Sentenza n. 287 del 2008

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SENTENZA N. 287

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                    BILE                         Presidente

- Giovanni Maria        FLICK                      Giudice

- Francesco               AMIRANTE              "

- Ugo                        DE SIERVO              "

- Paolo                      MADDALENA          "

- Alfio                       FINOCCHIARO        "

- Alfonso                   QUARANTA             "

- Franco                    GALLO                     "

- Luigi                       MAZZELLA              "

- Gaetano                  SILVESTRI               "

- Sabino                    CASSESE                 "

- Maria Rita               SAULLE                   "

- Giuseppe                 TESAURO                "

- Paolo Maria             NAPOLITANO          "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 131, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), promosso con ordinanza dell’ 8 gennaio 2007 dal Tribunale di Trapani sul ricorso proposto da D.G.B., iscritta al n. 768 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2007.

        Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

        udito nella camera di consiglio del 21 maggio 2008 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.

Ritenuto in fatto

1. - Il Tribunale di Trapani, nel corso di un procedimento per l’autorizzazione al trattamento medico chirurgico disciplinato dalla legge 14 aprile 1982, n. 164 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso), con ordinanza emessa il 20 dicembre 2006, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 131, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Il rimettente, dopo aver premesso che il ricorrente nel giudizio principale è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, riferisce che nel corso del procedimento il nominato consulente tecnico d’ufficio, unitamente al deposito dell’elaborato da lui redatto, ha formulato istanza di liquidazione dei propri onorari chiedendo che gli stessi siano posti a carico dell’erario.

Sulla base di tali premesse il giudice a quo osserva che la disposizione censurata, nel sostituire l’art. 11, n. 3), del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3282 (Approvazione del testo di legge sul gratuito patrocinio), consente ancor oggi che la prestazione del consulente tecnico d’ufficio sia gratuita nei casi in cui risulti preclusa la possibilità di recuperare l’onorario dal soccombente, ove questi sia la stessa parte ammessa al gratuito patrocinio, o nel caso in cui la consulenza venga disposta in un procedimento rientrante nella cosiddetta volontaria giurisdizione.

In particolare, il Tribunale di Trapani ritiene che l’art. 131, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, nell’escludere che l’ausiliario del giudice possa ottenere l’anticipazione del proprio compenso a carico dell’erario, determina una irragionevole disparità di trattamento «rispetto ad altri operatori professionali chiamati a spendere la propria opera nell’ambito di procedimenti giurisdizionali, i compensi dei quali, in caso di ammissione al gratuito patrocinio, sono posti a carico dell’erario». A tal uopo, il rimettente richiama gli artt. 107, lettere f) e d), e 131, comma 4, lettera a), del d.P.R. n. 115 del 2002, i quali prevedono per il difensore nei giudizi penali e civili, nonché per gli ausiliari del magistrato nell’ambito del processo penale, l’anticipazione a carico dello Stato dei relativi onorari; disciplina, quest’ultima, estesa anche al curatore fallimentare per effetto della sentenza n. 174 del 2006 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 146, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002.

Il giudice a quo, poi, nel richiamare l’ordinanza n. 355 del 2000, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità di analoga questione riferita all’art. 11, numeri 3, e 4, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, ritiene che tale pronuncia debba essere «rivisitata alla luce del mutato quadro normativo», ove la generalizzata applicazione del regime del patrocinio a spese dello Stato configura un sistema nel quale l’accesso dei non abbienti al servizio giustizia è tendenzialmente garantito per mezzo dell’intervento finanziario dello Stato.

Quanto alla rilevanza della sollevata questione, il rimettente evidenzia di dover provvedere in ordine alla richiesta di liquidazione del compenso del nominato consulente tecnico d’ufficio.

2. - E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

In via preliminare, la difesa erariale osserva che il rimettente ha omesso di verificare la possibilità di pervenire ad una interpretazione conforme a Costituzione della disposizione censurata chiedendo, peraltro, alla Corte costituzionale un intervento manipolativo estraneo ai suoi poteri.

La richiesta di adottare, anche per l’ausiliario del magistrato in materia civile, il procedimento di liquidazione degli onorari previsto per il difensore o l’ausiliario del giudice in materia penale comporterebbe, infatti, l’adozione da parte della Corte costituzionale di una pronuncia che andrebbe ad invadere la discrezionalità del legislatore.

Nel merito, a parere della difesa erariale, la questione sarebbe infondata, in quanto gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nel garantire un’efficace e generalizzata tutela giurisdizionale per i diritti e gli interessi legittimi, non vincolano il legislatore all’adozione di un modello unitario di procedimento per la liquidazione delle spese dei compensi degli ausiliari del giudice.

Infine, quanto alla denunciata irragionevolezza della disposizione censurata, l’Avvocatura osserva che il rimettente non ha indicato «la norma da utilizzare a parametro della ritenuta violazione».

Considerato in diritto

1. - Il Tribunale di Trapani dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità dell’art. 131, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), nella parte in cui tale disposizione, avente natura legislativa, prevede che gli onorari dovuti all’ausiliario del magistrato «sono prenotati a debito, a domanda, anche nel caso di transazione della lite, se non è possibile la ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell’ammissione».

2. - La questione non è fondata.

2.1 - La prospettata censura ha ad oggetto la disciplina afferente la tutela giurisdizionale per i non abbienti la quale era garantita nel nostro ordinamento da due normative generali: il patrocinio a spese dello Stato nei giudizi penali, disciplinato dalla legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti) e l’istituto del gratuito patrocinio disciplinato dal regio decreto 30 dicembre 1923, n 3282 (Approvazione del testo di legge sul gratuito patrocinio), per i procedimenti civili.

Con la legge 29 marzo 2001, n. 134 (Modifiche alla Legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), il legislatore, nell’abrogare il r.d. n. 3282 del 1923, e con esso il gratuito patrocinio, ha esteso il patrocinio a spese dello Stato, per mezzo dell’introduzione di un nuovo capo (artt. da 15 bis a 15 noniesdecies), ai giudizi civili e amministrativi.

Successivamente, la legge n. 134 del 2001 è stata abrogata dal d.P.R. n. 115 del 2002, il quale, oltre a coordinare le norme sulle spese dei diversi procedimenti giurisdizionali, ha previsto il patrocinio a spese dello Stato per tutte le esigenze di giustizia: penali, civili, amministrative, contabili e tributarie.

In particolare, per quanto attiene ai giudizi civili, l’art. 8 del d.P.R. n. 115 del 2002 stabilisce il principio generale secondo il quale «Ciascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede e le anticipa per gli atti necessari al processo quando l’anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal magistrato», precisando, al successivo comma 2, che «Se la parte è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, le spese sono anticipate dall’erario o prenotate a debito, secondo le previsioni della parte III del presente testo unico».

L’art. 131 del  d.P.R. n. 115 del 2002, nel disciplinare gli effetti dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, al comma 1 prevede che «Per effetto dell’ammissione al patrocinio e relativamente alle spese a carico della parte ammessa, alcune sono prenotate a debito altre sono anticipate dall’erario».

Segnatamente, sono anticipate dallo Stato, tra le altre, le indennità e le spese di viaggio spettanti agli ausiliari del giudice, nonché ogni altra spesa da costoro sostenuta per l’adempimento dell’incarico loro conferito. Per ciò che concerne gli onorari, il legislatore, nel censurato comma 3 del citato art. 131 del d.P.R. n. 115 del 2002, prevede che essi siano, a domanda, prenotati a debito ove l’ausiliario del giudice dimostri che non ne sia stata possibile la ripetizione dalla parte a carico della quale sono state poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa al beneficio, in caso di vittoria della causa o di revoca dello stesso.

Il rimettente muove dal presupposto interpretativo secondo cui, nei casi di ammissione di una parte al patrocinio a spese dello Stato, la disposizione censurata può comportare, in materia civile, che l'ausiliario del magistrato svolga la sua opera gratuitamente. Al contrario, tale disposizione disciplina il procedimento di liquidazione degli onorari dell'ausiliario medesimo, predisponendo il rimedio residuale della prenotazione a debito, a domanda, proprio al fine di evitare che il diritto alla loro percezione venga pregiudicato dalla impossibile ripetizione dalle parti del giudizio.

La denunciata disparità di trattamento rispetto alla previsione della anticipazione a carico dell'erario delle spese e degli onorari dovuti al difensore (ai sensi degli artt. 107, lettera f), e 131, comma 4, lettera a), del d.P.R. n. 115 del 2002) va esclusa, infatti, in ragione della eterogeneità delle figure processuali messe a confronto.

Inoltre, la previsione del meccanismo di anticipazione dell'onorario degli ausiliari del magistrato nel processo penale [di cui all'art. 107, lettera d), contenuto nel Titolo secondo dello stesso d.P.R., che detta «Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale», mentre il censurato art. 131 è collocato nel successivo Titolo quarto dedicato a «Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario»], trova, esplicitamente, la sua ragione nella ontologica diversità del processo penale da quello civile, la qual cosa esclude la necessità (in termini di scelte costituzionalmente obbligate da parte del legislatore) della adozione di modelli unitari per entrambi i giudizi.

Quanto, infine, alla dedotta violazione dell'art. 24 Cost., che il rimettente ricollega all'impedimento che detto meccanismo di liquidazione determinerebbe all'accesso dei non abbienti al servizio giustizia − a prescindere dalla evidente contraddittorietà di tale assunto rispetto alla premessa secondo cui la norma medesima potrebbe comportare la gratuità dell'opera dell'ausiliario del giudice −, la norma impugnata non crea nessuna lesione al diritto di azione o di difesa della parte ammessa al patrocinio, giacché l'art. 63 codice di procedura civile prevede l'obbligo del consulente scelto tra gli iscritti ad un albo di prestare il suo ufficio (cosa che, peraltro, nel giudizio a quo si è verificata).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 131, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Trapani con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Maria Rita SAULLE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2008.