Sentenza n. 407 del 2006

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SENTENZA N. 407

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                 BILE                  Presidente

- Giovanni Maria  FLICK                 Giudice

- Francesco           AMIRANTE              "

- Ugo                     DE SIERVO              "

- Romano              VACCARELLA        "

- Paolo                   MADDALENA         "

- Alfio                   FINOCCHIARO       "

- Alfonso               QUARANTA            "

- Franco                 GALLO                     "

- Luigi                   MAZZELLA             "

- Gaetano              SILVESTRI               "

- Sabino                 CASSESE                  "

- Maria Rita          SAULLE                    "

- Giuseppe             TESAURO                 "

- Paolo Maria        NAPOLITANO         "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Presidente della Repubblica del 18 ottobre 2004 n. 334 (Regolamento recante modifiche ed integrazioni al d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 in materia di immigrazione) promosso con ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia, notificato l’11 aprile 2005, depositato in cancelleria il 14 aprile 2005 ed iscritto al n. 20 del registro conflitti 2005.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 24 ottobre 2006 il Giudice relatore Maria Rita Saulle;

uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato l’11 aprile 2005 e depositato il 14 aprile successivo, la Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore, ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione all’art. 24, comma 1, del d.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Regolamento recante modifiche ed integrazioni al d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 in materia di immigrazione), perché venga dichiarato che non spetta allo Stato prevedere che nelle Regioni a statuto speciale «sono disciplinate, mediante apposite norme di attuazione, forme di raccordo tra lo Sportello unico e gli uffici regionali e provinciali per l’organizzazione e l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di lavoro, attribuite allo sportello medesimo», con conseguente annullamento, in parte qua, dell’atto impugnato.

La ricorrente assume, in particolare, che la disposizione in questione violerebbe gli artt. 117, commi terzo e sesto, 118, commi primo e secondo, della Costituzione (in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «Modifiche al titolo quinto della parte seconda della Costituzione»), gli artt. 4, primo comma, e 65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonché l’art. 11 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).

Premette la Regione ricorrente che, in virtù dell’art. 6, numero 2, dello statuto speciale, essa ha competenza legislativa integrativa ed attuativa in materia del lavoro e che, con il decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 514 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia recanti delega di funzioni amministrative alla Regione in materia di collocamento e avviamento al lavoro), «al fine di realizzare nella Regione Friuli-Venezia Giulia un organico sistema di servizi per l’impiego», le sono state delegate le funzioni amministrative in precedenza esercitate dall’ufficio regionale e dagli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione nonché dalle sezioni circoscrizionali per l’impiego.

Per altro verso, a seguito della modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione, l’art. 117, terzo comma – da ritenersi applicabile anche alla Regione Friuli-Venezia Giulia in virtù dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 –, ha attribuito la materia della tutela del lavoro alla competenza legislativa concorrente regionale, di talché le funzioni amministrative già delegate spetterebbero ora alla Regione a tale maggior titolo.

In siffatto contesto, precisa ancora la ricorrente, è intervenuta la legge regionale 25 gennaio 2002, n. 3 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia - legge finanziaria 2002), la quale ha assegnato alle Province l’esercizio delle funzioni amministrative in materia del lavoro, ivi comprese quelle relative al procedimento di autorizzazione al lavoro per i cittadini extracomunitari, in precedenza spettanti all’Agenzia regionale per l’impiego di cui all’art. 26 della legge regionale 14 gennaio 1998, n. 1 (Norme in materia di politica attiva del lavoro, collocamento e servizi all’impiego nonché norme in materia di formazione professionale e personale regionale).

Ciò premesso, con un primo motivo, la ricorrente deduce la violazione, ad opera del citato art. 24, comma 1, del d.P.R. n. 334 del 2004, della propria sfera di competenza in materia di norme di attuazione. Detta disposizione, infatti, rinviando, per la disciplina delle forme di raccordo tra lo Sportello unico per l’immigrazione e gli uffici regionali e provinciali, all’adozione di «apposite norme di attuazione», predeterminerebbe il contenuto di una fonte di cui non potrebbe disporre, in contrasto sia con l’art. 65 dello statuto speciale che con l’art. 11 della legge n. 131 del 2003.

Con il secondo motivo, la Regione lamenta che la norma impugnata  avrebbe realizzato un intervento normativo non rientrante nella materia dell’immigrazione, bensì in quella del lavoro, così violando gli artt. 117, terzo comma, e 118, commi primo e secondo, della Costituzione - in relazione all’art. 10 della legge costituzionale n. 3  del 2001-, che riservano tale materia alla competenza legislativa regionale concorrente.

Ad avviso della ricorrente, infatti, nel complesso procedimento che regola l’ingresso del cittadino extracomunitario nel territorio nazionale e il suo avviamento al lavoro, ferme restando le competenze statali che attengono specificamente all’immigrazione, le funzioni relative al rilascio del nulla osta per motivi di lavoro al cittadino extracomunitario, dovrebbero essere svolte dagli uffici regionali competenti secondo la legislazione vigente, e non già da un ufficio statale.

Per altro verso, osserva la ricorrente, qualora la norma regolamentare in questione, con riguardo alle regioni a statuto speciale, si dovesse interpretare nel senso che tale ufficio rivesta carattere regionale anziché statale, essa risulterebbe, comunque, illegittima in quanto lesiva della competenza regionale esclusiva in materia di organizzazione dei propri uffici, prevista dall’art. 4, numero 1, dello statuto di autonomia.

Con la terza censura, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione, poiché lo Stato sarebbe intervenuto con un proprio regolamento in materia di competenza regionale.

2. - Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza.

Preliminarmente, l’Avvocatura osserva che la disposizione impugnata si inserisce «in un più ampio sistema normativo», volto a regolare in tutti i suoi aspetti l’immigrazione dei cittadini extracomunitari, materia che, pur riservata alla competenza esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera b), della Costituzione, interferirebbe inevitabilmente, in considerazione della sua ampiezza e complessità, con le competenze regionali.

Ciò posto, l’Avvocatura sottolinea che, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, lo Stato può emanare princípi fondamentali in materia di lavoro, tanto più necessari in un ambito strettamente collegato con quello delle politiche immigratorie.

Per altro verso, ad avviso della difesa erariale, la disposizione impugnata, nel rinviare ad apposite norme di attuazione per l’individuazione di forme di raccordo fra lo Sportello unico e i competenti uffici regionali, lungi dal porre una disciplina sul punto, si sarebbe limitata a dare applicazione ai princípi già contenuti nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), prevedendo un necessario coordinamento tra le attribuzioni regionali in materia di lavoro e quelle statali in materia di immigrazione, al fine di garantire la funzionalità e l’uniformità applicativa della disciplina su tutto il territorio nazionale.

Risulterebbe, pertanto, priva di fondamento anche la doglianza relativa alla pretesa violazione del divieto di cui all’art. 117, sesto comma, della Costituzione, atteso che, con la norma impugnata, lo Stato non avrebbe esercitato alcuna potestà regolamentare.

3. - In prossimità dell’udienza, la Regione Friuli-Venezia Giulia e l’Avvocatura generale dello Stato, con memorie depositate rispettivamente l’11 ottobre 2006 e il 10 ottobre 2006, hanno svolto ulteriori deduzioni ad integrazione dei loro atti introduttivi.

3.1. – Ad avviso della Regione, sia i compiti che le funzioni regolate dall’art. 24, comma 1, del d.P.R.  n. 334 del 2004 spetterebbero alla Regione, non sussistendo alcuna ragione per attrarre, da parte dello Stato, le funzioni tipiche della materia del lavoro in quelle dell’immigrazione.

In secondo luogo, a parere della ricorrente, la norma impugnata non sarebbe affatto ripetitiva dei princípi fissati dal d.lgs. n. 286 del 1998, dettando, piuttosto, con un regolamento statale anziché con un atto di rango legislativo, regole operative di dettaglio.

Da ultimo, la difesa regionale osserva che, dopo l’emanazione dell’atto contestato, sono intervenute la legge regionale 4 marzo 2005, n. 5 (Norme per l’accoglienza e l’integrazione sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati), e la legge regionale 9 agosto 2005, n. 18 (Norme regionali per l’occupazione, la tutela e la qualità del lavoro), entrambe contenenti disposizioni in materia di lavoro degli immigrati, che non sono state oggetto di censura da parte dello Stato.

Sulla base delle richiamate disposizioni legislative, la ricorrente ritiene che sia venuta meno la materia del contendere, insistendo, comunque, ove non si rilevassero gli estremi per la cessazione del conflitto, nell’accoglimento del ricorso.

3.2. - La difesa erariale, a sua volta, nel confermare le argomentazioni riportate nell’atto di costituzione, ribadisce che la disposizione censurata è espressione della competenza esclusiva dello Stato, dovendosi ritenere prevalenti i profili strettamente collegati all’immigrazione rispetto a quelli del rapporto di lavoro dello straniero, insistendo, pertanto, nel rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1. – Con il ricorso indicato in epigrafe, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione all’art. 24, comma 1, del d.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Regolamento recante modifiche ed integrazioni al d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 in materia di immigrazione), chiedendone l’annullamento in parte qua, per violazione degli artt. 117, commi terzo e sesto, 118, commi primo e secondo, della Costituzione (in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «Modifiche al titolo quinto della parte seconda della Costituzione»), degli artt. 4, primo comma, e 65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonché dell’art. 11 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).

In particolare, a parere della ricorrente, la norma regolamentare impugnata, la quale prevede che nelle Regioni a statuto speciale siano «disciplinate, mediante apposite norme di attuazione, forme di raccordo tra lo Sportello unico per l’immigrazione e gli uffici regionali e provinciali per l’organizzazione e l’esercizio di funzioni amministrative in materia di lavoro attribuite allo sportello medesimo», risulterebbe lesiva della sfera di competenza riservata alle norme di attuazione dall’art. 65 dello statuto speciale, e dall’art. 11 della legge n. 131 del 2003.

In secondo luogo, la norma censurata realizzerebbe un’illegittima attrazione allo Stato di una serie di funzioni amministrative inerenti alla materia del lavoro, così violando sia la competenza legislativa regionale in materia, sia il divieto di esercizio della potestà regolamentare nelle materie di competenza regionale, stabiliti, rispettivamente, dagli artt. 117, commi terzo e sesto, e 118, commi primo e secondo, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

Infine, a avviso della ricorrente, se anche si ritenesse che, nei confronti della Regione a statuto speciale, la norma regolamentare impugnata regoli competenze di un ufficio regionale, anziché statale, risulterebbe in ogni caso violata la competenza della Regione ad organizzare i propri uffici, riservatale in via esclusiva dall’art. 4, numero 1, dello statuto speciale.

2. - Quanto alla prima censura, va osservato che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, la norma regolamentare di cui all’art. 24, comma 1, del d.P.R. n. 334 del 2004, nel prevedere la necessità che siano adottate forme di raccordo fra lo Sportello unico e gli uffici regionali e provinciali competenti in materia di lavoro, rimette l’individuazione della concreta disciplina all’adozione di apposite norme di attuazione, da approvarsi necessariamente con la procedura di cui all’art. 65 dello statuto speciale, senza, pertanto, predeterminarne in alcun modo il contenuto.

2.1. - Con riferimento alla seconda censura, deve preliminarmente osservarsi che la disposizione impugnata si inserisce in un regolamento statale che regola la materia dell’immigrazione, riservata alla competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettera b), della Costituzione. In particolare, detta disposizione, rimarcando l’esigenza di un coordinamento fra gli uffici statali e regionali implicati, è finalizzata ad assicurare la funzionalità del procedimento volto a disciplinare l’ingresso e l’avviamento al lavoro del cittadino extracomunitario.

Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, la disposizione regolamentare impugnata, in quanto direttamente afferente alla materia dell’immigrazione, non determina alcun vulnus alle prerogative della Regione in materia di tutela del lavoro di cui agli artt. 117, comma 3, e 118, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

2.2. – Del pari, tenuto conto che l’ambito materiale su cui incide la norma regolamentare impugnata è riservato in via esclusiva allo Stato, ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettera b), della Costituzione, risulta infondata anche l’asserita violazione del divieto di esercizio della potestà regolamentare in materie regionali di cui all’ art. 117, comma sesto, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

2.3. – Sulla base di quanto precede, il conflitto deve ritenersi infondato sotto ogni profilo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spettava allo Stato prevedere, con l’art. 24, comma 1, del d.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Regolamento recante modifiche ed integrazioni al d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 in materia di immigrazione), che nella Regione Friuli-Venezia Giulia siano disciplinate, mediante l’emanazione di apposite norme di attuazione, forme di raccordo tra lo Sportello unico per l’immigrazione e gli uffici regionali e provinciali per l’organizzazione e l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di lavoro, attribuite allo sportello medesimo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il4 dicembre 2006.

Franco BILE, Presidente

Maria Rita SAULLE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 7 dicembre 2006.