Ordinanza n. 394 del 2007

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ORDINANZA N. 394

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                BILE                                      Presidente

- Giovanni Maria   FLICK                                      Giudice     

- Francesco           AMIRANTE                                   “

- Ugo                    DE SIERVO                                   “

- Paolo                  MADDALENA                              “

- Alfio                  FINOCCHIARO                            “

- Alfonso              QUARANTA                                  “

- Franco                GALLO                                          “

- Luigi                  MAZZELLA                                   “

- Gaetano              SILVESTRI                                    “

- Sabino                      CASSESE                                                   “

- Maria Rita          SAULLE                                        “

- Giuseppe            TESAURO                                     “

- Paolo Maria        NAPOLITANO                               “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 5 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito con modificazioni dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, promosso con ordinanza del 7 giugno 2006 dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna sul ricorso proposto da Bombo Due di Donadello Luciana & C. s.n.c. contro l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Bologna iscritta al n. 614 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2007.

         Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

         udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 2007 il Giudice relatore Ugo De Siervo.

Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Bologna – nel corso di un giudizio di impugnazione della cartella di pagamento, emessa dall’Agenzia delle entrate di Bologna, relativa a sanzioni pecuniarie comminate alla società Bombo Due di Donadello Luciana & C. s.n.c. per l’impiego di lavoratori irregolari – con ordinanza in data 7 giugno 2006, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 5, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, in riferimento all’art. 3 della Costituzione;

che il rimettente, accogliendo l’eccezione prospettata dalla società ricorrente, osserva come l’art. 3, comma 5, del citato decreto ha riservato all’Agenzia delle entrate il potere di irrogazione della sanzione amministrativa conseguente all’utilizzo di lavoratori irregolari, così attribuendo «inopportunamente e senza una valida giustificazione di carattere sistematico» ad un organo tributario una competenza che esulerebbe da quella sua specifica, «posto che la determinazione dell’entità della sanzione amministrativa e l’irrogazione della medesima va commisurata […] al costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi di categoria», così incidendo in una sfera propria degli enti previdenziali;

che, tuttavia, ad avviso della Commissione, la disposizione censurata non individuerebbe il soggetto competente a riscuotere coattivamente la sanzione irrogata dall’Agenzia delle entrate, non potendo tale potere ritenersi compreso in quello, diverso ed espressamente attribuito, di constatazione della violazione e di irrogazione della sanzione;

che, infatti, il richiamo, contenuto nell’art. 3, comma 5, del decreto-legge n. 12 del 2002 alle disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della L. 23 dicembre 1996, n. 662), dovrebbe intendersi riferito al solo procedimento di irrogazione della sanzione e non anche a quello di riscossione, non essendo sufficiente, a tal fine, «il solo e generico richiamo» al citato decreto;

che, d’altra parte, l’art. 24 del d.lgs. n. 472 del 1997, il quale dispone che per la riscossione della sanzione si applicano le disposizioni sulla riscossione dei tributi cui la violazione si riferisce, non potrebbe trovare applicazione nel caso in esame nel quale la sanzione non è connessa alla violazione di disposizioni tributarie né all’accertamento o alla riscossione di tributi;

che l’applicazione analogica o estensiva dell’art. 24 richiamato, ad avviso del rimettente, non sarebbe possibile dal momento che tale disposizione imporrebbe al contribuente un sacrificio economico e dunque sarebbe di stretta interpretazione;

che, pertanto, secondo il giudice a quo, il procedimento di riscossione posto in essere dall’Agenzia delle entrate sarebbe illegittimo a causa del difetto di legittimazione della stessa;

che, quanto alle modalità della riscossione della sanzione, ai sensi dell’art. 17, comma 1, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’articolo 1 della L. 28 settembre 1998, n. 337), essa potrebbe avvenire «senz’altro […] a mezzo ruolo», il quale costituirebbe la modalità secondo cui si procede alla riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi;

che il giudice a quo ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 5, del decreto-legge n. 12 del 2002 nella parte in cui omette di individuare e di disciplinare la legittimazione soggettiva a riscuotere e le modalità della riscossione coattiva della sanzione irrogata dall’Agenzia delle entrate, con la conseguenza che la sanzione potrebbe essere irrogata ma non riscossa «con conseguente inutilità dello stesso procedimento di irrogazione»;

che, in ordine alla rilevanza della questione, la Commissione tributaria osserva come la decisione della Corte, sia in caso di accoglimento che di rigetto, sarebbe «destinata a risolvere il dubbio in ordine alla titolarità del potere di riscossione della sanzione e alla legittimazione in capo alla Agenzia delle entrate alla relativa iscrizione a ruolo»;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale ha chiesto, preliminarmente, che venga disposta la restituzione degli atti al rimettente affinché valuti la perdurante rilevanza della questione alla luce del sopravvenuto decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, il quale, oltre a modificare completamente la sanzione prevista per l’utilizzo di lavoratori irregolari, dispone che all’irrogazione di tale sanzione provvede la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente;

         che l’Avvocatura, inoltre, ha eccepito l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sotto molteplici profili: essa sarebbe formulata in termini dubitativi; non si comprenderebbe l’esatto contenuto della norma censurata, né le ragioni per cui non sarebbe possibile una lettura costituzionalmente orientata della stessa, né sotto quale profilo sarebbe dedotta la violazione dell’art. 3 Cost.; la motivazione in ordine alla rilevanza della questione sarebbe, infine, meramente apparente;

         che, nel merito, la questione sarebbe infondata dal momento che rientrerebbe nella discrezionalità del legislatore, esercitata in modo non irrazionale, determinare le modalità di recupero della sanzione.

Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Bologna dubita, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 5, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, nella parte in cui omette di individuare e di disciplinare la legittimazione soggettiva a riscuotere e le modalità della riscossione coattiva della sanzione per l’utilizzo di lavoratori irregolari irrogata dall’Agenzia delle entrate;

         che il rimettente, nel prospettare la questione, non ha argomentato con riguardo alla sussistenza della propria giurisdizione in ordine alla controversia sottoposta al suo esame, nonostante che in giurisprudenza e in dottrina siano emersi orientamenti non univoci in relazione alla riconducibilità alla giurisdizione tributaria delle controversie in esame;

che, infatti, secondo un indirizzo giurisprudenziale, poiché la disposizione citata stabilisce che competente ad irrogare la sanzione per l’impiego di lavoratori irregolari è l’Agenzia delle entrate, le relative controversie apparterrebbero al giudice tributario il quale, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della L. 30 dicembre 1991, n. 413), conosce tutte le controversie concernenti «le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari»;

che un opposto orientamento esclude la sussistenza della giurisdizione tributaria dal momento che – secondo quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 144 del 1998 – presupposto necessario affinché la previsione della giurisdizione tributaria possa ritenersi conforme a Costituzione (art. 102, secondo comma) sarebbe che la cognizione attenga a controversie connesse a tributi, mentre la sanzione di cui all’art. 3 del decreto-legge n. 12 del 2002 avrebbe solo indirettamente valenza tributaria, concernendo, invece, in via diretta l’elusione degli oneri contributivi e la violazione di norme previdenziali;

che al riguardo questa Corte, nell’ordinanza n. 34 del 2006 – nel dichiarare la manifesta inammissibilità di questioni concernenti l’art. 3 del decreto-legge n. 12 del 2002, con le quali si censurava l’attribuzione al giudice tributario della giurisdizione sugli atti di irrogazione delle sanzioni per l’impiego di lavoratori irregolari – ha ritenuto che i giudici rimettenti avessero omesso di valorizzare «la natura tributaria del rapporto cui deve ritenersi inscindibilmente collegata la giurisdizione del giudice tributario, rimanendo ancorati al solo dato formale e soggettivo, relativo all'ufficio competente ad irrogare la sanzione, venendo meno, quindi, al doveroso tentativo di verificare la possibilità di seguire una diversa interpretazione conforme a Costituzione» (si vedano, altresì, le ordinanze n. 94 e n. 35 del 2006);

che, dunque, l’esistenza di orientamenti diversi rendeva necessario che il rimettente motivasse espressamente sulla sussistenza della propria giurisdizione nella controversia sottoposta al suo esame, di tal che la mancanza di ogni argomentazione al riguardo si risolve in un difetto di motivazione in punto di rilevanza della questione;

che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito con modificazioni dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 novembre 2007.