Ordinanza n. 8 del 2009

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ORDINANZA N. 8

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Giovanni Maria         FLICK                                Presidente

-    Francesco                AMIRANTE                          Giudice

-    Ugo                        DE SIERVO                             "

-    Paolo                      MADDALENA                          "

-    Alfio                       FINOCCHIARO                       "

-    Alfonso                   QUARANTA                            "

-    Franco                    GALLO                                    "

-    Luigi                       MAZZELLA                             "

-    Gaetano                   SILVESTRI                              "

-    Sabino                     CASSESE                                "

-    Maria Rita               SAULLE                                  "

-    Giuseppe                 TESAURO                                "

-    Paolo Maria             NAPOLITANO                         "

-    Giuseppe                 FRIGO                                     "

-    Alessandro               CRISCUOLO                           "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 26 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80), promosso con ordinanza del 18 dicembre 2006 dal Tribunale  ordinario di Genova, nel procedimento civile vertente tra Faggiani Franco ed il Comune di Camogli, iscritta al n. 189 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 17 dicembre 2008 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Genova, con ordinanza del 18 dicembre 2006, ha sollevato, in riferimento all’art. 76 della Costituzione ed in relazione all’art. 1, commi 2 e 3, della legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali), questione di legittimità costituzionale dell’art. 26 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80), «nella parte in cui ha introdotto l’appello avverso le ordinanze emesse dal giudice di pace ex art. 23, legge n. 689/1981 ed avverso le sentenze di tale giudice, abrogando l’ultimo comma dell’art. 23, legge n. 689/1981»;

che il giudizio a quo ha ad oggetto l’appello di una sentenza pronunciata dal Giudice di pace di Recco, di rigetto di un’opposizione ex art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) avverso il verbale di irrogazione di una sanzione amministrativa, per violazione di una norma del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);

che, ad avviso del rimettente, l’art. 1, commi 2 e 3, lettere a) e b), della legge n. 80 del 2005 non avrebbe attribuito al Governo il potere di modificare la disciplina delle impugnazioni delle ordinanze e delle sentenze pronunciate ai sensi dell’art. 23 della legge n. 689 del 1981;

che, pertanto, la norma censurata, avendo previsto l’appellabilità sia dell’ordinanza resa all’esito della prima udienza, nel caso di mancata presentazione dell’opponente (art. 23, quinto comma, della legge n. 689 del 1981), sia della sentenza che definisce detto giudizio (art. 23, ultimo comma, della legge n. 689 del 1981), violerebbe l’art. 76 Cost., anche in quanto ha introdotto un secondo grado di merito, in contrasto con la scelta precedentemente operata dal legislatore ordinario;

che, inoltre, la mancata indicazione delle modalità da osservare per l’instaurazione del giudizio di secondo grado – e cioè della necessità di proporre l’appello con ricorso, ovvero con atto di citazione – comporterebbe il rischio di oneri a carico dello Stato, qualora si ritenga preferibile la prima opzione, poiché in detta ipotesi la notificazione dell’atto introduttivo dovrebbe avvenire a cura della cancelleria;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Considerato che la questione di legittimità costituzionale ha ad oggetto, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, ed in relazione all’art. 1, commi 2 e 3, della legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali), l’art. 26, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80);

che il citato art. 26, comma 1, lettere a) e b), ha, rispettivamente, modificato il quinto comma ed abrogato l’ultimo comma dell’art. 23 della legge n. 689 del 1981, il quale disciplina il giudizio di opposizione avverso l’atto che irroga una sanzione amministrativa, rendendo impugnabili con l’appello sia l’ordinanza che convalida il provvedimento opposto, qualora alla prima udienza l’opponente o il suo procuratore non si presentino senza addurre alcun legittimo impedimento, sia la sentenza che decide l’opposizione all’esito del giudizio, prima entrambe impugnabili esclusivamente con ricorso per cassazione;

che la stessa ordinanza di rimessione espone che il giudizio principale ha ad oggetto l’appello avverso una sentenza emessa da un Giudice di pace all’esito del giudizio di opposizione; quindi, nella specie non è applicabile l’art. 23, quinto comma, legge n. 689 del 1981, nel testo modificato dall’art. 26, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 40 del 2006, con conseguente manifesta inammissibilità, per difetto di rilevanza, della questione avente ad oggetto quest’ultima norma;

che, relativamente alle censure concernenti l’art. 26, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 40 del 2006, va osservato che una questione identica, sollevata in riferimento anche all’art. 76 Cost., e sotto gli stessi profili, è stata dichiarata da questa Corte non fondata con la sentenza n. 98 del 2008 e, successivamente, manifestamente infondata con le ordinanze n. 396 e n. 281 del 2008;

che, secondo dette pronunce, la corretta interpretazione dell’art. 1 della legge n. 80 del 2005, alla luce della finalità della legge delega di disciplinare il processo di cassazione in funzione nomofilattica (comma 3, lettera a) e del significato assunto da tale espressione, di rafforzamento di detta funzione, permettevano al legislatore delegato di adottare una norma diretta a limitare i casi di immediata ricorribilità per cassazione delle sentenze rese all’esito del giudizio di opposizione avverso il provvedimento di irrogazione di una sanzione amministrativa, anche modificando disposizioni non collocate nel codice di rito civile, con conseguente infondatezza del denunciato vizio di eccesso di delega;

che l’ulteriore argomento svolto in riferimento all’art. 76 Cost., concernente la modalità di proposizione dell’appello, pone un problema meramente interpretativo e, indipendentemente da ogni ulteriore considerazione, è palesemente inconferente al fine di confortare il denunciato vizio di eccesso di delega;

         che, pertanto, la questione avente ad oggetto l’art. 26, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 40 del 2006, deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80), sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, ed in relazione all’art. 1, commi 2 e 3, della legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali), dal Tribunale ordinario di Genova con l’ordinanza indicata in epigrafe.

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, ed in relazione all’art. 1, commi 2 e 3, della legge 14 maggio 2005, n. 80, dal Tribunale ordinario di Genova con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2009.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2009.