Sentenza n. 265 del 2009

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SENTENZA N. 265

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco                          AMIRANTE                    Presidente

- Ugo                                   DE SIERVO                     Giudice

- Paolo                                 MADDALENA                         “

- Alfio                                  FINOCCHIARO                       “

- Alfonso                              QUARANTA                            “

- Franco                               GALLO                                    “

- Luigi                                  MAZZELLA                             “

- Gaetano                             SILVESTRI                              “

- Maria Rita                          SAULLE                                  “

- Giuseppe                            TESAURO                               “

- Paolo Maria                        NAPOLITANO                         “

- Giuseppe                            FRIGO                                     “

- Alessandro                         CRISCUOLO                           “

- Paolo                                 GROSSI                                   “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 21, undicesimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), introdotto dall'art. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), promosso dal Tribunale amministrativo regionale delle Marche nel procedimento vertente tra T. V. P. e l'Unione Nazionale Incremento Razze Equine (U.N.I.R.E.) con ordinanza del 4 dicembre 2008, iscritta al n. 78 del registro ordinanze 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2009.

    Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nella camera di consiglio del 23 settembre 2009 il Giudice relatore Luigi Mazzella.

 

Ritenuto in fatto

    1. – Nel corso di un giudizio promosso da T. V. P. contro l'Unione Nazionale Incremento Razze Equine (U.N.I.R.E.) per ottenere l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, di una decisione della Commissione di disciplina di prima istanza, il Tribunale amministrativo regionale delle Marche ha proposto, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 21, undicesimo comma, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), nel testo introdotto dall'art 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), nella parte in cui non prevede che, con l'ordinanza che accoglie la domanda cautelare, il giudice amministrativo possa provvedere in via provvisoria sulle spese del procedimento cautelare medesimo.

    Il rimettente afferma che la domanda di sospensione del provvedimento impugnato avanzata dalla parte privata deve essere accolta e che sussisterebbero le condizioni per la condanna dell'amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio relative alla fase cautelare. Aggiunge che, però, la possibilità di pronuncia in ordine alle spese di tale fase è specificamente prevista dall'art. 21, undicesimo comma, della legge n. 1034 del 1971 per il solo caso di ordinanze che rigettino o dichiarino inammissibile la domanda cautelare proposta in primo grado, mentre nessuna analoga previsione è stabilita per il caso di accoglimento della medesima.

    Ad avviso del giudice a quo, siffatta mancata previsione contrasterebbe con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione. Infatti, la norma determinerebbe una palese diversità di trattamento tra la parte pubblica e quella privata (artt. 3 e 111, secondo comma, Cost.), tale da incidere sulla piena esplicazione del diritto di difesa di quest'ultima in ogni stato del procedimento, precludendo la possibilità stessa di chiedere la condanna dell'amministrazione al pagamento delle spese relative alla fase cautelare (art. 24, primo e secondo comma, Cost.).

    La questione di costituzionalità sarebbe, poi, rilevante, perché la sua risoluzione è pregiudiziale alla pronuncia sulle spese della fase cautelare medesima, onde «su tale specifico punto il giudizio va sospeso».

    Pertanto il TAR delle Marche ha accolto la domanda cautelare (e, per l'effetto, sospeso l'efficacia del provvedimento impugnato) e, contestualmente, ha sollevato la predetta questione di legittimità costituzionale dell'art. 21, undicesimo comma, della legge n. 1034 del 1971.

    2. – E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che chiede che la questione sia dichiarata infondata.

    La difesa erariale afferma che l'art. 21, undicesimo comma, della legge n. 1034 del 1971 risponde al principio generale secondo il quale la pronuncia sulle spese è correlata alla chiusura del procedimento davanti al giudice, evenienza che, nella fase cautelare davanti al giudice amministrativo si verifica solamente nel caso in cui l'istanza di sospensione del provvedimento amministrativo impugnato sia respinta o dichiarata inammissibile, non anche quando essa sia accolta, perché in tal caso occorre sempre proseguire il giudizio di merito.

    Inoltre, dal chiaro disposto della norma impugnata, si desume – ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri – che la decisione sulle spese del procedimento cautelare costituisce una mera facoltà rimessa all'apprezzamento del collegio giudicante, che liquida le spese sempre in via provvisoria, tenendo poi conto di tale decisione nella sentenza di merito.

    L'Autorità interveniente nega che sussista la denunciata lesione dell'art. 3 Cost., sia perché le posizioni della parte privata e della parte pubblica non sono assimilabili, sia perché nella fase cautelare d'appello davanti al Consiglio di Stato – nella quale la pubblica amministrazione può assumere la posizione dell'appellante – alla parte pubblica è riservato lo stesso trattamento di quella privata.

    Neppure sarebbe ravvisabile un contrasto con l'art. 24, primo e secondo comma, Cost., perché la parte privata ben può chiedere ed ottenere la liquidazione delle spese relative alla fase cautelare all'esito del giudizio di merito, evento che, ai sensi dell'art. 21, decimo comma, della legge n. 1034 del 1971, può anche coincidere con la decisione cautelare.

    Quanto alla pretesa violazione dell'art. 111 Cost., l'Avvocatura generale dello Stato sostiene che il principio della parità delle parti enunciato nel secondo comma della predetta norma costituzionale non implica la necessità dell'assoluta identità di diritti e doveri delle parti processuali, ma va inteso come espressione del giusto equilibrio tra le parti stesse, equilibrio assicurato dalla norma censurata.

 

Considerato in diritto

    1. – Il Tribunale amministrativo regionale delle Marche dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 21, undicesimo comma, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), nel testo introdotto dall'art 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), secondo cui «Con l'ordinanza che rigetta la domanda cautelare o l'appello contro un'ordinanza cautelare ovvero li dichiara inammissibili o irricevibili, il giudice può provvedere in via provvisoria sulle spese del procedimento cautelare».

    Ad avviso del giudice a quo, tale disposizione, nella parte in cui non prevede che, con l'ordinanza che accoglie la domanda cautelare, il giudice amministrativo possa provvedere in via provvisoria sulle spese del procedimento cautelare, determinerebbe una palese diversità di trattamento tra la parte pubblica e quella privata (con conseguente violazione degli artt. 3 e 111, secondo comma, Cost.), tale da incidere sulla piena esplicazione del diritto di difesa di quest'ultima, precludendo (in contrasto con l'art. 24, primo e secondo comma, Cost.) la possibilità stessa di chiedere la condanna dell'amministrazione al pagamento delle spese relative alla fase cautelare.

    2. – La questione non è fondata.

    L'art. 21, undicesimo comma, della legge n. 1034 del 1971 non contrasta con gli artt. 3 e 111 della Costituzione.

    La norma censurata mira a disincentivare un ricorso indiscriminato alla tutela cautelare, costituendo una remora alla proposizione di domande palesemente infondate. E' chiaro che tale ratio non ricorre nel caso di accoglimento dell'istanza cautelare.

    Inoltre, in quest'ultimo caso, la parte privata ha interesse alla prosecuzione nel merito del giudizio (al fine di ottenere la conferma definitiva del provvedimento a sé favorevole provvisoriamente emesso dal giudice amministrativo), mentre non altrettanto può dirsi nel caso opposto. Essa, all'esito sfavorevole del giudizio cautelare, potrebbe non presentare l'istanza per la discussione del ricorso richiesta dall'art. 23 della legge n. 1034 del 1971 e determinare così la perenzione del processo ove nessun atto di procedura sia compiuto nel termine previsto dall'art. 25 della stessa legge n. 1034. In tal caso il procedimento si esaurisce con la decisione sulla domanda cautelare e, pertanto, non è privo di ragione prevedere la possibilità, per il giudice che non accolga tale domanda, di provvedere anche sulle spese processuali.

    Così ricostruita la ratio della norma censurata, quest'ultima appare il frutto dell'esercizio non irragionevole della discrezionalità di cui, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, gode il legislatore ordinario nel configurare gli istituti processuali.

    Non sussiste neppure la prospettata lesione del diritto di difesa tutelato dall'art. 24 della Costituzione, poiché la parte privata vittoriosa nella fase cautelare ben può ottenere il rimborso delle spese relative a questa fase ove risulti vittoriosa nel merito.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 21, undicesimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), introdotto dall'art. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale delle Marche con l'ordinanza indicata in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 ottobre 2009.