Sentenza n. 55 del 2007

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SENTENZA N. 55

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Franco                                 BILE                                                  Presidente

-  Giovanni Maria                   FLICK                                               Giudice

-  Francesco                            AMIRANTE                                             “

-  Ugo                                     DE SIERVO                                             “

-  Romano                              VACCARELLA                                       “

-  Paolo                                   MADDALENA                                        “

-  Alfio                                   FINOCCHIARO                                       “

-  Alfonso                               QUARANTA                                            “

-  Franco                                 GALLO                                                     “

-  Luigi                                   MAZZELLA                                             “

-  Gaetano                              SILVESTRI                                              “

-  Sabino                                 CASSESE                                                 “

-  Maria Rita                           SAULLE                                                   “

-  Giuseppe                             TESAURO                                                “

-  Paolo Maria                         NAPOLITANO                                        “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 54, comma secondo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nel testo anteriore al decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), promosso con ordinanza del 5 marzo 2005 dal Tribunale di Brescia, Sezione distaccata di Salò, nel procedimento civile vertente tra la UniCredito Gestione Crediti s.p.a., – Banca per la gestione dei crediti (UGC Banca s.p.a.), già Mediovenezie Banca s.p.a., e la Esatris.p.a. ed altri, iscritta al n. 302 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2005.

          Visti l’atto di costituzione di UGC Banca s.p.a., già Mediovenezie Banca s.p.a., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

          udito nell’udienza pubblica del 23 gennaio 2007 il Giudice relatore Romano Vaccarella;

          uditi l’avvocato Rosario Fava per la UGC Bancas.p.a., già Mediovenezie Banca s.p.a., e l’avvocato dello Stato Sergio Sabelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

         1. – Con ordinanza del 5 marzo 2005, pronunciata nel corso di un processo di opposizione agli atti esecutivi, proposta da un creditore pretermesso nella distribuzione del ricavato dalla devoluzione allo Stato di un immobile sottoposto a procedura esecutiva esattoriale, il Tribunale di Brescia, sezione distaccata di Salò, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 54, comma secondo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) – nel testo anteriore alle modifiche apportate dal decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337) –, nella parte in cui esclude il rimedio dell’art. 617 del codice di procedura civile, per contrasto con l’articolo 24 della Costituzione.

         1.1 - In punto di fatto, il Tribunale rimettente riferisce che, in ordine al ricorso proposto dal creditore pretermesso – inizialmente qualificato dal giudice come reclamo a norma dell’art. 630 cod. proc. civ., e poi rimesso sul ruolo della cognizione ordinaria per la trattazione come opposizione agli atti esecutivi –, gli altri creditori, utilmente collocatisi in sede di riparto, ne avevano eccepito sia la tardività sia l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 54 del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto tale norma – nella formulazione anteriore alla modiche operate dal d.lgs. n. 46 del 1999 (applicabile al processo de quo giusta la norma transitoria contenuta nell’art. 36, comma nono, del d.P.R. n. 602 del 1973) – prevede che nelle procedure esecutive esattoriali «le opposizioni regolate dagli articoli da 615 a 618 del codice di procedura civile non sono ammesse».

         1.2 – Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo osserva che la disposizione in esame contrasta con l’art. 24 della Costituzione, in quanto, nel caso di specie, il creditore intervenuto, nonostante il diritto di prelazione derivante da ipoteca iscritta sull’immobile devoluto allo Stato, non avrebbe alcun mezzo alternativo per far valere le proprie ragioni, non esaminate in sede di riparto a causa della mancata comunicazione dell’ordinanza di fissazione dell’udienza per l’approvazione del progetto di distribuzione.

         Osserva infatti il tribunale per un verso, che non sarebbe esperibile nei confronti dell’esattore il rimedio risarcitorio, che il terzo comma dell’art. 54 in esame consente solo in favore del contribuente, dei coobbligati, del coniuge e dei parenti e affini fino al terzo grado del contribuente o dei coobbligati e, per altro verso, che, essendo stato assoggettato ad espropriazione l’intero patrimonio del debitore, ben difficilmente l’opponente potrebbe in seguito soddisfare esecutivamente il proprio credito, peraltro neppure più assistito da alcuna causa legittima di prelazione.

         Né, ad avviso del rimettente, avrebbero miglior sorte le domande spiegate subordinatamente dal creditore pretermesso per risarcimento dei danni ovvero per ingiustificato arricchimento, in quanto la prima domanda presuppone l’accertamento di un illecito che, esclusa l’ammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di distribuzione, non sarebbe configurabile, mentre la seconda sarebbe infondata per il fatto che gli altri creditori, attraverso la distribuzione, hanno semplicemente soddisfatto i propri crediti, ciò che costituisce giusta causa dell’attribuzione patrimoniale.

         Pertanto, la compressione del diritto di azione e di difesa dell’opponente risulterebbe del tutto ingiustificata, anche tenuto conto che, a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 46 del 1999, oggi analogo giudizio sarebbe ammissibile.

         1.3 – Quanto alla rilevanza il Tribunale rimettente osserva che, se la questione fosse accolta, l’art. 617 cod. proc. civ. risulterebbe applicabile al caso di specie in virtù dell’art. 45, comma terzo, del d.P.R. n. 602 del 1973 il quale, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 46 del 1999, dispone che «il procedimento di espropriazione forzata, salvo il disposto degli articoli seguenti, è disciplinato, anche per quanto riguarda le notificazioni, dalle norme del codice civile e del codice di procedura civile».

         In tal caso, inoltre, la domanda sarebbe tempestiva, in quanto, alla luce della costante giurisprudenza di legittimità, il termine di cinque giorni di cui all’art. 617, secondo comma, cod. proc. civ. decorre solo dalla conoscenza legale dell’atto impugnato che, nella specie, è mancata.

         2. – Si è costituito in giudizio il creditore opponente – UniCredito Gestione Crediti s.p.a. – Banca per la gestione dei crediti (UGC Banca s.p.a.), già Mediovenezie Banca s.p.a. – il quale, concludendo per l’accoglimento della sollevata questione, osserva che la norma denunciata priva i creditori intervenuti nel processo esecutivo esattoriale di qualsiasi tutela avverso i provvedimenti del giudice dell’esecuzione, determinando una macroscopica lesione del diritto di difesa, nonché una ingiustificata disparità di trattamento sia rispetto ai creditori intervenuti nelle procedure esecutive ordinarie, sia rispetto a quelli intervenuti nelle procedure esecutive esattoriali dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 46 del 1999 il quale, rimediando a tale grave violazione con l’art. 57, ha ammesso l’esperibilità delle opposizioni di forma con la sola eccezione di quelle relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo.

         3. – E’ altresì intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale eccepisce la manifesta inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza, non avendo il giudice a quo precisato la natura, tributaria o meno, del credito azionato con la procedura esattoriale nel corso della quale è stata proposta l’opposizione agli atti esecutivi in quanto, come costantemente ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità (così, ad esempio, Cass., sezioni unite, 22 ottobre 2003, n. 15810), la disciplina dettata dagli articoli 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del 1973 (nel testo originario), configurando una sospensione della tutela giurisdizionale ordinaria durante la procedura esattoriale, è applicabile soltanto per la riscossione delle entrate tributarie.

         In subordine, la difesa dello Stato sostiene l’infondatezza del ricorso per erroneità del presupposto interpretativo, costituito dal diritto vivente in materia di omesso avviso al creditore iscritto.

         Al riguardo, l’Avvocatura dello Stato osserva che, in base a consolidata giurisprudenza (Cass. 24 giugno 1993, n. 6999 e Cass. 1° marzo 1994, n. 2023), la violazione dell’art 498 cod. proc. civ., che nella procedura esecutiva ordinaria prescrive detto avviso, non genera alcuna nullità processuale insanabile, per cui, ove l’assegnazione o la vendita avvengano senza alcuna comunicazione, l’impossibilità di porre nel nulla tali atti, in ossequio all’effetto purgativo di essi, comporta che il creditore iscritto che non sia stato avvertito rimane escluso dai rimedi oppositivi e può unicamente agire contro il procedente per il risarcimento del danno patito.

         Se questo è l’effetto del mancato avviso nell’esecuzione regolata dal codice di rito, a fortiori, sostiene la difesa dello Stato, tale disciplina deve ritenersi applicabile all’esecuzione esattoriale, caratterizzata da maggior speditezza di forme in ragione della natura pubblicistica dei crediti azionabili; sicché, in definitiva, non corrisponderebbe al diritto vivente né l’affermazione per cui il caso in esame non può concretare un fatto illecito risarcibile, né quella per cui il creditore iscritto non avvisato non può agire secondo le regole generali contro il procedente.

Considerato in diritto

         1.– Il Tribunale ordinario di Brescia, sezione distaccata di Salò, dubita, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale, dell’articolo 54, comma secondo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) – norma applicabile ad un processo esecutivo in corso al momento dell’entrata in vigore del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337) –, nella parte in cui dispone che nelle procedure esecutive esattoriali non è ammessa l’opposizione agli atti esecutivi, regolata dagli artt. 617 e 618 del codice di procedura civile.

         2.– La questione non è fondata.

         2.1.– Il giudice a quo muove da una interpretazione della norma censurata che si basa su numerose pronunce della Corte di Cassazione, le quali escludono l’esperibilità di qualsiasi opposizione avverso «tutti gli atti della procedura, siano essi stati posti in essere dall’esattore, siano essi riferibili al processo esecutivo vero e proprio», ed osservano che tale assoluta carenza della tutela del soggetto che intenda opporsi all’esecuzione sarebbe compensata da quella che «è assicurata in via posticipata attraverso la tutela aquiliana» (Cass. 10 giugno 2004, n. 11038).

         In realtà, anche la pronuncia che ha da ultimo ribadito tale orientamento (Cass. 13 gennaio 2005, n. 565) – e pertanto anche a prescindere dal più recente indirizzo, secondo il quale «ogni volta che il giudice dell’esecuzione compie atti nell’ambito dell’esecuzione esattoriale contro i suoi provvedimenti è esperibile l’opposizione agli atti esecutivi» (Cass. 19 luglio 2005 n. 15201) – ha precisato che esso non riguarda «casi relativi alla assegnazione e distribuzione del ricavato della vendita», non essendo «in quella fase ipotizzabile una limitazione della tutela dei corrispondenti diritti soggettivi» ai particolari rimedi amministrativi endoprocedimentali; in particolare, fin dal 1971 (sentenza 9 marzo, n. 665) la Corte di cassazione, a proposito dei «creditori pretermessi dalla fase satisfattiva», ha statuito che «gli interessi di costoro si possono manifestare soltanto nella fase di distribuzione della somma ricavata» e che non possono conseguentemente essere «escluse le opposizioni esecutive ordinarie rivolte a conseguire una modifica del progetto di ripartizione del ricavato e del conseguente provvedimento di assegnazione» e tra esse, in primo luogo, l’opposizione agli atti esecutivi (così Cass. 10 marzo 1992 n. 2838, nonché Cass. 20 febbraio 1998 n. 1858).

         2.2.– Poiché l’erroneità dell’interpretazione posta a fondamento della questione di legittimità costituzionale investe ogni esecuzione esattoriale – in quanto nella fase di distribuzione del ricavato è sempre consentita, quale che sia la natura del credito a tutela del quale l’esecuzione è promossa, l’esperibilità dell’opposizione agli atti esecutivi –, l’eccezione di inammissibilità proposta dall’Avvocatura dello Stato, per insufficiente motivazione sulla rilevanza, deve essere respinta.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

         dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 54, comma secondo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Tribunale di Brescia, sezione distaccata di Salò, con l’ordinanza in epigrafe.

            Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Romano VACCARELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2007.