Sentenza n. 120 del 2008

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SENTENZA N. 120

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Franco BILE  Presidente

-  Giovanni Maria FLICK Giudice

-  Francesco AMIRANTE "

-  Ugo DE SIERVO "

-  Paolo MADDALENA "

-  Alfio FINOCCHIARO "

-  Alfonso QUARANTA "

-  Franco GALLO "

-  Luigi MAZZELLA "

-  Gaetano SILVESTRI "

-  Sabino CASSESE "

-  Maria Rita SAULLE "

-  Giuseppe TESAURO "

-  Paolo Maria NAPOLITANO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), promossi con i ricorsi delle Regioni Valle D’Aosta e Veneto notificati il 22 e il 23 febbraio 2007, depositati in cancelleria il 28 febbraio e il 1° marzo 2007 ed iscritti ai numeri 9 e 10 del registro ricorsi 2007.

         Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

         udito nell’udienza pubblica del 29 gennaio 2008 il Giudice relatore Franco Gallo;

         uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini per la Regione Valle d’Aosta, Mario Bertolissi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Le Regioni Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e Veneto hanno promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), e, tra queste, dell’art. 1, comma 565.

1.1. – Il comma 565 – «in attuazione del protocollo d’intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per un patto nazionale per la salute, sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome, in data 28 settembre 2006, ha espresso la propria condivisione» – detta una complessa disciplina delle spese relative al personale degli enti del Servizio sanitario nazionale al fine precipuo di «garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009».

In particolare, detto comma, alla lettera a), dispone che «gli enti del Servizio sanitario nazionale, fermo restando quanto previsto per gli anni 2005 e 2006 dall’articolo 1, commi 98 e 107, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e, per l’anno 2006, dall’articolo 1, comma 198, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese del personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP, non superino per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 il corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1,4 per cento». La medesima disposizione chiarisce che «A tale fine si considerano anche le spese per il personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni».

Secondo la successiva lettera b), «ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui alla lettera a), le spese di personale sono considerate al netto: 1) per l’anno 2004, delle spese per arretrati relativi ad anni precedenti per rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro; 2) per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, delle spese derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro intervenuti successivamente all’anno 2004». Secondo il dettato normativo, «Sono comunque fatte salve, e pertanto devono essere escluse sia per l’anno 2004 sia per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, le spese di personale totalmente a carico di finanziamenti comunitari o privati nonché le spese relative alle assunzioni a tempo determinato e ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l’attuazione di progetti di ricerca finanziati ai sensi dell’articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni».

La lettera c) prevede che «gli enti destinatari delle disposizioni di cui alla lettera a), nell’ambito degli indirizzi fissati dalle regioni nella loro autonomia, per il conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa previsti dalla medesima lettera: 1) individuano la consistenza organica del personale dipendente a tempo indeterminato in servizio alla data del 31 dicembre 2006 e la relativa spesa; 2) individuano la consistenza del personale che alla medesima data del 31 dicembre 2006 presta servizio con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di lavoro flessibile o con convenzioni e la relativa spesa; 3) predispongono un programma annuale di revisione delle predette consistenze finalizzato alla riduzione della spesa complessiva di personale […]; 4) fanno riferimento, per la determinazione dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa, alle disposizioni recate dall’articolo 1, commi 189, 191 e 194, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, al fine di rendere coerente la consistenza dei fondi stessi con gli obiettivi di riduzione della spesa complessiva di personale e di rideterminazione della consistenza organica». Per quanto riguarda il suddetto programma annuale di revisione, la medesima lettera stabilisce inoltre che, «nel rispetto dell’obiettivo di cui alla lettera a), può essere valutata la possibilità di trasformare le posizioni di lavoro già ricoperte da personale precario in posizioni di lavoro dipendente a tempo indeterminato». «A tale fine» – prosegue detta disposizione – «le regioni nella definizione degli indirizzi di cui alla presente lettera possono nella loro autonomia far riferimento ai princípi desumibili dalle disposizioni di cui ai commi da 513 a 543».

La lettera d), nel perseguire l’implicito obiettivo di coordinamento del quadro normativo vigente in materia di riduzione delle spese per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, dispone invece che «a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge per gli enti del Servizio sanitario nazionale le misure previste per gli anni 2007 e 2008 dall’articolo 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e dall’articolo 1, commi da 198 a 206, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono sostituite da quelle indicate nel presente comma».

La lettera e) del medesimo comma stabilisce, infine, che «alla verifica dell’effettivo conseguimento degli obiettivi previsti dalle disposizioni di cui alla lettera a) per gli anni 2007, 2008 e 2009, nonché di quelli previsti per i medesimi enti del Servizio sanitario nazionale dall’articolo 1, commi 98 e 107, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per gli anni 2005 e 2006 e dall’articolo 1, comma 198, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per l’anno 2006, si provvede nell’ambito del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all’articolo 12 dell’intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005». Detta lettera, al riguardo, chiarisce che «La regione è giudicata adempiente accertato l’effettivo conseguimento degli obiettivi previsti». «In caso contrario» – prosegue la medesima lettera e) – «la regione è considerata adempiente solo ove abbia comunque assicurato l’equilibrio economico».

2. – Con ricorso notificato il 22 febbraio 2007, depositato il successivo 28 febbraio ed iscritto al n. 9 del registro ricorsi 2007, la Regione Valle d’Aosta ha promosso questioni di legittimità costituzionale del citato comma 565 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006.

2.1. – Dopo aver affermato che la disposizione impugnata «incide sulla competenza legislativa in materia di “igiene e sanità, assistenza ospedaliera e profilattica” spettante alla regione ai sensi dell’art. 3, lett. l) dello Statuto speciale», la ricorrente deduce, con un primo motivo di censura, la violazione dell’art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), in quanto «a seguito della riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione» la citata previsione «delinea forme di autonomia più ampie di quelle già attribuite dallo Statuto». Secondo la Regione, il comma 565, riferendosi ad una specifica voce di spesa (quella riguardante il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale), lede la competenza legislativa residuale in materia di «organizzazione dei servizi sanitari», in cui le Regioni, prosegue la ricorrente medesima, ben «possono adottare “una propria disciplina anche sostitutiva di quella statale”» in forza dell’art. 117, quarto comma, Cost.

Sempre secondo la ricorrente, «Anche qualora si ritenesse che l’organizzazione dei servizi sanitari non costituisca una materia di competenza residuale regionale ai sensi del quarto comma dell’art. 117 della Costituzione, ma un aspetto rientrante nella materia tutela della salute di competenza concorrente ai senso del terzo comma del medesimo art. 117», la disposizione censurata lederebbe comunque la sfera delle competenze legislative regionali perché detta una disciplina che «esorbita dall’àmbito dei princípi fondamentali» della materia («solo a titolo esemplificativo», la Regione ricorda che la disposizione censurata individua in modo puntuale specifiche voci di spesa, determina l’entità delle riduzioni, stabilisce le tipologie di personale oggetto dell’intervento, fissa le modalità di calcolo della spesa da ridurre).

Né potrebbe ritenersi – prosegue la ricorrente – che l’intervenuta «condivisione» degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009 in seno alla Conferenza delle Regioni e delle province autonome possa giustificare dette misure, non concernendo l’assenso dato in quella sede le specifiche modalità attuative contenute nel comma censurato, ma solo gli obiettivi di massima presupposti da queste ultime.

Sempre con il primo motivo di censura, la ricorrente deduce altresí la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Secondo la Regione, il comma 565 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 non si limita infatti ad introdurre un vincolo complessivo alla spesa regionale, ma disciplina una specifica voce di spesa, in netto e diretto contrasto con l’art. 119, secondo comma, Cost., che, appunto, «arresta la competenza statale esclusivamente alla determinazione dei princípi di coordinamento e determina l’illegittimità di norme, quali quelle contenute nel comma censurato, che si spingono ben al di là di tale soglia». La ricorrente richiama al riguardo la giurisprudenza di questa Corte secondo cui le norme che fissano vincoli puntuali a singole voci di spesa dei bilanci delle Regioni e degli enti locali non costituiscono princípi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.

Né – secondo la Regione – la lettera e) del comma impugnato (secondo cui «la regione è considerata adempiente solo ove abbia comunque assicurato l’equilibrio economico») consentirebbe di escludere la lamentata violazione dell’autonomia finanziaria regionale. Al riguardo, la ricorrente ritiene che questa disposizione non faccia venire meno gli obblighi (sia di riduzione della spesa, sia di compimento delle relative attività ricognitive ed attuative) comunque gravanti sugli enti del Servizio sanitario nazionale, ma si limiti piuttosto «a prevedere una modalità alternativa di accertamento del raggiungimento di quegli obiettivi».

2.2. – Con un secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione dei princípi di leale collaborazione e di ragionevolezza, in quanto la previsione del tetto di spesa per il personale del Servizio sanitario nazionale nel triennio 2007-2009 «non tiene conto delle misure e degli atti» già adottati dalla Regione in ottemperanza a quanto disposto dalle precedenti leggi finanziarie per il triennio 2006-2008, periodo per il quale dette leggi finanziarie fissavano una riduzione della stessa voce di spesa «solo» dell’1 per cento.

Detti princípi imporrebbero invece – secondo la Regione – di «non introdurre unilateralmente variazioni, anche di carattere normativo, in grado di determinare un vulnus al legittimo affidamento, sulla base del quale siano stati assunti, dagli altri enti, atti e comportamenti specifici che, in seguito a dette variazioni, si rivelino per esse irrimediabilmente pregiudizievoli».

In sostanza, la normativa censurata, proprio perché è in grado di porre ex ante la Regione in una situazione di «irrimediabile inadempimento» rispetto ai nuovi parametri, anche ove essa tenesse d’ora in avanti un comportamento «virtuoso ed ineccepibile», contrasterebbe in modo insanabile con i suindicati princípi.

3. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate.

La difesa erariale afferma che le impugnate misure di contenimento della spesa – inerendo ad una «complessiva manovra» volta al rispetto degli obblighi comunitari concernenti il riequilibrio dei conti pubblici – rientrano nell’ambito di materie attribuite alla competenza legislativa esclusiva statale, quali «rapporti dello Stato con l’Unione Europea» e «moneta […] e mercati finanziari» (art. 117, secondo comma, rispettivamente lettere a ed e, Cost.). Inoltre, la difesa erariale afferma che il comma impugnato non introduce vincoli a singole voci di spesa, ma solo «una disciplina di principio, che lascia agli enti territoriali e locali un’ampia autonomia nella gestione della spesa».

Anche laddove la disposizione censurata richiede lo svolgimento di specifiche attività (lettera c, numeri 1, 2 e 3), essa – secondo l’Avvocatura generale – riconosce adeguati spazi all’autonomia regionale, stante la clausola di cui alla medesima lettera c), secondo la quale gli enti del Servizio sanitario nazionale provvedono a dette attività «nell’ambito degli indirizzi fissati dalle regioni nella loro autonomia».

4. – La Regione Veneto, con ricorso regolarmente notificato il 23 febbraio 2007, depositato il successivo 1 marzo ed iscritto al n. 10 del registro ricorsi 2007, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 565, della legge n. 296 del 2006.

La Regione preliminarmente afferma che essa è «pienamente legittimata» e ha «pieno interesse» ad impugnare la suddetta disposizione in quanto quest’ultima è finalizzata a garantire il rispetto di quegli obblighi comunitari e di quegli obiettivi che riguardano anche le Regioni, quali enti tenuti al rispetto del Patto di stabilità interno. Tale conclusione – prosegue la Regione – è confermata dal riferimento espresso a detti enti territoriali contenuto nella lettera e) del comma impugnato.

4.1. – Quanto al merito delle censure, la ricorrente afferma che detta disposizione, dal «carattere estremamente dettagliato», deve essere inquadrata nell’àmbito della materia «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», rimessa alla potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni (art. 117, terzo comma, Cost.). Secondo la Regione Veneto, il comma impugnato víola pertanto il terzo comma dell’art. 117 Cost., perché la materia oggetto dell’intervento legislativo censurato rientra in un ambito in cui allo Stato spetta solo il potere di dettare i princípi fondamentali della materia e non disposizioni, quali quelle impugnate, che invece introducono precetti specifici e puntuali.

4.2. – Sotto altro profilo, la Regione rileva che la medesima disposizione impugnata introduce un limite puntuale ad una singola voce di spesa, in modo tale da non lasciare a detto ente alcuna libertà in ordine all’allocazione delle risorse fra i diversi possibili àmbiti e obiettivi di spesa (sentenza n. 36 del 2004). Il comma 565 viola cosí, secondo la ricorrente, anche l’autonomia finanziaria regionale garantita dall’art. 119 Cost., che avrebbe richiesto la fissazione ad opera dello Stato del solo «limite complessivo» alla spesa regionale.

Anzi, secondo la medesima Regione Veneto, «quando, come avviene nel caso di specie, una norma statale preveda limiti all’entità di una singola voce di spesa, essa è in palese contrasto sia con l’art. 117, terzo comma, Cost., da cui si ricava che lo Stato deve fissare solo i princípi fondamentali nella materia “coordinamento della finanza pubblica”, sia con l’art. 119 Cost., da cui si ricava che le regioni hanno autonomia di spesa».

4.3. – Sempre ad avviso della ricorrente, «Da quanto fin qui detto, consegue, de plano, anche la violazione dell’art. 118 Cost.».

5. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate e ribadendo, quanto al merito delle censure, le medesime argomentazioni già formulate nell’atto di costituzione nel giudizio sul ricorso iscritto al n. 9 del registro ricorsi del 2007.

In particolare, l’Avvocatura rileva che la disposizione impugnata rientra negli àmbiti di potestà legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettere a) ed e), Cost., e che il comma impugnato non introduce vincoli a singole voci di spesa, ma solo una disciplina di principio.

6. – In data 15 gennaio 2008 la Regione Veneto ha depositato una memoria con cui ribadisce la propria legittimazione ed il proprio interesse al ricorso e, quanto al merito, precisa che: a) la disposizione impugnata non può essere inquadrata nell’ambito delle materie di cui all’art. 117, secondo comma, lettere a) ed e), Cost. – come ritenuto dall’Avvocatura erariale – in quanto tale impostazione condurrebbe alla conseguenza di considerare come rientrante nei medesimi àmbiti costituzionali di competenza «una moltitudine di materie, visto l’incisivo “condizionamento” esercitato dalle fonti comunitarie europee nel contesto dell’ordinamento italiano»; b) «la norma de qua non può essere considerata norma di principio volta al coordinamento della finanza pubblica» in quanto «introduce un limite puntuale ad una singola voce di spesa»; c) la medesima disposizione non soddisfa comunque i requisiti richiesti dalla giurisprudenza costituzionale affinché le norme statali che fissino limiti alla spesa regionale possano qualificarsi come principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, in quanto detta norma, da un lato, non ha carattere temporaneo e, dall’altro, impone agli enti del Servizio sanitario nazionale di operare una riduzione di spesa in un àmbito, quello della spesa per il personale, che è in ampia misura vincolato alla retribuzione di dipendenti a tempo indeterminato, sicché la medesima disposizione finirebbe con l’introdurre surrettiziamente misure sostanzialmente «obbligate».

Considerato in diritto

1. – I giudizi di legittimità costituzionale indicati in epigrafe sono stati promossi dalle Regioni Veneto e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, e hanno per oggetto vari commi dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), tra i quali, per quanto qui interessa, il comma 565, nella versione precedente alle modificazioni, prive di efficacia retroattiva, apportate dall’art. 1, comma 115, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008).

Il comma impugnato stabilisce che le spese per il personale del Servizio sanitario nazionale non devono superare – per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 – il corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1,4 per cento (lettera a). Esso prevede modalità di computo della spesa oggetto della riduzione (lettera b) e richiede, a carico degli enti destinatari della misura di cui alla medesima lettera a), lo svolgimento di determinate attività amministrative (individuazione della consistenza del personale dipendente a tempo determinato ed indeterminato, predisposizione di un programma annuale di revisione delle predette consistenze). Alla lettera c), il medesimo comma, da un lato, autorizza gli enti del Servizio sanitario nazionale a valutare «la possibilità di trasformare le posizioni di lavoro già ricoperte da personale precario in posizioni di lavoro dipendente a tempo indeterminato» e, dall’altro, prevede che questi ultimi enti «fanno riferimento, per la determinazione dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa, alle disposizioni recate dall’art. 1, commi 198, 191 e 194, della legge 23 dicembre 2005, n. 266». Infine, oltre a disporre l’abrogazione delle precedenti misure incompatibili con quelle da esso stesso stabilite (lettera d), il comma 565 individua in un tavolo tecnico – quello previsto dall’articolo 12 dell’intesa raggiunta il 23 marzo 2005 in seno alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano – la sede per la verifica dell’effettivo conseguimento dei previsti obiettivi di contenimento della spesa (lettera e).

1.1. – La ricorrente Regione Veneto censura detta disposizione nel suo complesso e in ciascuna delle indicate lettere di cui questa si compone, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, per violazione dell’autonomia legislativa e finanziaria della Regione, in quanto pone, per il triennio dal 2007 al 2009, un limite puntuale e specifico alla spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale (in misura pari a quella dell’anno 2004, ridotta dell’uno virgola quattro per cento) e non rientra, perciò, tra i princípi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica, la cui fissazione è riservata alla competenza legislativa dello Stato. La medesima ricorrente afferma, altresí, che «Da quanto fin qui detto, consegue, de plano, anche la violazione dell’art. 118 Cost.».

1.2. – La Regione Valle d’Aosta, sul presupposto che i parametri del Titolo V della Parte II della Costituzione prevedono una forma di autonomia più ampia di quella attribuitale dallo statuto speciale, censura – in riferimento all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – il medesimo comma 565 nel suo complesso per violazione: a) del quarto comma dell’art. 117 Cost., in quanto la disposizione censurata attiene alla materia dell’organizzazione dei servizi sanitari, rientrante nella competenza legislativa residuale delle Regioni; b) in subordine, del terzo comma dello stesso art. 117 Cost., in quanto la disposizione medesima detterebbe una disciplina che «esorbita dall’ambito dei princípi fondamentali» nella materia della tutela della salute, materia rientrante, invece, nella potestà legislativa concorrente; c) degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost., in quanto il comma censurato non contiene un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, ma determina in modo specifico e puntuale la voce di spesa riguardante il personale del Servizio sanitario nazionale, ledendo, cosí, l’autonomia finanziaria regionale, tanto più che, ai sensi dell’art. 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, gli enti del servizio sanitario nazionale sono interamente finanziati dalla Regione ricorrente, senza alcun apporto dello Stato.

Infine, la Regione lamenta la violazione del principio di ragionevolezza e del principio di leale collaborazione, perché la disposizione censurata, non tenendo conto degli atti e degli impegni di spesa già legittimamente adottati dalla Regione secondo le leggi finanziarie per il triennio dal 2006 al 2008, introdurrebbe unilateralmente «variazioni, anche di carattere normativo», in grado sia di «determinare un vulnus al legittimo affidamento» dell’ente territoriale nella stabilità del quadro normativo, sia di porre la Regione medesima nella condizione di non poter adempiere agli obblighi di legge.

2. – La trattazione delle indicate questioni di legittimità costituzionale, concernenti il comma 565 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, viene qui separata da quella delle questioni riguardanti altri commi dell’art. 1, promosse con i medesimi ricorsi, per le quali è opportuno procedere ad un esame distinto.

Le questioni cosí separate, relative al solo comma 565, vanno quindi riunite per essere congiuntamente trattate e decise con un’unica pronuncia,  in considerazione della rilevata identità della disposizione censurata e della parziale coincidenza delle censure prospettate.

3. – Va preliminarmente rilevato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, le Regioni sono legittimate a denunciare una legge statale che introduca limiti di spesa per gli enti del servizio sanitario nazionale, data la stretta connessione sussistente tra la spesa di tali enti e l’equilibrio complessivo della finanza regionale (sentenze n. 169 e n. 162 del 2007). Nella specie, tale conclusione trova conferma nella lettera e) della medesima disposizione, la quale stabilisce che è a carico delle Regioni l’“adempimento” degli obiettivi di contenimento della spesa relativa anche agli enti del Servizio sanitario nazionale di cui alla lettera a) dello stesso comma.

4. – Sempre in via preliminare, deve essere dichiarata inammissibile per insufficiente motivazione la questione posta dalla Regione Veneto con riferimento all’art. 118 Cost. Manca infatti una seppur minima motivazione della censura proposta. È costante giurisprudenza di questa Corte che il ricorso in via principale non solo deve identificare esattamente la questione nei suoi termini specifici, ma deve anche contenere una seppur sintetica argomentazione di merito, a sostegno della richiesta declaratoria d’incostituzionalità, sussistendo l’esigenza di un’adeguata (e non meramente assertiva) motivazione delle ragioni dell’impugnativa (ex plurimis, sentenze n. 38 del 2007; n. 233 del 2006).

5. – Le altre questioni di legittimità costituzionale del comma 565 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, promosse dalla ricorrente Regione Veneto, non sono fondate.

Nella giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidato l’orientamento secondo cui norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti locali possono qualificarsi princípi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla seguente duplice condizione: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi (sentenze n. 412 e n. 169 del 2007; n. 88 del 2006).

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la disposizione denunciata – in particolare la lettera a) del comma 565 – risponde a entrambe dette condizioni.

La prima è soddisfatta, perché il censurato limite fissato dal legislatore ha natura transitoria, operando solo per il triennio 2007-2009, e riguarda la spesa complessiva per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, cioè un rilevante aggregato della spesa di parte corrente, che costituisce una delle più frequenti e rilevanti cause del disavanzo pubblico. Il legislatore, dunque, ha perseguito generali obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, incidendo temporaneamente su una complessiva e non minuta voce di spesa (per una analoga fattispecie: sentenza n. 169 del 2007).

La seconda condizione è soddisfatta, perché la norma censurata non determina gli strumenti e le modalità per il perseguimento del predetto obiettivo, ma lascia libere le Regioni di individuare le misure necessarie al fine del contenimento della spesa per il personale. Al riguardo, la lettera e) del medesimo comma 565 stabilisce, anzi, che la Regione «è considerata adempiente» alle prescrizioni della legge anche quando non abbia raggiunto l’obiettivo di contenimento della spesa del personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, purché essa «abbia comunque assicurato l’equilibrio economico».

La disposizione di cui alla lettera a) del comma 565 va qualificata, dunque, come principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica e, conseguentemente, vanno dichiarate non fondate le proposte questioni di legittimità costituzionale.

6. – Dalla riconosciuta natura di principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica della disposizione di cui alla lettera a) del comma 565 discende la non fondatezza delle censure relative alle lettere b) ed e) del medesimo comma. Queste disposizioni, infatti, hanno la stessa natura di principio fondamentale della suddetta lettera a), perché si limitano ad integrarne il contenuto.

6.1. – In particolare, la lettera b) determina le modalità di computo della spesa per il personale oggetto della riduzione di cui alla lettera a), prevedendo che «le spese di personale sono considerate al netto: 1) per l’anno 2004, delle spese per arretrati relativi ad anni precedenti per rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro; 2) per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, delle spese derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro intervenuti successivamente all’anno 2004».

6.2. – La lettera e) dello stesso comma 565 individua in un “tavolo tecnico” – quello previsto dall’articolo 12 dell’intesa raggiunta il 23 marzo 2005 in seno alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano – la sede per la verifica dell’effettivo conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa stabiliti, per il personale del Servizio sanitario nazionale, sia dalla lettera a) del medesimo comma 565 (per gli anni 2007, 2008 e 2009), sia dal comma 198 dell’art. 1 della legge 266 del 2005 (per l’anno 2006), sia dai commi 98 e 107 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 (per gli anni 2005 e 2006). La citata lettera e), quindi, per quanto rileva ai fini del presente giudizio, stabilisce le modalità di verifica del rispetto degli adempimenti previsti dalla lettera a).

7. – Anche le questioni poste con riferimento alla lettera c) del comma 565 non sono fondate.

Quanto alle disposizioni dei numeri 1, 2 e 3 di tale lettera, esse, al fine dell’attuazione del menzionato principio di contenimento della spesa di cui alla lettera a), si limitano a richiedere – «nell’ambito degli indirizzi fissati dalle Regioni nella loro autonomia» – lo svolgimento di attività amministrative meramente ricognitive dello stato di fatto e, pertanto, attività strumentali all’attuazione della citata lettera a) (individuazione della consistenza del personale dipendente a tempo determinato ed indeterminato, predisposizione di un programma annuale di revisione delle predette consistenze: numeri 1, 2, 3, primo periodo). Nello stesso tempo, attribuiscono ai loro destinatari la mera facoltà e non l’obbligo di effettuare valutazioni ai fini della trasformazione dei rapporti di lavoro (numero 3, secondo e terzo periodo).

Quanto al numero 4 della medesima lettera c), esso prevede che gli enti del Servizio sanitario nazionale «fanno riferimento, per la determinazione dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa, alle disposizioni recate dall’articolo 1, commi 189, 191 e 194 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, al fine di rendere coerente la consistenza dei fondi stessi con gli obiettivi di riduzione della spesa complessiva di personale e di rideterminazione della consistenza organica». Tale disposizione si limita, dunque, ad indicare agli enti destinatari, quale generico parametro di coerenza per la determinazione della consistenza dei richiamati fondi, il corrispondente regime fissato per le amministrazioni statali ed altri enti pubblici dai commi 189, 191 e 194 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266. E ciò pur sempre – come previsto dall’alinea della citata lettera c) – «nell’ambito degli indirizzi fissati dalle regioni nella loro autonomia, per il conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa» e, quindi, senza stabilire per tali enti il medesimo vincolo di spesa previsto da detti commi.

8. – Nemmeno le questioni poste con riferimento alla lettera d) del comma 565 sono fondate. Tale norma, infatti, nel disporre per gli enti del Servizio sanitario nazionale che «le misure previste per gli anni 2007 e 2008 dall’articolo 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e dall’articolo 1, commi da 198 a 206, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono sostituite da quelle indicate nel presente comma», si limita a ribadire una sostituzione che le altre lettere dello stesso comma hanno già previsto.

9. – Anche le questioni sollevate dalla Regione Valle d’Aosta, aventi ad oggetto il medesimo comma 565, non sono fondate.

9.1. – Al riguardo, va premesso che la ricorrente Regione a statuto speciale muove da una erronea ricostruzione del quadro normativo in cui si inserisce il denunciato comma 565. La ricorrente, infatti, non tiene conto che il comma 660 dell’art. 1 della stessa legge prevede che «le disposizioni stabilite per le regioni a statuto ordinario» circa il livello complessivo delle spese correnti e in conto capitale trovano applicazione alle Regioni a statuto speciale solo nel caso di mancato raggiungimento di un accordo in proposito tra tali Regioni e il Ministero dell’economia, da stipulare in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il periodo 2007-2009. Da tale comma risulta, dunque, che il livello complessivo delle spese e dei relativi pagamenti è rimesso in via prioritaria a detto accordo e che il denunciato comma 565 è applicabile alle Regioni a statuto speciale, in via sussidiaria e transitoria, solo qualora l’accordo medesimo non sia raggiunto (per un’analoga fattispecie, sentenze n. 169 e n. 82 del 2007).

Poiché, secondo tale comma 660, un limite alle spese del personale degli enti del Servizio sanitario nazionale deriva, per gli enti ad autonomia speciale, dagli accordi di cui sopra e non dalla diretta applicazione del comma 565, è evidente che, in caso di intervenuto accordo, la norma censurata non può comportare alcuna violazione dell’autonomia legislativa e finanziaria della Regione Valle d’Aosta. Né l’espressione «in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica», contenuta nel comma 660, può significare che detti accordi debbano fissare limiti coincidenti con quelli del comma 565. Tale espressione costituisce, infatti, solo un generico parametro di «coerenza», cui le parti contraenti debbono attenersi ai fini della determinazione del livello delle spese, livello che non può porsi in radicale contraddizione con gli altri obiettivi di finanza pubblica (sentenza n. 169 del 2007).

Da quanto precede deriva che le norme censurate si applicano alla ricorrente, in via sussidiaria e transitoria, solo nel caso di mancato raggiungimento degli accordi previsti dal citato comma 660. Pertanto, le censure proposte dalla ricorrente vanno esaminate qui di seguito, con esclusivo riferimento a tale eventualità.

9.2. – La ricorrente deduce, in riferimento all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, la violazione: a) in via principale, del quarto comma dell’art. 117 Cost., in quanto la disposizione censurata atterrebbe alla materia dell’organizzazione dei servizi sanitari, rientrante nella sua competenza legislativa residuale; b) in via subordinata, del terzo comma dello stesso art. 117 Cost., perché la disposizione censurata non costituirebbe un principio fondamentale nella materia della tutela della salute, di competenza legislativa concorrente.

Ambedue le questioni non sono fondate. Si è visto, infatti, che la disposizione censurata, in quanto rivolta al contenimento della spesa per il personale, costituisce un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, la cui fissazione è di competenza statale (si veda sopra, punto 4).

9.3. – La ricorrente deduce anche la violazione dell’art. 119, secondo comma, Cost., in quanto la norma censurata non conterrebbe un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, ma porrebbe un vincolo specifico e puntuale alla voce di spesa riguardante il personale del Servizio sanitario nazionale.

La questione non è fondata, per le stesse ragioni esposte al punto 8.2., in relazione alla dedotta violazione dei commi terzo e quarto dell’art. 117 Cost., e ai punti 4 e 5, con riferimento al ricorso della Regione Veneto, perché la norma censurata pone un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica attinente alla spesa; principio che, come più volte affermato da questa Corte, deve ritenersi applicabile «anche alle autonomie speciali, in considerazione dell’obbligo generale di partecipazione di tutte le Regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, all’azione di risanamento della finanza pubblica» (sentenze n. 169 e n. 82 del 2007).

9.4. – Infine, la Regione lamenta la violazione dei princípi di ragionevolezza e di leale collaborazione, perché la disposizione censurata, non tenendo conto degli atti e degli impegni di spesa già legittimamente adottati dalla Regione secondo le leggi finanziarie per il triennio dal 2006 al 2008, introdurrebbe unilateralmente «variazioni, anche di carattere normativo», idonee sia a «determinare un vulnus al legittimo affidamento» dell’ente territoriale nella stabilità del quadro normativo, sia a porre la Regione medesima nella condizione di non poter adempiere agli obblighi di legge.

La questione non è fondata.

Al riguardo, si deve procedere, preliminarmente, ad una complessiva ricognizione del quadro normativo in tema di vincoli alle spese per il personale del Servizio sanitario nazionale.

Con riferimento agli enti sottoposti al patto di stabilità interno, l’art. 1, comma 557, della stessa legge n. 296 del 2006 ha ridotto agli anni 2005 e 2006 l’operatività dei limiti alla spesa per detto personale originariamente previsti, per il triennio dal 2006 al 2008, dall’art. 1, comma 98, della legge n. 311 del 2004 ed al solo anno 2006 l’operatività dei medesimi limiti di spesa previsti, per il triennio dal 2006 al 2008, dal comma 198 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005. Conseguentemente, il legislatore, alla lettera d) del comma 565 della legge n. 296 del 2006, ha avuto cura di precisare che «per gli enti del Servizio sanitario nazionale le misure previste per gli anni 2007 e 2008 dall’articolo 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e dall’articolo 1, commi da 198 a 206, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono sostituite da quelle indicate nel presente comma».

Ciò premesso, va in primo luogo rilevato che la suddetta disciplina non víola il principio di ragionevolezza, neppure sotto l’evocato profilo del legittimo affidamento nella stabilità del quadro normativo. Infatti, le norme citate, disponendo solo per l’avvenire e non ponendo per il passato vincoli più gravosi di quelli già posti dalla legislazione previgente, hanno espressamente escluso ogni interferenza delle precedenti previsioni con quella censurata, la quale resta, perciò, l’unica applicabile per il triennio dal 2007 al 2009. Né le Regioni possono vantare per il futuro legittime aspettative nella invariabilità della misura dei vincoli di spesa. Questi hanno l’obiettivo di «garantire il rispetto degli obblighi comunitari» (comma 565, alinea) e presuppongono, perciò, la possibilità, per il legislatore statale, di una loro revisione periodica, in relazione all’andamento dei conti pubblici. E ciò anche nel caso in cui un determinato contenimento della spesa medesima sia stato originariamente stabilito per più anni. Il necessario concorso delle Regioni e degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, adottati con l’adesione al patto di stabilità e crescita definito in sede di Unione Europea, postula, infatti, che il legislatore statale possa intervenire sui coefficienti di riduzione della spesa già definiti, qualora lo richieda il complessivo andamento del disavanzo dei conti pubblici, con il solo limite della palese arbitrarietà e della manifesta irragionevolezza della variazione. La sostituzione dei vincoli di contenimento per la spesa pubblica già previsti dall’art. 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e dall’art. 1, commi da 198 a 206, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 – operata dall’impugnato comma 565 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 – non è dunque di per sé irragionevole ed è anzi determinata dalla necessità di rispettare i vincoli alla spesa pubblica derivanti dall’adesione dell’Italia all’Unione Europea.

In secondo luogo, deve osservarsi che, quanto alla dedotta irragionevolezza dell’entità dei vincoli, la ricorrente non ha indicato alcuno specifico elemento idoneo a dimostrare che il limite imposto con le disposizioni censurate sia talmente gravoso da renderne impossibile il rispetto da parte della Regione medesima in ragione degli impegni di spesa precedentemente assunti. Ne consegue che, anche sotto tale aspetto, la censura è infondata.

Infine, la Regione non può lamentare neppure la violazione del principio di leale collaborazione.

Le esigenze di leale collaborazione invocate dalla ricorrente sono, infatti, già pienamente soddisfatte dalla previsione, ad opera del citato comma 660, di un meccanismo di accordo tra lo Stato e gli enti ad autonomia speciale; fermo restando che la disciplina censurata è applicabile – come già sopra rilevato – solo in via sussidiaria e transitoria nel caso del mancato raggiungimento di detto accordo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle restanti questioni di legittimità costituzionale della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), sollevate con i ricorsi indicati in epigrafe,

riuniti i giudizi,

1) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale del comma 565 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 promosse, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalla Regione Veneto, con riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, e dalla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, con riferimento agli artt. 3, lettera f), dello statuto speciale per la Regione Valle d’Aosta, 117, terzo e quarto comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, nonché ai princípi dell’affidamento e della leale collaborazione;

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del comma 565 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, promossa, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione Veneto, con riferimento all’art. 118 Cost.

Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2008.