Ordinanza n. 210 del 2007

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ORDINANZA N. 210

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                      BILE                                       Presidente

- Giovanni Maria         FLICK                                     Giudice

- Francesco                 AMIRANTE                                 "

- Ugo                          DE SIERVO                                 "

- Paolo                        MADDALENA                             "

- Alfio                        FINOCCHIARO                           "

- Alfonso                    QUARANTA                                "

- Franco                      GALLO                                        "

- Luigi                        MAZZELLA                                 "

- Gaetano                    SILVESTRI                                  "

- Sabino                      CASSESE                                     "

- Maria Rita                SAULLE                                      "

- Giuseppe                  TESAURO                                    "

- Paolo Maria              NAPOLITANO                              "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), promossi nel corso di diversi procedimenti penali con ordinanze del 12 aprile, del 2 maggio, del 12 aprile, del 3, 5, 12, 17, 26 e 2 maggio e del 28 aprile 2006 dalla Corte d’appello di Messina, rispettivamente iscritte ai nn. 279, 332, 385, 386, 425, 426, da 443 a 445 e 576 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nn. 36, 39, 41 e 43, prima serie speciale, dell’anno 2006, nell’edizione straordinaria del 2 novembre 2006 e nel n. 51, prima serie speciale, dell’anno 2006.

Udito nella camera di consiglio del 23 maggio 2007 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che con dieci ordinanze, identiche nella parte motiva, la Corte d’appello di Messina ha sollevato, in relazione agli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui preclude al pubblico ministero la possibilità di appellare contro le sentenze di proscioglimento»;

che la Corte rimettente – chiamata a celebrare il giudizio d’appello a seguito di appelli proposti dal pubblico ministero avverso sentenze con cui gli imputati erano stati assolti con varie formule – adduce la rilevanza della questione di costituzionalità, stante la prescrizione, ex art. 10 della citata novella n. 46 del 2006, della immediata applicazione delle nuove norme in materia di inappellabilità anche ai procedimenti in corso;

che, quanto al profilo della non manifesta infondatezza, il giudice a quo argomenta innanzitutto il contrasto della norma censurata con il principio di ragionevolezza espresso nell’art. 3 della Costituzione;

che, infatti, i limiti all’appellabilità delle sentenze di proscioglimento introdotti dalla legge n. 46 del 2006 «solo apparentemente» soddisferebbero «l’esigenza di parità garantita dalla disposizione costituzionale», posto che, in realtà, è unicamente con riferimento all’organo dell’accusa che tali limiti assumono «preponderanza e rilievo centrale», avendo solo il pubblico ministero l’interesse ad impugnare le sentenze di proscioglimento ed essendo già in precedenza inibito all’imputato l’impugnazione delle sentenza di proscioglimento con formula piena;

che il rimettente – consapevole della costante affermazione della Corte costituzionale secondo cui il principio di parità delle parti non comporta necessariamente identità dei loro poteri processuali e che disparità di trattamento sono possibili purché trovino «una giustificazione che risponda a criteri di ragionevolezza» − ritiene che nel caso di specie la scelta legislativa sia priva di qualsivoglia ragionevole giustificazione;

che la disciplina censurata si risolverebbe, infatti, nella irragionevole soppressione di un mezzo di impugnazione a danno di una sola parte, portatrice «non di un interesse proprio bensì di istanze di legalità e di difesa sociale», così violando anche il principio della parità delle parti sancito dall’art. 111, comma 2 della Costituzione;

che l’art. 593, come novellato, risulterebbe altresì in contrasto con il principio di obbligatorietà dell’azione penale sancito dall’art. 112 della Costituzione.

Considerato che il dubbio di costituzionalità sottoposto a questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica dell’art. 593 del codice di procedura penale ad opera dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, dell’appello delle sentenze dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero;

che, stante l’identità delle questioni proposte, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;

che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall’art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva», e dell’art. 10, comma 2, della citata legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui prevede che l’appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge è dichiarato inammissibile»;

che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono essere pertanto restituiti ai giudici rimettenti per un nuovo esame della rilevanza delle questioni.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Messina.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2007.

Franco BILE, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2007.