Ordinanza n. 110 del 2008

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ORDINANZA N. 110

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Franco                                      BILE                               Presidente

-  Giovanni Maria                   FLICK                                           Giudice

-  Francesco                               AMIRANTE                        "

-  Ugo                                            DE SIERVO                        "

-  Paolo                                        MADDALENA                  "

-  Alfio                                         FINOCCHIARO                "

-  Alfonso                                    QUARANTA                       "

-  Franco                                      GALLO                                 "

-  Gaetano                                   SILVESTRI                          "

-  Sabino                                      CASSESE                             "

-  Maria Rita                              SAULLE                               "

-  Giuseppe                                 TESAURO                            "

-  Paolo Maria                          NAPOLITANO                  "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 45, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), quale modificato dall’art. 6, comma 17, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2000), promosso con ordinanza del 13 maggio 2004 dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli sui ricorsi riuniti proposti dalla s.p.a. Banco di Napoli (ora s.p.a. San Paolo IMI – Banco di Napoli s.p.a.) contro la Direzione regionale delle entrate della Campania (ora Agenzia delle entrate, ufficio di Napoli 1) ed altri, iscritta al n. 644 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2007.

           Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

           udito nella camera di consiglio del 12 marzo 2008 il Giudice relatore Franco Gallo.

           Ritenuto che, nel corso di due giudizi riuniti – nei quali una banca aveva proposto ricorso avverso il silenzio-rifiuto formatosi a séguito dell’istanza di rimborso delle somme corrisposte a titolo di imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), rispettivamente, per gli anni d’imposta 1998 e 1999 –, la Commissione tributaria provinciale di Napoli, con ordinanza depositata il 13 maggio 2004, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, questioni di legittimità dell’art. 45, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), quale modificato dall’art. 6, comma 17, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2000);

che la Commissione rimettente premette, in punto di fatto, che: a) l’istituto di credito ricorrente aveva corrisposto al concessionario della riscossione di Napoli, per l’accredito alla tesoreria competente, l’IRAP relativa agli esercizi 1998 e 1999, calcolata applicando al valore della produzione netta l’aliquota del 5,4 per cento, fissata a carico delle banche, in via transitoria, dalla censurata disposizione; b) il ricorrente, sul presupposto dell’illegittimità costituzionale della indicata aliquota d’imposta, aveva richiesto il rimborso delle somme versate in eccedenza rispetto all’aliquota ordinaria del 4,25 per cento, prevista dal comma 1 dell’art. 16 del citato d. lgs. n. 446 del 1997 (nel testo applicabile ratione temporis alle fattispecie), ed aveva proposto ricorso nei confronti sia dell’Agenzia delle entrate, sia delle Regioni tra le quali era stato ripartito il gettito dell’IRAP;

che il giudice a quo premette altresí, in punto di diritto, che – nello stabilire che l’IRAP, in quanto imposta sostitutiva di precedenti tributi e contributi, dovesse originariamente mantenere un gettito erariale pari a quello dei prelievi sostituiti – il legislatore: a) ha fissato per detta imposta una «aliquota base» pari al 4,25 per cento, costituente «l’aliquota di equilibrio per il settore privato dell’economia», cioè tale da consentire «di ottenere il gettito necessario per compensare le mancate entrate dovute all’abolizione dei tributi e contributi prima esistenti»; b) ha effettuato una redistribuzione del carico d’imposta tra i settori produttivi, «stabilendo tra essi diverse aliquote (minori o maggiori rispetto all’aliquota base) in modo tale che l’importo del gettito finale della nuova imposizione non cambiasse»; c) ha fissato, in particolare, «un’aliquota del 3% per l’agricoltura e un’aliquota al 5% per il settore bancario e intermediazione finanziaria, aliquota che poi con la legge n. 488/1999 è stata ulteriormente aumentata, anche se in via transitoria, al 5,4%»;

che, quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni, il rimettente afferma che la disposizione denunciata – nel disporre, con riferimento alle banche, che per i periodi d’imposta in corso al 1° gennaio 1998 ed al 1° gennaio 1999 «l’aliquota è stabilita nella misura del 5,4 per cento […]» (cioè in maniera diversa dall’aliquota base del 4,25 per cento) – crea, tra i diversi settori di attività produttiva, una disparità di trattamento arbitraria e priva di giustificazione «nel sistema»;

che, secondo il giudice a quo, la nuova nozione di «capacità contributiva reale», introdotta dal legislatore per l’IRAP e rappresentata dal «dominio sui fattori della produzione e dalla potenzialità economica e produttiva dell’impresa», esclude «ogni […] differenziazione di aliquote tra i vari settori […] in quanto vi è un settore che è sottoposto ad una pressione tributaria maggiore (banche ed intermediari finanziari) e un settore che viene agevolato nella imposizione delle aliquote (agricolo), senza un razionale motivo»;

che, sempre ad avviso del rimettente, la differenziazione delle aliquote d’imposta a seconda dei diversi settori produttivi, stabilita dalla disposizione censurata, víola gli artt. 3 e 53 della Costituzione, perché – pur in presenza di una identica «capacità contributiva reale», rappresentata dalla «differenza tra i ricavi e i costi» dell’impresa di cui sono titolari i soggetti passivi d’imposta – sottopone le imprese del settore finanziario (come le banche) ad un prelievo fiscale maggiore rispetto agli altri settori e, conseguentemente, pone a carico di dette imprese l’onere economico di colmare il minore gettito dell’IRAP derivante dall’applicazione di aliquote d’imposta più basse nel settore dell’agricoltura;

che, secondo il giudice a quo, la disposizione censurata non prevede agevolazioni o benefici tributari, ma pone sacrifici esclusivamente a carico di alcuni settori produttivi, «al fine di determinare un equilibrio di gettito finanziario carente per le agevolazioni concesse» a soggetti passivi operanti in altri settori produttivi e dotati di pari capacità contributiva «reale», con la conseguenza che non può invocarsi a sostegno della legittimità costituzionale di detta disposizione la giurisprudenza costituzionale secondo cui rientrano nella discrezionalità del legislatore la previsione e la conformazione delle agevolazioni e dei benefici tributari (sentenze n. 52 del 1988; n. 543 del 1987);

che, infine, quanto alla rilevanza, il giudice rimettente osserva che «La Commissione giudica rilevante […] la proposta eccezione di legittimità costituzionale»;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che le questioni siano dichiarate manifestamente infondate, perché su di esse la Corte costituzionale si è già pronunciata nel senso della non fondatezza con la sentenza n. 21 del 2005;

che, in particolare, la difesa erariale, richiamando detta sentenza, afferma che: a) rientra nella discrezionalità del legislatore la previsione di aliquote differenziate per settori produttivi e per tipologie di soggetti; b) la transitoria differenziazione delle aliquote prevista dalla norma denunciata è stata ragionevolmente disposta dal legislatore; c) non sussiste la denunciata violazione del principio della generalità dell’obbligo contributivo e non è corretto assumere che le agevolazioni concesse transitoriamente al settore agricolo sono esattamente e esclusivamente finanziate, con correlazione causale necessaria, dalle maggiori aliquote transitoriamente poste a carico del settore bancario, finanziario e assicurativo.

Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Napoli dubita, in riferimento agli artt. artt. 3 e 53 della Costituzione, della legittimità dell’art. 45, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali) – come modificato dall’art. 6, comma 17, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2000) –, il quale prevede che, per i soggetti di cui agli artt. 6 e 7 del medesimo d. lgs. n. 446 del 1997 (cioè per le banche, gli istituti finanziari e le imprese di assicurazioni), l’aliquota dell’IRAP è dovuta, per i periodi d’imposta in corso al 1° gennaio 1998 ed al 1° gennaio 1999, nella misura del 5,4 per cento, invece che nella misura ordinaria del 4,25 per cento fissata dal comma 1 dell’art. 16 dello stesso d. lgs. n. 446 del 1997, nel testo applicabile ratione temporis alla fattispecie, e cioè nel testo anteriore all’entrata in vigore dall’art. 1, comma 50, lettera h), della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), che detta aliquota ha modificato;

che, ad avviso del rimettente, la transitoria previsione di aliquote maggiori dell’IRAP per i soggetti di cui ai menzionati artt. 6 e 7 del d. lgs. n. 446 del 1997 – pur in presenza di una identica «capacità contributiva reale», rappresentata dalla «differenza tra i ricavi e i costi» dell’impresa di cui sono titolari i soggetti passivi d’imposta – sottopone irragionevolmente le imprese del settore finanziario (come le banche) ad un prelievo fiscale maggiore rispetto agli altri settori produttivi e, conseguentemente, crea, tra i diversi settori di attività, una disparità di trattamento arbitraria e priva di giustificazione nel sistema, in particolare, ponendo a carico di dette imprese del settore finanziario l’onere economico di colmare il minor gettito dell’IRAP derivante dall’applicazione di aliquote d’imposta più basse nel settore dell’agricoltura;

che questioni identiche a quelle sollevate dal rimettente sono state già dichiarate non fondate da questa Corte con la sentenza n. 21 del 2005, successiva all’ordinanza di rimessione;

che, in particolare, con tale pronuncia si è escluso che la censurata disposizione violi gli artt. 3 e 53 Cost., perché, nel caso della transitoria differenziazione delle aliquote disposta dall’art. 45, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, la previsione di aliquote diverse per settori produttivi e per tipologie di soggetti passivi – differenziazione che comunque rientra pienamente nella discrezionalità del legislatore, se sorretta da non irragionevoli motivi di politica economica e redistributiva – trova il suo specifico fondamento «nel carattere dell’IRAP di tributo sostitutivo di altri tributi e prestazioni imposte e, quindi, nel ragionevole intento del legislatore delegato di garantire una certa continuità tra il precedente e il nuovo regime, soprattutto in termini redistributivi e di gettito»;

che con la medesima sentenza si è anche affermato che l’aumento provvisorio e calibrato delle aliquote per i settori bancario, finanziario e assicurativo non víola i suddetti parametri costituzionali, essendo esso la conseguenza, da una parte, della non irragionevole «valutazione del legislatore circa il minore impatto del nuovo tributo sui detti settori» e, dall’altra, «di una scelta di politica redistributiva volta ad assicurare, in ragione del carattere surrogatorio del tributo, la continuità del prelievo e ad evitare, quindi, possibili divergenze tra la precedente ripartizione del carico fiscale e quella che si sarebbe verificata ove nella fase di prima applicazione si fosse adottata una aliquota unica e indifferenziata per tutti i settori produttivi del comparto privato»;

che l’indicata pronuncia, infine, ha rilevato l’erroneità dell’assunto (posto a base di alcune argomentazioni dei rimettenti) che le agevolazioni transitoriamente attribuite dal legislatore con l’art. 45 del d. lgs. n. 446 del 1997 al settore agricolo e delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi siano esattamente ed esclusivamente finanziate, con correlazione causale necessaria, dalle maggiori aliquote transitoriamente poste a carico del settore bancario, finanziario ed assicurativo;

che il rimettente non prospetta, pertanto, profili diversi da quelli già presi in esame con la citata sentenza n. 21 del 2005 o comunque tali da indurre questa Corte a modificare il precedente orientamento;

che le questioni, dunque, devono essere dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

La Corte costituzionale

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 45, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), quale modificato dall’art. 6, comma 17, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2000), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2008.