Ordinanza n. 408 del 2006

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ORDINANZA N. 408

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                      BILE                                      Presidente

- Giovanni Maria        FLICK                                     Giudice     

- Francesco                 AMIRANTE                                 “

- Ugo                          DE SIERVO                                 “

- Romano                    VACCARELLA                          “

- Paolo                        MADDALENA                            “

- Alfio                         FINOCCHIARO                          “

- Alfonso                    QUARANTA                               “

- Franco                      GALLO                                        “

- Luigi                         MAZZELLA                                “

- Gaetano                    SILVESTRI                                  “

- Sabino                      CASSESE                                     “

- Maria Rita                SAULLE                                      “

- Giuseppe                  TESAURO                                   “

- Paolo Maria              NAPOLITANO                            “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 18 settembre 2002, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’onorevole Giorgio Benvenuto nei confronti del dottor Guido Berardo, promosso con ricorso della Corte d’Appello di Torino, sezione III civile, notificato il 23 agosto 2005, depositato in cancelleria il 4 ottobre 2005 ed iscritto al n. 36 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2005, fase di merito.

            Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;

            udito nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2006 il Giudice relatore Ugo De Siervo.

Ritenuto che la Corte d’Appello di Torino, sezione III civile, ha presentato ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in ordine alla delibera della Camera dei deputati approvata in data 18 settembre 2002, con la quale è stato affermato che i fatti per i quali è in corso un procedimento civile presso il predetto ufficio giudiziario a carico del deputato Giorgio Benvenuto costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, e, pertanto, sono coperte da insindacabilità ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che il giudice ricorrente premette di dover decidere sulla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, presentata dal dottor Guido Berardo nei confronti dell’onorevole Giorgio Benvenuto, in merito ai giudizi da questi espressi nei suoi confronti in occasione di un convegno tenutosi a Torino il 6 febbraio 1998, nel corso del quale il predetto parlamentare, riferendosi al dottor Berardo, avrebbe pronunciato la seguente frase: «È un incompetente, tutto quello che ha detto sono solo sciocchezze, è un pericolo per i suoi clienti, vista l’impreparazione e l’incompetenza professionale»;

che, in particolare, il dottor Berardo ha interposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Torino del 28 gennaio 2003, depositata il 3 febbraio 2003, con la quale era stata respinta la domanda attorea, contestando nei motivi di gravame la qualificazione, come esimente, dell’immunità ex art. 68 Cost., ritenuta dal primo giudice, e rilevando come il Tribunale avrebbe dovuto, prima di entrare nel merito della lesività delle dichiarazioni dell’onorevole Benvenuto, rimuovere, mediante lo strumento del conflitto di attribuzioni, l’ostacolo rappresentato dalla deliberazione della Camera dei deputati, e non invece valutare direttamente il merito della condotta (e con essa, l’incidenza dell’immunità parlamentare);

che, secondo il ricorrente, la citata delibera della Camera dei deputati sarebbe viziata da una «erronea» motivazione;

che, infatti, pur osservando che la funzione parlamentare si esplica anche attraverso atti non ricompresi «nell’ambito dei lavori parlamentari», il ricorrente esclude – alla luce della giurisprudenza costituzionale – che nel caso di specie vi fosse un nesso funzionale tra l’espressione delle opinioni e l’esercizio delle predette funzioni, anche in considerazione del fatto che le opinioni manifestate dall’onorevole Benvenuto «costituivano meri apprezzamenti personali espressi dal deputato alla stregua di un qualunque privato cittadino», oltre che «privi di una connessione con atti tipici della funzione parlamentare»;

che, in conclusione, la Corte d’Appello di Torino «propone conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati affinché la Corte costituzionale, accertato che non spettava alla Camera dei deputati dichiarare che i fatti per i quali era in corso il procedimento nei confronti dell’Onorevole Giorgio Benvenuto per diffamazione ai danni del dottor Guido Berardo concernevano opinioni espresse dal deputato nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, annulli la delibera adottata dall’Assemblea della Camera dei deputati il 18 settembre 2002 con la quale è stata dichiarata l’insindacabilità delle dichiarazioni rese dall’onorevole Giorgio Benvenuto in occasione del convegno tenutosi a Torino il 6 febbraio 1998»;

che, con ordinanza n. 330 del 2005, questa Corte ha dichiarato ammissibile il conflitto, disponendo, ai sensi dell’art. 37, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), la notifica del ricorso alla Camera dei deputati entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione della stessa ordinanza alla Corte d’appello ricorrente;

che, ricevuta notificazione del ricorso il 23 agosto 2005, con atto depositato il successivo 7 settembre, si è costituita in giudizio la Camera dei deputati, chiedendo a questa Corte il rigetto del ricorso;

che, in particolare, la difesa della Camera dei deputati ritiene di poter rinvenire, nel più recente orientamento giurisprudenziale di questa Corte, la configurazione di un vero e proprio “nesso materiale” come fondamento della garanzia dell’insindacabilità dei membri del Parlamento, nesso che si sostanzierebbe nella necessità «che le dichiarazioni rese extra moenia materialmente “riproducano” ovvero “divulghino” all’esterno il contenuto di singoli atti di funzione del parlamentare interessato»;

che ciò determinerebbe un netto contrasto con la ratio di tutela del libero esplicarsi della “funzione parlamentare” che caratterizzerebbe la norma costituzionale, dal momento che, ad avviso della Camera resistente, «il controllo che (in sede di giudizio costituzionale su un conflitto di attribuzione o di giudizio comune) si deve effettuare sulla dichiarazione extra moenia di un parlamentare non può risolversi in un riscontro “computistico” di corrispondenza materiale tra atti tipici e dichiarazioni rese in modalità non tipiche, ma deve articolarsi in una più complessa valutazione della connessione funzionale tra le dichiarazioni e il proprium del mandato parlamentare, che il Giudice procedente deve ricostruire in base ai dati costituzionali […] e all’effettiva evoluzione delle modalità storiche del “fare politica parlamentare”»;

che, pertanto, secondo la Camera, «in tanto la dichiarazione extra moenia può essere tutelata, in quanto essa sia effettivamente collegata alla politica parlamentare», la quale dovrebbe essere identificata con il «campo delimitato dalla discussione parlamentare […], definito dai parlamentari medesimi, che identificano i temi, i tempi e le modalità del confronto»;

che, sempre ad avviso della difesa della Camera, l’applicazione alla fattispecie oggetto del giudizio della garanzia di cui all’art. 68, primo comma, Cost. nei termini appena descritti renderebbe evidente l’infondatezza delle pretese della Corte d’appello ricorrente, dal momento che sarebbe indubitabile che la questione postasi nel corso del convegno di Torino del 6 febbraio 1998 era pienamente ricompresa nell’ambito della politica parlamentare;

che, infatti, a sostegno di tale conclusione, dovrebbero considerarsi almeno i seguenti dati: l’onorevole Benvenuto era, all’epoca, Presidente della Commissione finanze della Camera dei deputati, ed era presente al convegno proprio in tale sua istituzionale qualità; che le aspre critiche del dottor Berardo, pertanto, non lo colpivano personalmente, ma colpivano, con lui, la sua carica e l’Istituzione di appartenenza; che la replica dell’onorevole Benvenuto non poteva dunque in alcun modo essere considerata come una sorta di autodifesa personale, bensì una difesa delle ragioni politiche di una ben precisa riforma fiscale approvata dal Parlamento (e poi ulteriormente definita da decreti legislativi del Governo), caratterizzandosi, di conseguenza, proprio come un episodio (sia pure avvenuto extra moenia) di un dibattito tipicamente politico-parlamentare, in quanto tale sottratto all’interferenza di qualunque altro potere dello Stato;

che, in data 4 ottobre 2005, la ricorrente Corte d’appello di Torino ha effettuato il deposito del ricorso, con la prova della notificazione eseguita, come previsto dall’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

che, in prossimità della camera di consiglio, la difesa della Camera dei deputati ha depositato una memoria nella quale, oltre a ribadire le conclusioni già rassegnate, ha eccepito l’improcedibilità del conflitto a motivo del fatto che il deposito del ricorso è avvenuto oltre il termine di venti giorni dalla data di notificazione.

Considerato che la Corte d’Appello di Torino, sezione III civile, ha presentato ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in ordine alla delibera della Camera dei deputati approvata in data 18 settembre 2002, con la quale è stato affermato che i fatti per i quali è in corso un procedimento civile presso il predetto ufficio giudiziario a carico del deputato Giorgio Benvenuto costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, e, pertanto, sono coperte da insindacabilità ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 330 del 2005, con la quale è stata disposta la notifica del ricorso introduttivo del giudizio, unitamente alla predetta ordinanza, alla Camera dei deputati, entro il termine di sessanta giorni;

che la Corte d’appello di Torino ha provveduto a notificare l’ordinanza di ammissibilità del conflitto, unitamente al ricorso introduttivo del giudizio, alla Camera dei deputati in data 23 agosto 2005, depositando, poi, gli atti notificati nella cancelleria della Corte costituzionale il successivo 4 ottobre;

che la Camera dei deputati ha eccepito l’improcedibilità del conflitto, per l’inosservanza, da parte del giudice ricorrente, del termine di venti giorni dalla notificazione fissato dall’art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale per il deposito del ricorso;

che tale eccezione è fondata e deve dunque essere accolta;

che, in conformità alla costante giurisprudenza di questa Corte (v., tra le molte, la sentenza n. 247 del 2004, le ordinanze n. 325 del 2006 e nn. 327, 326, 308, 290 e 76 del 2005), il deposito oltre il termine di venti giorni dall’avvenuta notificazione deve considerarsi tardivo, essendo detto termine da ritenere perentorio;

che non varrebbe in ogni caso invocare, in senso contrario, la sospensione del decorso dei termini processuali nel periodo feriale di cui alla legge 7 ottobre 1969, n. 742 (Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale), trattandosi di disciplina inapplicabile ai giudizi davanti a questa Corte (v., le sentenze n. 88 del 2005, n. 35 del 1999 e n. 233 del 1993, nonché le ordinanze n. 304 del 2006 e n. 126 del 1997);

che, pertanto, il conflitto deve essere dichiarato improcedibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara improcedibile il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato proposto dalla Corte d’Appello di Torino, sezione III civile, nei confronti della Camera dei deputati, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 2006.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 7 dicembre 2006.