Ordinanza n. 153 del 2008

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ORDINANZA N. 153

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                      BILE                                        Presidente

- Giovanni Maria          FLICK                                     Giudice

- Ugo                          DE SIERVO                                  "

- Paolo                        MADDALENA                               "

- Alfio                         FINOCCHIARO                            "

- Alfonso                     QUARANTA                                 "

- Franco                      GALLO                                         "

- Luigi                         MAZZELLA                                  "

- Gaetano                    SILVESTRI                                   "

- Sabino                      CASSESE                                     "

- Giuseppe                   TESAURO                                     "

- Paolo Maria              NAPOLITANO                              "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 443, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall’art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), e dell’art. 10, commi 1 e 2, della stessa legge, promossi, nell’ambito di diversi procedimenti penali, con ordinanze del 14 marzo 2006 dalla Corte d’appello di Torino, del 12 aprile e del 17 marzo 2006 dalla Corte militare d’appello di Napoli e del 12 maggio 2006 dalla Corte d’appello di Torino, rispettivamente iscritte ai nn. 250, 324, 327 e 437 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 34 e 38, prima serie speciale, dell’anno 2006 e nella edizione straordinaria del 2 novembre 2006.

Udito nella camera di consiglio del 2 aprile 2008 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che, con due ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 324 e 327 del 2006), la Corte militare d’appello di Napoli ha sollevato, in relazione agli artt. 3, 111 e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 443 del codice di procedura penale, come modificato dall’art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui non prevede per il pubblico ministero la possibilità di appellare le sentenze di proscioglimento, e dell’art. 10, commi 1 e 2, della medesima legge;

che la Corte rimettente – chiamata in entrambi i giudizi a quibus a delibare l’ammissibilità degli appelli proposti dal pubblico ministero avverso sentenze di assoluzione pronunciate all’esito di giudizio abbreviato dal Giudice per le indagini preliminari, in funzione di Giudice dell’udienza preliminare, presso i Tribunali militari, rispettivamente, di Napoli e di Bari – rileva che, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 46 del 2006, gli appelli dovrebbero essere dichiarati inammissibili, in quanto anteriori all’entrata in vigore della legge;

che la Corte rimettente ritiene tuttavia di dover sollevare questione di legittimità costituzionale della disciplina censurata, in relazione all’eliminazione del potere di appello del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento, per contrasto con diversi parametri costituzionali;

che, secondo la Corte rimettente, il primo a venire in rilievo è quello dell’art. 3 Cost. sia sotto il profilo della lesione del principio di ragionevolezza, impedendosi «al rappresentante della pubblica accusa di dare, nell’ambito della sequenza processuale, concreta attuazione al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale»; sia sotto quello della violazione del principio di eguaglianza, in relazione al potere riconosciuto invece alla parte civile di impugnare le sentenze di proscioglimento;

che sarebbe, inoltre, violato il secondo comma dell’art. 111 Cost., per l’evidente lesione che la disciplina censurata determinerebbe ai principi della parità fra le parti nel processo e della ragionevole durata del processo;

che la lesione del primo principio originerebbe dalla considerazione che la garanzia della parità tra le parti non potrebbe che estendersi a tutti gli strumenti funzionali al raggiungimento degli scopi che il processo deve garantire e che, per l’organo dell’accusa, ineriscono alla completa attuazione della pretesa punitiva;

che, quanto alla lesione del secondo principio, il sistema derivante dalle norme censurate − prevedendo la natura esclusivamente rescindente del giudizio per cassazione in esito al ricorso del pubblico ministero ed, in caso di accoglimento, la regressione del processo al primo grado − comporterebbe, ad avviso della Corte rimettente, una evidente dilatazione dei tempi del processo, non sorretta da alcuna giustificazione;

che le norme denunciate risulterebbero, altresì, in contrasto con l’art. 112 Cost., poiché il potere di impugnazione dell’organo dell’accusa costituirebbe «una delle espressioni» del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale;

che, infine, la Corte rimettente evidenzia «l’irragionevolezza interna» del regime transitorio disciplinato nell’art. 10 della legge n. 46 del 2006, in relazione alla particolare situazione del pubblico ministero il cui appello andrebbe dichiarato inammissibile anche quando ha già chiesto ed ottenuto, in tale fase, «l’ammissione di nuove prove decisive, circostanza che nel nuovo assetto consentirebbe di coltivare l’impugnazione di merito avverso le sentenze di proscioglimento»;

che questione analoga è sollevata dalla Corte d’appello di Torino, con due ordinanze sostanzialmente identiche (r.o. nn. 250 e 437 del 2006), con le quali sono censurati, in riferimento all’art. 111 Cost., gli artt. 443, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall’art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, e l’art. 10 della medesima legge;

che, ai fini della rilevanza, la Corte rimettente premette di essere investita degli appelli proposti dal pubblico ministero avverso sentenze di assoluzione emesse, ai sensi dell’art. 442 cod. proc. pen., dal Tribunale di Alessandria e dal Giudice per le indagini preliminari, in funzione di Giudice dell’udienza preliminare, del Tribunale di Torino; e che, entrata in vigore nelle more dei giudizi la legge n. 46 del 2006, gli appelli dovrebbero essere dichiarati inammissibili in forza di quanto previsto dall’art. 10 di essa;

che, nel merito, la rimettente osserva che l’eliminazione del potere di appello della sentenza di proscioglimento in capo all’organo della pubblica accusa violerebbe il principio della parità fra le parti nel processo, in quanto sottrarrebbe al solo pubblico ministero lo strumento processuale per vedere affermata, nel giudizio, la propria pretesa punitiva;

che, infatti, il principio della parità fra le parti – sebbene non sia da interpretare quale simmetrica titolarità di poteri – non potrebbe tollerare la totale elisione, in capo all’organo dell’accusa, del potere di ottenere un nuovo giudizio di merito, per vedere riconosciuta la fondatezza della pretesa punitiva;

che tale squilibrio non risulterebbe compensato dalla circostanza che la novella del 2006 avrebbe ristretto, rispetto al passato, i casi di appellabilità delle sentenze di proscioglimento anche in capo all’imputato, posto che il limite al potere di appello di quest’ultimo «non opera con la medesima ampiezza e radicalità» di quello previsto nei confronti del pubblico ministero;

che sarebbe proprio tale radicalità di intervento a rendere l’odierna situazione di squilibrio dei poteri diversa dall’asimmetria che si rinviene in tema di impugnazione della sentenza di condanna resa in esito a giudizio abbreviato; nell’odierna situazione, infatti, il pubblico ministero si vedrebbe radicalmente negato il potere di appellare qualunque pronuncia di proscioglimento in ogni tipo di giudizio, in assenza di qualsivoglia ragione giustificativa.

Considerato che il dubbio di costituzionalità sottoposto a questa Corte ha ad oggetto la preclusione – conseguente alla modifica dell’art. 443, comma 1, del codice di procedura penale ad opera dell’art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento) – dell’appello delle sentenze di proscioglimento pronunciate a seguito di giudizio abbreviato da parte del pubblico ministero; e l’immediata applicabilità di tale regime, in forza dell’art. 10 della medesima legge, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge;

che, stante l’identità delle questioni proposte, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;

che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 320 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, nella parte in cui – modificando l’art. 443, comma 1, del codice di procedura penale – esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio abbreviato; e dell’art. 10, comma 2, della stessa legge, nella parte in cui prevede che sia dichiarato inammissibile l’appello proposto dal pubblico ministero, prima dell’entrata in vigore della legge, contro una sentenza di proscioglimento emessa a seguito di giudizio abbreviato;

che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono pertanto essere restituiti ai giudici rimettenti per un nuovo esame della rilevanza delle questioni.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti alla Corte militare d’appello di Napoli e alla Corte d’appello di Torino.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2008.