Ordinanza n. 337 del 2006

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ORDINANZA N. 337

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                     BILE                                                              Presidente

- Giovanni Maria       FLICK                                                             Giudice

- Francesco                AMIRANTE                                                         ”

- Ugo                         DE SIERVO                                                         ”

- Romano                  VACCARELLA                                                   ”

- Paolo                       MADDALENA                                                    ”

- Alfio                       FINOCCHIARO                                                  ”

- Alfonso                   QUARANTA                                                        ”

- Franco                     GALLO                                                                 ”

- Luigi                       MAZZELLA                                                         ”

- Gaetano                  SILVESTRI                                                          ”

- Sabino                     CASSESE                                                             ”

- Maria Rita               SAULLE                                                               ”

- Giuseppe                 TESAURO                                                            ”

-.Paolo Maria             NAPOLITANO                                                    “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 15, comma 2, e 17, commi 2 e 3, del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari), modificati rispettivamente dagli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 29 maggio 2001, n. 283 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige concernenti modifiche e integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, in materia di processo penale e di processo civile, nonché in materia di assegnazioni di sedi notarili, e in materia di redazione in doppia lingua delle etichette e degli stampati illustrativi dei farmaci), promosso con ordinanza del 30 gennaio 2004 dal Tribunale di Bolzano – sezione distaccata di Merano, nel procedimento penale a carico di S.E., iscritta al n. 65 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2005.

            Visti gli atti di costituzione di S.E. e di N.C., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

            udito nell’udienza pubblica del 26 settembre 2006 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;

            uditi l’avvocato Francesco Coran per S.E. e l’avvocato dello Stato Raffaele Tamiozzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che il Tribunale di Bolzano – sezione distaccata di Merano, in composizione monocratica – con ordinanza del 30 gennaio 2004, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 15, comma 2, e 17, commi 2 e 3 [con erronea indicazione nel dispositivo dei commi 1 e 2], del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari), come modificati dagli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 29 maggio 2001, n. 283 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige concernenti modifiche e integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, in materia di processo penale e processo civile, nonché in materia di assegnazione di sedi notarili, e in materia di redazione in doppia lingua delle etichette e degli stampati illustrativi dei farmaci), in riferimento agli artt. 6, 24 e 97 della Costituzione;

che nel giudizio a quo, secondo quanto riferito dal rimettente, si procede per delitto di calunnia a carico di un cittadino di madre lingua tedesca, il quale, con dichiarazione resa in data 4 ottobre 2000, ha scelto di essere processato in lingua italiana, avendo nominato difensore di fiducia anche un legale di madre lingua italiana;

che, in applicazione delle disposizioni impugnate, la scelta compiuta dall’imputato impone la celebrazione del processo in lingua italiana, sebbene anche la parte civile, oltre alla quasi totalità delle persone indicate come testi, appartengano al gruppo linguistico tedesco, con l’ulteriore conseguenza della necessaria presenza di un interprete per la traduzione contestuale, al fine di garantire alle parti ed ai testi di esprimersi nella lingua madre, ed assicurare altresì, a tutti gli interessati, la comprensione del processo;

che, a parere del rimettente, la predetta normativa, là dove rimette alla volontà dell’imputato la scelta della lingua del processo, senza tenere conto del gruppo linguistico cui l’imputato stesso appartiene, conduce a risultati incongrui sotto il profilo della effettività della tutela della minoranza linguistica, tutte le volte in cui – come nel caso di specie – la scelta dell’imputato discenda dalla circostanza che il difensore di fiducia non abbia conoscenza della lingua tedesca;

che, in tali casi, i diritti della minoranza linguistica risulterebbero sacrificati alle sole esigenze del difensore di fiducia dell’imputato, posto che tutta l’attività di traduzione degli atti processuali sarebbe finalizzata non già alla tutela del cittadino appartenente alla minoranza linguistica, bensì a sopperire alla mancata conoscenza della lingua madre dell’imputato da parte del predetto difensore, con l’ulteriore vulnus al diritto di difesa, in quanto l’imputato sarebbe processato in una lingua diversa dalla propria;

che, inoltre, il giudice a quo evidenzia come il criterio soggettivo adottato dal legislatore contrasti anche con la previsione contenuta nell’art. 16, comma 2, del d.P.R. n. 574 del 1988 – come modificato dall’art. 3 del d.lgs. n. 283 del 2001 –, la quale consente al difensore di fiducia di esprimersi nella sua lingua madre, disponendo che le eccezioni e le difese siano tradotte nella lingua del processo;

che, secondo il rimettente, tale previsione presupporrebbe la conoscenza «quanto meno passiva», da parte del difensore di fiducia, della madrelingua del suo assistito, tale da permettergli di approntare una difesa adeguata, fermo restando l’obbligo di usare la lingua delle parti e dei testi all’atto dell’escussione avvalendosi dell’interprete;

che, infine, la situazione delineata violerebbe il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, atteso che le carenze linguistiche della difesa di fiducia verrebbero colmate a spese dello Stato, con riferimento sia all’onere derivante dall’attività dell’interprete sia alla maggiore durata del processo;

che il giudice a quo, pertanto, sollecita la sostituzione del criterio soggettivo, nel quale la scelta della lingua del processo si rivela strumentale alle esigenze «personalissime» della difesa, con quello oggettivo, ancorato al gruppo linguistico di appartenenza dell’imputato, in applicazione del concetto di «lingua presunta», già recepito dall’art. 100, terzo comma, del d.P.R. n. 670 del 1972 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), per disciplinare l’ipotesi in cui l’imputato non effettui alcuna scelta, nonché dall’art. 18-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 574 del 1988, per la nomina del difensore d’ufficio o del sostituto del difensore, ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen.;

che il rimettente giudica la questione rilevante osservando come, nel caso di accoglimento della questione, il giudizio principale dovrebbe essere celebrato in lingua tedesca, essendo questa la lingua delle parti e dei testi, mentre il difensore di fiducia di madrelingua italiana – al quale l’art. 16, comma 2, del d.P.R. n. 574 del 1988, garantisce la possibilità di esprimersi nella sua lingua – potrebbe seguire lo svolgimento del processo facendosi assistere da un interprete, a spese dell’imputato;

che nel giudizio si sono costituiti l’imputato e la parte civile, chiedendo che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile e, comunque, manifestamente infondata;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso negli stessi termini delle parti private;

che, ad avviso della difesa erariale, la censura prospettata con riferimento all’art. 97 della Costituzione sarebbe inammissibile, non vertendosi in materia di organizzazione amministrativa degli uffici giudiziari, bensì di disciplina del processo;

che, inoltre, sotto il profilo della dedotta violazione degli artt. 6 e 24 Cost., le censure sarebbero del tutto infondate, là dove, contrariamente all’assunto del rimettente, l’attribuzione all’imputato della facoltà di scegliere la lingua del processo risulterebbe perfettamente coerente con i parametri evocati, mentre la soluzione propugnata nell’ordinanza di rimessione, di celebrare il processo in ogni caso nella lingua del gruppo di appartenenza dell’imputato, non assicurerebbe pienezza di difesa tutte le volte in cui imputato e difensore di fiducia non abbiano identica madrelingua;

che, con memoria depositata il 31 luglio 2006, la difesa erariale ha ulteriormente argomentato le conclusioni rassegnate con l’atto d’intervento, richiamando la costante giurisprudenza costituzionale sulla estraneità del principio di buon andamento della pubblica amministrazione alle modalità di esercizio della funzione giurisdizionale, tra cui rientrerebbe la determinazione della lingua del processo;

che, con memoria depositata l’11 settembre 2006, la difesa dell’imputato ha svolto numerosi argomenti a sostegno delle conclusioni assunte nell’atto di costituzione, segnalando, in primo luogo, che la normativa dettata dal d.P.R. n. 574 del 1988, in materia di uso della lingua nel processo, è stata più volte ritenuta compatibile con i principi costituzionali (è citata, per tutte, la sentenza n. 271 del 1994), con la conseguenza che la questione sollevata risulterebbe manifestamente infondata;

che, in via preliminare, la parte privata segnala l’erroneità dei presupposti di fatto indicati dal rimettente, con riferimento sia all’appartenenza dell’imputato al gruppo linguistico tedesco, sia alle ragioni poste alla base della scelta della lingua italiana quale lingua del processo, trattandosi di affermazioni entrambe prive di riscontro negli atti processuali;

che, inoltre, ulteriore limite all’ammissibilità della questione deriverebbe dall’effetto che la invocata declaratoria di incostituzionalità sortirebbe sul processo principale, il quale, da processo monolingue si trasformerebbe in processo bilingue, avendo la parte civile scelto anch’essa la lingua italiana, così da provocare un aumento di oneri, anche connessi alla durata del processo, rispetto alla situazione che il rimettente censura;

che, a parere della difesa dell’imputato, il richiamo al principio di cui all’art. 97 Cost. sarebbe comunque inconferente, alla luce della costante giurisprudenza costituzionale secondo la quale detto principio è estraneo all’esercizio della funzione giurisdizionale (è richiamata, tra le molte, l’ordinanza n.138 del 2004);

che, infine, in considerazione dell’evidente contrasto tra la tesi del rimettente e i principi cui sono ispirati sia il d.P.R. n. 574 del 1988, sia le norme contenute negli artt. 109 del codice di procedura penale e 26 delle disposizioni di attuazione cod. proc. pen., in tema di uso della lingua nel processo e tutela del diritto di difesa dell’appartenente a minoranza linguistica, la questione risulterebbe manifestamente inammissibile con riferimento all’art. 24 Cost., per le conseguenze «incostituzionali» che deriverebbero dall’accoglimento della stessa (è citata l’ordinanza n. 68 del 2005).

Considerato che il Tribunale di Bolzano – sezione distaccata di Merano – ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 15, comma 2, e 17, commi 2 e 3, del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello statuto speciale  per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari), come modificati dagli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 29 maggio 2001, n. 283 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige concernenti modifiche e integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, in materia di processo penale e processo civile, nonché in materia di assegnazione di sedi notarili, e in materia di redazione in doppia lingua delle etichette e degli stampati illustrativi dei farmaci), in riferimento agli artt. 6, 24 e 97 della Costituzione;

che questa Corte ha già chiarito che il d.P.R. n. 574 del 1988 pone la tutela dell’imputato al centro della disciplina dell’uso della lingua nel processo penale: infatti, da una parte la normativa vigente non impone agli appartenenti ad una minoranza linguistica l’uso nel processo di una lingua diversa da quella materna, dall’altra consente all’imputato stesso di scegliere la lingua del processo, anche in rapporto alle esigenze della propria difesa tecnica. In particolare, «la facoltà di scelta della lingua del processo come lingua diversa da quella materna, attribuita all’imputato dall’art. 17 d.P.R. n. 574 a chiusura della disciplina generale, raccorda […] la tutela dell’imputato, quale appartenente alla minoranza linguistica, alla tutela connessa alla garanzia, prevista dall’art. 24 Cost., del diritto di difesa anche come difesa tecnica» (sentenza n. 16 del 1995);

che, in coerenza con quanto sopra ricordato, questa Corte ha precisato che la tutela delle minoranze linguistiche ed il diritto di difesa nel processo interferiscono tra loro, ma non coincidono né si sovrappongono (sentenze n. 62 del 1992, n. 271 del 1994, n. 15 del 1996);

che, pertanto, alla luce degli orientamenti consolidati della giurisprudenza costituzionale, le norme censurate realizzano un ragionevole bilanciamento dei principi espressi negli artt. 6 e 24 Cost.;

che, per costante ed uniforme giurisprudenza di questa Corte, il principio di buon andamento della pubblica amministrazione può essere invocato solo con riferimento all’organizzazione degli uffici giudiziari, mentre non riguarda l’esercizio della funzione giurisdizionale (ex plurimis, sentenza n. 174 del 2005 e ordinanze n. 44 del 2006, n. 122 del 2005, n. 275 del 2004);

che non vi sono elementi nuovi per discostarsi, nel caso di specie, dai sopra indicati orientamenti giurisprudenziali.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 15, comma 2, e 17, commi 2 e 3, del d.P.R. 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari), come modificati dagli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 29 maggio 2001, n. 283 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige concernenti modifiche e integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, in materia di processo penale e processo civile, nonché in materia di assegnazione di sedi notarili e in materia di redazione in doppia lingua delle etichette e degli stampati illustrativi dei farmaci), sollevata, in riferimento agli artt. 6, 24 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Bolzano – sezione distaccata di Merano, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2006.

Franco BILE, Presidente

Gaetano SILVESTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2006.