Ordinanza n. 312 del 2007

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ORDINANZA N. 312

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                                  BILE                                  Presidente

- Giovanni Maria                    FLICK                                  Giudice

- Francesco                             AMIRANTE                               "

- Ugo                                      DE SIERVO                               "

- Paolo                                    MADDALENA                          "

- Alfio                                     FINOCCHIARO                        "

- Alfonso                                QUARANTA                             "

- Franco                                  GALLO                                      "

- Luigi                                     MAZZELLA                              "

- Gaetano                                SILVESTRI                                "

- Sabino                                  CASSESE                                   "

- Maria Rita                            SAULLE                                    "

- Giuseppe                              TESAURO                                 "

- Paolo Maria                          NAPOLITANO                          "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2-bis, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 (Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione), aggiunto dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168, promosso, con ordinanza del 28 luglio 2006, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana sull’appello proposto dal Ministero della Giustizia ed altra contro Enrico Nicolò Buscemi, iscritta al n. 3 del registro ordinanze del 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 luglio 2007 il Giudice relatore Sabino Cassese.

Ritenuto che, con l’ordinanza in epigrafe, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 25, 111 e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2-bis, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 (Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione), aggiunto dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168;

che, in base alla norma censurata, «Conseguono ad ogni effetto l’abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l’ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela»;

che la questione è stata sollevata nel corso del giudizio d’appello promosso dal Ministero della giustizia e dalla Commissione per gli esami di avvocato presso la Corte d’appello di Catania avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia-Sezione di Catania 23 luglio 2004, che ha dichiarato improcedibile, per intervenuta cessazione della materia del contendere, il ricorso di Enrico Nicolò Buscemi, volto ad ottenere l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento di non ammissione alla prova orale degli esami di avvocato nella sessione dell’anno 2002;

che l’efficacia di tale provvedimento era stata, in precedenza, sospesa con ordinanza del Tribunale amministrativo regionale della Calabria 16 luglio 2003, cui avevano fatto seguito la rivalutazione delle prove scritte ad opera della Commissione esaminatrice e l’ammissione alla prova orale, poi sostenuta con esito positivo;

che, successivamente all’ordinanza del TAR Calabria 16 luglio 2003, l’Avvocatura dello Stato aveva proposto regolamento di competenza e che, su accordo delle parti, gli atti del giudizio erano stati trasmessi al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia-Sezione di Catania;

che il Consiglio di Stato, con ordinanza 18 novembre 2003, aveva accolto l’appello, proposto dal Ministero della giustizia e dalla Commissione esaminatrice, contro l’ordinanza cautelare del TAR Calabria 16 luglio 2003, «con conseguente caducazione di tutti gli atti» adottati dalla Commissione in seguito ad essa;

che il Consiglio di giustizia amministrativa, escluso che l’ammissione alla prova orale e il suo superamento abbiano determinato – come invece ritenuto dalla menzionata sentenza del TAR Sicilia-Sezione di Catania – la cessazione della materia del contendere, ha, tuttavia, rilevato una causa di improcedibilità nella circostanza che, durante il giudizio, è entrato in vigore il menzionato art. 4, comma 2-bis, del decreto-legge n. 115 del 2005, il quale impone al collegio – secondo il remittente – di prendere atto che il candidato, ammesso alle prove orali – poi superate positivamente – dopo la rivalutazione delle prove scritte seguita all’ordinanza cautelare del TAR Calabria, ha ormai conseguito «ad ogni effetto» l’abilitazione professionale; donde l’impedimento ad emettere una pronuncia nel merito dell’appello, in quanto l’effetto provvisorio del provvedimento cautelare si sarebbe definitivamente consolidato, derivandone – appunto – l’improcedibilità dell’appello per cessazione della materia del contendere;

che, pertanto, secondo il giudice remittente, la questione sollevata sarebbe rilevante ai fini della pronuncia sul merito della controversia;

che, secondo il giudice remittente, sarebbero violati:

l’art. 3 Cost., poiché la norma, non rispettando i principi del giusto processo (per i quali – fra l’altro – le parti hanno il diritto di agire e di difendersi in ogni stato e grado del giudizio, il giudice deve giudicare nel contraddittorio delle parti e il processo deve comprendere le impugnazioni), viola l’interesse dell’amministrazione che ha indetto il concorso o la sessione d’esame a far sì che la misura cautelare conservi il suo carattere strumentale rispetto alla decisione di merito, mentre la norma censurata rende avulsa la misura cautelare dal giudizio di merito; inoltre, la norma, consolidando gli effetti prodotti dall’ordinanza cautelare favorevole all’interessato, si pone in contrasto con il dovere dell’amministrazione di tutelare la par condicio degli esaminandi;

gli artt. 24 e 111 Cost., che garantiscono il diritto al contraddittorio e la sua effettività, anche nelle situazioni in cui si tratta di contemperare questa garanzia con le esigenze di celerità del processo; il che può avvenire solo attraverso lo schema del processo complessivamente considerato (quindi, comprensivo della fase cautelare e della fase di merito), laddove la norma denunciata introduce un modello di processo nel quale viene attribuita efficacia di giudicato all’esito di un giudizio che non è neppure a cognizione piena; al riguardo, non a caso la Corte costituzionale (sentenza n. 427 del 1999) – nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, commi 2 e 3, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67 (Disposizioni urgenti per favorire l’occupazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, nella parte in cui dispone che il giudice amministrativo può decidere immediatamente la controversia, ancorché sia stato chiamato a pronunciarsi su di una domanda cautelare – ha ritenuto che la finalità di accelerare lo svolgimento dei processi amministrativi non pregiudica il rispetto di precise regole (quali l’integrità del contraddittorio, la completezza delle prove, gli adempimenti processuali per la tutela del diritto di difesa di tutte le parti), che postulano un’effettiva e completa tutela giurisdizionale; il tutto, ferma restando l’appellabilità della decisione;

l’art. 25 Cost., in quanto la rivalutazione delle prove scritte è avvenuta per effetto di una decisione cautelare emessa da un giudice (il TAR Calabria) che le stesse parti hanno riconosciuto incompetente;

gli artt. 24, 111 e 113 Cost., in quanto la decisione cautelare favorevole al candidato diviene sostanzialmente inimpugnabile una volta che egli abbia superato le prove concorsuali scritte e orali, con ciò verificandosi, da un lato, che un’ordinanza di sospensiva produce effetti definitivi e irreversibili e, dall’altro lato, che la parte interessata perde la possibilità di ottenere il riesame della decisione cautelare, ogni qualvolta la rivalutazione con esito positivo delle prove scritte si concluda – com’è nella normalità dei casi – prima della decisione sull’appello avverso l’ordinanza cautelare (e, ovviamente, prima della celebrazione del giudizio di merito, talché viene meno anche la possibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., il quale non è ammesso contro decisioni a carattere strumentale e interinale);

gli artt. 111 e 113 Cost. sulla garanzia del doppio grado di giurisdizione, anche in violazione dei principi comunitari relativi alla qualità e all’efficacia della tutela giurisdizionale nell’ordinamento comunitario (viene richiamata la sentenza della Corte di giustizia CE, 17 dicembre 1998, n. 185, nella causa C-185/95P);

che si è costituito, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il Ministro della giustizia, il quale ha contestato tutte le censure di illegittimità costituzionale formulate nell’ordinanza di rimessione, chiedendo che la Corte ne dichiari l’infondatezza.

Considerato che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana si incentra sull’art. 4, comma 2-bis, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 (Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione), aggiunto dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168, nella parte in cui prevede che un provvedimento giurisdizionale, anche di natura cautelare, dal quale derivi l’obbligo per l’amministrazione di rivalutare le prove scritte sostenute da un candidato ad esami di Stato per l’abilitazione professionale, sia sufficiente a rendere irreversibile l’esito finale dell’esame (e, quindi, il conseguimento dell’abilitazione professionale), una volta che il candidato abbia positivamente superato le prove orali; con ciò impedendo ogni ulteriore accertamento giudiziale sul merito della pretesa fatta valere dal candidato in sede cautelare e, perciò, attribuendo al provvedimento cautelare il valore di un accertamento definitivo circa l’esito della prova scritta sostenuta dall’interessato;

che la questione è insorta nel corso del giudizio d’appello avverso una sentenza che ha dichiarato improcedibile, per intervenuta cessazione della materia del contendere, il ricorso di un candidato agli esami di avvocato nella sessione dell’anno 2002, volto ad ottenere l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento di non ammissione alla prova orale degli esami stessi;

che la questione è stata sollevata sul presupposto che, in esito agli atti compiuti dalla Commissione esaminatrice a seguito dell’ordinanza cautelare del TAR Calabria 16 luglio 2003, il candidato abbia senz’altro superato la prova orale degli esami e che la disposizione censurata abbia reso, ormai, irreversibile l’esito positivo della prova;

che la questione è manifestamente inammissibile;

che, infatti, il giudice remittente non ha considerato che l’ordinanza del Consiglio di Stato 18 novembre 2003, nel respingere – in accoglimento dell’appello avverso la menzionata ordinanza del TAR Calabria 16 luglio 2003 – la domanda cautelare dell’interessato e nel dichiarare la «conseguente caducazione di tutti gli atti» adottati in esecuzione di detta ordinanza del TAR Calabria, ha fatto venir meno gli effetti prodotti da tali atti e, cioè, il superamento delle prove scritte, l’ammissione del candidato alla prova orale e il superamento di questa;

che lo stesso giudice remittente ha escluso che gli atti compiuti dalla Commissione esaminatrice siano andati oltre la necessaria conformazione all’ordinanza cautelare del TAR Calabria, talché le operazioni della Commissione – dalla rinnovata valutazione, con esito positivo, delle prove scritte alla valutazione positiva della prova orale – non hanno acquisito «autonoma valenza sostanziale» e non possono considerarsi «come un quid pluris rispetto alla doverosa esecuzione» del provvedimento cautelare;

che, pertanto, la situazione che si prospetta al giudice a quo è quella, precedente all’ordinanza cautelare del TAR Calabria 16 luglio 2003, nella quale il candidato è stato escluso, dopo la valutazione delle prove scritte, dall’ammissione alla prova orale;

che, in presenza di tale situazione, il giudice remittente non è chiamato ad applicare la disposizione censurata, atteso che la caducazione dell’ordinanza del TAR Calabria 16 luglio 2003, nonché degli atti ad essa conseguenti e dei loro effetti, ha cancellato i presupposti (la rivalutazione delle prove scritte effettuata dalla Commissione d’esame, la successiva ammissione del candidato alla prova orale e il superamento di questa) per l’applicazione della disposizione censurata.

Per questi motivi

La Corte costituzionale

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2-bis, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 (Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione), aggiunto dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 111 e 113 Cost., dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2007.