Sentenza n. 191 del 2008

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SENTENZA N. 191

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                          BILE                           Presidente

- Giovanni Maria                                  FLICK                                    Giudice

- Francesco                     AMIRANTE                        "

- Ugo                              DE SIERVO                        "

- Paolo                           MADDALENA                    "

- Alfio                             FINOCCHIARO                  "

- Alfonso                         QUARANTA                       "

- Franco                          GALLO                              "

- Luigi                             MAZZELLA                        "

- Gaetano                        SILVESTRI                         "

- Sabino                          CASSESE                           "

- Maria Rita                     SAULLE                             "

- Giuseppe                      TESAURO                          "

- Paolo Maria                  NAPOLITANO                   "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 103, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), modificato dall’art. 23 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2000)», promosso con ordinanza del 13 aprile 2007 dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto sul ricorso proposto da Sartori Leonardo ed altri nei confronti dell’Università degli Studi di Padova ed altro, iscritta al n. 739 del registro ordinanze del 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visti l’atto di costituzione di Sartori Leonardo ed altri nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 15 aprile 2008 il Giudice relatore Sabino Cassese;

udito l’avvocato dello Stato Gianna Maria De Socio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Veneto ha sollevato, con riferimento agli articoli 3, 33, 36, 76 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 103, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), modificato dall’art. 23 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2000)», nella parte in cui non consente ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, il riconoscimento, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera, dell’attività effettivamente prestata nelle università in qualità di tecnici laureati.

La disposizione impugnata stabilisce che ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, è riconosciuta per intero, ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza, e per i due terzi, ai fini della carriera, l’attività effettivamente prestata nelle università in una delle figure previste dall’art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica), nonché, a domanda, il periodo corrispondente alla frequenza dei corsi di dottorato di ricerca, ai soli fini del trattamento di quiescenza e previdenza con onere a carico del richiedente.

Il Collegio rimettente riferisce che dinanzi a esso pende il giudizio per l’accertamento del diritto di alcuni ricercatori universitari al riconoscimento del servizio prestato presso l’Università di Padova, in qualità di tecnici laureati, ai fini della ricostruzione della carriera.

In ordine alla non manifesta infondatezza della questione, il Tribunale, innanzitutto, dubita della legittimità costituzionale della scelta del legislatore di attribuire rilievo al servizio pregresso nella qualifica di tecnico laureato per i professori ordinari e associati e non per i ricercatori, ritenendo che, nella disciplina della ricostruzione delle carriere, debbano essere comunque rispettati criteri di individuazione coerentemente unitari dei servizi pregressi, stante la sostanziale appartenenza delle tre figure indicate a un unico sviluppo della medesima carriera.

Richiamata la giurisprudenza costituzionale che, ai fini del riconoscimento dei servizi prestati, richiede un collegamento tra la posizione precedente e la nuova (sentenza n. 305 del 1995), il rimettente osserva che la mancata previsione, per i ricercatori, del riconoscimento del servizio prestato come tecnico laureato, prima della legge 14 gennaio 1999, n. 4 (Disposizioni riguardanti il settore universitario e della ricerca scientifica, nonché il servizio di mensa nelle scuole), era originariamente giustificata perché la disciplina del 1980 non consentiva il transito tra tali due figure, essendo previsto solo il passaggio dalla figura di tecnico laureato a quella di professore associato. La legge n. 4 del 1999, tuttavia, prevedendo la possibilità per i tecnici laureati di accedere al ruolo dei ricercatori attraverso concorsi riservati, avrebbe mutato l’assetto ordinamentale, facendo sì che quella mancata previsione determinasse una disparità di trattamento, con conseguente violazione degli artt. 3 e 97 Cost.

In secondo luogo, ad avviso del rimettente, dopo la sopravvenienza della legge n. 4 del 1999, la norma censurata violerebbe anche l’art. 76 Cost., in quanto tra i criteri di delega indicati dalla legge n. 28 del 1980 per il riordino della docenza universitaria, vi era il riconoscimento dei periodi di servizio effettivamente prestato presso le università «ai sensi delle leggi vigenti»: quest’ultimo riferimento avrebbe una «valenza dinamicamente finalizzata ad impedire situazioni di disparità».

Il rimettente denuncia, in terzo luogo, la violazione dell’art. 36, primo comma, Cost., sotto il profilo della proporzionalità della retribuzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato.

Sarebbe violato, infine, l’art. 33 Cost., in quanto sarebbero inficiate la peculiarità dell’autonomia universitaria e la correlativa libertà della funzione docente, anche considerando che l’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) prefigura, per le categorie di personale pubblico non contrattualizzato da esso menzionate, un assetto di carriera sostanzialmente unitario, non diversificabile nei suoi presupposti se non per coerenti e giustificate scelte del legislatore, che nel caso di specie non sarebbe dato rinvenire.

In ordine alla rilevanza della questione, il Collegio rimettente riferisce che nel giudizio a quo è impugnato l’atto con cui l’amministrazione universitaria ha negato ai ricorrenti il riconoscimento del servizio prestato in qualità di tecnici laureati e rileva che l’accoglimento del ricorso è precluso dall’attuale formulazione della disposizione impugnata.

2. – È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.

La difesa statale afferma l’infondatezza della censura relativa agli artt. 3 e 97 Cost., in quanto basata sul presupposto della sostanziale appartenenza delle figure del professore ordinario, del professore associato e del ricercatore ad un unico sviluppo della stessa carriera. Al riguardo, si indicano i diversi compiti e responsabilità che la legge riserva alle rispettive figure e si osserva che la giurisprudenza costituzionale si è più volte espressa nel senso di una precisa distinzione di ruoli tra le figure indicate (si citano le sentenze n. 94 del 2002 e n. 990 del 1988).

Né, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, la violazione dell’art. 3 Cost. può derivare dalla novella del 1999, che ha consentito il transito dei tecnici laureati nel ruolo dei ricercatori, invece che in quello degli associati, come previsto dalla disciplina del 1980. Entrambe le norme, infatti, sarebbero di carattere congiunturale, finalizzate alla sistemazione del personale tecnico delle università in modi diversi: mentre in base alla disciplina del 1980 il passaggio dalla figura di tecnico laureato a quella di professore associato poteva avvenire attraverso un giudizio idoneativo, che implica una certa continuità con l’attività precedentemente svolta, quella del 1999 richiedeva, per il passaggio alla figura di ricercatore, la partecipazione a un concorso, che implica una netta cesura rispetto al servizio pregresso. Con la diversità di questi meccanismi è coerente, secondo la difesa statale, la diversità di trattamento in ordine alla ricostruzione della carriera.

Per quanto riguarda la lamentata violazione dell’art. 97 Cost., la difesa statale ricorda la giurisprudenza costituzionale che esclude che il principio di buon andamento dell’amministrazione possa essere richiamato per conseguire automaticamente miglioramenti economici e retributivi di categoria (sentenze n. 273 del 1997, n. 15 del 1995, n. 146 del 1994 e ordinanza n. 94 del 2002).

In ordine alla prospettata violazione dell’art. 76 Cost., rilevata la peculiarità della relativa censura, che sembra profilare un eccesso di delega sopravvenuto, l’Avvocatura generale dello Stato osserva che il riferimento alle leggi vigenti allude solo alle leggi relative ai trattamenti pensionistici, come osservato dalla Corte costituzionale, la quale avrebbe anche implicitamente affermato che il richiamo alle leggi vigenti non è pertinente con riferimento al riconoscimento del servizio ai fini della carriera, la cui regolamentazione, in base al disposto della legge delega, doveva essere operato in analogia con le norme generali sul pubblico impiego (sentenza n. 305 del 1995).

Per quanto riguarda la censura relativa all’art. 36 Cost., la difesa statale osserva che il principio generale della proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro prestato è rispettato, in quanto il pregresso servizio di tecnico laureato è stato a suo tempo regolarmente retribuito.

Infine, l’Avvocatura generale dello Stato deduce l’inammissibilità della censura relativa all’art. 33 Cost., in quanto il parametro sarebbe inconferente rispetto alla relativa motivazione, volta piuttosto a denunciare una ulteriore violazione dell’art. 3 Cost.

3. – Si sono costituiti anche i ricorrenti nel giudizio a quo, i quali hanno concluso per l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale, richiamando le argomentazioni svolte nel ricorso introduttivo dinanzi al giudice rimettente e aderendo a quelle esposte nell’ordinanza di rimessione.

Considerato in diritto

1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Veneto ha sollevato, con riferimento agli articoli 3, 33, 36, 76 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 103, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), modificato dall’art. 23 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2000)», nella parte in cui non consente ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, il riconoscimento, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera, dell’attività effettivamente prestata nelle università in qualità di tecnici laureati.

Secondo il Collegio rimettente, la disposizione impugnata viola: gli artt. 3 e 97 Cost., operando una disparità di trattamento tra situazioni di identica professionalità maturata nella pregressa carriera; l’art. 76 Cost., derogando al criterio, indicato dalla legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica), relativo al riconoscimento dei periodi di servizio effettivamente prestato presso le università ai sensi delle leggi vigenti; l’art. 36, primo comma, Cost., sotto il profilo della proporzionalità della retribuzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato; l’art. 33 Cost., in quanto sarebbero inficiate la peculiarità dell’autonomia universitaria e la correlativa libertà della funzione docente.

2. – La questione è fondata con riferimento agli articoli 3 e 97 Cost.

Questa Corte ha già riconosciuto la possibilità che il legislatore preveda, a favore dei dipendenti pubblici all’atto dell’assunzione, il riconoscimento dei servizi già prestati in pubbliche amministrazioni, limitandolo «ai casi di passaggi di carriera tra diverse amministrazioni, in presenza però di un’identità ordinamentale che consenta di ravvisare una corrispondenza di qualifiche, ovvero addirittura all’ipotesi di omogeneità di carriera per il servizio prestato anteriormente alla nomina» (sentenza n. 305 del 1995). In presenza di un simile presupposto, peraltro, il riconoscimento deve essere operato in modo da evitare irragionevoli disparità di trattamento.

Il presupposto dell’identità ordinamentale sussiste per i tecnici laureati che, in base alle previsioni della legge 14 gennaio 1999, n. 4 (Disposizioni riguardanti il settore universitario e della ricerca scientifica, nonché il servizio di mensa nelle scuole), siano stati inquadrati nel ruolo dei ricercatori confermati a seguito di concorsi riservati. Questa Corte è consapevole del fatto che le funzioni dei tecnici laureati – di ausilio ai docenti e di gestione dei laboratori – sono diverse da quelle dei ricercatori e ha più volte affermato, anche in epoca recente, che, nonostante una certa assimilazione dei rispettivi compiti, rimane l’«essenziale differenziazione» tra le due categorie (ordinanze n. 160 del 2003 e nn. 262 e 94 del 2002). La Corte è consapevole anche del fatto che la previsione di un meccanismo di transito agevolato da un ruolo all’altro, come il concorso riservato, non è di per sé sufficiente a colmare queste differenze. Occorre tuttavia osservare che di questo meccanismo, previsto dalla citata legge n. 4 del 1999, i tecnici laureati potevano beneficiare solo se, alla data di entrata in vigore della legge stessa, avessero svolto almeno tre anni di attività di ricerca. Ciò dimostra che – pur non rendendo omogenee le due categorie – il legislatore del 1999 ha voluto dare riconoscimento a una situazione di fatto, data dall’utilizzazione della figura del tecnico laureato come canale di accesso alla carriera universitaria e dal conseguente svolgimento di attività di ricerca da parte dei tecnici laureati.

In questo quadro, la differenza tra il trattamento che la disposizione impugnata riserva ai tecnici laureati che diventino ricercatori, rispetto a quello riservato ai tecnici laureati che diventino professori, è manifestamente irragionevole. Non si può fare a meno di notare, al riguardo, che, per il transito dei tecnici laureati al ruolo dei professori associati, l’art. 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 prevedeva un meccanismo molto simile a quello previsto nel 1999 per il transito al ruolo dei ricercatori confermati, con un giudizio di idoneità al quale potevano accedere i tecnici laureati che avessero svolto tre anni di attività didattica e scientifica.

Deve quindi essere dichiarata l’illegittimità costituzionale, per contrasto con gli articoli 3 e 97 Cost., della disposizione impugnata, nella parte in cui non riconosce ai ricercatori il servizio prestato come tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca.

3. – Restano assorbite le censure relative agli altri parametri costituzionali evocati.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 103, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), modificato dall’art. 23 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2000)», nella parte in cui non riconosce ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera, l’attività effettivamente prestata nelle università in qualità di tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2008.