Ordinanza n. 206 del 2007

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ORDINANZA N. 206

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                      BILE                                        Presidente

- Giovanni Maria          FLICK                                     Giudice

- Francesco                 AMIRANTE                                  "

- Ugo                          DE SIERVO                                  "

- Paolo                        MADDALENA                               "

- Alfio                         FINOCCHIARO                            "

- Alfonso                     QUARANTA                                 "

- Franco                      GALLO                                         "

- Luigi                         MAZZELLA                                  "

- Gaetano                    SILVESTRI                                   "

- Sabino                      CASSESE                                     "

- Maria Rita                 SAULLE                                       "

- Giuseppe                   TESAURO                                     "

- Paolo Maria              NAPOLITANO                              "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), e dell’art. 10 della medesima legge, promosso con ordinanza del 6 aprile 2006 dalla Corte d’appello di Catania nel procedimento penale a carico di G. G., iscritta al n. 256 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2006.

Udito nella camera di consiglio del 23 maggio 2007 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che la Corte d’appello di Catania ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui non prevede l’appello del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento al di fuori dei casi, di nuova prova decisiva, di cui all’art. 603, comma 2, nonché dell’art. 10 della medesima legge;

che il rimettente premette di essere chiamato a celebrare il giudizio d’appello su impugnazione del pubblico ministero avverso sentenza di assoluzione in primo grado, precisando che la difesa dell’imputato ha chiesto che l’appello sia dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 10 della legge n. 46 del 2006;

che la disciplina censurata violerebbe ad avviso del rimettente plurimi parametri costituzionali;

che sarebbe, in primo luogo, irragionevole e quindi lesivo dell’art. 3 Cost. consentire al pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di condanna (quando «la pretesa punitiva è stata accolta e al solo fine di richiedere un aggravamento di pena») e negare invece tale potere in caso di proscioglimento (quando cioè «la pretesa punitiva» non è stata soddisfatta);

che la disciplina censurata, inibendo tanto al pubblico ministero che all’imputato l’appello avverso le sentenze di proscioglimento, realizzerebbe inoltre una «parità solo apparente» tra le parti, atteso che il limite al potere di impugnazione opera in realtà solo nei confronti di quella parte che ha interesse ad impugnare le sentenze di proscioglimento, ossia il pubblico ministero, con conseguente violazione dell’art. 111, secondo comma, Cost.;

che, ad avviso del rimettente, la limitazione dell’appello del pubblico ministero determina anche una violazione degli artt. 3 e 111, secondo comma, Cost. sotto il profilo del diverso trattamento riservato alla parte civile, che conserva il potere di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento;

che sarebbe evidente il contrasto della disciplina censurata con il principio della ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost.), vanificato da una normativa transitoria per effetto della quale, in caso di accoglimento del ricorso per cassazione contro la sentenza di assoluzione di primo grado, deve essere disposto il rinvio non più al giudice d’appello ma al giudice di primo grado, con conseguente reiterazione dei gradi di giudizio e con effetti anche sui termini di prescrizione dei reati;

che infine il rimettente, richiamando la giurisprudenza costituzionale sul principio di obbligatorietà dell’azione penale, ritiene violato anche l’art. 112 Cost., poiché la soppressione del potere di appello del pubblico ministero impedisce all’organo della pubblica accusa di «coltivare la pretesa punitiva dello Stato […] attraverso la richiesta al giudice superiore di riesame dei fatti affermati nella sentenza assolutoria».

Considerato che il dubbio di costituzionalità sottoposto a questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica dell’art. 593 del codice di procedura penale ad opera dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, dell’appello delle sentenze dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero e l’immediata applicabilità di tale regime, in forza dell’art. 10 della legge, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima;

che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall’art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva», e dell’art. 10, comma 2, della citata legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui prevede che l’appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge è dichiarato inammissibile»;

che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono essere pertanto restituiti al giudice rimettente per un nuovo esame della rilevanza della questione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Catania.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2007.

Il Cancelliere

F.to: FRUSCELLA