Ordinanza n. 379 del 2008

ORDINANZA N. 379

ANNO 2008

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-                Giovanni Maria                         FLICK                           Presidente

-                Francesco                                AMIRANTE                    Giudice

-                Ugo                                         DE SIERVO                         "

-                Paolo                                      MADDALENA                     "

-                Alfio                                        FINOCCHIARO                   "

-                Alfonso                                    QUARANTA                                 "

-                Franco                                     GALLO                               "

-                Luigi                                        MAZZELLA                         "

-                Gaetano                                   SILVESTRI                          "

-                Sabino                                     CASSESE                            "

-                Maria Rita                                SAULLE                              "

-                Giuseppe                                 TESAURO                           "

-                Paolo Maria                             NAPOLITANO                    "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 276, primo comma, del codice civile, promosso con ordinanza del 21 dicembre 2007 dal Tribunale di Cagliari nel procedimento civile vertente tra Maxia Speranza e Tronci Efisio in persona del curatore speciale avv. Maurizio Sequi, iscritta al n. 145 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Udito nella camera di consiglio del 22 ottobre 2008 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

Ritenuto che, con ordinanza del 21 dicembre 2007, il Tribunale di Cagliari ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 276, primo comma, del codice civile nella parte in cui non prevede, nel caso di morte del genitore e degli eredi diretti di questo, la possibilità, per colui che voglia far accertare la propria paternità o maternità naturale, di agire comunque nei confronti di un curatore speciale nominato dal giudice, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione;

che il rimettente afferma che l’attrice, deducendo di essere figlia naturale di genitore defunto, e manifestando l’intenzione di proporre domanda di accertamento del rapporto di filiazione ai sensi degli artt. 269 e seguenti cod. civ., aveva chiesto la nomina, in assenza degli eredi, di un curatore speciale che potesse essere convenuto in giudizio in luogo del defunto ed il Tribunale aveva provveduto in conformità;

che l’attrice ha quindi convenuto davanti al Tribunale il predetto curatore speciale, chiedendo l’accertamento del rapporto di filiazione naturale;

che il curatore si è opposto all’accoglimento della domanda proposta per la dichiarazione giudiziale della paternità naturale, chiedendo che ne venga dichiarata l’improcedibilità per inesistenza in vita degli eredi diretti del defunto;

che il giudice rimettente ritiene inapplicabile in via analogica l’art. 274 cod. civ., per l’insussistenza di lacune normative, poiché il codice civile prevede la nomina di un curatore speciale per l’azione di disconoscimento di paternità in caso di premorienza del legittimato passivo (art. 274, comma 4, cod. civ.), ma non anche per l’azione di riconoscimento di paternità (art. 276 cod. civ.);

che – secondo il rimettente – la formulazione dell’art. 276 cod. civ., nella parte in cui limita la determinazione dei soggetti passivamente legittimati nell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità al genitore ed ai suoi eredi senza ammettere, in caso di morte di tali soggetti, la possibilità della nomina di un curatore speciale indicato dal giudice, si porrebbe in contrasto con il principio di cui all’art. 3 Cost., poiché determinerebbe una disparità di trattamento rispetto a fattispecie simili (quale l’azione di disconoscimento della paternità) e si porrebbe altresì in contrasto con il principio di cui all’art. 24 Cost., in quanto porrebbe limiti alla possibilità di far valere in giudizio il riconoscimento della paternità o maternità naturale;

che il rimettente ritiene di dover aderire all’interpretazione della norma adottata dalle sezioni unite civili della Corte di cassazione con la sentenza n. 21287 del 2005, secondo cui i contraddittori necessari passivamente legittimati in ordine all’azione per dichiarazione giudiziale di paternità naturale sono, ex art. 276 cod. civ., in caso di morte dal genitore, esclusivamente i «suoi eredi», e non anche gli eredi degli eredi di lui od altri soggetti, comunque portatori di un interesse contrario all’accoglimento della domanda, cui è invece riconosciuta la sola facoltà di intervenire in giudizio a tutela dei rispettivi interessi;

che, inoltre, secondo il giudice a quo, l’azione in esame, in mancanza di eredi del defunto genitore si consumerebbe, e, pertanto, pur in presenza di esigenze di tutela dell’interesse del figlio naturale all’accertamento della genitorialità, non sarebbe ammissibile la nomina di un curatore nominato dal giudice se non in forza di un intervento legislativo ovvero di una pronunzia additiva della Corte costituzionale;

che a favore di tale scelta interpretativa deporrebbe l’inequivoco dato letterale che riporta solo il termine «i suoi eredi» (a differenza di quanto espressamente previsto dall’ultimo comma dell’art. 247 cod. civ., che comprende tra i legittimati passivi anche il curatore nominato dal giudice), né potrebbe ritenersi che la norma dettata in materia di azione di disconoscimento sia connessa, sotto un profilo ermeneutico, a quella in materia di dichiarazione giudiziale della paternità e maternità naturale,

che la questione sarebbe non manifestamente infondata in quanto la giurisprudenza costituzionale, già con la sentenza n. 70 del 1965, avrebbe messo in evidenza, con riguardo all’art. 30 Cost., come la ricerca della paternità debba essere considerata una forma fondamentale di tutela giuridica dei figli nati fuori del matrimonio, ed ha poi confermato la rilevanza costituzionale della tutela di diritti fondamentali attinenti allo status e alla identità biologica (sentenze n. 112 del 1997 e n. 50 del 2006);

che, conseguentemente, in tema di filiazione, la Corte avrebbe sempre privilegiato il favor veritatis, in funzione di un’imprescindibile esigenza di certezza delle situazioni giuridiche soggettive ed in attuazione del diritto della persona ad uno stato corrispondente alla realtà biologica;

che l’accertamento della identità biologica, infatti, costituirebbe un aspetto fondamentale per l’individuo, contribuendo, al pari di altri fattori, a formarne la personalità;

che, pertanto, nell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità, l’esclusione della possibilità per il legittimato attivo di chiedere la nomina di un curatore speciale in caso di morte dei soggetti legittimati passivi determinerebbe un’irragionevole disparità di trattamento rispetto a posizioni soggettive simili, come quella del legittimato attivo all’azione di disconoscimento della paternità;

che, inoltre, la scelta del legislatore di non prevedere la nomina del curatore speciale nel disposto dell’art. 276 cod. civ. si risolverebbe in un sostanziale e definitivo impedimento all’esercizio del diritto di azione garantito dall’art. 24 Cost., in relazione ad azioni volte alla tutela di diritti fondamentali attinenti allo status e all’identità biologica, dal momento che la mancata previsione della nomina del curatore sarebbe suscettibile di determinare l’impossibilità di esercitare un diritto fondamentale attinente alla propria identità biologica.

Considerato che il Tribunale di Cagliari dubita della legittimità costituzionale dell’art. 276, primo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede la possibilità di nominare un curatore speciale nei cui confronti promuovere l’azione di riconoscimento di paternità o maternità naturale, in caso di premorienza sia del presunto padre o madre che degli eredi;

che il giudice a quo ravvisa nella disposizione censurata un vulnus all’art. 3 della Costituzione, poiché essa determinerebbe una disparità di trattamento rispetto alla fattispecie analoga dell’azione di disconoscimento della paternità; e perché essa sarebbe irragionevole, in quanto la ricerca della paternità dovrebbe essere considerata una forma fondamentale di tutela giuridica dei figli nati fuori del matrimonio, soprattutto in considerazione della rilevanza costituzionale della tutela di diritti fondamentali attinenti allo status e all’identità biologica;

che, inoltre, la norma censurata si porrebbe in contrasto con l’art. 24 Cost., in quanto impedirebbe al figlio naturale la possibilità di adire l’autorità giudiziaria per far accertare il proprio status di figlio naturale;

che, contrariamente all’assunto del giudice a quo, la richiesta di pronuncia additiva non è costituzionalmente obbligata, ma rientra nella discrezionalità del legislatore ordinario, dal momento che lo stesso, allo scopo di realizzare la pretesa del ricorrente, potrebbe sia indicare quale legittimato passivo della domanda di dichiarazione giudiziale di paternità, in caso di premorienza del genitore e dei suoi eredi, un curatore speciale, sia individuare i legittimati negli eredi degli eredi del preteso genitore;

che la questione così come proposta deve, quindi, essere dichiarata manifestamente inammissibile (ordinanze n. 299 e n. 81 del 2008; n. 299 del 2006).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 276, primo comma, del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Cagliari con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 novembre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 novembre 2008.