Ordinanza n. 228 del 2009

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ORDINANZA N. 228

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

- Francesco           AMIRANTE            Presidente

- Ugo                    DE SIERVO              Giudice

- Paolo                  MADDALENA              "

- Alfio                   FINOCCHIARO            "

- Alfonso              QUARANTA                 "

- Franco                GALLO                          "

- Luigi                   MAZZELLA                  "

- Gaetano              SILVESTRI                    "

- Sabino                CASSESE                       "

- Maria Rita          SAULLE                        "

- Giuseppe            TESAURO                     "

- Paolo Maria        NAPOLITANO              "

- Giuseppe            FRIGO                            "

- Alessandro         CRISCUOLO                 "

- Paolo                  GROSSI                         "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 505, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), promosso dal Tribunale ordinario di Savona, in funzione di Giudice del lavoro, nel procedimento vertente tra P. G. e l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) con ordinanza del 20 marzo 2008, iscritta al n. 246 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 2008.

    Visti l'atto di costituzione dell'INPS, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nella camera di consiglio del 10 giugno 2009 il Giudice relatore Paolo Grossi.

    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Savona, in funzione di Giudice del lavoro, nel giudizio promosso dal signor P. G. contro l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), ha sollevato, con ordinanza del 20 marzo 2008, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 505, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione;

    che la disposizione denunciata prevede che «L'articolo 6, comma 3, della legge 15 aprile 1985, n. 140, si interpreta nel senso che la maggiorazione prevista dal comma 1 del medesimo articolo si perequa a partire dal momento della concessione della maggiorazione medesima agli aventi diritto»;

    che la questione viene considerata rilevante in un giudizio il cui oggetto «è l'azione del ricorrente volta ad ottenere la perequazione automatica della maggiorazione», «nella misura mensile risultante dal calcolo effettuato sull'importo iniziale di £. 30.000 successivamente incrementato a decorrere dal gennaio 1985 anziché, come sostenuto dall'Inps, a decorrere dalla data di liquidazione della maggiorazione medesima»;

    che, introducendo «una espressa limitazione temporale alla generale operatività del criterio perequativo automatico della maggiorazione» con la fissazione della decorrenza del beneficio a partire dal momento della sua effettiva concessione («anziché dall'anno in cui è stato individuato l'importo del beneficio»), il legislatore avrebbe adottato, attraverso il potere di interpretazione autentica esercitato «in violazione dei canoni di ragionevolezza», una disposizione di cui sarebbe, invece, «chiara la portata innovativa e non meramente interpretativa»;

    che «l'erogazione della maggiorazione in un ammontare differente e variabile da soggetto a soggetto in funzione solo del momento del collocamento in pensione» configurerebbe una «conseguenza confliggente con l'esigenza di garantire la permanente adeguatezza della cifra monetaria della prestazione, costituente lo scopo dell'istituto della perequazione», nonché un effetto «indifferente alle peculiari caratteristiche dell'emolumento quale parte integrante del complessivo trattamento pensionistico»;

    che, tenuto conto che «il legislatore ha determinato l'importo originario della maggiorazione in una misura fissa forfetaria mensile, unica per la generalità degli aventi diritto e non ancorata a ulteriori parametri rispetto alla condizione di ex-combattente o assimilato», la disposizione denunciata si porrebbe in contrasto «con il criterio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., in quanto non è  giustificata da esigenze obiettive e ragionevoli né controbilanciata da ulteriori diversi profili del trattamento», per la tutela di «beni diversi e prevalenti rispetto a quello del mantenimento dell'adeguatezza del valore dell'attribuzione monetaria originaria», secondo il principio di cui all'art. 38 della Costituzione;

    che si è costituito l'INPS, concludendo per una declaratoria di infondatezza della questione, dovendosi reputare ampiamente compatibile con il canone della ragionevolezza una norma interpretativa che, in una «situazione di incertezza» e sulla linea di una consolidata giurisprudenza costituzionale, «si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario»;

    che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per una declaratoria di manifesta inammissibilità o, comunque, di infondatezza, in considerazione del carattere assistenziale del previsto beneficio.

    Considerato che questa Corte viene chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 505, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), sollevata dal Tribunale ordinario di Savona, in funzione di Giudice del lavoro, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione;

    che, secondo la prospettazione del giudice rimettente, la disposizione denunciata − nel prevedere che «L'articolo 6, comma 3, della legge 15 aprile 1985, n. 140, si interpreta nel senso che la maggiorazione prevista dal comma 1 del medesimo articolo si perequa a partire dal momento della concessione della maggiorazione medesima agli aventi diritto» − determinerebbe un'«irragionevole difformità di trattamento tra soggetti in posizione omogenea quanto ai presupposti costitutivi» e differenziati «solo in relazione ad un elemento accidentale della fattispecie quale la diversa decorrenza temporale per il singolo avente diritto del concreto godimento del beneficio», non risultando «razionale e coerente con i principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 38 Cost.»;

    che una analoga questione di legittimità costituzionale concernente la medesima disposizione, censurata in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 38, secondo comma, oltre che all'art. 24, primo e secondo comma, Cost., è stata dichiarata non fondata con la sentenza n. 401 del 2008;

    che in detta pronuncia si è affermato che, considerate le norme che disciplinano la maggiorazione di cui si tratta, «fino al momento della maturazione della pensione nessun diritto nasce in capo al soggetto, anche se egli appartiene a una delle categorie che il legislatore, in considerazione di pregresse vicende, ha voluto beneficiare» e, pertanto, «la subordinazione dell'acquisizione del diritto di cui si tratta alla maturazione del diritto a pensione e la sua inclusione in quest'ultima a tutti gli effetti fa sì che non sia irragionevole la disposizione censurata là dove stabilisce la decorrenza della perequazione dalla data della effettiva e concreta attribuzione del beneficio»;

    che «il beneficio oggetto della normativa in scrutinio non è, infatti, predisposto al fine di rendere congrua la prestazione previdenziale in relazione alle necessità degli aventi diritto alla medesima – finalità cui sopperiscono istituti diversi, quali la rivalutazione e la integrazione al minimo – bensì a fornire agli appartenenti a determinate categorie, ritenuti meritevoli di una gratificazione, una elargizione dimostrativa della gratitudine della Nazione»;

    che, in definitiva, risultando le vicende di detta perequazione automatica della maggiorazione della pensione non irragionevolmente connesse a quelle relative a quest'ultima, la determinazione del momento di decorrenza della perequazione costituisce una specificazione della disciplina del previsto automatismo;

    che non risultando prospettati profili diversi né addotti ulteriori argomenti rispetto a quelli esaminati o tali da indurre a modificare le richiamate valutazioni, la questione proposta va dichiarata manifestamente infondata.  

    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

     dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 505, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Savona, in funzione di Giudice del lavoro, con l'ordinanza in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, 14 luglio 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2009.