternativa, soglie massime di potenze autorizzabili per ciascuna fonte (eolica, fotovoltaica, etc).

L’Avvocatura osserva che tale disposizione, senza un valido criterio, limita la produzione di energia da fonti rinnovabili, pregiudicando in tal modo l’iniziativa economica del relativo settore ed impedendo il raggiungimento dell’obiettivo di incrementare la suddetta produzione perseguito dallo Stato in attuazione di specifici obblighi internazionali e comunitari.

La difesa erariale indica, a tale proposito, le direttive n. 2001/77/CE e n. 2006/32/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio), nonché il Protocollo di Kyoto aggiunto alla Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato l’11 dicembre 1997 (ratificato e reso esecutivo con legge 1° giugno 2002, n. 120).

1.3 − Il ricorrente impugna, poi, l’art. 3 della legge regionale n. 42 del 2008 che prevede l’istituzione, entro i limiti di potenza autorizzabile ai sensi del precedente art. 2, di una riserva strategica fino al 20% per ciascuna fonte di energia rinnovabile da destinare ad azioni volte a garantire lo sviluppo del tessuto industriale regionale.

In particolare, l’Avvocatura censura la norma regionale nella parte in cui essa prevede che la suddetta riserva potrà essere variamente utilizzata dalla Regione: da un lato, per stipulare accordi con operatori nel settore dell’energia, preferibilmente «con partenariato calabrese, che destinino una significativa quota degli investimenti per attività di sviluppo industriale ed economico sul territorio calabrese, anche nella componentistica energetica»; dall’altro, «per assegnare quote di energia a soggetti che gestiscono servizi pubblici caratterizzati da un elevato fabbisogno energetico, al fine di favorire la riduzione dei relativi costi».

La difesa erariale ritiene che in tal modo il legislatore regionale avrebbe previsto una corsia preferenziale di accesso al mercato per determinati soggetti in violazione degli artt. 41 e 117, terzo comma, della Costituzione. Con riferimento a tale ultimo parametro assumerebbero rilievo il principio della libertà della produzione di energia elettrica sancito dall’art. 1 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica) e il principio di cui all’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003, che pone il divieto di subordinare l’autorizzazione all’installazione di impianti di produzione di energia alternativa a misure di compensazione a favore della Regione.

1.4 − L’art. 5, commi 2 e 3, viene impugnato nella parte in cui prevede la decadenza ope legis delle istanze di autorizzazione pendenti alla data di entrata in vigore delle norme contenute nella legge regionale n. 42 del 2008 alle quali, pertanto, viene attribuita efficacia retroattiva.

Tale previsione contrasterebbe con i principi di buona fede, affidamento e certezza del diritto, nonché con l’art. 97 della Costituzione, in quanto impedisce lo svolgimento dei procedimenti amministrativi di autorizzazione in corso, sede naturale di ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti negli stessi. Risulterebbero, altresì, violati gli artt. 2 e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) che impongono la conclusione dei suddetti procedimenti con un provvedimento motivato.

1.5 − Ulteriore censura è poi proposta nei confronti del punto 2.3 dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del 2008, il quale individua un elenco di tipologie di impianti (con potenza nominale inferiore o uguale a 500 Kwe) soggetti alla sola disciplina della denuncia di inizio attività (DIA).

Tale previsione, a parere della difesa erariale, sarebbe in contrasto con il principio fondamentale in materia di energia, fissato dall’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 387 del 2003 e, quindi, con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

La disposizione statale richiamata prevede, per effetto dell’art 2, comma 161, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), delle soglie di potenza di energia diverse da quelle individuate dal legislatore regionale consentendo la loro modifica solo ad opera di un decreto adottato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata.

L’individuazione da parte del legislatore regionale degli impianti assoggettabili al procedimento di DIA non sarebbe, poi, fatta in base alla tipologia dei siti di installazione, ma su criteri idonei a determinare effetti distorsivi della concorrenza, con conseguente violazione dell’art. 41 della Costituzione.

Sarebbe, infatti, contrario al principio della libera concorrenza introdurre il regime semplificato della DIA per gli impianti destinati all’autoconsumo e negarlo per gli altri che hanno una diversa finalità ma uguale impatto sul territorio.

1.6 − Il successivo punto 4.2, lettera f), dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del 2008, prevede che alla domanda di autorizzazione alla realizzazione di impianti eolici deve essere allegato uno studio delle potenzialità anemologiche del sito che siano tali da garantire una «producibilità annua di almeno 1800 ore equivalenti di vento».

Tale previsione, a parere dell’Avvocatura, violerebbe l’art. 117, primo comma, della Costituzione, in quanto, nel porre una moratoria all’installazione di impianti eolici, impedisce il raggiungimento dell’obiettivo di incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili perseguito dallo Stato in attuazione di specifici obblighi internazionali e comunitari (Protocollo di Kyoto, direttiva 2001/77/CE, direttiva 2006/32/CE).

Sarebbero, infatti, pochi i siti idonei a garantire la produzione richiesta dal legislatore regionale tenuto conto del fatto che, nell’anno 2007, la media nazionale di funzionamento di tutti gli impianti eolici installati sul territorio nazionale è stata di circa 1500 ore.

La norma impugnata sarebbe anche in contrasto con l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, in quanto indica una condizione per il rilascio dell’autorizzazione estranea a quelle previste dalla norma statale che vale quale principio fondamentale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia.

1.7 − Il punto 4.2, lettera i), dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del 2008, stabilisce che la domanda di autorizzazione per la installazione di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile sia corredata, per quelli di potenza superiore a 500 Kwe, anche dalla deliberazione favorevole del Consiglio comunale sul cui territorio insiste il progetto.

Secondo il ricorrente tale statuizione si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione e con il principio di cui all’art.12 del d.lgs. n. 387 del 2003 che, nel qualificare come indifferibili ed urgenti e di pubblica utilità le opere tese a realizzare i sopra indicati impianti, le sottopone ad una autorizzazione unica (comma 3), senza prevedere il rilascio di ulteriori atti amministrativi.

1.8 − L’Avvocatura impugna, infine, il punto 4.2 lettere l) ed o) dell’Allegato sub 1 della legge n. 42 del 2008.

La prima disposizione prevede che alla domanda di autorizzazione per la costruzione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile debba essere allegato un atto con il quale il richiedente si impegna, tra l’altro, a costituire prima del rilascio della suddetta autorizzazione, una società di scopo con residenza fiscale nel territorio della Regione Calabria; a sottoscrivere garanzie fideiussorie; a favorire l’imprenditoria calabrese nella fase della realizzazione; a facilitare l’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di unità lavorative per la gestione dell’impianto; a versare a favore della Regione Calabria la somma di 50 €cent per ogni KW eolico di potenza elettrica nominale autorizzata (€ 1,5 per le altre tipologie) quali oneri per monitoraggio con relativa dotazione di antinfortunistica e per l’accertamento della regolare esecuzione delle opere.

La successiva lettera o) stabilisce che il richiedente l’autorizzazione alleghi alla domanda la ricevuta di avvenuto versamento degli oneri istruttori a favore della Regione Calabria pari ad € 100 per ogni MW per il quale si richiede l’autorizzazione, con un minimo di € 300.

Dette disposizioni, a parere della difesa erariale, pongono una serie di condizioni per l’avvio del procedimento autorizzatorio estranee all’oggetto dello stesso, che limitano la libertà di iniziativa economica nel settore in esame (prevista espressamente dall’art 1 del d.lgs. n. 79 del 1999) con conseguente mancato rispetto degli obblighi internazionali e comunitari già indicati che impongono l’incremento di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Sarebbe, altresì, violato l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, perché le suddette condizioni comportano dei vantaggi di rilievo economico a favore della Regione espressamente vietati dall’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 387 del 2003.

Gli oneri economici previsti dalle indicate disposizioni sarebbero anche in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto, in modo irragionevole, discriminano gli operatori italiani rispetto a quelli comunitari

2. − Nei giudizi instaurati dal Presidente del Consiglio dei ministri si è costituita la Regione Calabria chiedendo alla Corte di dichiarare, quanto al ricorso iscritto al reg. ric. n. 6 del 2009, la cessazione della materia del contendere e, comunque, l’inammissibilità o l’infondatezza di tutte le questioni sollevate con entrambi i ricorsi.

La resistente, in via preliminare, rileva che la politica di promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili può trovare applicazione solo dopo un’adeguata valutazione dell’impatto che i relativi impianti hanno sul territorio e, quindi, un opportuno contemperamento delle diverse competenze che la Costituzione assegna, rispettivamente, alle Regioni e allo Stato.

L’esigenza di una congrua programmazione troverebbe il suo fondamento normativo nell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, il quale, nel dare attuazione alla direttiva n. 2001/77/CE, prevede l’adozione in sede di Conferenza unificata delle linee guida per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione all’installazione e all’esercizio di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile e ciò al fine di assicurare, in particolare per quelli eolici, il loro corretto inserimento nel paesaggio.

La Regione Calabria ritiene che la mancata adozione delle indicate linee ha comportato, da un lato, l’impossibilità per le Regioni di rispettare il termine di conclusione dei procedimenti di autorizzazione alla installazione dei suddetti impianti imposto dalle norme statali; dall’altro, il necessario intervento del legislatore regionale che con le leggi oggetto del presente giudizio ha provveduto a colmare la suddetta lacuna normativa.

Esemplificativo in tal senso sarebbe l’art. 53 della legge regionale n. 15 del 2008 con il quale la Regione Calabria, in attesa della ripartizione nazionale tra le regioni delle quote di energia derivante da fonti rinnovabili che ognuna di esse si impegna a produrre, e del Piano energetico ambientale regionale, ha disposto la sospensione delle procedure volte al rilascio di nuove autorizzazioni.

2.1 − Fatte queste premesse, la resistente, in via preliminare, ritiene le censure proposte nei confronti dell’art. 1 della legge regionale n. 38 del 2008 inammissibili.

Innanzitutto, l’esistenza del presunto contrasto della norma impugnata con gli artt. 3 e 117, secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione sarebbe affermato in modo generico ed apodittico.

Anche la censura riguardante l’asserita violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, sarebbe inammissibile, in quanto nel ricorso non vi sarebbe alcuna motivazione sul perché le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 387 del 2003 costituiscano attuazione non derogabile della normativa comunitaria.

Secondo la Regione anche la censura riferita all’art. 117, terzo comma, della Costituzione è inammissibile, in quanto la difesa erariale nell’impugnare l’art. 1, non tiene conto del fatto che esso ha ad oggetto due distinte fattispecie: l’una afferente i procedimenti di autorizzazione in corso alla data della sua entrata in vigore; l’altra i lavori non ancora eseguiti di impianti già autorizzati.

La diversità della disciplina introdotta dalla norma censurata avrebbe imposto la proposizione di due distinte impugnazioni, poiché l’art 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, richiamato quale principio fondamentale asseritamente violato, si limita a prevedere solo il termine di conclusione del procedimento di autorizzazione, non disponendo nulla relativamente ai tempi di realizzazione degli impianti autorizzati.

Infine, la resistente ritiene che sia sopravvenuta la carenza di interesse ad impugnare, in quanto la disciplina in esame è stata radicalmente modificata dalla legge regionale n. 42 del 2008, la quale si applica anche ai procedimenti di autorizzazione non ancora conclusi al momento della sua entrata in vigore, di talché l’eventuale accoglimento della questione di legittimità sollevata non produrrebbe alcun effetto.

Nel merito, la Regione Calabria ritiene le censure relative all’art. 1 della legge n. 38 del 2008, comunque, non fondate.

La difesa regionale osserva che la norma impugnata attiene a materie attribuite a vario titolo alla competenza legislativa regionale quali la tutela della salute, il governo del territorio, la produzione dell’energia, ponendosi l’obiettivo di garantire un uso equilibrato e omogeneo del territorio regionale senza, peraltro, ledere in alcun modo i diritti degli operatori del settore dell’energia, risultando, pertanto, inconferente il richiamo alla tutela della concorrenza operato dal ricorrente.

In particolare, con riferimento alla presunta violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, la Regione ritiene che l’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003 non possa essere considerato principio fondamentale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia. Tale convincimento si basa sull’intervenuta modifica del richiamato art. 12 ad opera dell’art. 2, comma 158, della legge n. 244 del 2007, per effetto della quale è ora prevista, nell’ambito del più generale procedimento di autorizzazione alla costruzione di impianti alimentati da fonti alternative di energia, un’ulteriore fase che non consentirebbe più il rispetto del termine di centottanta giorni fissato dall’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003.

2.2 – Quanto al ricorso n. 17 del 2009, la Regione Calabria chiede, preliminarmente, che siano dichiarate inammissibili, in quanto prospettate in maniera generica tutte le censure relative alla asserita violazione di principi fondamentali dettati dal legislatore statale.

Nel merito, quanto alla impugnazione dell’art. 2, della legge regionale n. 42 del 2008, la Regione rileva che tale norma ha natura meramente transitoria in quanto si limita a prevedere, nelle more dell’approvazione del Piano energetico ambientale regionale (PEAR) e della ripartizione nazionale tra le Regioni delle produzioni di energia da fonti rinnovabili, livelli autorizzabili di produzione per ognuna di esse.

Ciò sarebbe finalizzato ad evitare che, in mancanza di un adeguato piano a livello nazionale, si creino degli squilibri nella produzione di energia alternativa a favore di un settore specifico e a danno di un altro e che la produzione non corrisponda all’effettivo fabbisogno regionale.

Tali finalità non limitano la produzione di energia alternativa, ma ne regolano lo sviluppo in modo proporzionale tra le diverse fonti, ponendosi, quindi, in piena armonia con gli obiettivi previsti a livello internazionale e comunitario ai quali lo Stato è tenuto a conformarsi.

Quanto alla presunta lesione dell’art. 41 della Costituzione la resistente ritiene la relativa censura inammissibile per genericità e, comunque, infondata in quanto la disposizione impugnata valorizza fondamentali esigenze di utilità sociale, indirizzando e coordinando l’attività economica a fini sociali nel rispetto del principio della programmazione.

2.3 − La Regione Calabria sostiene, poi, che l’art. 3, comma 1, non si pone in contrasto con il divieto di compensazioni in favore della Regione fissato dall’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003 e ciò in quanto la Corte costituzionale ha ritenuto legittime le suddette compensazioni in caso di installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili quando esse sono tese a garantire il riequilibrio dell’ambiente e del territorio (sentenza n. 383 del 2005).

La Regione ritiene, comunque, che la disposizione impugnata non le attribuisce alcun vantaggio, ma si limita a prevedere, mediante protocolli d’intesa, uno strumento idoneo ad incentivare iniziative che assicurino un maggior livello di sviluppo regionale in un’ottica di indirizzo e coordinamento dell’attività economica privata a fini sociali, risultando, pertanto, non fondata anche la censura riferita alla assunta violazione dell’art. 41 della Costituzione.

2.4 − Quanto all’art. 5, commi 2 e 3, della legge regionale n. 42 del 2008, la difesa della Regione osserva che esso è contenuto in una legge che innova completamente la pregressa disciplina in materia di produzione di energia a livello regionale; conseguentemente era necessario prevedere che le autorizzazioni non ancora rilasciate fossero conformi al nuovo quadro normativo non comportando ciò alcuna lesione dei principi di affidamento e buona fede dei privati istanti.

Il mutato apprezzamento dell’interesse pubblico perseguito con la disciplina in esame non comporterebbe, poi, sempre a parere della resistente, la violazione dell’art. 97 della Costituzione, del quale, anzi, costituirebbe attuazione.

2.5 − Quanto alle censure riferite al punto 2.3 dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del 2008, la Regione ritiene che la disposizione impugnata non attenga ad aspetti collegati con la materia dell’energia ma, che, nell’individuare gli interventi soggetti alla disciplina della dichiarazione di inizio attività, essa ponga una disciplina a tutela del territorio più rigorosa di quella statale, assoggettando al procedimento di DIA impianti che hanno una più elevata soglia di produzione.

Secondo la resistente, comunque, la disposizione censurata non viola il principio fondamentale fissato dall’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 387 del 2003, che consente l’assoggettabilità al regime di DIA di impianti che producono anche soglie maggiori di energia rispetto a quelle originariamente fissate mediante un procedimento che non deve intendersi quale unica modalità per addivenire a tali modifiche.

Quanto alla presunta violazione dell’art. 41 della Costituzione, la Regione si limita ad osservare che la previsione di un regime semplificato per gli impianti finalizzati all’autoconsumo risulta estranea ad aspetti collegati a profili concorrenziali.

2.6 − La Regione Calabria ritiene, altresì, non fondate le censure proposte avverso il punto 4.2, lettera f), dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del 2008.

Tale disposizione, infatti, si limita a evitare la realizzazione di impianti che, a fronte di una scarsa produzione di energia, comportano un notevole impatto sul territorio, con la conseguenza che con essa si è voluto indirizzare gli investimenti verso siti che garantiscono la più alta possibilità di produzione di energia alternativa perseguendo, quindi, gli obiettivi in tal senso imposti dalla normativa internazionale e comunitaria.

2.7 − Quanto alle censure riferite al punto 4.2. lettera i) dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del 2008, la difesa regionale ritiene che la previsione secondo cui alla domanda di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto deve essere allegata la deliberazione favorevole del Consiglio comunale il cui territorio è interessato dalla suddetta installazione, non contrasta con il principio fondamentale di cui all’art.12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e, quindi, con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

La disposizione impugnata sarebbe, infatti, conforme a quanto previsto dall’indicato art. 12, il quale nell’imporre il coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate al rilascio dell’autorizzazione, demanda alla Giunta regionale la decisione sugli eventuali dissensi emersi nell’ambito del procedimento autorizzativo. Il deposito della delibera comunale attesta il suddetto coinvolgimento e l’inesistenza del cennato dissenso da parte dell’ente locale, rendendo in tal modo inutile l’intervento della Giunta regionale e velocizzando il procedimento di autorizzazione.

2.8 − La Regione Calabria ritiene, altresì, infondate le censure proposte avverso il punto 4.2, lettere l) ed o) dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del 2008.

Le disposizioni impugnate non limiterebbero l’iniziativa economica nel settore energetico, né la parità di accesso allo stesso da parte dei diversi operatori privati, non pregiudicando, pertanto, neanche il raggiungimento degli obiettivi di incremento di produzione di energia alternativa previsti dalla normativa internazionale e comunitaria.

Sul punto la resistente, dopo aver ribadito la natura di indirizzo e di coordinamento dell’attività economica privata perseguita dalla legge impugnata, osserva che gli atti di impegno previsti dalle disposizioni in esame hanno come unico scopo quello di garantire lo sviluppo regionale e non di limitare l’iniziativa privata.

Non sarebbe, poi, violato il divieto di misure di compensazione, sia perché non esisterebbe alcun principio fondamentale in tal senso per le motivazioni già esposte, sia perché con gli atti di impegno la Regione non ottiene alcuna compensazione ma persegue il solo scopo di incentivare le iniziative che assicurano il maggior livello di sviluppo regionale.

Infine, quanto alla presunta lesione dei principi di ragionevolezza e di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, la relativa censura sarebbe inammissibile per genericità e, comunque, sarebbe infondata, in quanto tutti gli operatori sono assoggetti alla medesima disciplina regionale.

2.9 − In prossimità dell’udienza la Regione Calabria ha depositato memorie relative ad entrambi i giudizi con le quali ha sostanzialmente ribadito le argomentazioni sostenute nei rispettivi atti di costituzione.

Considerato in diritto

1. − Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, propone, con due distinti ricorsi, diverse censure avverso varie disposizioni contenute in due leggi della Regione Calabria aventi ad oggetto la disciplina per l’installazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili.

In particolare, il ricorrente impugna l’art. 1 della legge della Regione Calabria 11 novembre 2008, n. 38 (Proroga del termine di cui al comma 3, art. 53, legge regionale 13 giugno 2008, n. 15), per violazione degli artt. 3, 97 e 117, primo e secondo comma, lettere e) e s), e terzo comma, della Costituzione; nonché l’art. 2, l’art. 3, comma 1, l’art. 5, commi 2 e 3, e l’Allegato sub 1, punti 2.3 e 4.2, lettere f), i) l) ed o), della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2008, n. 42 (Misure in materia di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili), per violazione degli artt. 97, 41 e 117, primo e terzo comma, della Costituzione.

In ragione dello stretto collegamento esistente tra le norme impugnate con i due ricorsi i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con un’unica decisione.

Prima di passare ad esaminare le singole censure occorre preliminarmente rilevare che con le norme sopra indicate la Regione Calabria ha disciplinato aspetti che, secondo la giurisprudenza costituzionale, attengono prevalentemente alla materia produzione, trasporto e distribuzione dell’energia, di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione (sentenze n. 282 e n. 166 del 2009 nonché n. 364 del 2006).

Sul punto va rilevato che la normativa internazionale (Protocollo di Kyoto addizionale alla Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato l’11 dicembre 1997, ratificato e reso esecutivo con legge 1° giugno 2002, n. 120) e quella comunitaria (direttiva 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE e direttiva 23 aprile 2009, n. 2009/28/CE) manifestano un favor per le fonti energetiche rinnovabili al fine di eliminare la dipendenza dai carburanti fossili.

Il legislatore nazionale ha recepito tali indirizzi con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), dal quale è possibile ricavare i principi fondamentali della sopra indicata materia (ex plurimis sentenza n. 364 del 2006).

A tal fine è opportuno sin d’ora rilevare che, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa della Regione Calabria, l’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003 non ha perso la natura di principio fondamentale per effetto della sua modifica ad opera dell’art. 2, comma 158, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008). Sul punto va osservato che detta novella non ha inciso sul termine di conclusione del procedimento di autorizzazione previsto dall’art 12, ma ha solo previsto una ulteriore possibile fase di quest’ultimo, non potendosi da ciò ritenere venuta meno la cogenza dell’indicato termine. Va poi ulteriormente osservato che, successivamente alla modifica sopra indicata, l’art. 27, comma 44, della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), ha eliminato il periodo introdotto dall’art. 2 della legge n. 244 del 2007.

È, dunque, sulla base delle considerazioni che precedono che vanno scrutinate le singole disposizioni impugnate dal ricorrente.

2. − L’art. 1 della legge della Regione Calabria n. 38 del 2008 prevede che «il termine di 120 (centoventi) giorni di cui al comma 3, articolo 53, legge regionale 13 giugno 2008, n. 15 è prorogato di giorni 60 (sessanta)».

L’art 53, comma 3, della legge regionale n. 15 del 2008 richiamato dalla disposizione impugnata, nel disciplinare i procedimenti di autorizzazione alla costruzione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, dispone che «per non oltre 120 giorni dalla entrata in vigore della presente normativa […], sono sospese le procedure di rilascio di nuove autorizzazioni, nonché la realizzazione di impianti assentiti, i cui lavori non abbiano avuto materialmente inizio alla data del 28 maggio 2008 […]».

Il ricorrente ritiene che la proroga della sospensione disposta dall’art. 1 impugnato violi l’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione ai vincoli derivanti dalla normativa comunitaria di promozione delle fonti energetiche rinnovabili, nonché gli artt. 3 e 117, secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione.

Infine, l’art. 1 impugnato violerebbe l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione al principio fondamentale in materia di produzione trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, fissato dall’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003, secondo il quale il procedimento di autorizzazione all’installazione di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabili deve concludersi entro centottanta giorni.

2.1. − In via preliminare, deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità – per genericità – proposta dalla Regione in riferimento alle censure prospettate con riguardo agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione.

Il ricorrente si è, infatti, limitato ad affermare che la disposizione censurata, nel sospendere i procedimenti di autorizzazione per gli impianti eolici, si pone in contrasto «con la normativa statale, posta a tutela sia della concorrenza e dell’ambiente, sia con il diritto degli operatori commerciali del settore, perché ne comprime gravemente il diritto di espletare la propria attività in condizione di parità con gli altri operatori».

Tale apodittica affermazione rende il ricorso sul punto inammissibile per carenza di motivazione in ordine al presunto contrasto della disposizione impugnata con gli indicati parametri costituzionali.

Le ulteriori eccezioni di inammissibilità non sono, al contrario, meritevoli di accoglimento.

In proposito, risulta evidente il contenuto non derogabile delle statuizioni contenute nella direttiva n. 2001/77/CE, di cui il d.lgs. n 387 del 2003 costituisce attuazione, in quanto il legislatore comunitario, nel porre a carico degli Stati membri l’obiettivo di promuovere il maggior utilizzo delle fonti di energia rinnovabili, ha a tal uopo indicato i termini entro i quali essi devono raggiungere determinati risultati.

Quanto all’eccepita mancata proposizione di due distinte censure avverso l’art. 1 della legge regionale n. 38 del 2008, è sufficiente osservare che, diversamente da quanto ritenuto dalla resistente, anche alla parte di disposizione che concerne la sospensione dei lavori non ancora eseguiti degli impianti autorizzati è applicabile il principio fondamentale fissato dall’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003, in quanto la sua ratio è di semplificare i procedimenti amministrativi volti al rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabili al fine di rendere più rapida la loro costruzione, non potendosi, quindi, limitare l’efficacia di tale principio al mero rilascio formale del provvedimento di autorizzazione.

Non può, infine, ritenersi venuto meno l’interesse al ricorso, in quanto sebbene la norma impugnata abbia cessato di avere efficacia a seguito della sua sopravvenuta modifica, essa ha, comunque, avuto applicazione (sentenza n. 282 del 2009).

2.2 − Nel merito la questione è fondata.

L’art. 1 della legge regionale n. 38 del 2008, nello stabilire un’ulteriore sospensione di sessanta giorni, rispetto a quella di centoventi giorni inizialmente prevista dall’art. 53 della legge regionale n. 15 del 2008, si pone in contrasto con l’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003 che, nel disciplinare il procedimento per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, fissa il termine massimo per la sua conclusione in centottanta giorni.

La giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 364 del 2006 e n. 282 del 2009) ha riconosciuto alla citata norma natura di principio fondamentale nella suddetta materia, in quanto «tale disposizione risulta ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità garantendo, in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito del procedimento autorizzativo».

Alla luce di tali premesse risulta evidente il contrasto della norma censurata con l’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003, poiché, scaduto il 14 ottobre 2008 il termine di 120 giorni di sospensione indicato dall’art. 53 (calcolato dal 17 giugno 2008, giorno di entrata in vigore la legge regionale n. 15 del 2008), per effetto dell’art. 1 della legge regionale n. 38 del 2008, il 16 novembre 2008 (data della entrata in vigore della legge impugnata) è stata disposta la proroga di ulteriori 60 giorni dell’indicato termine, comportando ciò il superamento di quello di centottanta giorni fissato dal legislatore nazionale.

Anche la parte della norma censurata che, in virtù del richiamo all’art. 53, della legge regionale n. 15 del 2008 dispone la proroga della sospensione della realizzazione degli impianti assentiti si pone in contrasto con l’indicato parametro costituzionale, in quanto elusiva dei principi fondamentali di semplificazione e celerità amministrativa, risultando inutile il rilascio dell’autorizzazione se ad esso non consegue la possibilità del suo concreto utilizzo.

3. − Oggetto di specifica impugnativa è anche l’art. 2 della legge regionale n. 42 del 2008, il quale stabilisce testualmente, al comma 1, che «Nelle more dell’aggiornamento del Piano energetico ambientale regionale (PEAR) e della ripartizione nazionale tra le regioni delle produzioni di energia da fonti rinnovabili sono individuati i seguenti limiti da raggiungere entro il 2009, su scala regionale, alle potenze totali autorizzabili per ciascuna fonte rinnovabile: a) eolica 3.000 MW; b) fotovoltaica/termodinamica 400 MW; c) idraulica 400 MW; biomassa 300 MW». Il successivo comma 2 prevede che «alla concorrenza dei limiti di potenza autorizzabile di cui al precedente comma, da intendersi comprensivi della potenza già autorizzata sul territorio regionale alla data odierna, non partecipano le autorizzazioni assoggettate alla semplice «Denuncia Inizio Lavori» di cui agli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 380/01 e successive modificazioni ed integrazioni o soggette a semplice comunicazione preventiva».

Il ricorrente ritiene che tale norma, nella parte in cui individua, nelle more di approvazione del PEAR e della ripartizione tra regioni della produzione di energia, limiti massimi autorizzabili di potenza di energia da fonti rinnovabili entro l’anno 2009, sarebbe illogica in quanto, senza alcun criterio, fissa i suddetti limiti pregiudicando l’iniziativa economica del relativo settore, nonché il raggiungimento dell’obiettivo dell’incremento della produzione di tale energia perseguito dallo Stato in attuazione di specifici impegni internazionali e comunitari (direttive 2001/77/CE e 2006/32/CE e Protocollo di Kyoto, ratificato e reso esecutivo con legge n. 120 del 2002), con conseguente violazione degli artt. 41 e 117, primo comma, della Costituzione.

3.1 − La questione è fondata.

Con la disposizione censurata il legislatore regionale prevede alcuni limiti alla produzione di energia da fonti rinnovabili sul territorio regionale e, in tal modo, pone una disciplina che opera in modo diametralmente opposto rispetto alle norme internazionali (Protocollo di Kyoto) e comunitarie (art. 3 direttiva n. 2001/77/CE) le quali, nell’incentivare lo sviluppo delle suddette fonti di energia, individuano soglie minime di produzione che ogni Stato si impegna a raggiungere entro un determinato periodo di tempo.

In ottemperanza agli indirizzi sopra riportati l’art. 2, comma 167, della legge n. 244 del 2007, prevede che «Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, uno o più decreti per definire la ripartizione fra regioni e province autonome di Trento e di Bolzano della quota minima di incremento dell’energia prodotta con fonti rinnovabili per raggiungere l’obiettivo del 17 per cento del consumo interno lordo entro 2020 ed i successivi aggiornamenti proposti dall’Unione europea […]».

4. − Il ricorrente propone, poi, una terza censura nei confronti dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Calabria n. 42 del 2008, in quanto ritiene che esso determini un accesso privilegiato al settore dell’energia per determinati operatori con conseguente violazione degli artt. 41 e 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione al principio della libertà della produzione di energia elettrica sancito dall’art. 1 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica) e del principio di cui all’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003, che pone il divieto di subordinare l’autorizzazione a misure di compensazione a favore della Regione.

4.1 − In via preliminare deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità prospettata dalla resistente, con riguardo ai profili di censura riferiti alla asserita violazione dei principi fondamentali della legislazione dello Stato.

La difesa della Regione Calabria ritiene che tali censure siano state prospettate in maniera generica, non avendo il ricorrente argomentato le ragioni in virtù delle quali le norme statali dallo stesso indicate, sarebbero qualificabili come principi fondamentali ed a quale materia, attribuita alla competenza legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, sarebbero riferibili.

Diversamente da quanto prospettato dalla resistente, dal tenore letterale del ricorso si evince, da un lato, che attraverso il richiamo all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, il ricorrente ha inteso riferirsi alla materia produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; dall’altro, che il ricorrente ha ritenuto le norme statali indicate principi fondamentali della suddetta materia.

4.2 − Nel merito la questione è fondata.

L’art. 3, comma 1, impugnato prevede che «entro i limiti di potenza autorizzabile di cui al precedente articolo è costituita, per ciascuna fonte, una riserva strategica sino al 20% a favore di azioni volte a garantire lo sviluppo del tessuto industriale regionale, individuato quale interesse economico e sociale fondamentale per la Regione. Tale riserva potrà essere utilizzata dalla Regione per: stipulare protocolli di intesa con primari operatori in possesso di qualificata esperienza nel settore dell’energia e di una significativa capacità produttiva, preferibilmente con partenariato calabrese, che destinino una significativa quota degli investimenti per attività di sviluppo industriale ed economico sul territorio calabrese, anche nella componentistica energetica; assegnare quote di energia a soggetti che gestiscono servizi pubblici caratterizzati da un elevato fabbisogno energetico, al fine di favorire la riduzione dei relativi costi».

Il legislatore regionale con la disposizione in esame ha posto una disciplina che contrasta con il principio di cui all’art. 41 della Costituzione, in quanto sottrae il 20% della potenza di energia autorizzabile al libero mercato e, nel destinarlo a determinate finalità, individua i possibili legittimati ad ottenere la suddetta quota sulla base di requisiti del tutto atecnici (che abbiano preferibilmente partenariato calabrese), ponendo, peraltro, a loro carico una serie di condizioni (che destinino una significativa quota degli investimenti per attività di sviluppo industriale ed economico sul territorio calabrese) estranee all’oggetto della autorizzazione ottenuta.

Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che discriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale contrasta con il principio secondo cui la Regione non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni, discendendo da ciò «il divieto per i legislatori regionali di frapporre barriere di carattere protezionistico alla prestazione, nel proprio ambito territoriale, di servizi di carattere imprenditoriale da parte di soggetti ubicati in qualsiasi parte del territorio nazionale (nonché, in base ai principi comunitari sulla libertà di prestazione dei servizi, in qualsiasi paese dell’Unione europea)» (sentenza n. 207 del 2001).

5. − La quarta censura investe l’art. 5, commi 2 e 3, della legge della Regione Calabria n. 42 del 2008.

Il ricorrente ritiene che tali norme nella parte in cui prevedono la decadenza ope legis delle istanze di autorizzazione pendenti, le quali devono essere conformi alle sopravvenute norme contenute nella legge regionale, attribuiscano a queste ultime efficacia retroattiva, in violazione dei principi di buona fede, di affidamento e di certezza del diritto, nonché di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.

Sarebbe, infatti, impedita la prosecuzione dei procedimenti amministrativi di autorizzazione in corso con ulteriore violazione degli artt. 2 e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) che impongono la conclusione degli stessi con un provvedimento motivato.

5.1 − La questione non è fondata.

In proposito si osserva che, se da un lato, in applicazione del principio tempus regit actum, ogni atto amministrativo (anche endoprocedimentale) deve essere conforme alla legge in vigore nel momento in cui viene posto in essere, dall’altro, la persona, che ha dato avvio al procedimento di autorizzazione oggetto della disposizione impugnata, è titolare di una mera aspettativa.

È principio affermato da questa Corte che «l’intervento legislativo diretto a regolare situazioni pregresse è legittimo a condizione che vengano rispettati i canoni costituzionali di ragionevolezza e i principi generali di tutela del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche […]. La norma successiva non può, però, tradire l’affidamento del privato sull’avvenuto consolidamento di situazioni sostanziali» (sentenza n. 24 del 1999).

In ragione di quanto sopra e dell’assenza di una situazione giuridica consolidata in capo al richiedente il provvedimento, la norma impugnata non può ritenersi lesiva del principio di affidamento.

Non risultano violati neanche i principi di cui all’art. 97 della Costituzione, in quanto il legislatore regionale, nel tenere conto della mutata disciplina in tema di rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione di impianti di energia alternativa contenuta nella legge n. 42 del 2008, frutto di una diversa valutazione degli interessi pubblici ad essa sottesi, si è limitato ad impedire il rilascio di provvedimenti con essa in contrasto senza prevedere alcuna deroga ai principi di cui agli artt. 2 e 3 della legge n. 241 del 1990.

6 − L’Avvocatura impugna, poi, il punto 2.3 dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del 2008, nella parte in cui individua un elenco di impianti (con potenza nominale inferiore o uguale a 500 Kwe) assoggettabili alla sola disciplina della denuncia di inizio attività.

Tale norma, a parere della difesa erariale, si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione e, in particolare, con il principio fondamentale di cui all’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 387 del 2003, il quale assoggetta al procedimento di DIA impianti che producono una quantità di energia diversa da quella regionale e che può essere modificata solo con decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata.

Il legislatore regionale avrebbe poi violato l’art. 41 della Costituzione, in quanto, sarebbe contrario al principio di libera concorrenza del mercato introdurre il regime semplificato della DIA per gli impianti finalizzati all’autoconsumo e negarlo per quelli che hanno lo stesso impatto sul territorio ma una diversa finalità.

6.1 − In via preliminare, va respinta l’eccezione di inammissibilità avanzata dalla Regione riferita alla genericità con la quale il ricorrente ha qualificato il principio fondamentale asseritamente violato dalla norma impugnata.

Sul punto valgono gli stessi motivi già indicati con riferimento ad analoga eccezione proposta in riferimento all’art. 3, comma 1, della legge n. 42 del 2008.

6.2 − Nel merito la questione è fondata.

L’installazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di energia è regolata dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, il quale prevede, ai commi 3 e 4, una disciplina generale caratterizzata da un procedimento che si conclude con il rilascio di una autorizzazione unica.

A tale disciplina fanno eccezione determinati impianti che, se producono energia in misura inferiore a quella indicata dalla tabella allegata allo stesso d.lgs. n. 387 del 2003, sono sottoposti non al rilascio di alcuna autorizzazione, bensì alla disciplina della denuncia di inizio attività (art. 12, comma 5).

In particolare, la indicata tabella distingue i suddetti impianti in base alla tipologia di fonte che utilizzano (eolica, soglia 60 kW, solare, soglia 20 kW, etc).

Sempre l’indicato art. 12, comma 5, prevede, poi, che «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività».

La norma impugnata si pone in contrasto con quanto disposto dall’art. 12, il quale fissa i principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia (sentenze n. 364 del 2006, n. 282 del 2009).

Il legislatore regionale ha assunto un criterio di individuazione degli impianti autorizzabili sulla base della mera denuncia di attività, difforme da quello del legislatore statale che, senza tener conto della tipologia della fonte utilizzata, fissa in un’unica soglia di produzione il limite che consente l’accesso al procedimento di DIA.

L’eterogeneità delle discipline (statale e regionale) poste a raffronto rende palese anche la violazione dell’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 387 del 2003, che consente l’individuazione di soglie diverse di potenza rispetto a quelle indicate dalla tabella, ma solo a seguito di un procedimento che, in ragione delle diverse materie interessate (tutela del territorio, tutela dell’ambiente, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia), coinvolge lo Stato e le Regioni in applicazione del principio di leale collaborazione, il quale impedisce ogni autonomo intervento legislativo regionale (sentenze n. 282 e n. 166 del 2009).

7 − Oggetto di specifica censura è anche il punto 4.2 lettera f) dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del 2008, nella parte in cui prevede che alla domanda di autorizzazione all’installazione di impianti eolici deve essere allegato uno studio delle potenzialità anemologiche del sito che siano tali da garantire una producibilità annua di almeno 1800 ore equivalenti di vento.

Il ricorrente ritiene che per effetto di tale disposizione il legislatore regionale ha posto una moratoria all’installazione dei suddetti impianti, in quanto, da un lato, tenuto conto della media di produzione nazionale, sarebbero ben pochi gli impianti in grado di garantire i suddetti standard; dall’altro, viene introdotta una condizione al rilascio della autorizzazione non prevista dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, in violazione dell’art.117, primo e terzo comma, della Costituzione.

7.1 − In via preliminare, anche con riferimento alla suddetta questione, deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità avanzata dalla Regione per la generica qualificazione del principio fondamentale asseritamente violato dalla norma impugnata e della materia di cui esso dovrebbe essere espressione.

Sul punto valgono gli stessi motivi già indicati con riferimento ad analoga eccezione proposta in riferimento all’art. 3, comma 1, della legge n. 42 del 2008.

7.2 − Nel merito, la questione è fondata per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto la norma censurata pone di fatto una limitazione all’installazione di impianti eolici.

La normativa statale di cornice non contempla, infatti, alcuna limitazione specifica, né divieti inderogabili alla installazione di impianti alimentati da fonte eolica assumendo a tal fine rilievo l’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, il quale rinvia a apposite linee guida il compito di «assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio». Tale disposizione abilita, poi, le Regioni a «procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti», ma ciò può aver luogo solo «in attuazione» delle predette linee guida. Al momento non risulta che queste ultime siano state adottate con le modalità previste dallo stesso comma 10, vale a dire in sede di Conferenza unificata (sentenza n. 282 del 2009).

Al riguardo, questa Corte ha precisato che «la presenza delle indicate diverse competenze legislative giustifica il richiamo alla Conferenza unificata, ma non consente alle Regioni [...] di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa» (sentenza n. 166 del 2009).

8. − Il ricorrente ritiene, poi, che il punto 4.2, lettera i), dell’Allegato sub 1 della legge regionale impugnata, nella parte in cui prevede che la domanda di autorizzazione (per gli impianti di potenza superiore a 500 Kwe), sia corredata anche dalla deliberazione favorevole del Consiglio comunale sul cui territorio insiste il progetto, si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione e con il principio di cui all’art.12 del d.lgs. n. 387 del 2003, che qualifica come indifferibili ed urgenti e di pubblica utilità le opere tese a realizzare i suddetti impianti, sottoponendo le stesse ad una autorizzazione unica (comma 3).

8.1 − Quanto all’eccezione di inammissibilità avanzata dalla resistente, stante il suo contenuto identico a quella riportata al punto 7.1, valgono le medesime argomentazioni al riguardo formulate.

8.2 − Nel merito la questione è fondata.

Sul punto è sufficiente riaffermare la natura di principio fondamentale dell’art. 12 e rilevare che esso, nel disciplinare il procedimento per l’installazione di impianti alimentati da fonti alternative, prevede quale suo atto conclusivo il rilascio di una autorizzazione unica, senza alcun riferimento alla necessità dell’adozione dell’atto consiliare comunale indicato dalla norma regionale impugnata, la quale prescrive, quindi, un ulteriore adempimento in contrasto con le finalità di semplificazione perseguite dal legislatore statale.

9. − Il ricorrente impugna, infine, il punto 4.2 lettere l) ed o) dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del 2008, nella parte in cui stabiliscono una serie di condizioni e di oneri economici per il rilascio dell’autorizzazione unica per l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili estranee all’oggetto del provvedimento richiesto.

In particolare, la suddetta lettera l) prescrive che alla domanda di autorizzazione sia allegato un atto con il quale il richiedente si impegna, tra l’altro: a) a costituire prima del rilascio della suddetta autorizzazione, una società di scopo con residenza fiscale nel territorio della Regione Calabria; b) a sottoscrivere garanzie fideiussorie; c) a favorire l’imprenditoria calabrese nella fase della realizzazione; d) a facilitare l’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di unità lavorative per la gestione dell’impianto; e) a versare a favore della Regione Calabria la somma di 50 €cent per ogni KW eolico di potenza elettrica nominale autorizzata (€ 1,5 per le altre tipologie) quali oneri per monitoraggio con relativa dotazione di antinfortunistica e per l’accertamento della regolare esecuzione delle opere. La successiva lettera o) stabilisce che il richiedente l’autorizzazione alleghi alla domanda la ricevuta di avvenuto versamento degli oneri istruttori a favore della Regione Calabria pari ad € 100 per ogni MW per il quale si richiede l’autorizzazione, con un minimo di € 300.

Tali previsioni contrasterebbero con gli artt. 3, 41, 97 e 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in quanto limitano la libertà di iniziativa economica nel settore in esame (prevista espressamente dall’art 1 del d.lgs. n. 79 del 1999) con conseguente mancato rispetto degli obblighi internazionali di incremento di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Le norme censurate, poi, nell’imporre misure di compensazione al rilascio della indicata autorizzazione contrasterebbero con l’art. 12, comma 5 (recte: comma 6), del d.lgs. n. 387 del 2003, con ulteriore violazione del canone di ragionevolezza in quanto discriminerebbero «gli operatori italiani rispetto a quelli comunitari, in violazione dell’art. 97 della Costituzione».

9.1 − Anche per quanto attiene alla questione in esame deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità avanzata dalla Regione per genericità della censura proposta con riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto proposta in modo identico a quella di cui al punto 7.1 e per la quale, valgono le medesime argomentazioni svolte in tale sede.

9.2 − Nel merito la questione è fondata.

Deve, in via preliminare osservarsi che per misure di compensazione s’intende, in genere, la monetizzazione degli effetti negativi che l’impatto ambientale determina, per cui chi propone l’istallazione di un determinato impianto s’impegna a devolvere, all’ente locale cui compete l’autorizzazione, determinati servizi o prestazioni.

La legge statale vieta tassativamente l’imposizione di corrispettivo (le cosiddette misure di compensazione patrimoniale) quale condizione per il rilascio dei suddetti titoli abilitativi, tenuto conto che la costruzione e l’esercizio di impianti per l’energia eolica sono libere attività d’impresa soggette alla sola autorizzazione amministrativa della Regione, secondo l’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003. Sono, al contrario, ammessi gli accordi che contemplino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, nel senso che il pregiudizio subito dall’ambiente per l’impatto del nuovo impianto, oggetto di autorizzazione, viene compensato dall’impegno ad una riduzione delle emissioni inquinanti da parte dell’operatore economico proponente.

L’art. 1, comma 4, lettera f), della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia), dopo aver posto il principio della localizzazione delle infrastrutture energetiche in rapporto ad un adeguato equilibrio territoriale, ammette concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale, prevedendo in tal caso misure di compensazione e di riequilibrio ambientale (anche relativamente ad impianti alimentati da fonti rinnovabili, dopo la sentenza n. 383 del 2005).

Al riguardo il successivo comma 5 afferma il diritto di Regioni ed enti locali di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, il quale vieta che l’autorizzazione possa prevedere (o essere subordinata a) compensazioni (evidentemente di natura patrimoniale) a favore della Regione o della Provincia delegata.

Le disposizioni censurate si pongono in contrasto con tali principi, in quanto prevedono oneri e condizioni a carico del richiedente l’autorizzazione che si concretizzano in vantaggi economici per la Regione e per gli altri enti locali e, quindi, si configurano quali compensazioni di carattere economico espressamente vietate dal legislatore statale (sentenza n. 282 del 2009).

La disciplina impugnata, infatti, prescinde dall’esistenza di concentrazioni di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale, presupposto quest’ultimo previsto dall’art. 1 sopra indicato che legittima la previsione di misure di compensazione finalizzate al riequilibrio ambientale in deroga al principio fondamentale fissato dall’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 11 novembre 2008, n. 38 (Proroga del termine di cui al comma 3, art. 53, legge regionale 13 giugno 2008, n. 15);

2) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, 3, comma 1, dell’Allegato sub 1, punti 2.3 e 4.2, lettere f), i), l) ed o), della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2008, n. 42 (Misure in materia di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili);

3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, commi 2 e 3, della legge della Regione Calabria n. 42 del 2008, così come proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Maria Rita SAULLE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'1 aprile 2010.