Ordinanza n. 138 del 2008

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ORDINANZA N. 138

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                           BILE                              Presidente

- Giovanni Maria               FLICK                             Giudice

- Ugo                                            DE SIERVO                                       "

- Paolo                             MADDALENA                    "

- Alfio                               FINOCCHIARO                  "

- Alfonso                          QUARANTA                       "

- Franco                           GALLO                                "

- Luigi                               MAZZELLA "

- Gaetano                         SILVESTRI                          "

- Sabino                           CASSESE                            "

- Maria Rita                      SAULLE                              "

- Giuseppe                        TESAURO                           "

- Paolo Maria                   NAPOLITANO                   "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 4, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace), e 74 del codice di procedura penale in relazione all’art. 7 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza del 27 luglio 2006 dal Giudice di pace di Firenze nel procedimento penale a carico di Stasi Sara, iscritta al n. 681 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2007.

         Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 2 aprile 2008 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto che il Giudice di pace di Firenze, con ordinanza del 27 luglio 2006, ha sollevato questione di legittimità costituzionale «del combinato disposto dell’art. 4 lettera a) del d. lvo. 28 agosto 2000 n. 241 [n. 274 recante Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace], coordinato con l’art. 74 c.p.p. e con l’art. 7 c.p.c., in relazione agli artt. 3 e 25 Costituzione, là ove permette la proposizione dell’azione civile in un giudizio penale [di competenza del giudice di pace] oltre i limiti di competenza per valore dell’omologo giudice civile»;

che nel giudizio a quo, avente ad oggetto un’imputazione per lesioni colpose, la persona offesa si è costituita parte civile chiedendo la condanna dell’imputato al risarcimento del danno per un ammontare di oltre euro 60.000;

che, come rilevato dal rimettente, la competenza del giudice di pace in materia civile è limitata alle cause relative a beni mobili di valore non superiore a euro 2.582,28 e alle cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, purché il valore della controversia non superi euro 15.493,71, oltre alle altre ipotesi previste dall’art. 7 cod. proc. civ.;

che, a parere del rimettente, l’attuale disciplina della competenza del giudice di pace in materia penale sarebbe in palese contrasto con il principio di eguaglianza e con il principio del giudice naturale precostituito per legge, in quanto, qualora il fatto illecito abbia determinato un danno di importo superiore al limite di competenza per valore del giudice di pace, la proposizione di un autonomo giudizio civile deve effettuarsi avanti al tribunale, mentre una volta esercitata l’azione penale, l’azione civile può essere esercitata all’interno del processo penale che si celebra davanti al giudice di pace indipendentemente dall’importo dei danni;

che la competenza del giudice di pace, in caso di costituzione di parte civile nel processo penale, e quella alternativa del tribunale civile, in caso di sola azione civile, risulterebbero rimesse alla libera scelta del danneggiato con il superamento, nel primo caso, del limite di competenza per valore fissato dal legislatore in materia civile per il giudice di pace;

che, secondo il Giudice di pace di Firenze, l’attuale disciplina violerebbe il principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge in quanto il danneggiante sarebbe costretto a subire la scelta del danneggiato tra l’azione civile e la costituzione di parte civile nel processo penale, trovandosi assoggettato, nel primo caso, ad un processo avanti al tribunale e, nel secondo, di fronte al giudice di pace;

che tale libertà di scelta del danneggiato, oltre a violare il principio di eguaglianza, comporterebbe una palese violazione dell’art. 25 Cost., in quanto per il danneggiante non verrebbe ad esservi un giudice naturale precostituito per legge, ma un giudice naturale scelto dalla volontà del danneggiato;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto alla Corte di dichiarare la questione inammissibile o, in subordine, infondata;

che, a parere dell’Avvocatura dello Stato, il principio del giudice naturale non risulta violato dal momento che «è la predeterminazione per legge dei criteri di azione del Giudice a soddisfare pienamente il canone costituzionale, non già la sua adizione nel caso concreto»;

che la possibilità che siano competenti giudici diversi in relazione al medesimo petitum discende dalla natura stessa dell’azione civile nel processo penale, la quale ha funzione meramente «ancillare» rispetto alla finalità della restaurazione della legalità violata;

che d’altro canto – ricorda ancora l’Avvocatura – nel processo civile esistono numerosi casi di foro facoltativo e anche nel contenzioso amministrativo si può scegliere tra il ricorso giurisdizionale e il ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Considerato che il Giudice di pace di Firenze dubita, in riferimento agli articoli 3 e 25 della Costituzione, della legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 4, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace), e 74 del codice di procedura penale, nella parte in cui attribuisce al giudice di pace la competenza a giudicare, nella materia penale a lui devoluta, anche sulla costituzione di parte civile oltre il limite di valore di cui all’art. 7 codice di procedura civile;

che, a prescindere dall’errata individuazione della norma oggetto di censura, – in quanto la prospettazione del rimettente porterebbe ad indirizzare il dubbio di legittimità costituzionale sulla disposizione che pone la regola della generale applicabilità delle norme contenute nel codice di procedura penale e che individua le relative eccezioni (vale a dire l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 274 del 2000) e non sulla disposizione che gli attribuisce la competenza in materia penale (art. 4), – la questione è manifestamente infondata sia con riferimento all’art. 3 che all’art. 25 della Costituzione;

che il meccanismo procedurale che assicura il simultaneus processus, pur non essendo oggetto di garanzia costituzionale, costituisce certamente una modalità processuale finalizzata all'economia dei giudizi ed alla prevenzione del pericolo di giudicati contraddittori (ordinanze n. 124 del 2005, n. 90 del 2002 e n. 398 del 2000);

che la disciplina della costituzione di parte civile nel processo penale, anche in quello di competenza del giudice di pace, risponde a precise esigenze di economia processuale e, pertanto, l’attribuzione in tali casi al giudice di pace di controversie che superano il valore stabilito dall’art. 7 cod. proc. civ. non può essere ritenuta irragionevole; 

che questa Corte ha ripetutamente affermato che, in materia di individuazione del giudice competente, il legislatore gode di ampia discrezionalità con l’unico limite della ragionevolezza e che «non assume dunque rilievo la presunta maggiore o minore idoneità o qualificazione, che possa essere rivendicata o riconosciuta all'uno o all'altro organo della giurisdizione» (sentenza n. 460 del 1994 e ordinanza n. 481 del 2002);

che è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che la garanzia del giudice naturale corrisponde a quella di giudice precostituito per legge e che tale principio «è rispettato quando la regola di competenza sia prefissata rispetto all’insorgere della controversia (come è evidente nella specie) e non è invece utilizzabile per sindacare la scelta del legislatore che si esprime nella fissazione di quella regola» (ordinanza n. 193 del 2003).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 4, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace), e 74 del codice di procedura penale, in relazione all’art. 7 codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, dal Giudice di pace di Firenze con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 maggio 2008.