Ordinanza n. 7 del 2008

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ORDINANZA N. 7

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                    BILE                       Presidente

- Giovanni Maria        FLICK                      Giudice

- Francesco               AMIRANTE                  "

- Ugo                                DE SIERVO                           "

- Paolo                      MADDALENA              "

- Alfio                       FINOCCHIARO            "

- Alfonso                   QUARANTA                 "

- Franco                    GALLO                        "

- Luigi                       MAZZELLA                  "

- Gaetano                  SILVESTRI                   "

- Sabino                    CASSESE                     "

- Maria Rita               SAULLE                       "

- Giuseppe                 TESAURO                    "

- Paolo Maria             NAPOLITANO             "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 43, comma 5, della legge regionale delle Marche 22 luglio 1997, n. 44 (Norme in materia di assegnazione, gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e riordino del Consiglio di Amministrazione degli Istituti autonomi per le case popolari della Regione), promossi con due ordinanze dell’11 ottobre 2006 e con una del 12 febbraio 2007 dal Tribunale amministrativo regionale delle Marche, rispettivamente iscritte ai nn. 405, 406 e 461 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22 e n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2007.

       Visti gli atti di intervento della Regione Marche;

udito nella camera di consiglio del 12 dicembre 2007 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale delle Marche con tre ordinanze di analogo tenore ha sollevato questione di legittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione – dell’art. 43, comma 5, della legge regionale delle Marche 22 luglio 1997, n. 44 (Norme in materia di assegnazione, gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e riordino del Consiglio di Amministrazione degli Istituti autonomi per le case popolari della Regione), nella parte in cui prevede che, in caso di ampliamento stabile del nucleo familiare dell’assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, alla morte dell’assegnatario stesso il nuovo componente acquisisca il diritto al subentro solo dopo due anni dall'autorizzazione dell'Ente gestore;

che il rimettente, quanto all’esposizione del fatto, premette che i giudizi a quibus hanno ad oggetto tre ricorsi avverso altrettanti decreti del Presidente dell’Istituto autonomo per le case popolari (IACP) della Provincia di Ancona con i quali è stato disposto il rilascio e la restituzione di tre alloggi di edilizia residenziale pubblica in quanto occupati senza titolo;

che i ricorrenti, in tutti e tre i casi figli dell’originario assegnatario dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica, si lamentano di non essere stati ritenuti in possesso del requisito per subentrare nella titolarità dell’assegnazione dell’alloggio popolare, in quanto alla data della morte del loro genitore non erano trascorsi due anni dall’autorizzazione all’ampliamento del nucleo familiare, secondo quanto richiesto dall’art. 43 della legge regionale n. 44 del 1997;

che il rimettente, ritenuti non fondati tutti i motivi di illegittimità dedotti dai ricorrenti, giudica rilevante la questione di illegittimità costituzionale che sottopone al vaglio di questa Corte, in quanto l’applicazione della norma censurata porterebbe al rigetto dei ricorsi e, al contrario, la sua dichiarazione di incostituzionalità comporterebbe l’accoglimento degli stessi;

che nel giudizio a quo relativo all’ordinanza n. 461 del 2007, il TAR delle Marche ha disatteso l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo proposta dallo IACP, in conformità con l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione (sez. unite civili 16 aprile 2003, n. 594) sul nuovo criterio di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo dettato dall’art. 33 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80  (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), e dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa);

che secondo il collegio rimettente, il quale cita al riguardo anche la sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, tale disciplina, avendo superato il previgente criterio fondato sulla causa petendi, attribuirebbe al giudice amministrativo blocchi omogenei di materie, con la conseguenza che tutta la materia dell’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, in quanto attinente a un pubblico servizio, ricadrebbe nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

che, inoltre, sempre con riferimento all’eccezione di difetto di giurisdizione, il rimettente afferma che con il provvedimento di rilascio dell’immobile oggetto di impugnativa l’amministrazione ha di fatto «disconosciuto il diritto dell’interessata al subentro nella titolarità dell’alloggio popolare del proprio genitore deceduto, degradando tale diritto al rango di interesse legittimo al corretto uso del potere di autorizzazione all’ampliamento del nucleo familiare al pari di quello che fa capo a un aspirante assegnatario collocato utilmente nella graduatoria degli aventi diritto»;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, il TAR delle Marche osserva che la norma impugnata disciplina il subentro nella posizione del soggetto aspirante a conseguire l’assegnazione di un alloggio popolare, o già assegnatario a tutti gli effetti dello stesso, in caso di sua morte o rinuncia, e che, in particolare, il combinato disposto degli artt. 7 e 43 della legge regionale n. 44 del 1997 prevede il subentro, in caso di decesso di colui che ha presentato domanda per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, prioritariamente dei componenti del suo nucleo familiare conviventi, legati da rapporto di coniugio, di parentela o di affinità con il medesimo e, in via subordinata, di coloro che pur non legati da un rapporto di parentela ed affinità con il soggetto aspirante assegnatario, fanno comunque parte a tutti gli effetti del suo nucleo familiare da almeno due anni dalla data di pubblicazione del bando di concorso e a condizione che la coabitazione sia giustificata da motivi di reciproca assistenza morale e materiale e che sia opportunamente documentata nei modi di legge;

che, pertanto, ai fini del subentro nella domanda di assegnazione di un alloggio popolare, la posizione dei familiari dell’aspirante assegnatario è differenziata rispetto a quella degli estranei facenti parte comunque del nucleo familiare, dal momento che, in caso di decesso o di rinuncia, i primi possono subentrare nella domanda senza condizioni, nell’ordine di priorità previsto dall’art. 43, comma 1, della legge regionale citata, mentre i secondi possono subentrare nella domanda solo in caso di mancanza di soggetti legati da vincoli di parentela e provando la stabile convivenza con l’aspirante assegnatario da almeno due anni rispetto alla data di pubblicazione del bando;

che nel caso di subentro, non nella domanda di assegnazione, ma nell’assegnazione medesima, la legge regionale, alla morte dell’assegnatario dell’alloggio, ha parimenti riconosciuto il diritto al subentro a tutti i componenti del nucleo familiare dell’originario locatario individuati nell’atto di assegnazione dell’immobile secondo un ordine che privilegia prima i parenti e poi i conviventi non legati da vincoli di parentela;

che, secondo il TAR, la situazione risulterebbe diversa per i soggetti autorizzati nel corso del rapporto locativo a risiedere nell’alloggio popolare dall’ente gestore a titolo di stabile ampliamento del nucleo familiare, dato che, in tal caso, l’art. 43, comma 5, senza differenziare la situazione dei familiari dell’originario assegnatario da quella di coloro che non gli sono legati da vincoli di parentela, riconoscerebbe il diritto al subentro solo a condizione che al momento della morte del titolare sia trascorso un periodo di due anni dal rilascio dell’autorizzazione all’ampliamento stabile del nucleo familiare del medesimo;

che il rimettente, così ricostruita la disciplina del subentro, afferma di dubitare della costituzionalità del comma 5 dell’art. 43 della legge della Regione Marche n. 44 del 1997 in relazione agli artt. 3 e 29 della Costituzione;

che, ad avviso del giudice amministrativo, la norma si porrebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, venendo a determinare una ingiustificata discriminazione nei confronti dei parenti o affini componenti il nucleo familiare nelle due ipotesi di subentro nella domanda di assegnazione prima del conseguimento della disponibilità dell’alloggio popolare e di subentro nel rapporto locativo una volta intervenuta l’assegnazione e perfezionata la consegna dell’immobile, richiedendo, in quest’ultimo caso, l’ulteriore requisito della stabile convivenza nell’abitazione da almeno due anni dall’autorizzazione all’ampliamento stabile del nucleo familiare;

che, in tal modo, secondo il TAR delle Marche, il legislatore regionale riserverebbe un trattamento diverso a soggetti che si trovano in una uguale condizione di parentela e ciò determinerebbe la violazione del principio di uguaglianza formale sancito dall’art. 3 della Costituzione, che impone al legislatore di assicurare uguaglianza di trattamento quando uguali siano le situazioni soggettive ed oggettive alle quali le norme si riferiscono per la loro applicazione;

che, per il collegio rimettente, la diversa disciplina non può giustificarsi neanche in relazione alla circostanza che il periodo biennale di protratta convivenza sia richiesto solo per i familiari autorizzati a risiedere nell’alloggio popolare a titolo di ampliamento stabile del nucleo familiare del titolare e non per coloro che hanno continuativamente fatto parte della famiglia sin dalla data dell’originaria assegnazione dell’abitazione;

che, a tal proposito, il giudice amministrativo evidenzia come, indipendentemente dalla data di ingresso del parente o dell’affine nel nucleo familiare dell’assegnatario dell’alloggio, la posizione dei sopraindicati soggetti non può comunque essere assimilata a quella di coloro che non sono legati da vincoli di coniugio o parentela, ai fini dell’eventuale subentro nel rapporto locativo;

che l’intera legge regionale n. 44 del 1997, infatti, è ispirata al principio della valorizzazione della famiglia come potenziale fruitrice degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, sia nella fase dell’individuazione dei beneficiari, con il previsto riconoscimento di un maggior punteggio ai nuclei familiari numerosi, sia in quella successiva della gestione del rapporto locativo, con il favore riconosciuto ai familiari dell’assegnatario al subentro nella posizione del titolare anche in vista dell’eventuale trasferimento in proprietà dell’alloggio per lungo tempo occupato a titolo di locazione;

che, ad avviso dei rimettenti, la norma censurata, disconoscendo la posizione di favore che il costituente ha inteso assicurare alla famiglia e ai suoi componenti, quale comunità naturale basata su vincoli affettivi e di solidarietà economica e sociale dei suoi membri, si pone in contrasto con l’art. 29 della Costituzione;

che a ulteriore conferma della violazione dell’art. 29 della Costituzione, il TAR ipotizza una contemporanea presenza nel nucleo familiare dell’assegnatario di parenti e di estranei autorizzati a convivere con il medesimo, sostenendo che, in tal caso, la norma regionale censurata, per come formulata, consentirebbe di privilegiare il subentro nell’assegnazione dell’alloggio degli estranei conviventi da più di due anni, a danno dei parenti presenti nell’alloggio da meno tempo;

che l’aver subordinato il diritto al subentro dei familiari nell’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica alla decorrenza di un periodo di convivenza minima con l’assegnatario, in caso di morte di quest’ultimo, comporterebbe il disconoscimento delle prerogative assicurate dall’art. 29 della Costituzione alla comunità familiare, in quanto si verrebbero a creare le condizioni per privare ingiustificatamente gli eredi dell’assegnatario deceduto della possibilità di conservare l’utilizzo dell’abitazione popolare in regime di locazione, dal momento che il riconoscimento di tale prerogativa dipenderebbe «da un evento futuro e incerto quale la morte del dante causa, circostanza indipendente dalla volontà dei familiari conviventi, con la conseguenza che se tale evento luttuoso intercorresse prima dei due anni dell’inizio della convivenza con il de cuius, determinerebbe la definitiva perdita dell’alloggio per i parenti con grave pregiudizio delle esigenze abitative della loro famiglia che l’art. 29 Cost. intende tutelare»;

che è intervenuta nel giudizio la Regione Marche chiedendo che la questione venga dichiarata infondata;

che la Regione interveniente, al fine di evidenziare l’infondatezza della censura proposta dal TAR, chiarisce che, con riferimento alla nozione di nucleo familiare, la normativa regionale in materia di edilizia residenziale pubblica si ispira alla medesima ratio della normativa statale che pone sullo stesso piano persone legate da vincoli di parentela e persone legate da vincoli affettivi, richiedendo quale unico presupposto indefettibile la stabile convivenza;

che, in particolare, il comma 1 dell’art. 7 della legge della Regione Marche n. 44 del 1997 definisce il nucleo familiare: «un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, conviventi ed aventi dimora abituale nello stesso Comune», salvo poi specificare che «ai fini della presente legge la convivenza stabile con il richiedente deve sussistere da almeno due anni dalla data di pubblicazione del bando di concorso ed essere certificata anagraficamente»;

che, inoltre, il comma 2 del citato art. 7 prevede che «l'organo preposto alla formazione della graduatoria e gli enti competenti per l'assegnazione o gestione degli alloggi possono considerare componenti del nucleo familiare anche persone non legate da vincoli di parentela o affinità, qualora la convivenza abbia carattere di stabilità, duri da almeno due anni alla data di pubblicazione del bando di concorso o a quella di variazione anagrafica, nel caso di ampliamento del nucleo familiare, sia finalizzata alla reciproca assistenza morale e materiale e sia sufficientemente documentata nelle forme di legge»;

che, prosegue la difesa della Regione, l’art. 43 nel regolare il diritto al subentro, al comma 1 stabilisce che «in caso di decesso dell'aspirante assegnatario o dell'assegnatario, subentrano rispettivamente nella domanda e nell'assegnazione i componenti del nucleo familiare come definito dall'articolo 7 nel seguente ordine: coniuge, figli, affiliati, convivente more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al terzo grado, gli affini fino al secondo grado» e al comma 2 dispone che «in caso di cessazione della stabile convivenza tra l'aspirante assegnatario o l'assegnatario e i restanti componenti del nucleo familiare, questi ultimi subentrano rispettivamente nella domanda e nel rapporto locativo»;

che, secondo la Regione, risulta evidente che il presupposto indefettibile richiesto dalla legge regionale n. 44 del 1997 per acquisire il diritto al subentro nella domanda o nell’assegnazione è costituito dalla stabile convivenza;

che l’art. 7, comma 1, prevede che la convivenza stabile con il richiedente duri da almeno due anni dalla data di pubblicazione del bando di concorso e che debba essere certificata anagraficamente, e, correttamente, l’art. 43, comma 5, dispone che «l'ampliamento stabile del nucleo familiare costituisce per il nuovo componente autorizzato il diritto al subentro dopo due anni dall'autorizzazione dell'Ente gestore»;

che la norma censurata, dunque, non è in contrasto con l’art. 3 della Costituzione in quanto il TAR ha ritenuto uguali situazioni obiettivamente diverse tra loro, parificando la posizione di chi subentra nella domanda di assegnazione rispetto a quella di chi subentra nella titolarità dell’alloggio già assegnato, mentre nel primo caso si è in presenza di parenti conviventi e già facenti parte del nucleo familiare originario, laddove, nel secondo, si è in presenza di parenti originariamente non conviventi e non facenti parte del nucleo familiare, “aggiuntisi” successivamente per effetto dell’ampliamento del nucleo familiare;

che, evidenzia la Regione, tra chi subentra nella domanda di assegnazione e chi subentra nell’assegnazione stessa vi è una sostanziale differenza, così come tra i soggetti appartenenti al nucleo familiare originario e coloro che, invece, vi si aggiungono solo successivamente;

che, quanto all’asserita violazione dell’art. 29 della Costituzione, la resistente richiama la stessa giurisprudenza di questa Corte che ha affermato che il diritto all’abitazione è posto a garanzia non della famiglia nucleare, né di quella parentale, ma della «convivenza di un aggregato esteso fino a comprendervi estranei – potendo tra gli eredi esservi estranei –, i parenti senza limiti di grado e finanche gli affini» (sentenza n. 404 del 1988);

che, pertanto, il diritto sociale all’abitazione esclude situazioni di privilegio e di favore, in attuazione del precetto costituzionale di cui all’art. 2 della Costituzione, e una normativa – la quale regoli in maniera differente la situazione di un componente convivente e stabile di un nucleo familiare e quella di chi venga solo successivamente a farne parte e che, nello stesso tempo, parifichi la situazione di parenti ed estranei per ciò che riguarda le condizioni occorrenti per conseguire una stabile convivenza – in realtà non fa che garantire e attuare il precetto, costituzionalmente garantito, del diritto sociale all’abitazione.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale delle Marche con tre ordinanze di analogo tenore solleva questione di legittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione – dell’art. 43, comma 5, della legge regionale delle Marche 22 luglio 1997, n. 44 (Norme in materia di assegnazione, gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e riordino del Consiglio di Amministrazione degli Istituti autonomi per le case popolari della Regione), nella parte in cui prevede che, in caso di ampliamento stabile del nucleo familiare dell’assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, alla morte dell’assegnatario stesso il nuovo componente acquisisca il diritto al subentro solo dopo due anni dall'autorizzazione dell'Ente gestore;

che, secondo il rimettente, la norma censurata è in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, in quanto determina una ingiustificata discriminazione nei confronti dei parenti o affini componenti il nucleo familiare nelle due distinte ipotesi di subentro nella domanda di assegnazione prima del conseguimento della disponibilità dell’alloggio popolare e di subentro nel rapporto locativo una volta intervenuta l’assegnazione, richiedendo solo in quest’ultimo caso l’ulteriore requisito della stabile convivenza nell’abitazione da almeno due anni dall’autorizzazione all’ampliamento stabile del nucleo familiare;

che risulterebbe violato anche l’art. 29 della Costituzione, perché l’aver subordinato il diritto al subentro dei familiari nell’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica alla decorrenza di un periodo di convivenza minima con l’assegnatario, in caso di morte di questo ultimo, comporta il pregiudizio delle prerogative costituzionalmente assicurate alla comunità familiare e, in particolare, alle sue esigenze abitative.

che le ordinanze di rimessione sollevano questioni di costituzionalità inerenti alla medesima norma svolgendo censure identiche e, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione;

che la questione è manifestamente infondata;

che il rimettente ritiene assimilabili due posizioni profondamente diverse tra loro: quella di chi deve subentrare nella domanda di assegnazione di un alloggio popolare a quella di chi, invece, deve subentrare nel rapporto locativo già instauratosi;

che tale radicale diversità emerge chiaramente ove si consideri che mentre la fase dell’assegnazione di un alloggio popolare è caratterizzata da una disciplina di tipo concorsuale, volta alla formazione di una graduatoria, tanto che il legislatore regola specificamente le ipotesi di modifica dei requisiti o delle condizioni soggettive e oggettive degli aspiranti nella fase di formazione della graduatoria per ottenere l’assegnazione dell’alloggio, nella successiva fase in cui, perfezionatasi la procedura, si è proceduto all’assegnazione dell’alloggio, sorge, invece, un vero e proprio rapporto locatizio soggetto a regole contrattuali;

che, pertanto, il subentro nella domanda di assegnazione non produce effetti negativi nei confronti degli altri aspiranti che hanno fatto analoga domanda per ottenere un alloggio di edilizia residenziale pubblica, dovendosi ancora perfezionare il momento di verifica delle condizioni oggettive e soggettive che determinano la posizione nella graduatoria, mentre il subentro nel rapporto locativo impedisce che le esigenze abitative della famiglia originariamente assegnataria possano essere bilanciate con quelle di altri nuclei familiari ipoteticamente in possesso di maggiori titoli per accedere all’edilizia residenziale pubblica;

che è nella discrezionalità del legislatore bilanciare le esigenze contrapposte della tutela del nucleo familiare assegnatario dell’alloggio con quelle, altrettanto importanti, degli altri nuclei familiari e, di conseguenza, con l’interesse per l’amministrazione di tornare nella disponibilità del bene per poterlo nuovamente inserire in una procedura concorsuale;

che la disciplina relativa all’ampliamento del nucleo familiare non può che riferirsi alla fase relativa al rapporto locatizio in quanto, prima che il bene sia concesso in locazione, le modifiche del nucleo familiare incidono sull’assegnazione stessa del bene;

che è del tutto ragionevole, che alla morte dell’assegnatario, nella sola ipotesi di ampliamento del nucleo familiare, il nuovo componente autorizzato all’ampliamento acquisisca il diritto al subentro – come forma di garanzia per evitare il rischio di abusi – solo dopo che sia trascorso un determinato lasso di tempo dall'autorizzazione rilasciata dall'Ente gestore;

che, riguardo all’ulteriore argomentazione relativa al possibile verificarsi del caso del familiare il quale, entrato a far parte del nucleo familiare, a seguito di ampliamento, da meno di due anni dalla morte del congiunto, sia pretermesso nel diritto al subentro da un estraneo convivente con questo da più di un biennio, va osservato che l’ipotesi descritta, frutto di una dubbia interpretazione dell’art. 43, comma 1, della legge Regione Marche n. 44 del 1997, che sembrerebbe, invece, riferire al solo convivente more uxorio l’individuazione dei soggetti estranei alla famiglia parentale aventi diritto al subentro, non può, comunque, essere presa in considerazione in questa sede in quanto estranea alla vicenda processuale di cui ai giudizi a quibus.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 43, comma 5, della legge regionale delle Marche 22 luglio 1997, n. 44 (Norme in materia di assegnazione, gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e riordino del Consiglio di Amministrazione degli Istituti autonomi per le case popolari della Regione), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale delle Marche con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2008.