Sentenza n. 336 del 2006

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SENTENZA N. 336

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                                                BILE                             Presidente 

- Giovanni Maria                                  FLICK                            Giudice

- Francesco                                           AMIRANTE                          "

- Ugo                                                    DE SIERVO                          "

- Romano                                              VACCARELLA                    "

- Paolo                                                  MADDALENA                     "

- Alfio                                                   FINOCCHIARO                   "

- Alfonso                                              QUARANTA                        "

- Franco                                                GALLO                                 "

- Luigi                                                   MAZZELLA                         "

- Gaetano                                              SILVESTRI                           "

- Sabino                                                CASSESE                              "

- Maria Rita                                          SAULLE                                "

- Giuseppe                                            TESAURO                             "

- Paolo Maria                                       NAPOLITANO                     "

ha pronunciato la seguente                                                         

SENTENZA

nei giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 29 luglio 1998, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi nei confronti del dott. Andrea Padalino, promosso con ricorso della Corte d’appello di Milano, seconda sezione civile, notificato il 25 agosto 2004, depositato in cancelleria il 9 settembre 2004 ed iscritto al n. 18 del registro conflitti 2004.

            Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;

udito nell’udienza pubblica del 26 settembre 2006 il Giudice relatore Paolo Maddalena;

udito l’avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

1. ¾ Nell’ambito di un giudizio di appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano, recante la condanna del deputato Vittorio Sgarbi al risarcimento del danno per diffamazione aggravata nei confronti del dott. Andrea Padalino, la Corte d’appello di Milano, seconda sezione civile, investita dell’impugnazione principale del deputato Sgarbi e dell’impugnazione incidentale, in punto di quantum, del dott. Padalino, con ordinanza del 26 maggio 2003, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato a seguito della delibera della Camera dei deputati del 29 luglio 1998 (doc. IV-ter, n. 67/A), con cui l’Assemblea ha dichiarato che i fatti per i quali è in corso il suddetto procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Premette la Corte d’appello che la diffamazione a danno del dott. Padalino è avvenuta durante la trasmissione televisiva denominata “Sgarbi Quotidiani” andata in onda il 4 agosto 1994; precisa, inoltre, che il Tribunale ha rigettato la domanda risarcitoria in relazione ad un altro episodio dedotto dall’attore Padalino come diffamatorio, asseritamente avvenuto a Cortina d’Ampezzo il 24 agosto 1994 nel corso della presentazione di un libro.

La Corte d’appello, dopo avere richiamato la giurisprudenza costituzionale relativa all’oggetto del conflitto di attribuzione ed al nesso funzionale che deve intercorrere tra le opinioni espresse e l’attività parlamentare, rileva come nel caso di specie non possa ravvisarsi alcun nesso di tal genere, in quanto «le dichiarazioni incriminate per cui è causa, descritte negli atti di causa e riportate nella relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere (vedi doc. n. 5 prodotto dall’appellante principale), esulano completamente dalle funzioni parlamentari», essendo state rese nell’ambito di una trasmissione televisiva condotta dallo stesso parlamentare e durante una conferenza stampa per la presentazione di un libro, senza alcun collegamento con l’attività istituzionale dello stesso deputato e senza che esse rappresentino una divulgazione all’esterno di una opinione già espressa dall’interessato nell’esercizio delle funzioni parlamentari tipiche.

Secondo la Corte d’appello, la deliberazione della Camera esorbiterebbe dall’ambito derogatorio consentito dall’art. 68, primo comma, della Costituzione e verrebbe, in tal senso, a interferire illegittimamente con le attribuzioni dell’autorità giudiziaria.

Il Giudice ricorrente ha chiesto, pertanto, l’annullamento della delibera in oggetto.

2. ¾ Nel giudizio preliminare di delibazione in camera di consiglio, questa Corte, con ordinanza n. 295 del 2004, depositata il 28 luglio 2004, ha dichiarato ammissibile il conflitto proposto dalla Corte d’appello di Milano, seconda sezione civile.

L’ordinanza di ammissibilità, unitamente all’atto introduttivo del giudizio, è stata notificata il 25 agosto 2004. Il conseguente deposito è stato effettuato il 9 settembre 2004.

3. ¾ Nel giudizio si è costituita la Camera dei deputati, depositando documenti e svolgendo deduzioni, a conclusione delle quali ha chiesto che la Corte dichiari il conflitto inammissibile o improcedibile, e in subordine rigetti il ricorso, dichiarando che spettava alla Camera dei deputati affermare l’insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, in relazione alle opinioni espresse dal deputato Sgarbi, secondo quanto deliberato dall’Assemblea in data 29 luglio 1998.

3.1. ¾ In via preliminare, la Camera eccepisce l’inammissibilità o l’improcedibilità del conflitto, in quanto nel provvedimento introduttivo della Corte d’appello sarebbe del tutto assente una prospettazione del thema decidendum.

Premette la difesa della Camera che l’art. 26, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte prescrive al ricorrente di esporre i fatti alla base del conflitto nonché, quanto meno sommariamente, le ragioni del conflitto medesimo, in aggiunta all’indicazione necessaria delle norme costituzionali che regolano la materia.

Nel caso di specie, non sarebbe dato reperire nel provvedimento introduttivo la benché minima indicazione in ordine al contenuto delle dichiarazioni rese dal deputato Sgarbi, che il Giudice ricorrente ha ritenuto non coperte dalla garanzia costituzionale della insindacabilità. Difetterebbe, inoltre, qualsiasi riferimento al contenuto della delibera della Camera assunta come lesiva ed ai motivi che ne dovrebbero comprovare la illegittimità, essendosi il ricorrente limitato ad affermarne apoditticamente la pretesa arbitrarietà e postulando, in modo altrettanto astratto e non circostanziato, la insussistenza del rapporto con l’attività parlamentare del deputato.

Nella memoria si richiama la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 274 del 2001 e n. 87 del 2002; ordinanze n. 318 del 1999 e n. 264 del 2000) che in fattispecie analoghe, di fronte a simili carenze nella prospettazione del thema decidendum, avrebbe concluso nel senso della inammissibilità del conflitto.

Secondo la difesa della Camera dei deputati, non potrebbe pretendersi di assolvere al predetto onere soltanto ob relationem, ossia facendo rinvio alla sentenza di primo grado o agli atti di causa, ovvero ancora alla stessa delibera di insindacabilità ed alla relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere: difatti, ai sensi del citato art. 26 delle norme integrative, l’onere di esposizione delle ragioni del conflitto grava in via diretta sull’atto introduttivo e ad esso, conseguentemente, spetta indicare gli elementi sufficienti a definire la materia del conflitto che viene sollevato.

In ogni caso, la domanda di annullamento sarebbe inammissibile là dove investe le dichiarazioni per le quali il giudizio di primo grado si è definito con l’assoluzione del deputato Sgarbi: siccome l’appello dell’attore in primo grado non ha riguardato tale capo della sentenza, palese sarebbe il difetto di interesse alla elevazione di un conflitto che per questo verso, in forza del divieto di reformatio in peius, resterebbe ininfluente sul giudizio di appello.

3.2. ¾ Nel merito, ed in via subordinata, si sostiene che le dichiarazioni rese dal deputato Sgarbi, ed indicate nella relativa delibera adottata dalla Camera dei deputati, ricadano comunque nel raggio di azione della garanzia della insindacabilità ex art. 68, primo comma, della Costituzione.

Innanzitutto, la difesa della Camera ritiene che il nesso fra le opinioni espresse e l’attività politico-parlamentare non sia infranto dal ruolo di conduttore televisivo svolto da chi quelle medesime opinioni abbia ritenuto di esprimere, giacché la garanzia in questione è applicabile anche alle opinioni rese extra moenia, salvo il requisito della loro correlazione con l’attività politico-parlamentare.

Circa la sussistenza del nesso funzionale, la memoria fa presente che le dichiarazioni rese nei confronti del dott. Andrea Padalino si collocano nel quadro di considerazioni critiche espresse dal deputato Sgarbi sul funzionamento del Tribunale di Milano e segnatamente sui rapporti intercorrenti tra l’ufficio del pubblico ministero e quello del giudice per le indagini preliminari in tema di irrogazione di misure privative della libertà personale nel periodo di “Tangentopoli”.

Ciò premesso, secondo la difesa della Camera vi sarebbero numerosi atti di controllo e dichiarazioni rese nel plenum, i quali testimonierebbero che il filo conduttore dell’attività politico-parlamentare del deputato Sgarbi consiste proprio nella denuncia dell’operato di alcuni uffici giudiziari che, ad avviso del deputato medesimo, non sarebbe stato improntato a criteri adeguati al valore che riveste la libertà personale dei cittadini.

Al riguardo si richiamano: l’interrogazione n. 3/00189 del 1° agosto 1994; l’interrogazione n. 3/00191 presentata nella medesima data; l’interrogazione n. 4/15496 dell’8 novembre 1995; l’interrogazione n. 4/16345 del 29 novembre 1995. La difesa della Camera fa inoltre presente che la questione delle modalità di esercizio dei poteri del giudice per le indagini preliminari, come risulta dalla interrogazione n. 4/03252 del 5 dicembre 1996, presentatore Tabladini, e dalla relativa risposta del Governo, si è posta in relazione alla vicenda Caneschi pressoché coincidente sul piano temporale con le dichiarazioni attualmente sub iudice, vicenda che è stata «oggetto di esame e di valutazione sul piano disciplinare da parte del Ministro dell’epoca, il quale ritenne di promuovere, in data 7 settembre 1995, la relativa azione nei confronti dei dottori Elio Ramondini e Andrea Padalino, rispettivamente sostituto procuratore della Repubblica e giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Milano». A conferma di tale specifica correlazione, la difesa della Camera ricorda gli interventi del deputato Sgarbi nella seduta del 18 giugno 1998 nonché nella seduta del 3 novembre 1998.

Onde dar conto dell’impegno del deputato sul tema, nella memoria si rammenta che il deputato Sgarbi si è fatto promotore della proposta di legge n. 2747 (22 giugno 1995) per la tutela del diritto alla salute delle persone sottoposte a misure privative o limitative della libertà e, unitamente ad altri deputati, della proposta di legge n. 3697 (15 gennaio 1996) in materia di diritto all’informazione sulle condizioni di detenzione. Si richiamano, infine, i numerosi interventi in Aula (nelle sedute del 19 maggio 1994, del 21 luglio 1994, del 13 settembre 1995, del 25 ottobre 1995 e del 26 ottobre 1995) sulle garanzie del giusto processo e della libertà personale.

La polemica che, soprattutto in quel frangente della vita nazionale, caratterizzava l’attività posta in essere dal deputato Sgarbi (ma anche quella di numerosi altri parlamentari) riguardante in particolare il modus operandi dei giudici milanesi, avrebbe precipuamente avuto di mira le decisioni assunte in tema di privazione della libertà personale. Ad avviso della Camera, in tale polemica, per gli stessi termini in cui si è manifestata negli atti tipici, sarebbe da ravvisare una portata generale suscettibile di investire anche gli organi, quali sono appunto i giudici per le indagini preliminari, deputati al controllo dei presupposti delle richieste in tal senso avanzate dagli organi inquirenti.

Così inquadrata, la vicenda in oggetto, concernente dichiarazioni critiche rivolte ad un giudice per le indagini preliminari milanese, si dimostrerebbe, al di là delle espressioni di mero contorno, in linea di continuità con il nucleo polemico ricorrente negli atti sopra richiamati e con i suoi destinatari, sicché fondatamente si sarebbe addivenuti nel caso di specie alla dichiarazione di operatività della garanzia costituzionale di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione.

4. ¾ In prossimità dell’udienza, la Camera dei deputati ha depositato una memoria illustrativa ribadendo l’eccezione di inammissibilità o improcedibilità del conflitto e mantenendo comunque ferme le deduzioni prospettate in via subordinata a sostegno dell’infondatezza nel merito del conflitto.

Considerato in diritto

            1. ¾ Il presente conflitto di attribuzione è stato sollevato dalla Corte d’appello di Milano, seconda sezione civile, nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla deliberazione dalla stessa assunta in data 29 luglio 1998 (doc. IV-ter, n. 67/A), con la quale è stata affermata l’insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi nel corso della trasmissione televisiva «Sgarbi Quotidiani» in onda su Canale 5 in data 4 agosto 1994 e della presentazione in pubblico, a Cortina d’Ampezzo in data 24 agosto 1994, di un libro; opinioni con riguardo alle quali pende un procedimento civile di risarcimento del danno da diffamazione davanti alla medesima Corte d’appello.

Secondo il Giudice ricorrente, tali dichiarazioni esulerebbero completamente dalle funzioni parlamentari, essendo state rese nell’ambito di una trasmissione televisiva condotta dallo stesso parlamentare e durante una conferenza stampa per la presentazione di un libro, senza alcun collegamento con l’attività istituzionale dello stesso deputato e senza che esse rappresentino una divulgazione all’esterno di una opinione già espressa dall’interessato nell’esercizio delle funzioni parlamentari tipiche. La deliberazione della Camera, pertanto, esorbiterebbe dall’ambito derogatorio consentito dall’art. 68, primo comma, della Costituzione e verrebbe ad interferire illegittimamente con le attribuzioni dell’autorità giudiziaria.

2. ¾ La Camera dei deputati, costituendosi nel presente giudizio, ha chiesto alla Corte di dichiarare il ricorso inammissibile o improcedibile sotto un duplice profilo: innanzitutto, per la carenza, nell’atto introduttivo, dei requisiti minimi prescritti dall’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, stante l’assenza di qualsiasi prospettazione del thema decidendum nell’atto introduttivo, non essendo dato reperire in esso alcuna indicazione in ordine al contenuto delle dichiarazioni rese dal deputato Sgarbi e mancando qualsiasi riferimento al contenuto della delibera della Camera assunta come lesiva ed ai motivi che ne dovrebbero comprovare la illegittimità; in secondo luogo, perché esso investirebbe anche dichiarazioni (quelle rese a Cortina d’Ampezzo il 24 agosto 1994 nel corso della presentazione di un libro) per le quali il giudizio di primo grado è stato definito con l’assoluzione del deputato Sgarbi, non riguardando l’appello dell’attore in primo grado tale capo della sentenza.

Nel merito, la Camera ritiene il ricorso infondato, indicando e producendo atti parlamentari tipici dai quali si desumerebbe che le dichiarazioni rese nei confronti del dott. Andrea Padalino (non citate nel ricorso che ha sollevato il conflitto) si collocano nel quadro di considerazioni critiche espresse dal deputato Sgarbi sul funzionamento del Tribunale di Milano e segnatamente sui rapporti intercorrenti tra l’ufficio del pubblico ministero e quello del giudice per le indagini preliminari in tema di irrogazione di misure privative della libertà personale nel periodo di “Tangentopoli”.

3. ¾ L’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Camera dei deputati è fondata.

Questa Corte, con l’ordinanza n. 295 del 2004, ha ritenuto, in sede di prima e sommaria delibazione, ammissibile il conflitto, riservando espressamente all’attuale fase processuale, nella quale il giudizio si svolge nel contraddittorio tra le parti, ogni ulteriore decisione, anche relativamente all’ammissibilità.

Secondo l’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato deve contenere, tra l’altro, «l’esposizione sommaria delle ragioni di conflitto»: l’atto introduttivo deve quindi indicare gli elementi sufficienti a definire la materia del conflitto che con esso viene sollevato ed in particolare, trattandosi nella specie di conflitto tra l’autorità giudiziaria e la Camera dei deputati, deve riferirsi, innanzitutto, ai fatti per i quali pende il procedimento dinanzi al giudice ricorrente (sentenze n. 79 del 2005 e n. 274 del 2001).

Al contrario, il ricorso della Corte d’appello è privo di qualsiasi riferimento agli specifici fatti per cui si procede, elementi necessari ai fini della compiuta percezione delle ragioni del conflitto: esso infatti non riporta in alcun modo le dichiarazioni rese dal deputato Vittorio Sgarbi in relazione alle quali è pendente il procedimento civile dinanzi alla Corte d’appello ricorrente e che invece assumono importanza fondamentale ai fini dell’accertamento dell’eventuale nesso funzionale con atti parlamentari tipici di cui le dichiarazioni stesse potrebbero essere espressione, ma si limita a indicare il contesto (una trasmissione televisiva ed una conferenza per la presentazione di un libro) nel quale esse sarebbero state pronunciate.

A colmare la lacuna della mancata descrizione della fattispecie oggetto del giudizio civile, non può soccorrere la circostanza che le dichiarazioni in questione – come si legge nel ricorso introduttivo – sono «descritte negli atti di causa e riportate nella relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere (doc. n. 5 prodotto dall’appellante principale)», giacché, in base al principio di autosufficienza del ricorso, è nel solo atto introduttivo e negli eventuali documenti ad esso allegati che devono essere rinvenuti gli elementi identificativi della causa petendi e del petitum, relativi al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (cfr. ordinanze n. 129 del 2005, n. 264 e n. 140 del 2000) .

La mancanza di una compiuta esposizione dei presupposti di fatto del conflitto di attribuzione, precludendo a questa Corte di accertare se sussista il nesso funzionale tra le frasi pronunciate nel corso della trasmissione televisiva e della conferenza per la presentazione di un libro e gli eventuali atti parlamentari tipici di cui le frasi stesse potrebbero costituire la divulgazione esterna, si traduce nel difetto di un requisito essenziale del ricorso, che deve conseguentemente essere dichiarato inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2006.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2006.