Ordinanza n. 210 del 2009

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ORDINANZA N. 210

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

-    Francesco                  AMIRANTE                          Presidente

-    Ugo                          DE SIERVO                            Giudice

-    Paolo                        MADDALENA                             “

-    Alfonso                     QUARANTA                               “

-    Franco                      GALLO                                       “

-    Luigi                         MAZZELLA                                “

-    Gaetano                     SILVESTRI                                 “

-    Sabino                       CASSESE                                   “

-    Maria Rita                 SAULLE                                     “

-    Giuseppe                   TESAURO                                   “

-    Paolo Maria               NAPOLITANO                            “

-    Giuseppe                   FRIGO                                        “

-    Alessandro                 CRISCUOLO                              “

-    Paolo                        GROSSI                                      “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 132, della legge 27 dicembre 2003, n. 299 (recte: dell’art. 3, comma 132, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004»), e dell’art. 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, promosso dal Tribunale di Genova nel procedimento vertente tra Parodi Roberto e l’I.N.P.S., con ordinanza del 22 luglio 2008, iscritta al n. 379 del registro ordinanze 2008, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di costituzione dell’I.N.P.S.;

udito nella camera di consiglio del 10 giugno 2009 il giudice relatore Luigi Mazzella.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio instaurato da un lavoratore nei confronti dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) allo scopo di ottenere la rivalutazione, con il coefficiente di 1,5, del periodo di lavoro nel quale egli era stato esposto all’amianto, il Tribunale di Genova, con ordinanza del 22 luglio 2008, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 3, comma 132, della legge 27 dicembre 2003, n. 299 (recte: dell’art. 3, comma 132, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004»), e dell’art. 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, nella parte in cui esclude dall’applicazione della disciplina previgente a quella introdotta dall’art. 47 del d.l. n. 269 del 2003 «coloro che prima del 2 ottobre 2003 non abbiano presentato domanda amministrativa di riconoscimento dei benefici previsti dall’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992», pur avendo poi presentato la domanda nel termine di decadenza di cui al menzionato art. 47;

che il rimettente premette in fatto che è dimostrata l’esposizione dell’attore all’amianto per più di dieci anni e che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, devono ritenersi sia la legittimazione passiva dell’INPS nel giudizio a quo, sia l’irrilevanza dell’esser stato il lavoratore dipendente di un’azienda coinvolta in una crisi aziendale quale conseguenza della dismissione dell’amianto, sia l’interesse ad agire dell’attore;

che il Tribunale di Genova osserva che l’art. 47 del d.l. n. 269 del 2003, nel modificare – con decorrenza 2 ottobre 2003 – il testo dell’art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto), ha reso meno favorevole la disciplina dei benefici previdenziali previsti da tale norma, riducendo il coefficiente di rivalutazione da 1,5 a 1,25 ed attribuendo rilevanza alla rivalutazione ai soli fini dell’importo della pensione e non anche della maturazione del diritto alla medesima, onde occorre stabilire se all’attore debba applicarsi la vecchia (e più favorevole) disciplina, ovvero quella vigente;

che il giudice a quo pone a confronto il testo delle due disposizioni censurate e rileva che l’art. 3, comma 132, della legge n. 350 del 2003, pur presupponendo la norma dell’art. 47, ha ampliato la platea dei soggetti esclusi dall’applicazione della normativa nuova e meno favorevole, in particolare disponendo l’ultrattività del sistema previgente nei confronti di altre tre categorie di destinatari: 1) coloro i quali, alla data del 2 ottobre 2003 (di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del d.l. n. 269 del 2003), avevano già maturato il diritto alla pensione; 2) coloro che, alla stessa data, avevano presentato domanda di riconoscimento del beneficio derivante dall’esposizione all’amianto all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) ovvero all’INPS; 3) coloro che a tale data avevano comunque introdotto una controversia giudiziale poi conclusasi con esito favorevole per il lavoratore;

che il rimettente aggiunge che successivamente è intervenuto il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 27 ottobre 2004 (Attuazione dell’articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326. Benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto), il quale, nel regolare la posizione dei lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 avevano già maturato il diritto ai benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, ha stabilito, all’art. 1, comma 2, la necessità anche per costoro di presentare apposita domanda nel termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo;

che, ad avviso del Tribunale di Genova, siffatta previsione – illegittima, sicché se ne rende necessaria la disapplicazione – ha tentato di porre rimedio a quella che «pare essere un’irragionevole disparità di trattamento», perché la perdurante applicazione del precedente e più favorevole regime previdenziale è stata collegata alla sussistenza di almeno una delle condizioni indicate dal censurato art. 3, comma 132, e, mentre sarebbe ragionevole collegare la diversità di trattamento alla già avvenuta maturazione del diritto a pensione, non altrettanto potrebbe dirsi per la presentazione, entro la data del 2 ottobre 2003, di una qualsiasi domanda amministrativa per il riconoscimento del beneficio in questione;

che, secondo il rimettente, si può fondatamente dubitare della ragionevolezza «della disparità di trattamento stabilita dalla legge in ragione di un atto – la presentazione della domanda – che non soltanto non rientra in alcun modo tra gli elementi costitutivi del beneficio disciplinato, ma neppure ne condiziona il riconoscimento», perché introdurre la necessità di una domanda che prima non era prevista e ricollegare alla mancata precedente presentazione di tale domanda l’applicazione della nuova e meno favorevole disciplina «significa di fatto introdurre un termine di decadenza con effetto retroattivo»;

che, nel caso specifico, il lavoratore, alla data del 2 ottobre 2003, non aveva i requisiti per il pensionamento di anzianità ed ha presentato per la prima volta la domanda all’INAIL per il riconoscimento dei benefici in data 19 maggio 2005 e, pertanto, nei suoi confronti dovrebbe applicarsi la nuova disciplina di cui all’impugnato art. 47 del d.l. n. 269 del 2003;

che, ad avviso del Tribunale di Genova, non ha rilevanza nella fattispecie la disciplina contenuta nell’art. 1, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2007, n. 247 (Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale), a norma dei quali, rispettivamente, «ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono valide le certificazioni rilasciate dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) ai lavoratori che abbiano presentato domanda al predetto Istituto entro il 15 giugno 2005, per periodi di attività lavorativa svolta con esposizione all’amianto fino all’avvio dell’azione di bonifica e, comunque, non oltre il 2 ottobre 2003, nelle aziende interessate dagli atti di indirizzo già emanati in materia dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale» e «il diritto ai benefici previdenziali previsti dall’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, per i periodi di esposizione riconosciuti per effetto della disposizione di cui al comma 20, spetta ai lavoratori non titolari di trattamento pensionistico avente decorrenza anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge»;

che, infatti, tali disposizioni non disciplinano i presupposti per l’applicabilità dei benefici previdenziali previsti per l’esposizione lavorativa ad amianto, né l’entità della maggiorazione contributiva, né l’utilità di tale maggiorazione, né hanno natura di norme di diritto intertemporale, perché non modificano la disciplina sostanziale applicabile agli assicurati;

che è intervenuto in giudizio l’INPS che chiede che la questione sia dichiarata inammissibile, avendo questa Corte (con la sentenza n. 376 del 2008) già dichiarato tale una precedente identica questione.

Considerato che il Tribunale di Genova ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 3, comma 132, della legge 27 dicembre 2003, n. 299 (recte: dell’art. 3, comma 132, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004»), e dell’art. 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, nella parte in cui esclude dall’applicazione della disciplina previgente a quella introdotta dall’art. 47 del d.l. n. 269 del 2003 «coloro che prima del 2 ottobre 2003 non abbiano presentato domanda amministrativa di riconoscimento dei benefici previsti dall’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992», pur avendo poi presentato la domanda nel termine di decadenza di cui al menzionato art. 47;

che, con la sentenza n. 376 del 2008 intervenuta medio tempore, questa Corte ha già dichiarato inammissibile un’identica questione, affermando che le norme censurate contengono la disciplina transitoria inerente al passaggio da un regime ad un altro ed il legislatore, considerando che ciò comportava un trattamento previdenziale meno favorevole, nell’esercizio non irragionevole dell’ampia discrezionalità di cui gode nella fissazione di norme di carattere transitorio, ha voluto far salve alcune situazioni ritenute meritevoli di tutela, introducendo disposizioni derogatorie, tra le quali quella relativa a chi avesse precedentemente presentato domanda amministrativa per ottenere il beneficio;

che, quindi, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile, posto che l’ordinanza di rimessione non contiene alcun elemento di novità rispetto al quadro normativo esaminato da questa Corte con la richiamata sentenza n. 376 del 2008.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 3, comma 132, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004), e dell’art. 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Genova con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 9 luglio 2009.