Sentenza n. 1 del 2007

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SENTENZA N. 1

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                                                BILE                             Presidente 

- Giovanni Maria                                  FLICK                            Giudice

- Francesco                                            AMIRANTE                          "

- Ugo                                                    DE SIERVO                          "

- Romano                                              VACCARELLA                    "

- Paolo                                                  MADDALENA                     "

- Alfio                                                   FINOCCHIARO                   "

- Alfonso                                              QUARANTA                        "

- Franco                                                GALLO                                 "

- Luigi                                                   MAZZELLA                         "

- Gaetano                                              SILVESTRI                           "

- Sabino                                                CASSESE                              "

- Maria Rita                                          SAULLE                                "

- Giuseppe                                            TESAURO                             "

- Paolo Maria                                       NAPOLITANO                     "

ha pronunciato la seguente                                                         

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 52, 53 e 54 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, promossi con ordinanze del 26 aprile, del 13 e del 19 luglio 2004 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, rispettivamente iscritte ai nn. 753, 754 e 755 del registro ordinanze 2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Visti  gli atti di costituzione della S.p.a Montepaschi Se.Ri.T., nonché gli atti di intervento del presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 21 novembre 2006 il Giudice relatore Paolo Maddalena;

uditi gli avvocati Giovanni Di Salvo e Augusto Ermetes per la S.p.a. Montepaschi Se.Ri.T e l’avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. ¾ Con tre ordinanze di identico tenore, emesse il 26 aprile, il 13 luglio ed il 19 luglio 2004, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, ha sollevato, in riferimento agli articoli 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 52, 53 e 54 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, nella parte in cui, nel disciplinare il ricorso dell’esattore per rifiutato rimborso di quote di imposta inesigibili, non prevedono che l’atto introduttivo del giudizio sia notificato all’amministrazione e che a questa siano comunicati il decreto di fissazione d’udienza e il deposito di documenti da parte del ricorrente.

La questione è stata sollevata nel corso di altrettanti giudizi promossi dalla S.p.a. Montepaschi Se.Ri.T., già commissario governativo del servizio di riscossione tributi nella Regione Siciliana, aventi ad oggetto l’impugnazione di decreti di rigetto di ricorsi gerarchici emessi dall’Assessore regionale al bilancio e alle finanze in esito all’impugnativa di provvedimenti di diniego di rimborso o discarico della Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, decreti motivati sul rilievo della mancanza di documentazione idonea a dimostrare l’effettiva inesigibilità delle quote di imposta date in carico all’agente della riscossione e non riscosse.

Premesso che l’atto introduttivo dei giudizi non risulta essere stato notificato né alla Regione Siciliana né all’Agenzia delle Entrate (le quali, pertanto, non si sono costituite), e che il pubblico ministero ha chiesto che venisse disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’amministrazione finanziaria, il giudice rimettente osserva che gli articoli da 52 a 54 del citato regolamento non prevedono la necessità della notifica del ricorso dell’atto introduttivo all’ente impositore, configurando il contraddittorio esclusivamente nei confronti del pubblico ministero contabile.

Il giudice a quo non ignora che la Corte costituzionale già in passato, con la sentenza n. 65 del 1992, ha giudicato inammissibile analoga questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento all’art. 24 della Costituzione, tenuto conto della discrezionalità del legislatore nello stabilire le norme di procedura da seguire in siffatto giudizio; ritiene, tuttavia, che la modifica, ad opera della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, dell’art. 111 della Costituzione, il quale prevede che ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità (secondo comma), abbia radicalmente modificato il parametro di riferimento costituzionale, sottraendo alla discrezionalità del legislatore la scelta delle norme da seguire per la corretta instaurazione del contenzioso, con riferimento alla necessaria effettiva evocazione in giudizio di tutte le parti sostanziali del rapporto sottoposto all’esame del giudice.

Ad avviso del rimettente, la pur necessaria partecipazione del pubblico ministero, quale garante dell’imparziale buona gestione contabile, non sembrerebbe soddisfare di per sé la richiesta condizione di parità processuale e di contraddittorio tra le parti sostanziali del rapporto, l’una delle quali verrebbe ad essere del tutto estromessa dalla dialettica processuale, sino al punto che, non avendo partecipato al giudizio di primo grado, in caso di esito negativo del giudizio ad essa sarebbe preclusa anche la possibilità di un eventuale appello, garantito invece sempre al ricorrente, con una sostanziale ingiustificata differenziazione di percorribilità dei gradi di giudizio tra le parti del rapporto.

Circa la rilevanza della questione, il giudice a quo ne motiva la sussistenza, osservando che dall’accoglimento del dubbio di costituzionalità deriverebbe la necessità, per il ricorrente, di procedere ai necessari adempimenti processuali per la corretta instaurazione del contraddittorio o, in difetto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

2. ¾ In tutti e tre i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per l’inammissibilità o per la non fondatezza della questione.

Ad avviso dell’Avvocatura, lo scrutinio favorevole alla legittimità costituzionalità delle norme denunciate, già compiuto dalla Corte con la sentenza n. 65 del 1992, non si fonda sul presupposto del mancato (all’epoca) rilievo costituzionale del principio del contraddittorio, quanto piuttosto su un’attenta analisi della configurazione dei contesti processuali specifici nell’ambito della giurisdizione contabile.

Nei confronti del procuratore regionale – sostiene l’Avvocatura – i principi costituzionali del rispetto del contraddittorio e delle condizioni di parità processuale sarebbero ampiamente rispettati dalle norme censurate; laddove l’eventuale coinvolgimento dell’amministrazione finanziaria interessata nell’ambito dei giudizi per rimborso di quote di imposta inesigibili non passerebbe attraverso il rispetto dei parametri costituzionali evocati, ma presupporrebbe una diversa strutturazione del sistema processuale esistente, rimessa unicamente alle scelte discrezionali del legislatore.

3. ¾ In tutti e tre i giudizi si è costituita la S.p.a. Montepaschi Se.Ri.T., parte ricorrente nei procedimenti dinanzi al giudice rimettente, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata.

Ad avviso della parte privata, nel giudizio contabile per denegato rimborso o discarico di quote di imposta inesigibili il principio del contraddittorio è rispettato, svolgendosi il procedimento tra agente contabile e procuratore presso la Corte dei conti, in condizioni di assoluta parità, e la scelta discrezionale operata a suo tempo dal legislatore sull’assetto di questo particolare giudizio sarebbe ancor oggi assolutamente conforme ai principi costituzionali del rispetto dei diritti di difesa e del giusto processo; mentre una sentenza di illegittimità costituzionale riguardante la legittimazione passiva del procuratore in tali giudizi potrebbe aprire la strada ad analoga sentenza con riguardo alla legittimazione attiva dello stesso nei giudizi di responsabilità, come pure nei giudizi di conto e nei giudizi per responsabilità amministrativa concorrenti con quelli di conto.

D’altra parte, aggiunge la stessa parte privata, le ordinanze di rimessione non terrebbero conto che il procuratore regionale, nei giudizi per denegato rimborso di quote d’imposta inesigibili, è tenuto a coinvolgere nell’istruttoria l’amministrazione finanziaria, giacché l’art. 54, primo comma, del regolamento di procedura prevede che il procuratore regionale, prima di formulare le proprie conclusioni, compie «le istruttorie che ravvisi necessarie». E rientrerebbe nel potere-dovere del pubblico ministero – attesa la funzione, che gli è devoluta, di tutela degli interessi generali dell’Erario – l’acquisizione del fascicolo amministrativo e, con esso, del punto di vista dell’amministrazione finanziaria, la quale, resa così edotta della pendenza del giudizio, avrebbe la possibilità, ove lo ritenga opportuno, di intervenire nel giudizio promosso dall’esattore.

4. ¾ In prossimità dell’udienza, la parte privata ha depositato una memoria illustrativa per ribadire le proprie conclusioni.

Considerato in diritto

1. ¾ La questione di legittimità costituzionale – sollevata dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, con tre ordinanze di identico tenore, i cui giudizi, pertanto, possono essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia – investe gli artt. 52, 53 e 54 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, i quali recano la disciplina del giudizio, che si svolge dinanzi alla Corte dei conti, per rifiutato rimborso di quote di imposta inesigibili.

Il giudice rimettente dubita che l’omessa previsione sia della notifica del ricorso dell’esattore all’amministrazione finanziaria interessata, sia della comunicazione a quest’ultima delle successive attività processuali, violi gli artt. 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, giacché la pur necessaria partecipazione a tale giudizio del pubblico ministero, quale garante dell’imparziale buona gestione contabile, non soddisferebbe la condizione di parità processuale e di contraddittorio tra le parti sostanziali del rapporto, una delle quali rimarrebbe al di fuori della dialettica processuale.

2. ¾ Le censurate norme del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti dispongono che il ricorso per rifiutato rimborso di quote d’imposta inesigibili sia depositato nella segreteria della Corte (art. 52); dettano disposizioni sulla fissazione della relativa udienza di discussione e sulla comunicazione degli atti al pubblico ministero (art. 53); prevedono l’istruttoria e le relative conclusioni da parte del predetto organo, con conseguente deposito degli atti in segreteria ed avviso al ricorrente (art. 54).

3. ¾ La questione è fondata.

3.1. ¾ Questa Corte ha già scrutinato un’analoga questione, sollevata in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dichiarandola inammissibile (con la sentenza n. 65 del 1992) e manifestamente inammissibile (con l’ordinanza n. 217 del 1992): pur precisandosi che «non è a priori da escludersi che i procedimenti sulla materia contabile potrebbero ricevere, nel loro complesso, altra pur adeguata regolamentazione», è stato ritenuto che spetta al legislatore «stabilire […] nella discrezionalità delle scelte se le configurazioni procedimentali attuali vadano rimosse e sostituite e con quali conseguenze sull’intero sistema».

3.2. ¾ Queste conclusioni meritano ora di essere rimeditate.

Il giudizio avverso il rifiutato rimborso di quote di imposta inesigibili non è limitato all’esame della mera legittimità del provvedimento impugnato, il quale, definendo in sede amministrativa le posizioni soggettive che vengono poi fatte valere davanti alla Corte dei conti, costituisce pur sempre presupposto necessario del giudizio stesso. Esso investe, piuttosto, tutto il rapporto contabile tra l’amministrazione finanziaria e l’esattore, e con esso l’accertamento della posta attiva reclamata da quest’ultimo. All’esame della Corte dei conti viene sottoposto, pertanto, non già semplicemente l’atto finale del procedimento amministrativo, nel suo aspetto formale, perché se ne pronunci l’annullamento, bensì l’intero rapporto che ha formato oggetto della vertenza nella fase amministrativa; ed in caso di riscontrata illegittimità di detto atto, il giudice contabile accerta il diritto alla posta attiva rivendicata dall’esattore nell’ambito del rapporto contabile, eventualmente ordinando all’amministrazione finanziaria la restituzione della quota inesigibile. Inoltre, sebbene il giudizio nasca normalmente su istanza dell’esattore, il suo oggetto non muta quando sia l’ente impositore ad instaurare il rapporto contenzioso contro l’esattore che abbia ottenuto in sede amministrativa un provvedimento a sé favorevole sull’istanza di rimborso delle quote inesigibili: anche in tal caso, infatti, il giudizio è volto a definire la contestazione sorta su una partita di conto tra l’esattore e l’amministrazione finanziaria.

Deve considerarsi che il giudizio de quo per rifiutato rimborso di quote di imposta inesigibili fuoriesce dallo schema generale dei giudizi contabili, nei quali il pubblico ministero, intervenendo a tutela dell’ordinamento e degli interessi generali ed indifferenziati della collettività (sentenza n. 104 del 1989), agisce, per questa via, anche a tutela degli interessi concreti e particolari dei singoli e delle amministrazioni pubbliche.

Infatti tale giudizio è ad istanza di parte e l’azione è esercitata nel suo esclusivo interesse dall’esattore, il quale è solo uno dei soggetti del rapporto contabile in discussione, mentre l’amministrazione finanziaria, che è l’altro soggetto del medesimo rapporto, resta fuori dal processo.

Questa diversità di trattamento delle parti del rapporto, determinata dalle norme censurate, contrasta con il diritto di difesa, con il principio del contraddittorio e con il principio della parità delle parti, sanciti dagli artt. 24 e 111, secondo comma, Cost. Pertanto, le norme denunciate, nella parte in cui non prevedono che il ricorso dell’esattore (parte istante) sia notificato all’amministrazione (parte resistente) e che anche ad essa siano dati gli ulteriori avvisi, violano i predetti articoli della Costituzione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 52, 53 e 54 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, nella parte in cui non prevedono che il ricorso dell’esattore sia notificato all’amministrazione finanziaria e che anche ad essa siano dati gli ulteriori avvisi.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 gennaio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 gennaio 2007.