Sentenza n. 257 del 2007

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SENTENZA N. 257

ANNO 2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Franco                    BILE                                                   Presidente

-    Giovanni Maria      FLICK                                                  Giudice

-    Francesco               AMIRANTE                                              ”

-    Ugo                        DE SIERVO                                              ”

-    Paolo                      MADDALENA                                         ”

-    Alfio                      FINOCCHIARO                                       ”

-    Alfonso                  QUARANTA                                             ”

-    Franco                    GALLO                                                      ”

-    Luigi                      MAZZELLA                                              ”

-    Gaetano                 SILVESTRI                                               ”

-    Sabino                    CASSESE                                                  ”

-    Maria Rita              SAULLE                                                    ”

-    Giuseppe                TESAURO                                                 ”

-    Paolo Maria            NAPOLITANO                                         ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, della legge della Regione Puglia 7 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2003 e bilancio pluriennale 2003-2005 della Regione Puglia), promossi con ordinanze del 19 e del 26 settembre 2005 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, rispettivamente iscritte ai numeri 565 e 566 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2005.

Visti gli atti di costituzione del Centro di analisi E4 s.r.l., del Laboratorio di analisi dott. Valentino ed altri, della Regione Puglia, della Azienda unità sanitaria locale Lecce 1, nonché l’atto di intervento, fuori termine, della Federlab Italia;

udito nell’udienza pubblica del 19 giugno 2007 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi gli avvocati Arturo Umberto Meo per la Federlab Italia, Maria Cristina Lenoci e Fabrizio Lofoco per il Centro di analisi E4 s.r.l., Gianluigi Pellegrino e Ernesto Sticchi Damiani per il Laboratorio di analisi dott. Valentino ed altri, Stefano Rossi per la Azienda unità sanitaria locale Lecce 1 e l’avvocato Antonello Lirosi per la Regione Puglia.

Ritenuto in fatto

1.— Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, con due ordinanze (r.o. numeri 565 e 566 del 2005) di analogo contenuto, ciascuna delle quali emessa in un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione da parte di strutture sanitarie private – provvisoriamente accreditate con il Servizio sanitario nazionale per l’erogazione, con oneri a carico del Fondo sanitario regionale, di alcune prestazioni – degli atti e dei provvedimenti con i quali la Regione Puglia e le competenti Aziende unità sanitaria locali avevano proceduto alla determinazione, per l’anno 2003, del tetto di spesa relativo alle prestazioni sanitarie rese, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, dell’art. 30, comma 4, della legge della Regione Puglia 7 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2003 e bilancio pluriennale 2003-2005 della Regione Puglia).

2.— Il rimettente premette di aver già sottoposto al vaglio di costituzionalità il suddetto comma 4 dell’art. 30, secondo il quale «a norma dell’articolo 8-quinquies, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 502 del 1992, ove le strutture pubbliche e private abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998, e il relativo limite di spesa a carico del servizio sanitario regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni tariffarie fissate dalla Giunta regionale».

Ricorda, quindi, come la relativa questione sia stata decisa dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 111 del 2005, nella quale il Giudice delle leggi ha individuato due distinti profili di censura: «il primo attiene alla ingiustificata disparità di trattamento che la norma regionale impugnata avrebbe creato tra le strutture accreditate di sanità privata e quelle di sanità pubblica, quale si desumerebbe, in particolare, dal differente modo in cui le une e le altre sono finanziate. Il secondo concerne, specificamente, il riferimento all’anno 1998 ai fini della quantificazione, per l’anno 2003 (nel corso del quale le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale sono state erogate), del c.d. “tetto montante”, ignorando così l’effettivo andamento della domanda di prestazioni sanitarie proveniente dall’utenza nel periodo intercorso tra le due annualità indicate».

La Corte costituzionale ha esaminato partitamene i suddetti profili, e ha dichiarato la questione in parte inammissibile e in parte non fondata.

Ed infatti, da un lato, la disposizione denunciata, atteso il suo contestuale e specifico riferimento, unitario e indistinto, sia al settore pubblico che a quello privato, è stata ritenuta non operare alcuna discriminazione tra gli stessi, sicché la disposizione, di per sé considerata, è risultata non in contrasto con gli invocati parametri costituzionali degli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione. Dall’altro, il riferimento – contenuto nella norma in questione – ai volumi di prestazioni e ai limiti di spesa è stata ritenuta il frutto di una scelta discrezionale, di politica sanitaria e di contenimento della spesa, del legislatore regionale, la quale, tenuto conto della ristrettezza delle risorse finanziarie dirette a soddisfare le esigenze del settore, non è risultata viziata da intrinseca irragionevolezza.

3.— Tanto premesso, il TAR, in entrambe le ordinanze di rimessione, pur affermando di tenere ferme le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte costituzionale, ritiene che sussistano ulteriori profili di illegittimità del citato art. 30, comma 4, da sottoporre alla Corte medesima.

4.— Il giudice a quo deduce come, proprio sulla base del richiamato insegnamento della Corte, l’art. 30, comma 4, della citata legge regionale n. 4 del 2003 appaia confliggere con i princípi fondamentali fissati dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e quindi con l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto, pur prevedendo un limite globale e individuale (per ogni struttura) di spesa, non impone alle amministrazioni competenti di procedere ad una valutazione e ad una comparazione dei costi e della qualità delle prestazioni erogate dalle varie strutture sanitarie, nonché al monitoraggio del flusso della domanda, prima di procedere alla ripartizione delle risorse finanziarie stanziate nel Fondo sanitario regionale.

Il Tribunale, quindi, pur non dubitando del fatto che la programmazione regionale in materia debba tenere conto dell’entità delle risorse finanziarie, afferma, tuttavia, che l’aver determinato il tetto di spesa per il 2003, per ogni struttura, con riferimento al solo dato storico del 1998, cristallizzerebbe in modo irragionevole la situazione di mercato, laddove una corretta ed efficiente gestione delle risorse finanziarie imporrebbe di acquisire le prestazioni dalle strutture più efficienti, che dimostrano di incontrare il favore dell’utenza erogando prestazioni di migliore qualità ed a costi minori. Ciò darebbe luogo, altresì, alla violazione dei princípi del buon andamento della pubblica amministrazione e di uguaglianza.

5.— Ė, altresì, prospettata, in relazione all’art. 117, terzo comma, Cost., la violazione dei princípi fondamentali stabiliti dall’art. 8-quinquies, comma 2, del suddetto d.lgs. n. 502 del 1992, che imporrebbe alle amministrazioni competenti di procedere ad una valutazione comparativa dei costi e della qualità prima di fissare il volume di prestazioni che ogni Azienda unità sanitaria locale intende acquistare dalle strutture presenti nell’ambito del territorio di competenza, al fine, ad esempio, di fissare un tetto montante superiore o inferiore rispetto al valore attuale delle prestazioni rese nel 1998.

6.— In data 6 dicembre 2005 ha depositato atto di costituzione il Centro di analisi E4 s.r.l, parte ricorrente del giudizio a quo di cui all’ordinanza n. 565 del 2005, che ha rinviato l’articolazione delle prospettazioni difensive a una successiva memoria.

7.— Il successivo 19 dicembre è intervenuta, in entrambi i giudizi, con distinte memorie, contenenti analoghe deduzioni difensive, la Regione Puglia.

La Regione ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata e ha esposto le seguenti argomentazioni.

8.— In via preliminare, la difesa della Regione, dopo aver ricapitolato il quadro normativo di riferimento, ha eccepito l’inammissibilità della questione sollevata dal TAR Puglia. Ciò in quanto le ordinanze di rimessione sarebbero carenti in punto di motivazione sulla rilevanza, limitandosi a richiamare il giudizio di costituzionalità che già ha riguardato l’art. 30, comma 4, della legge reg. n. 4 del 2003.

Inammissibile sarebbe anche la censura prospettata in riferimento all’art. 3 della Costituzione, in quanto non risulta chiaro chi sarebbe favorito dall’applicazione della norma denunciata.

Sussisterebbe, infine, carenza di interesse da parte delle strutture sanitarie ricorrenti nei giudizi a quibus, in quanto dall’esame delle precedenti ordinanze di rimessione risulterebbe che per il 1998 la capacità produttiva delle strutture private si è potuta esplicare senza limiti.

Nel merito, la Regione Puglia ritiene la questione priva di fondamento in ragione della legittimità dei limiti posti alla spesa sanitaria con riferimento a quella sostenuta in esercizi precedenti, frutto di una scelta discrezionale del legislatore di politica sanitaria e di contenimento della spesa, non viziata da intrinseca irragionevolezza.

Né sussisterebbe la violazione dei princípi fondamentali di cui all’art. 8-quinquies del d.lgs. 502 del 1992, dal momento che l’attività della Regione, nella determinazione del tetto di prestazioni rimborsabili in capo ai singoli operatori, non sarebbe affatto disancorata dalla valutazione comparativa della qualità e dei costi.

In proposito, la Regione richiama l’art. 25 della legge della Regione Puglia 22 dicembre 2000, n. 28 (Variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2000), il quale stabilisce, al comma 1, che «a norma del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni di cui agli articoli 8-quater, quinquies e sexies del decreto legislativo n. 229 del 1999, i limiti di remunerazione per le prestazioni interessanti l’assistenza specialistica e ospedaliera erogate da soggetti privati provvisoriamente accreditati sono determinati, di norma annualmente, nell’ambito del documento di indirizzo economico-funzionale che costituisce atto di indirizzo, coordinamento e programmazione in materia sanitaria della Regione Puglia», e, al comma 2, che «nell’ambito delle linee e dei limiti fissati dalla programmazione regionale, a norma dell’articolo 8-quinquies del decreto legislativo n. 229 del 1999, alle Aziende sanitarie territoriali compete l’individuazione dei soggetti interessati tra quelli di cui al comma 1 del presente articolo, l’individuazione delle funzioni e delle attività da potenziare, e depotenziare, la definizione dei volumi, della tipologia e delle modalità di erogazione delle prestazioni richieste, gli accordi contrattuali con detti soggetti e la verifica del loro rispetto anche in materia di appropriatezza delle prestazioni erogate».

Dette disposizioni, quindi, integrerebbero necessariamente il contenuto precettivo della norma censurata, mettendo in luce la non fondatezza della relativa questione di costituzionalità.

Infine, la Regione espone come per effetto dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), sia venuto meno il potere statale di adottare atti di indirizzo e di coordinamento nella materia sanitaria.

Infine, ad avviso della Regione, il citato art. 8-quinquies, nell’affermare che la Regione e l’Azienda unità sanitaria locale, «anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi», stipulano gli accordi contrattuali con i centri accreditati, non costituirebbe principio generale della legislazione statale, ma avrebbe mero valore procedimentale.

9.— In data 19 dicembre 2005 si è anche costituita in giudizio la Azienda unità sanitaria locale Lecce 1 (r.o. n. 566 del 2005), la quale ha chiesto dichiararsi la inammissibilità o la non fondatezza della questione.

In via preliminare, la parte costituita deduce alcuni profili di inammissibilità e, in particolare, l’irrilevanza della questione, in quanto, ai sensi dell’art. 25 della legge regionale n. 28 del 2000, sussisterebbe la competenza della AUSL a determinare i tetti di spesa e – nel caso in cui la norma denunciata fosse dichiarata costituzionalmente illegittima – la AUSL non potrebbe adottare atti con contenuto diverso da quelli impugnati dinanzi al giudice amministrativo.

Richiama, altresì, a sostegno del difetto di rilevanza, il documento di indirizzo economico-funzionale del Servizio sanitario regionale per il 2003 e triennale 2003-2005, approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 1326 del 4 settembre 2003, di cui il provvedimento di determinazione del tetto di spesa costituirebbe mera applicazione.

La questione sarebbe, inoltre, inammissibile, in quanto la norma impugnata sarebbe già stata sottoposta, con analoghe censure, al vaglio della Corte costituzionale, e l’ordinanza non sarebbe motivata in modo sufficiente in ordine alla non manifesta infondatezza.

Nel merito, la AUSL Lecce 1 ritiene la questione non fondata, rilevando, da un lato, come, alla luce della legislazione vigente, l’accreditamento abbia perso l’ordinaria connotazione, diventando il risultato di una complessa attività programmatoria condizionata dai limiti di budget; dall’altro, che i tetti di spesa sarebbero in via di principio legittimi date le insopprimibili esigenze di equilibrio finanziario e di razionalizzazione della spesa pubblica.

10.— Si sono costituiti in giudizio (r.o. n. 566 del 2005) anche il Laboratorio di analisi dott. Valentino ed altre analoghe strutture, deducendo la illegittimità costituzionale della norma impugnata.

Ad avviso delle parti private, questa violerebbe i princípi fondamentali di cui al d.lgs. n. 502 del 1992 e darebbe luogo alla lesione degli artt. 3 e 97 Cost., per la disparità di trattamento illegittimamente determinatasi a fronte della aprioristica attribuzione di risorse economiche alle singole strutture a prescindere da una verifica del reale andamento della domanda dalle stesse registrata, dei relativi costi sostenuti e dalla qualità delle prestazioni erogate.

11.— In prossimità dell’udienza pubblica ha depositato memoria il Centro di analisi E4 s.r.l.

La suddetta parte privata aderisce alle censure formulate dal giudice rimettente in relazione agli evocati parametri costituzionali.

12.— Anche il Laboratorio di analisi dott. Valentino ed altre analoghe strutture, in prossimità dell’udienza pubblica, hanno depositato memoria, con la quale ribadiscono le osservazioni già svolte.

13.— In data 5 giugno 2007 la Regione Puglia, a sua volta, ha depositato memorie contenenti analoghe prospettazioni difensive. La Regione ribadisce le difese già prospettate sostenendo, in via preliminare, l’inammissibilità della questione sia per carente e insufficiente motivazione, sia per la mera riproposizione delle argomentazioni precedentemente sottoposte all’esame della Corte, e, nel merito, l’infondatezza della questione stessa. In particolare, la difesa regionale ha ribadito che la determinazione del tetto delle prestazioni rimborsabili in capo ai singoli operatori non è disancorata dalla valutazione comparativa della qualità e dei costi in ragione del già richiamato art. 25 della legge regionale n. 28 del 2000, il cui contenuto precettivo integra quello della norma ora impugnata.

14.— In data 6 giugno 2007 ha depositato, fuori termine, atto di intervento (r.o. n. 566 del 2005) la Federlab Italia.

Considerato in diritto

1.— Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, con le due ordinanze indicate in epigrafe, aventi analogo contenuto, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, dell’art. 30, comma 4, della legge della Regione Puglia 7 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2003 e bilancio pluriennale 2003-2005 della Regione Puglia).

2.— La disposizione impugnata stabilisce che «a norma dell’articolo 8-quinquies, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 502 del 1992, ove le strutture pubbliche e private abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998, e il relativo limite di spesa a carico del servizio sanitario regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni tariffarie fissate dalla Giunta regionale».

3.— Il rimettente premette di aver già sottoposto, nell’ambito di analoghi giudizi, al vaglio di costituzionalità la suddetta disposizione e che la relativa questione è stata ritenuta in parte inammissibile e in parte non fondata da questa Corte con la sentenza n. 111 del 2005.

Tuttavia, pur tenendo ferme le conclusioni cui è pervenuta la Consulta, il giudice a quo ritiene che sussistano ulteriori profili di illegittimità della disposizione stessa, che è stata quindi sottoposta nuovamente all’esame di questa Corte.

4.— In via preliminare, deve esser disposta la riunione dei due giudizi, ai fini di un’unica pronuncia, in ragione della identità delle questioni rimesse all’esame di questa Corte.

5.— Ancora in via preliminare, deve essere ribadita, per i motivi esposti nella ordinanza letta in udienza, l’inammissibilità dell’intervento della Federlab Italia, per tardività.

6.— Va, altresì, rilevato che non possono essere accolte le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Regione Puglia e dalla Azienda unità sanitaria locale Lecce 1 sotto i profili della carenza di motivazione in ordine alla rilevanza della questione, nonché della insufficiente motivazione sulla non manifesta infondatezza, in quanto dall’esame delle ordinanze di rimessione emerge con sufficiente chiarezza l’oggetto del giudizio.

7.— La norma impugnata, ad avviso del rimettente, nello stabilire un limite di spesa al tempo stesso globale ed individuale (per ogni struttura) pari al valore attuale delle prestazioni rese nel 1998, con riferimento all’anno 2003, senza prevedere «un sistema (oggettivo e trasparente) in base al quale sia possibile verificare se la ripartizione delle risorse finanziarie è fatta in maniera efficiente (pur nei limiti delle disponibilità di bilancio)», sarebbe in contrasto con i princípi fondamentali stabiliti dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.

L’aver assunto come base per la determinazione del tetto di spesa stabilito per il 2003, per ogni struttura pubblica o privata, solo il dato storico riferito al 1998, senza prevedere alcuna valutazione né dei costi né del flusso della domanda, cristallizzerebbe la situazione di mercato e determinerebbe, di conseguenza, la lesione dei princípi di ragionevolezza, di buon andamento della pubblica amministrazione e di uguaglianza.

7.1.— Il TAR ritiene, inoltre, sempre in relazione al parametro costituzionale di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., che risulterebbero lesi i princípi fondamentali fissati dalla legislazione statale con l’art. 8-quinquies, comma 2, del suddetto d.lgs. n. 502 del 1992, nella parte in cui esso stabilisce che le amministrazioni competenti devono procedere ad una valutazione comparativa dei costi e della qualità dei servizi prima della fissazione del volume di prestazioni che ogni AUSL intenda acquistare dalle strutture presenti nell’ambito territoriale di rispettiva competenza.

8.— Il rimettente prospetta, quindi, profili di illegittimità costituzionale soltanto in parte diversi da quelli già esaminati con la sentenza n. 111 del 2005.

Il TAR infatti, da un lato, deduce l’illegittimità costituzionale della norma regionale in questione, in ragione della fissazione di un limite di spesa individuale, per ogni struttura pubblica o privata, senza un sistema di verifica della ripartizione delle risorse, anche in ragione di qualità e costi delle prestazioni. In tal modo, il rimettente ripropone, in forma apparentemente diversa – invocando i princípi fondamentali di cui al d.lgs. n. 502 del 1992 in relazione all’art. 117, terzo comma, Cost., la cui irragionevole violazione si riverbererebbe sul buon andamento della pubblica amministrazione e sul principio di uguaglianza – le stesse censure già articolate nel precedente giudizio di costituzionalità, conclusosi con la sentenza n. 111 del 2005.

Dall’altro, il giudice a quo denuncia un ulteriore profilo di incostituzionalità, e cioè la lesione dei princípi fondamentali stabiliti dall’art. 8-quinquies, comma 2, del medesimo decreto legislativo, che impongono alle amministrazioni competenti di procedere ad una valutazione di meritevolezza comparativa.

In proposito, questa Corte osserva che, effettivamente, la censura da ultimo richiamata si presenta con caratteri di diversità, e quindi di novità, rispetto a quelle in precedenza prospettate.

 9.— Tanto premesso, in relazione al merito, la questione di costituzionalità deve esser dichiarata manifestamente infondata con riguardo alle censure che, come si è accennato, ripropongono profili di incostituzionalità già sottoposti al vaglio di questa Corte.

Ciò a prescindere dal fatto che il rimettente chiede sostanzialmente alla Corte una pronuncia non meramente caducatoria, ma manipolativo-creativa, dal momento che il suo obiettivo è quello di ottenere una decisione che sostituisca il criterio scelto dal legislatore regionale, con un intervento correttivo, a contenuto non obbligato, che presuppone una valutazione discrezionale, come tale evidentemente riservata al solo legislatore e per definizione preclusa, invece, a questa Corte.

10.— Orbene, come risulta dalla sentenza n. 111 del 2005, lo stesso TAR aveva già censurato la norma de qua sotto il profilo della violazione dei princípi fondamentali fissati dal d.lgs. n. 502 del 1992, ipotizzando come il riferimento ai volumi di prestazioni sanitarie erogate nel 1998 (ed al limite derivante dalla relativa spesa complessiva, sostenuta nello stesso anno) determinasse una inammissibile sfasatura temporale tra tali elementi e gli effettivi volumi di prestazioni (nonché la spesa corrispondente) relativi all’anno 2003, senza che il legislatore regionale avesse tenuto in alcun conto l’andamento della domanda registrato nel quinquennio intercorso tra il 1998 ed il 2003.

A tal riguardo, va chiarito che questa Corte, con la citata sentenza n. 111 del 2005, ha interpretato la norma censurata «nel senso che, ai fini della remunerazione per intero a valori attuali (riferiti cioè all’anno in cui effettivamente le prestazioni siano state rese), i volumi delle prestazioni medesime, vale a dire la loro quantità e, correlativamente, la spesa complessiva, non possono essere superiori a quelli del 1998»; si è, pertanto, ritenuto che il riferimento all’anno 1998, contenuto nell’art. 30, comma 4, deve essere inteso con riguardo sia ai volumi quantitativi delle prestazioni sanitarie erogate, sia alla complessiva spesa sostenuta.

Inoltre, come questa Corte ha riconosciuto con la citata sentenza, tale riferimento si presenta come «il frutto, da parte del legislatore regionale, di una scelta discrezionale di politica sanitaria e di contenimento della spesa, la quale, tenuto conto della ristrettezza delle risorse finanziarie dirette a soddisfare le esigenze del settore, non risulta viziata da intrinseca irragionevolezza».

11.— Con riguardo al nuovo profilo di illegittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, della legge reg. n. 4 del 2003, proposto dal TAR pugliese, e cioè la mancanza di criteri che privilegino la meritevolezza, in ragione di una necessaria comparazione tra tutte le strutture sanitarie, sia pubbliche che private, come, invece, stabilito dall’art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, al fine, ad esempio, di fissare un tetto montante superiore o inferiore rispetto al valore attuale delle prestazioni rese nel 1998, la questione non è fondata.

12.— Va rilevato, innanzitutto, che non vi è corrispondenza di ambiti tra la norma regionale censurata e la disposizione statale dalla quale si pretenderebbe ricavare i princípi fondamentali che sarebbero stati violati.

In effetti, l’art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992 non può essere invocato a sostegno dell’illegittimità costituzionale della norma de qua, dal momento che il criterio della valutazione comparativa dei costi e della qualità del servizio, al quale detto comma si richiama, attiene alla fase di determinazione dei volumi di prestazioni che ogni AUSL intende acquistare dalle strutture presenti sul territorio, mentre la norma regionale, ora oggetto di censura, riguarda il diverso momento della remunerazione delle prestazioni rese dalle strutture sanitarie in eccedenza rispetto ai quantitativi risultanti dai programmi preventivamente concordati. Né è senza rilievo la considerazione che anche la suddetta norma statale risponde ad una ratio di programmazione e contenimento della spesa sanitaria, stabilendo che gli accordi e i contratti devono individuare preventivamente il corrispettivo da erogare (comma 2, lettera d) e rimettendo alle Regioni (comma 1, lettera d) il compito di fissare i «criteri per la determinazione della remunerazione delle strutture ove queste abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, tenuto conto del volume complessivo di attività e del concorso allo stesso da parte di ciascuna struttura».

13.— Neppure è senza significato che dall’esame di varie disposizioni della legislazione sanitaria statale, emerga come in più occasioni il legislatore abbia fatto riferimento al sistema di determinazione della spesa sanitaria sulla base del dato storico rappresentato dall’esborso effettuato in anni precedenti rispetto a quello preso in considerazione. E ciò è avvenuto proprio nella sede delle annuali leggi finanziarie, vale a dire in una sede specificatamente destinata alla fissazione dei princípi in ordine al finanziamento della spesa necessaria per l’espletamento del servizio di assistenza sanitaria in favore della popolazione.

Al riguardo, si può richiamare, come capofila di tale orientamento, la legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), la quale, nel Capo I, la cui rubrica reca «Disposizioni in materia sanitaria», all’art. 6, comma 1, ha previsto che «la spesa per l’acquisto di beni e servizi non può superare, a livello regionale, l’importo registrato nell’esercizio 1993 ridotto del 18 per cento per l’anno 1995, del 16 per cento per l’anno 1996 e del 14 per cento per l’anno 1997».

Deve, altresì, essere richiamato anche l’art. 1, comma 32, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), secondo cui «le Regioni, per l’esercizio 1997, nell’ambito delle funzioni previste dall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, individuano, nel rispetto dei livelli di spesa stabiliti per l’anno 1996, le quantità e le tipologie di prestazioni sanitarie che possono essere erogate nelle strutture pubbliche e in quelle private».

Il criterio, dunque, di ancorare l’ammontare della spesa sanitaria ai dati storici concernenti gli stanziamenti previsti per anni precedenti è stato più volte seguito dalla legislazione statale. Ne è prova, tra l’altro, la circostanza che, da ultimo, la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007) all’art. 1, comma 565, lettera a), ha reiterato il suddetto criterio, stabilendo che «gli enti del Servizio sanitario nazionale […] concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese del personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP, non superino per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 il corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1,4 per cento».

Alla luce delle considerazioni che precedono, non può ritenersi, in conclusione, che la censurata disposizione della Regione Puglia possa considerarsi in contrasto con un principio fondamentale della legislazione statale e, in particolare, con l’art. 8-quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, della legge della Regione Puglia 7 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2003 e bilancio pluriennale 2003-2005 della Regione Puglia), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, con le ordinanze indicate in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2003, sollevata, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2007.

 

Allegato:

ordinanza letta all’udienza del 19 giugno 2007

 

ORDINANZA

Rilevato che nel giudizio di cui all’ordinanza n. 566 del 2005 è intervenuta la Federlab Italia, con atto depositato il 6 giugno 2007.

Considerato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, sono inammissibili gli interventi proposti oltre il termine stabilito dall’art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87, computato secondo quanto previsto dall’art. 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; tale termine, infatti, per costante orientamento di questa Corte, è di natura perentoria (cfr., ex multis, sentenza n. 190 del 2006);

che essendo questa la situazione che ricorre nel caso di specie, l’intervento deve essere dichiarato inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile l’intervento della Federlab Italia.

F.to: Franco BILE, Presidente