Sentenza n. 246 del 2007

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SENTENZA N. 246

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Franco                           BILE                                             Presidente

-      Giovanni Maria               FLICK                                           Giudice

-      Francesco                      AMIRANTE                                       "

-      Ugo                               DE SIERVO                                       "

-      Paolo                             MADDALENA                                  "

-      Alfio                               FINOCCHIARO                                "

-      Alfonso                          QUARANTA                                     "

-      Franco                           GALLO                                              "

-      Luigi                               MAZZELLA                                       "

-      Gaetano                         SILVESTRI                                        "

-      Sabino                           CASSESE                                          "

-      Maria Rita                      SAULLE                                             "

-      Giuseppe                        TESAURO                                         "

-      Paolo Maria                   NAPOLITANO                                  "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 3 dicembre 2003, doc. IV-quater, n. 66, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione delle opinioni espresse dall’on. Cesare Previti nei confronti di Giuseppe D’Avanzo ed altri promosso con ricorso del Tribunale di Roma, prima sezione civile, notificato il 30 marzo 2006, depositato in cancelleria il 7 aprile 2006 ed iscritto al n. 33 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2005, fase di merito.

Visto l’atto di costituzione di Camera dei deputati;

udito nell’udienza pubblica dell’8 maggio 2007 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;

udito l’avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

 

1. – Con ricorso del 14 aprile 2005, depositato il 29 luglio 2005, il Tribunale di Roma, prima sezione civile, ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione da quest’ultima adottata, in conformità alla proposta della Giunta per le autorizzazioni (doc. IV-quater, n. 66), nella seduta del 3 dicembre 2003, secondo la quale i fatti oggetto di domanda riconvenzionale nel giudizio civile, pendente tra il deputato Cesare Previti ed Ezio Mauro, Giuseppe D’Avanzo ed il Gruppo editoriale l’Espresso, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

1.1. – Il ricorrente riferisce di essere stato investito del giudizio promosso dal deputato Cesare Previti nei confronti di Giuseppe D’Avanzo, di Ezio Mauro e del Gruppo editoriale L’Espresso S.p.A. al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito della pubblicazione, in data 7 settembre 2002, sul quotidiano “La Repubblica” di un articolo di contenuto asseritamente diffamatorio dal titolo «La mafia vuole uccidere due deputati. Previti e Dell’Utri nel mirino della mafia».

Nel costituirsi in giudizio, i convenuti hanno proposto domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni, deducendo che il giorno stesso della pubblicazione del predetto articolo su “La Repubblica”, il deputato aveva diffuso un comunicato stampa offensivo per la loro reputazione. In particolare, il ricorrente riferisce che «gli istanti addebitavano all’on. Previti le seguenti affermazioni gravemente diffamatorie: – di avere il D’Avanzo, con l’articolo sopra indicato, fornito alla mafia l’ispirazione all’attuazione dell’attentato alla sua persona; – di avere il D’Avanzo tratto dalla stessa mafia il linguaggio ambiguo gli intenti intimidatori e l’abitudine a delegittimare moralmente la vittima prima di ucciderla fisicamente; – di avere i professionisti del giustizialismo, non riuscendo nell’obiettivo di abbattere il nemico per via giudiziaria, auspicato la sua morte, così da suggerire alla mafia che non vi avesse pensato una soluzione diversa drammatica e definitiva».

Ciò premesso, il Tribunale di Roma assume che manchino, nella specie, i presupposti per l’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, dal momento che le dichiarazioni rese dall’on. Previti, oggetto della delibera impugnata, non sono riconducibili all’esercizio delle funzioni parlamentari. Infatti, da un lato, non risulta che il deputato Previti abbia effettuato un intervento in aula il giorno della pubblicazione dell’articolo di D’Avanzo o che, comunque, abbia preso parte al dibattito politico eventualmente scaturitone; dall’altro, l’assemblea, nell’allegare la difesa del mandato parlamentare, non ha fatto alcuno specifico riferimento ad attività funzionale del deputato, ciò che esclude sussista, in linea con i principi enucleati dalla giurisprudenza costituzionale, l’identità sostanziale di contenuto tra le opinioni espresse nel comunicato stampa e l’attività parlamentare del deputato Previti.

1.2. – Il ricorrente, pertanto – premesso che la Camera dei deputati ha interpretato in maniera erronea la nozione di esercizio delle funzioni poiché le dichiarazioni rese dal deputato Previti non possono ritenersi legate alle sue funzioni parlamentari – chiede alla Corte di annullare la deliberazione di insindacabilità delle predette dichiarazioni.

2. – Il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 128 del 2006. Il Tribunale di Roma ha notificato l’ordinanza ed il ricorso introduttivo alla Camera dei deputati il 30 marzo 2006, depositando tali atti in data 7 aprile 2006.

3. – Con atto depositato il 14 aprile 2006, si è costituita in giudizio la Camera dei deputati, che ha concluso, in via preliminare, per l’inammissibilità del ricorso.

            3.1. – Secondo la difesa della Camera, il ricorso sarebbe inammissibile per la carente prospettazione del thema decidendum, in quanto non sarebbero adeguatamente riportate le frasi che dovrebbero costituire l’oggetto del conflitto, essendo stata operata una sintesi delle dichiarazioni, ascritte al deputato, «inidonea in ogni caso a prospettare debitamente i termini della controversia sottoposta alla cognizione della Corte».

3.2. – Ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso sarebbe costituito dalla mancata indicazione, nel medesimo atto introduttivo del giudizio, della doglianza relativa alla pretesa lesione delle attribuzioni costituzionali del ricorrente e della richiesta di una pronunzia di non spettanza alla Camera dei deputati della deliberazione assunta.

3.3. – Nel merito, la Camera dei deputati chiede che la Corte dichiari l’infondatezza del ricorso, in quanto le opinioni espresse dal parlamentare nel comunicato stampa del 7 settembre 2002 avrebbero carattere di una «replica tanto necessaria quanto subitanea dal punto di vista del deputato, nello stesso giorno di pubblicazione dell’articolo di stampa, alle gravi implicazioni derivanti dalle anzidette ipotesi giornalistiche […] essendo irrealistico immaginare tutto l’agio di una preventiva denunzia dei fatti nella sede parlamentare e con gli atti all’uopo utilizzabili».

A sostegno del nesso funzionale fra le dichiarazioni rese dal deputato Previti oggetto di contestazione e l’esercizio delle funzioni di parlamentare, la difesa della Camera richiama l’interpellanza n. 2/00235 a firma del sen. Emiddio Novi, presentata in Senato nella seduta del 17 settembre 2002, nella quale si fa puntuale riferimento alla vicenda di cui si tratta.

L’impegno politico parlamentare del deputato Previti sui temi oggetto della vicenda sarebbe, altresì, dimostrato da una serie di atti tipici (specificatamente l’interpellanza n. 2/00252 presentata alla Camera in data 21 ottobre 1996, nonché l’interpellanza n. 2/01065, presentata il 5 febbraio 2004, delle quali il parlamentare era cofirmatario). Ad ulteriore dimostrazione che il contenuto sostanziale delle dichiarazioni rese dal deputato extra moenia avrebbe consistenza propriamente parlamentare, la difesa della Camera richiama, infine, la circostanza che, appena pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo giornalistico, il Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato ha ritenuto di dovere procedere alla audizione del direttore del SISDE.

4. – In prossimità dell’udienza la parte costituita ha depositato una memoria nella quale ha ribadito gli argomenti svolti nell’atto di costituzione.

Considerato in diritto

1. – Il conflitto di attribuzione sollevato dal Tribunale di Roma, prima sezione civile, nei confronti della Camera dei deputati ha ad oggetto la deliberazione con cui l’Assemblea, nella seduta del 3 dicembre 2003, ha affermato che i fatti oggetto di domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni proposta nel giudizio civile, promosso dal deputato Cesare Previti nei confronti di Ezio Mauro, Giuseppe D’Avanzo e del Gruppo editoriale l’Espresso, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e sono, pertanto, insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione (Doc. IV-quater, n. 66).

Le espressioni ritenute diffamatorie sono state rese dal deputato Previti in un comunicato stampa diffuso il 7 settembre 2002, a seguito della pubblicazione, nella stessa data, sul quotidiano “La Repubblica”, di un articolo dal titolo «La mafia vuole uccidere due deputati. Previti e Dell’Utri nel mirino della mafia», in relazione al quale il medesimo deputato Previti ha promosso il predetto giudizio civile per il risarcimento dei danni; nel costituirsi in giudizio, le parti convenute hanno proposto la suddetta domanda riconvenzionale. In particolare, il ricorrente precisa che «gli istanti addebitavano all’on. Previti le seguenti affermazioni gravemente diffamatorie: – di avere il D’Avanzo, con l’articolo sopra indicato, fornito alla mafia l’ispirazione all’attuazione dell’attentato alla sua persona; – di avere il D’Avanzo tratto dalla stessa mafia il linguaggio ambiguo gli intenti intimidatori e l’abitudine a delegittimare moralmente la vittima prima di ucciderla fisicamente; – di avere i professionisti del giustizialismo non riuscendo nell’obiettivo di abbattere il nemico per via giudiziaria, auspicato la sua morte, così da suggerire alla mafia che non vi avesse pensato una soluzione diversa drammatica e definitiva».

2. – Questa Corte, con ordinanza n. 128 del 2006, ha ritenuto, in sede di prima e sommaria delibazione, ammissibile il conflitto, riservando espressamente all’attuale fase processuale, nel contraddittorio fra le parti, ogni ulteriore decisione, anche relativamente all’ammissibilità.

3. – Il ricorso è inammissibile.

La difesa della Camera dei deputati ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per conflitto sotto vari profili, sostenendo, in particolare, che nell’atto introduttivo del giudizio non risultano compiutamente riportate le frasi che dovrebbero costituire lo stesso oggetto del conflitto. Il ricorrente, infatti, avrebbe operato un «libero sunto […] delle opinioni formulate dal deputato nella occasione di cui si tratta», con omissione di intere proposizioni che figurano nel comunicato stampa e che sono riprodotte nella delibera di insindacabilità. La mancata testuale riproduzione delle dichiarazioni e la loro sostituzione con la sintesi datane nell’atto introduttivo renderebbero carente la prospettazione del thema decidendum, impedendo di identificare le dichiarazioni sulle quali si è formato il convincimento del giudice in ordine alla elevazione del conflitto, quindi di accertare la sussistenza del nesso funzionale.

L’eccezione è fondata.

Il Tribunale di Roma ricorrente non ha, infatti, riprodotto in modo testuale le dichiarazioni del parlamentare ritenute diffamatorie, oggetto della impugnata delibera di insindacabilità, ma ha operato una propria sintesi delle predette dichiarazioni. Tale modalità espositiva non permette di apprezzare al giusto quelle rilevanti ai fini della corretta valutazione del significato complessivo delle stesse e, quindi, di accertare il nesso funzionale con atti parlamentari tipici di cui esse possano eventualmente costituire sostanziale divulgazione.

La rielaborazione parziale dei presupposti di fatto del conflitto è in contrasto con il principio enunciato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 383 del 2006 e n. 79 del 2005).

La carenza di un requisito essenziale del ricorso ne comporta, dunque, l’inammissibilità.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Roma, prima sezione civile, nei confronti della Camera dei deputati, con l’atto indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 3 luglio 2007.