Ordinanza n. 326 del 2009

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ORDINANZA N. 326

ANNO 2009

[ELG:COLLEGIO]

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:     

- Ugo                  DE SIERVO                     Presidente

- Paolo                MADDALENA                 Giudice

- Alfio                FINOCCHIARO                      “

- Alfonso            QUARANTA                           “

- Franco              GALLO                                   “

- Luigi                MAZZELLA                            “

- Maria Rita         SAULLE                                 “

- Giuseppe           TESAURO                              “

- Paolo Maria       NAPOLITANO                        “

- Giuseppe           FRIGO                                    “

- Alessandro        CRISCUOLO                          “

- Paolo                GROSSI                                  “

[ELG:PREMESSA]

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 434, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria 2008), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con tre ordinanze del 30 maggio 2008 rispettivamente iscritte ai nn. 50, 51 e 52 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 novembre 2009 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

[ELG:FATTO]

[ELG:DIRITTO]

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con tre ordinanze di identico tenore in data 30 maggio 2008 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 434, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria 2008), nella parte in cui «troverebbe applicazione anche per i professori per i quali sia stato già disposto con formale provvedimento amministrativo il collocamento fuori ruolo»;

che la disposizione impugnata stabilisce che:

a) il periodo di fuori ruolo dei professori universitari, precedente la quiescenza, è ridotto a due anni accademici a decorrere dal 1° gennaio 2008, pertanto coloro che alla data indicata sono in servizio come professori nel terzo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell’anno accademico;

b) il periodo è ridotto ad un anno accademico a decorrere dal 1° gennaio 2009, sicché coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel secondo anno accademico fuori ruolo, sono posti in quiescenza al termine dell’anno accademico;

c) il detto periodo è abolito a decorrere dal 1° gennaio 2010 e coloro che, a tale data, sono in servizio come professori nel primo anno accademico fuori ruolo, sono posti in quiescenza al termine dell’anno accademico;

che, come il giudice a quo riferisce, dinanzi al Tribunale amministrativo sono pendenti i giudizi per l’annullamento, previa misura cautelare, dei decreti rettorali dell’Università degli studi di Messina in data 13 marzo 2008, con i quali è stata disposta la cessazione anticipata dal servizio, a decorrere dal 1° novembre 2008, dei professori Girolamo Cotroneo, Agatino Santoro e Calapso Maria Teresa;

che il rimettente riassume l’evoluzione della normativa in tema di collocamento fuori ruolo dei professori universitari, cominciando dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 26 ottobre 1947, n. 1251 (Disposizioni per il collocamento fuori ruolo dei professori universitari che hanno raggiunto i limiti di età), il quale stabiliva che i professori universitari, al compimento del 70° anno di età, assumevano la qualifica di professori fuori ruolo fino al completamento dell’anno accademico, durante il quale avrebbero compiuto i 75 anni di età; pone in evidenza che, tra i criteri direttivi della delega conferita al Governo con la legge 21 febbraio 1980, n. 28, sul riordino della docenza universitaria, era stato stabilito che il fuori ruolo decorresse dal compimento del 65° anno di età, mentre il pensionamento doveva avere luogo cinque anni dopo il collocamento fuori ruolo;

che, però, in sede di esercizio della delega, con il d. P. R. 11 luglio 1980, n. 382, (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), il Governo aveva disposto che la normativa già vigente venisse applicata ai professori in servizio alla data di entrata in vigore della legge del 21 agosto 1980, n.28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica) ed anche a quelli nominati in ruolo a seguito di concorsi già banditi alla medesima data;

che il collocamento fuori ruolo per tali categorie di professori universitari diventava opzionale, a seguito della legge 7 agosto 1990, n. 239 (Disposizioni sul collocamento fuori ruolo dei professori universitari), la quale confermava però il collocamento a riposo al compimento del 70° anno di età, limite che poteva essere esteso di ulteriori due anni per effetto dell’art. 16 del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici), a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), ed era stato poi ridotto da cinque a tre anni dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), applicabile sia ai professori vincitori di concorsi banditi dopo l’entrata in vigore della legge n. 28 del 1980, sia ai beneficiari della disposizione transitoria di cui all’art. 110 del d. P.R. n. 382 del 1980, i quali, dopo il prolungamento dell’età a 72 anni, venivano posti in quiescenza al compimento del 75° anno di età;

che la legge 4 novembre 2005, n. 230 (Nuove disposizioni concernenti i professori e i ricercatori universitari e delega al Governo per il riordino del reclutamento dei professori universitari), aveva stabilito l’abolizione del fuori ruolo prima della quiescenza ed il collocamento a riposo dei professori universitari al termine dell’anno accademico, durante il quale avessero compiuto il 70° anno di età, facendo però salvo lo stato giuridico ed il trattamento economico dei professori in servizio alla data di entrata in vigore della legge;

che la legge finanziaria 2008, con il dettato dell’art. 2, comma 434, ha stabilito che il periodo di fuori ruolo dei professori universitari viene ridotto a due anni accademici, a far data dal 1° gennaio 2008; ad un anno accademico, a decorrere dal 1° gennaio 2009, fino alla completa eliminazione dell’istituto del collocamento fuori ruolo prima della quiescenza, a far data dal 1° gennaio 2010;

che, in punto di rilevanza della questione, ad avviso del rimettente la richiamata normativa è applicabile anche ai professori per i quali, come i ricorrenti, sia stato disposto, con formale provvedimento amministrativo, il collocamento fuori ruolo alla fine dell’anno accademico durante il quale si raggiungono i 72 anni di età, ed il collocamento in quiescenza alla fine dell’anno accademico nel quale si raggiungono i 75 anni di età;

che, sotto il profilo della non manifesta infondatezza, il giudice a quo rileva come la disposizione possa essere in contrasto con i principi di ragionevolezza, di imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione, sanciti dagli art. 3 e 97 della Costituzione;

che il contrasto con l’art. 3 Cost. conseguirebbe all’irrazionalità ed arbitrarietà della norma censurata, la cui applicazione comporterebbe il travolgimento della situazione sostanziale posta in essere da un formale provvedimento amministrativo, adottato in conformità alla disciplina vigente al momento della sua emanazione e «frustrerebbe l’affidamento dell’interessato nella sicurezza giuridica, elemento fondamentale dello stato di diritto», violando, altresì, il principio di uguaglianza;

che, inoltre, sarebbero parificati nel trattamento giuridico soggetti titolari di situazioni dissimili, cioè coloro per i quali l’Università di appartenenza non ha ancora adottato alcun provvedimento e coloro per i quali il provvedimento è stato adottato;

che, secondo il rimettente, la disposizione censurata viola anche il principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., in quanto finisce per determinare l’interruzione dei programmi di ricerca intrapresi che, ragionevolmente, il docente contava di concludere nel triennio di fuori ruolo ed «i processi di crescita ed affermazione dei suoi allievi», giacché tra i compiti del professore universitario, oltre all’attività scientifica ed a quella didattica, rientra la formazione di giovani studiosi;

che, nei giudizi di costituzionalità, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, in quanto la norma censurata è riconducibile alla discrezionalità propria del legislatore, il quale ha deciso di limitare il collocamento fuori ruolo dei professori universitari, modificando in senso sfavorevole la disciplina di rapporti di durata nel rispetto del criterio di razionalità;

che è stata operata una graduale riduzione del fuori ruolo, fino alla sua totale eliminazione e, per evitare un’evidente disparità di trattamento, basata esclusivamente sull’emanazione del provvedimento di collocamento fuori ruolo, tra docenti in servizio (in relazione ai quali il relativo periodo è abolito) e docenti già in fuori ruolo (in relazione ai quali detto periodo avrebbe durata triennale), è stata prevista la graduale riduzione del periodo stesso per la seconda categoria di professori;

che, inoltre, secondo la difesa erariale, la norma non viola il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto i programmi di ricerca potranno certamente essere proseguiti dalla struttura universitaria con altri docenti in ruolo;

Considerato che, con le tre ordinanze indicate in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 434, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria 2008), nella parte in cui «troverebbe applicazione anche per i professori per i quali sia stato già disposto con formale provvedimento amministrativo il collocamento fuori ruolo»;

che i tre giudizi, avendo ad oggetto questioni identiche, devono essere riuniti e decisi con un’unica pronunzia;

che, come si desume dalle ordinanze di rimessione, i tre ricorrenti nei giudizi principali hanno già iniziato il periodo di fuori ruolo;

che la questione di legittimità costituzionale posta dalle ordinanze in esame è identica a quella in precedenza sollevata e decisa dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 236 del 2009, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, nella parte in cui si applica ai professori universitari per i quali sia stato disposto il collocamento fuori ruolo con formale provvedimento amministrativo e che hanno iniziato il corso del relativo periodo;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile in quanto divenuta priva di oggetto.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale  dell’art. 2, comma 434, della legge 24 dicembre 2007, n.244 (Legge finanziaria 2008), nella parte in cui «troverebbe applicazione anche per i professori per i quali sia stato già disposto con formale provvedimento amministrativo il collocamento fuori ruolo»  in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione, sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 novembre 2009.

[ELG:FIRME]

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2009.