Ordinanza n. 395 del 2008

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ORDINANZA N. 395

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Giovanni Maria         FLICK                                Presidente

-    Francesco                AMIRANTE                          Giudice

-    Ugo                        DE SIERVO                             "

-    Paolo                      MADDALENA                          "

-    Alfio                       FINOCCHIARO                       "

-    Alfonso                   QUARANTA                            "

-    Franco                    GALLO                                    "

-    Luigi                       MAZZELLA                             "

-    Gaetano                   SILVESTRI                              "

-    Sabino                     CASSESE                                "

-    Maria Rita               SAULLE                                  "

-    Giuseppe                 TESAURO                                "

-    Paolo Maria             NAPOLITANO                         "

-    Giuseppe                 FRIGO                                     "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 26 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80), promosso con ordinanza del 14 dicembre 2006 dal Tribunale di Genova, nel procedimento civile vertente tra Carfagno Sergio e il Comune di Genova, iscritta al n. 93 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 novembre 2008 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Genova, con ordinanza del 14 dicembre 2006, ha sollevato, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, ed in relazione all’art. 1, commi 2 e 3, della legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali), questione di legittimità costituzionale dell’art. 26 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80), «nella parte in cui ha introdotto l’appello avverso le ordinanze emesse dal giudice di pace», nonché avverso le sentenze emesse ai sensi dell’art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale);

che il giudizio a quo ha ad oggetto l’appello avverso una ordinanza emessa dal Giudice di pace di Genova, che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di un verbale di contestazione dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 173 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);

che, ad avviso del rimettente, l’art. 1, commi 2 e 3, lettere a) e b), della legge n. 80 del 2005, non avrebbe attribuito al Governo il potere di modificare la disciplina delle ordinanze e delle sentenze pronunciate ai sensi della legge n. 689 del 1981, quindi di stabilire che l’ordinanza resa all’esito della prima udienza, nel caso di mancata presentazione dell’opponente (art. 23, quinto comma, della legge n. 689 del 1981), e la sentenza che definisce detto giudizio (art. 23, ultimo comma, della legge n. 689 del 1981) sono impugnabili con l’appello;

che, inoltre, la circostanza che l’ordinanza appellata è stata pronunciata «sul presupposto dell’avvenuto pagamento della sanzione», non ai sensi dell’art. 23, quinto comma, della legge n. 689 del 1981, farebbe comunque emergere un dubbio di legittimità costituzionale, poiché non sarebbe «lecito ritenere che, a fronte della riforma» realizzata con la norma censurata, per detta sola ipotesi sia prevista l’impugnazione del provvedimento con ricorso per cassazione;

che, peraltro, secondo il Tribunale, l’art. 26 del d.lgs. n. 40 del 2006 non avrebbe chiarito se il giudizio di appello debba proporsi con ricorso, ovvero con citazione e, comunque, avrebbe introdotto un secondo grado di merito, in contrasto con la scelta operata in precedenza dal legislatore ordinario ed in violazione dei principi e criteri direttivi stabiliti con la legge-delega;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Considerato che la questione di legittimità costituzionale ha ad oggetto, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, ed in relazione all’art. 1, commi 2 e 3, della legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali), l’art. 26 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80);

che il rimettente censura il citato art. 26, in quanto ha reso ammissibile l’impugnazione con l’appello sia dell’ordinanza pronunciata dal Giudice di pace ai sensi del quinto comma dell’art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sia della sentenza che definisce il giudizio, prima appellabile in virtù dell’abrogato ultimo comma di quest’ultima disposizione; nella motivazione, il Tribunale ha prospettato dubbi di legittimità costituzionale anche in riferimento alla mancata introduzione di tale mezzo di impugnazione avverso l’ordinanza emessa nel caso di pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa pecuniaria (art. 204-bis del d.lgs. n. 285 del 1995), e cioè non ai sensi del citato art. 23, comma quinto;

che, a suo avviso, la norma censurata non rinverrebbe idonea base giuridica nella legge-delega n. 80 del 2005 e, inoltre, non avrebbe chiarito se il giudizio di appello debba proporsi con ricorso, ovvero con citazione, introducendo un secondo grado di merito, in contrasto con la scelta operata in passato dal legislatore ordinario ed in violazione dei principi e criteri direttivi stabiliti con la legge-delega;

che il rimettente non ha descritto compiutamente la fattispecie oggetto del giudizio ed ha censurato tutte le norme sopra indicate, le quali disciplinano fattispecie diverse e, evidentemente, non possono essere tutte applicabili nel processo a quo, omettendo quindi di precisare a quale di esse sia riconducibile il provvedimento impugnato;

che, in base al principio dell’autosufficienza dell’ordinanza di rimessione, non è possibile colmare la lacuna mediante l’esame diretto del fascicolo del giudizio principale (ordinanza n. 251 del 2007);

che, pertanto, indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla modalità con cui sono stati prospettati i dubbi di legittimità costituzionale, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 26 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80), sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, ed in relazione all’art. 1, commi 2 e 3, della legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali), dal Tribunale ordinario di Genova con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2008.