Sentenza n. 166 del 2007

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SENTENZA N. 166

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-         Franco                              BILE                                      Presidente

-         Giovanni Maria                FLICK                                   Giudice

-         Francesco                         AMIRANTE                               “

-         Ugo                                  DE SIERVO                               “

-         Romano                            VACCARELLA                        “

-         Paolo                                MADDALENA                          “

-         Alfio                                 FINOCCHIARO                        “

-         Alfonso                            QUARANTA                             “

-         Franco                              GALLO                                      “

-         Luigi                                 MAZZELLA                              “

-         Gaetano                            SILVESTRI                                “

-         Sabino                              CASSESE                                   “

-         Maria Rita                        SAULLE                                    “

-         Giuseppe                          TESAURO                                 “

-         Paolo Maria                      NAPOLITANO                          “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 12 aprile 2005, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Nicola Vendola nei confronti di Michele e Caio Scianatico, promosso con ricorso del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, notificato il 2 febbraio 2006, depositato in cancelleria il 20 febbraio 2006 ed iscritto al n. 20 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2005, fase di merito.

Visti l’atto di costituzione della Camera dei deputati, nonché l’atto di intervento di Vendola Nicola;

udito nell’udienza pubblica del 20 marzo 2007 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;

udito l’avvocato Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso del 16 maggio 2005, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, nel corso di un procedimento nei confronti del deputato Nicola Vendola, indagato in ordine al delitto di diffamazione aggravata in danno di Michele Scianatico, presidente del consiglio di amministrazione del Laterificio Pugliese s.p.a., e di Caio Scianatico, consigliere della stessa società, ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera adottata dall’Assemblea, su conforme proposta della Giunta per le autorizzazioni, il 12 aprile 2005 (Doc. IV-ter, n. 13-A), che ha dichiarato che i fatti per i quali è in corso il predetto procedimento penale riguardano opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari e sono, in quanto tali, insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Ha premesso il ricorrente che il procedimento in questione aveva tratto origine dall’atto di querela presentato presso la Procura della Repubblica di Trani, in data 10 aprile 2001, dai predetti Michele e Caio Scianatico in relazione alle seguenti espressioni, pronunciate dal predetto deputato nel corso di un’assemblea tenuta presso la sede del partito “Rifondazione comunista” di Terlizzi, in data 17 febbraio 2001, alla presenza di più persone: «Per informazioni che sono a mia disposizione ci sono delle carte dell’ufficio giudiziario e delle ispezioni poi occultate, insabbiate dal magistrato, ma io ho potuto leggere cos’erano quell’entità di quelle ispezioni...c’è un intero paese che non ne può più del fatto che questo signore comprando i politici, comprando i magistrati, dico cose precise che finiranno in un processo perché un onorevole di Alleanza Nazionale verrà a dire che lui prendeva i soldi da Scianatico, che lui organizzava le cene, perché il giudice con Scianatico si mettessero d’accordo su come insabbiare quelle indagini... il processo lo faremo perché per me, questa volta, è difficile sfuggire dal punto in cui veramente i tecnici, quelli veri, non quelli falsi, non quelli di comodo, non quelli che fingono di vedere le cose a macchina spenta... non quelli che fingono di mettere i sensori sulle stufe degli operai che non stanno lavorando... non le false indagini, le false inchieste che sono state sempre fatte d’accordo».

Ha rilevato ancora il ricorrente che, nel corso dell’interrogatorio reso al pubblico ministero, in data 12 aprile 2002, il deputato aveva affermato che l’episodio in questione doveva inserirsi nel contesto di una «battaglia» da lui condotta dapprima quale consigliere comunale, spinto dalla esigenza di salvaguardare la salute dei cittadini, a suo dire in qualche misura pregiudicata dalla esistenza della fabbrica degli Scianatico, e di spezzare i legami asseritamente esistenti tra gli stessi Scianatico e le istituzioni locali che favorivano gli imprenditori, quindi, quale parlamentare, attraverso lo strumento del sindacato ispettivo. Lo stesso parlamentare aveva ancora dichiarato di avere appreso, nel corso di una conversazione con il collega Ermanno Iacobellis, nella bouvette presso la sede della Camera dei deputati, che il dr. De Simone, pubblico ministero in un procedimento nei confronti degli Scianatico, ed amico personale dello Iacobellis, aveva partecipato a pranzi e cene insieme a quest’ultimo e ai predetti Scianatico, durante uno dei quali, in particolare, si sarebbe discorso in ordine alle possibilità di «pilotare» il procedimento, consentendo, attraverso una modifica dei capi di imputazione, agli imputati di uscire sostanzialmente indenni dalla vicenda processuale. In relazione ai fatti appresi nel corso della predetta conversazione, il deputato Vendola aveva presentato un esposto, poi archiviato, in relazione all’ipotizzato reato di cui all’art. 323 del codice penale nei confronti del dr. De Simone per non avere le circostanze denunziate con l’esposto trovato riscontro nelle dichiarazioni del deputato Iacobellis e di Maria Tedeschi, già moglie del dr. De Simone, persone indicate dallo stesso denunziante come quelle che avrebbero potuto suffragare le tesi esposte, dal momento che in particolare le dichiarazioni del primo non facevano riferimento a fatti di corruzione di magistrati, esaltando, al contrario, la intransigenza del dr. De Simone, pur nell’ammissione di riunioni conviviali cui avevano partecipato sia lo stesso De Simone, sia Caio Scianatico.

Ha osservato, quindi, il ricorrente che, secondo la Camera dei deputati, le espressioni del deputato Vendola, per il quale procede il GIP di Trani, sarebbero collegate all’esercizio delle funzioni parlamentari, per la pretesa sussistenza del nesso funzionale tra quelle dichiarazioni e la presentazione da parte dello stesso deputato, in data 5 marzo 1997, di una interrogazione al Ministro dell’ambiente finalizzata a conoscere – a fronte delle preoccupazioni degli abitanti di Terlizzi per il moltiplicarsi sul territorio di neoplasie, patologie respiratorie e polmonari, malformazioni neonatali, allergie ed altre affezioni presumibilmente dipendenti dall’inquinamento pesante di alcune fabbriche (e in particolare del Laterificio pugliese dell’imprenditore Scianatico) – quali interventi urgenti si ritenesse di adottare per monitorare la situazione al fine di rimuovere le cause delle patologie.

La Camera dei deputati aveva inferito la sussistenza di detto nesso funzionale altresì dalla riferita conversazione intercorsa tra lo stesso Vendola e il deputato Iacobellis, il quale avrebbe «quasi completamente confermato» le circostanze oggetto dell’intervento pubblico del collega Vendola.

Secondo il GIP ricorrente, sarebbe da escludere, nel caso di specie, alla stregua della giurisprudenza costituzionale, ogni nesso tra le opinioni espresse dal predetto deputato per le quali si procede e la funzione parlamentare, dal momento che tali opinioni non sarebbero atti di funzione né sotto il profilo soggettivo, non essendo possibile, attraverso l’esame delle dichiarazioni di cui si tratta, collegarle in alcun modo alla qualità di parlamentare, né sotto il profilo oggettivo, in quanto il contenuto della interrogazione presentata dal deputato – che sarebbe stato riprodotto nell’intervento dello stesso all’assemblea del partito “Rifondazione comunista” – aveva ad oggetto la salute, l’ambiente, l’urbanistica, dal punto di vista della collocazione delle fabbriche degli Scianatico, e non già presunti fatti di corruzione oggetto di detto intervento.

Le opinioni stesse non sarebbero riconducibili ad unità contenutistica, come adombrato dalla delibera impugnata, con la richiamata interrogazione ed il colloquio informale – che avrebbe dato luogo alla denuncia presentata da Vendola, questa sì di tenore analogo all’intervento del 17 febbraio 2001 – tra i deputati Vendola e Iacobellis.

Il ricorrente ha censurato altresì la delibera in questione sotto il profilo del travisamento dei fatti nella parte in cui ritiene confermate «quasi completamente» da Iacobellis le circostanze riferite dal Vendola, al contrario completamente smentite quanto ad ipotesi di corruzione. Il GIP ha, pertanto, chiesto alla Corte di dichiarare che non spetta alla Camera dei deputati deliberare che i fatti per i quali è pendente procedimento penale a carico del deputato per il delitto di diffamazione concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ma al giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Trani, e, conseguentemente, annullare, per incompetenza, la deliberazione impugnata.

2. – Il conflitto così proposto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 6 del 2006, depositata il 13 gennaio 2006, e notificata, a cura del ricorrente, unitamente all’atto introduttivo del giudizio, alla Camera dei deputati in data 2 febbraio 2006. Il successivo 20 febbraio lo stesso ricorrente ha provveduto ad effettuare il deposito presso la cancelleria di questa Corte.

3. – Si è costituita nel giudizio la Camera dei deputati, la quale, riservandosi di identificare compiutamente le ragioni di irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità del conflitto, ha concluso, nel merito, per la sua infondatezza.

Si rileva, al riguardo, nell’atto di costituzione, che non si tratta di conflitto da menomazione, ma di vindicatio potestatis, non lamentando il ricorrente una lesione delle proprie prerogative determinata dall’esercizio delle attribuzioni riservate ad un potere diverso, ma l’esercizio da parte di un altro potere di un’attribuzione che il ricorrente rivendica a sé. Sotto tale profilo, evidente sarebbe la infondatezza della pretesa, attribuendo l’art. 68, primo comma, della Costituzione alla Camera di appartenenza del parlamentare il potere di valutare la condotta addebitata ad un proprio membro, con l’effetto, qualora sia qualificata come esercizio delle funzioni parlamentari, di inibire in ordine ad essa una difforme pronuncia giudiziale di responsabilità, sempre che il relativo potere sia stato correttamente esercitato.

Né vi sarebbe, nella motivazione del ricorso, alcun elemento che autorizzi a ritenere che il ricorrente abbia inteso sollevare un conflitto da menomazione.

Comunque, per la ipotesi in cui il petitum e la causa petendi siano ricostruiti in modo diverso da come prospettato nell’atto di costituzione, la difesa della Camera osserva che il nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra moenia dal parlamentare e la sua specifica attività, necessario perché possa operare la garanzia di cui all’art. 68, primo comma, Cost., non va confuso con un nesso materiale, ma definisce una particolare relazione tra dette dichiarazioni e il proprium del mandato parlamentare, da ricostruire in base ai dati costituzionali ed alla effettiva evoluzione delle modalità storiche del «fare politica parlamentare». Nella società dell’informazione, infatti, i tempi, i mezzi e le modalità della politica e della stessa attività parlamentare sono profondamente mutati, e la imposizione di una stretta connessione tra singoli atti parlamentari ed opinioni manifestate all’esterno determinerebbe una eccessiva formalizzazione, non più corrispondente ai tempi ed alle modalità di esercizio del mandato parlamentare. La identità sostanziale di contenuti tra opinioni tipiche e dichiarazioni esterne sarebbe, pertanto, desumibile anche dal complesso della politica parlamentare, e non solo dal raffronto con singoli atti tipici.

Nella specie, la Camera dei deputati sottolinea di avere ampiamente e congruamente motivato sulla esistenza del nesso funzionale, essendo le dichiarazioni di cui si tratta non solo totalmente comprese nell’ambito della politica parlamentare, ma anche connesse da uno stretto collegamento con atti tipici, quali l’interrogazione del parlamentare del 5 marzo 1997 e la sua interlocuzione in Parlamento con un deputato di altro gruppo parlamentare, sulla quale il deputato in oggetto aveva assunto una specifica iniziativa di sindacato ispettivo, e che, quindi, aveva perso ogni connotazione di privatezza.

4. – Ha spiegato intervento nel giudizio l’onorevole Vendola, che ha anzitutto sottolineato l’ammissibilità dello stesso, dovendo consentirsi, nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, la partecipazione dei soggetti nella cui sfera giuridica potrebbe incidere il giudicato della Corte costituzionale. Né avrebbe alcun rilievo, in contrario, il precedente costituito dalla sentenza n. 225 del 2001, nella quale la Corte ha escluso che il singolo parlamentare possa far valere, sia pure in via di intervento ad adiuvandum, l’esercizio delle sue prerogative, riferendosi quella sentenza ad un mero aspetto organizzativo e procedurale dell’indipendenza parlamentare, e non a quello sostanziale. La difesa dell’interveniente conclude per il rigetto del ricorso.

5. – Nella imminenza della data fissata per la udienza pubblica, la difesa della Camera dei deputati ha depositato una memoria, con la quale insiste nelle conclusioni già rassegnate, ribadendo anzitutto il proprio convincimento in ordine alla natura di vindicatio potestatis del petitum del conflitto sollevato dal Tribunale di Trani.

Quanto alla questione della sussistenza o meno del nesso funzionale tra atti tipici nei quali si estrinseca l’attività parlamentare ed opinioni manifestate extra moenia dal deputato, la difesa della Camera ricorda la già richiamata interrogazione n. 4-08125, presentata dal deputato in data 5 marzo 1997, nel cui contenuto si radicavano le opinioni poi manifestate dallo stesso ed in relazione alle quali pende procedimento penale a suo carico innanzi al Tribunale di Trani; nonché i colloqui svolti nel 1998 tra il medesimo deputato e l’on. Iacobellis alla Camera – che non potrebbero essere considerati privati, avendo avuto ad oggetto la stessa vicenda di cui alla citata interrogazione – ed, infine, la denuncia dal primo presentata sulla vicenda in data 14 aprile 2000. Con riferimento a tale ultimo atto, si precisa nella memoria che, se è pur vero che una denuncia non può considerarsi atto funzionale del parlamentare (sent. n. 286 del 2006), la semplice esistenza della stessa assevera e conferma il rapporto di conseguenzialità tra l’originario atto di funzione e le opinioni esterne, tutte inserite in un filone unitario.

Né si potrebbe obiettare, secondo la difesa della Camera dei deputati, che tra la interrogazione del 5 marzo 1997 e l’intervento extra moenia del 17 febbraio 2001, di cui si tratta, sia trascorso uno spazio temporale eccessivamente lungo, in quanto la giurisprudenza costituzionale sarebbe orientata nel senso di ritenere decisivo il nesso di continuità che lega gli uni agli altri.

Infine, si sottolinea nella memoria, la interrogazione sopra richiamata era rimasta senza risposta: sicché, sino alla fine della legislatura nel corso della quale essa era stata presentata, doveva ritenersi ancora in corso il procedimento aperto dalla presentazione dell’atto di sindacato ispettivo. Troverebbe applicazione, nella delineata ipotesi, il medesimo principio alla stregua del quale la Corte, nella sentenza n. 13 del 2007, ha affermato che le opinioni manifestate da un parlamentare nel corso o in occasione di un procedimento di autorizzazione all’arresto o di utilizzazione di tabulati telefonici sono coperte dalla guarentigia della insindacabilità.

Considerato in diritto

1. – Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, nel corso di un procedimento penale nei confronti del deputato Nicola Vendola, ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato in relazione alla deliberazione della Camera dei deputati, adottata nella seduta del 12 aprile 2005 (Doc. IV-ter, n. 13-A), con la quale è stato dichiarato che i fatti per i quali è in corso il predetto procedimento penale per il reato di diffamazione aggravata in danno di Michele Scianatico, presidente del consiglio di amministrazione del Laterificio Pugliese s.p.a., e di Caio Scianatico, consigliere della stessa società, concernono opinioni espresse dal parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

2. – Preliminarmente, deve essere confermata l’ammissibilità del conflitto, sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come già ritenuto da questa Corte con l’ordinanza n. 6 del 2006.

3. – Va, invece, dichiarata l’inammissibilità dell’intervento del deputato Vendola nel giudizio innanzi a questa Corte, in considerazione della distinzione esistente fra il giudizio per conflitto e il giudizio penale in cui il parlamentare è imputato, dovendosi escludere che l’esito di tale giudizio possa definitivamente pregiudicare le posizioni del parlamentare (sentenza n. 451 del 2005).

Infatti, i diritti inerenti alla qualità di imputato, che possono sempre essere fatti valere con gli ordinari strumenti processuali, non sono direttamente coinvolti, né sono suscettibili di essere pregiudicati nell’attuale giudizio per conflitto, nel quale la Corte è chiamata esclusivamente a decidere in ordine alla denunciata lesione delle attribuzioni costituzionali della Camera dei deputati (sentenza n. 225 del 2001).

4. – Non è, poi, condivisibile la prospettazione della Camera dei deputati circa la configurabilità del conflitto come vindicatio potestatis, e non come conflitto da menomazione, da cui scaturirebbe la infondatezza dello stesso, per essere la Camera, senza alcun dubbio, titolare del potere di dichiarare la insindacabilità, ex art. 68, primo comma, Cost., delle opinioni espresse da un membro del Parlamento.

Al riguardo, se è pur vero che il giudice ricorrente ha chiesto alla Corte di dichiarare che «non spetta alla Camera dei deputati deliberare che i fatti per i quali è pendente procedimento penale nei confronti del deputato per il delitto di diffamazione concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ma al giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Trani, e, conseguentemente, annullare, per incompetenza, la deliberazione adottata» – ciò che effettivamente farebbe pensare ad una vera e propria vindicatio potestatis –, va, però, osservato che la sussistenza del requisito oggettivo del conflitto di attribuzione è ravvisabile ogni qualvolta si controverta in ordine alla delimitazione della sfera delle attribuzioni di cui sono titolari i poteri dello Stato. Nella specie, che il conflitto si configuri come contestazione del potere della Camera dei deputati in concreto esercitato, per l’erronea valutazione dei presupposti richiesti per il suo valido esercizio, emerge in modo incontrovertibile dal passo del ricorso nel quale, dopo aver esaminato le dichiarazioni rese extra moenia dal deputato in questione, il g.i.p. del Tribunale di Trani osserva che lo stesso non ha in esse riprodotto il contenuto storico e sostanziale né dell’atto parlamentare tipico (interrogazione del 3 marzo 1997), invocato dalla Camera per inferirne la esistenza del nesso funzionale tra dette dichiarazioni e la funzione parlamentare, né del colloquio avuto con il deputato Iacobellis nel 1998, e che, per tali ragioni, quelle dichiarazioni vanno sindacate dall’autorità giudiziaria, alla quale «va rimessa la valutazione in ordine alla sussistenza del delitto di diffamazione».

Nessuna erronea rivendicazione, quindi, da parte del ricorrente, del potere di dichiarare la insindacabilità delle opinioni espresse dal parlamentare è ravvisabile nella specie, ma solo la richiesta di un giudizio di erronea valutazione della sussistenza dei requisiti di operatività della guarentigia di cui all’art. 68, primo comma, Cost.

5. – Superato, in tal modo, il primo rilievo di infondatezza sollevato dalla Camera dei deputati, deve, poi, essere esclusa la sussistenza di un nesso funzionale tra il contenuto delle dichiarazioni rese dal deputato e le funzioni parlamentari esercitate dallo stesso.

Va, al riguardo, richiamata la giurisprudenza costituzionale che ha, anche di recente, ribadito che, per la esistenza di detto nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra moenia da un parlamentare e l’espletamento delle sue funzioni, è necessario che tali dichiarazioni siano identificabili come espressione dell’esercizio di attività parlamentari. Peraltro, il «contesto politico» o comunque l’inerenza a temi di rilievo generale dibattuti in Parlamento, entro cui le dichiarazioni del parlamentare si possano collocare, non vale in sé a connotarle come espressive della funzione, ove esse, non costituendo la sostanziale riproduzione delle specifiche opinioni manifestate dal parlamentare nell’esercizio delle proprie attribuzioni, siano non già il riflesso del peculiare contributo che ciascun deputato e ciascun senatore apporta alla vita parlamentare mediante le proprie opinioni e i propri voti (come tale coperto, a garanzia delle prerogative delle Camere, dall’insindacabilità), ma una ulteriore e diversa articolazione di siffatto contributo, elaborata ed offerta alla pubblica opinione nell’esercizio della libera manifestazione del pensiero assicurata a tutti dall’art. 21 della Costituzione (si vedano, tra le più recenti, le sentenze n. 59, n. 53 e n. 13 del 2007; n. 373, n. 329 e n. 317 del 2006).

Nella specie, risulta completamente carente il requisito della sostanziale corrispondenza di significato tra opinioni espresse nell’esercizio di funzioni parlamentari e atti esterni. La richiamata interrogazione del 5 marzo 1997 aveva ad oggetto, come evidenziato nel ricorso, la salute, l’ambiente, l’urbanistica, dal punto di vista della collocazione delle fabbriche degli S., e non già presunti fatti di corruzione oggetto dell’intervento per il quale il parlamentare è imputato. Quanto al colloquio avvenuto nel 1998 con altro deputato nella sede della Camera dei deputati, esso non può essere qualificato come atto tipico della funzione parlamentare, alla stregua di quanto ritenuto dalla Corte con la sentenza n. 509 del 2002.

In definitiva, non spettava alla Camera dei deputati affermare che le dichiarazioni rese dal deputato, oggetto del procedimento pendente innanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost., e, di conseguenza, la deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati il 12 aprile 2005 (Doc. IV-ter, n. 13-A) deve essere annullata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile l’intervento del deputato Nicola Vendola;

dichiara che non spettava alla Camera dei deputati affermare che le dichiarazioni rese dal deputato Nicola Vendola, oggetto del procedimento penale pendente davanti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

annulla, di conseguenza, la delibera di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 12 aprile 2005 (Doc. IV-ter, n. 13-A).

Così deciso, in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'11 maggio 2007.