Sentenza n. 333 del 2006

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SENTENZA N. 333

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                     BILE                                                              Presidente

- Giovanni Maria       FLICK                                                             Giudice

- Francesco                AMIRANTE                                                         ”

- Ugo                         DE SIERVO                                                         ”

- Paolo                       MADDALENA                                                    ”

- Alfio                       FINOCCHIARO                                                  ”

- Alfonso                   QUARANTA                                                        ”

- Franco                     GALLO                                                                 ”

- Luigi                       MAZZELLA                                                         ”

- Gaetano                  SILVESTRI                                                          ”

- Sabino                     CASSESE                                                             ”

- Maria Rita               SAULLE                                                               ”

- Giuseppe                 TESAURO                                                            ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito degli artt. 2, comma 1, lettere a), b), f) e i), e 3, comma 1, lettera g), del decreto del Vicepresidente del Consiglio dei ministri 31 maggio 2004 (Linee di indirizzo amministrativo in tema di promozione e coordinamento delle politiche, per prevenire e contrastare il diffondersi delle tossicodipendenze e delle alcooldipendenze correlate), promosso con ricorso della Regione Umbria, notificato il 3 agosto 2004, depositato in cancelleria il 7 agosto 2004 ed iscritto al n. 12 del registro conflitti del 2004.

            Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

            udito nell’udienza pubblica del 4 luglio 2006 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;

            uditi l’avvocato Giovanni Tarantino per la Regione Umbria e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso, notificato il 3 agosto 2004 e depositato il 7 agosto 2004, la Regione Umbria, in persona del Presidente pro tempore, ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione al decreto del Vicepresidente del Consiglio dei ministri 31 maggio 2004 (Linee di indirizzo amministrativo in tema di promozione e coordinamento delle politiche, per prevenire e contrastare il diffondersi delle tossicodipendenze e delle alcooldipendenze correlate), per violazione degli artt. 114, 117, secondo, terzo e quarto comma, e 118 della Costituzione.

1.1. – La ricorrente, dopo aver ricordato che il decreto impugnato è stato adottato in conformità alla delega conferita al Vicepresidente del Consiglio dei ministri dal Presidente dello stesso organo con d.P.C.m. 2 aprile 2004 (Delega di funzioni al Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, on. dott. Gianfranco Fini, in materia di politiche di contrasto e recupero al diffondersi delle tossicodipendenze), ricostruisce l’evoluzione normativa che ha portato all’istituzione del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga.

In particolare, la Regione evidenzia come il d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) abbia affidato il coordinamento delle p7olitiche nazionali per l’azione antidroga ad un comitato interministeriale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Lo stesso d.P.R. n. 309 del 1990 ha, inoltre, istituito un Osservatorio permanente che verifica l’andamento del fenomeno della tossicodipendenza, acquisendo periodicamente e sistematicamente i dati necessari alla definizione delle politiche nazionali in materia (art. 1, commi 7-11).

A questi organi si è aggiunto il Dipartimento per le politiche nazionali antidroga che, originariamente previsto dal d.P.C.m. 15 novembre 2001, è stato dotato della necessaria organizzazione interna con il d.P.C.m. 15 febbraio 2002. Esso è stato configurato come «struttura di missione» della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 7 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 (Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59).

Il d.P.C.m. 23 luglio 2002 (Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei ministri) ha ulteriormente precisato le funzioni del detto Dipartimento, attribuendogli, tra l’altro, i compiti di effettuare le attività istruttorie necessarie ai fini dell’esercizio del potere di indirizzo e coordinamento del Governo; di predisporre, in applicazione degli indirizzi generali del Governo, un piano triennale di contrasto alla diffusione del fenomeno della droga; di verificare il rispetto, da parte dei Ministeri interessati e degli altri soggetti pubblici e privati operanti nel settore, delle linee guida e degli obiettivi previsti dal Piano, nonché di ogni ulteriore provvedimento del Governo in materia di recupero dei tossicodipendenti, sia per l’utilizzazione delle risorse finanziarie che per l’attuazione degli interventi (art. 36).

Nella ricostruzione dell’evoluzione normativa in materia la ricorrente si sofferma, poi, sull’art. 3, comma 83, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), che ha introdotto l’art. 6-bis nel testo del d.lgs. n. 303 del 1999. Con questa norma è stata prevista in via permanente l’istituzione, nell’ambito della Presidenza del Consiglio, di un apposito Dipartimento per il coordinamento delle politiche antidroga, al quale «sono trasferite le risorse finanziarie, strumentali ed umane connesse allo svolgimento delle competenze già attribuite al Dipartimento per le politiche sociali e previdenziali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali».

La Regione Umbria evidenzia, al riguardo, come il citato comma 83 dell’art. 3 abbia operato «una significativa riduzione» delle funzioni del Dipartimento, rispetto a quelle precedentemente attribuite dal d.P.C.m. 23 luglio 2002. A suo dire, si è trattato di «una scelta evidentemente dettata dalla necessità di adeguare il ruolo ed i compiti di tale struttura al mutato quadro istituzionale dei rapporti tra lo Stato e le Regioni, a seguito della revisione del Titolo V della Costituzione, con specifico riferimento alle materie della tutela della salute e dell’assistenza sociale».

Con il d.P.C.m. 15 marzo 2004 è soppressa la precedente struttura di missione ed il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga diviene una struttura generale permanente della Presidenza del Consiglio dei ministri. Con il d.P.C.m., citato da ultimo, sono mantenute in capo al Dipartimento le funzioni già conferitegli dalla legge n. 350 del 2003, mentre è abrogato l’art. 36 del d.P.C.m. 23 luglio 2002.

Infine, la ricorrente ricorda che con il d.P.C.m. 2 aprile 2004 sono state delegate al Vicepresidente del Consiglio dei ministri «le funzioni relative alla promozione ed al coordinamento delle politiche per prevenire, monitorare e contrastare il diffondersi delle tossicodipendenze e delle alcooldipendenze correlate».

È proprio in attuazione di questa delega che il Vicepresidente del Consiglio ha dettato, con proprio decreto 31 maggio 2004, le «Linee di indirizzo amministrativo in tema di promozione e coordinamento delle politiche, per prevenire e contrastare il diffondersi delle tossicodipendenze e delle alcooldipendenze correlate».

1.2. – Passando all’esposizione delle ragioni dell’odierno conflitto, la Regione Umbria sottolinea, in via generale, come il Vicepresidente non si sia limitato ad individuare le priorità politiche e a definire gli indirizzi in materia, ma abbia provveduto a «ridefinire integralmente le funzione del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, estendendone i compiti al di là di quanto espressamente previsto dalla legge finanziaria e recuperando, a tal fine, funzioni già previste dall’art. 36 del d.P.C.m. 23 luglio 2002, espressamente abrogato dal d.P.C.m. 15 marzo 2004».

Per questo motivo, la difesa regionale ritiene che il decreto in parola sia «gravemente lesivo delle attribuzioni garantite alle Regioni dal nuovo sistema costituzionale di riparto delle competenze […] introdotto con la revisione del Titolo V della Costituzione». In particolare, la ricorrente rileva come «l’attuale assetto dei poteri statali nei confronti delle Regioni [sia] ispirato dall’intento di eliminare tutti quegli istituti che meglio esprimono un rapporto di subordinazione delle Regioni, quali la funzione statale di indirizzo e coordinamento e la previsione di controlli sugli atti regionali». Inoltre, i compiti affidati al Dipartimento riguarderebbero l’esercizio di funzioni normative e amministrative in ambiti materiali di competenza delle Regioni: la tutela della salute e l’assistenza sociale; in queste materie, allo Stato spetterebbe soltanto la determinazione dei principi fondamentali, nel primo caso, e dei livelli essenziali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., nel secondo. Competerebbe, invece, in via esclusiva allo Stato la lotta alla tossicodipendenza, limitatamente ai profili concernenti la tutela dell’ordine pubblico.

1.3. – In merito alle singole censure, la ricorrente ritiene, innanzitutto, che le disposizioni di cui alle lettere a) e b) dell’art. 2, comma 1, si pongano in contrasto con gli artt. 114, 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost. Le norme impugnate stabiliscono che il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga ha, tra l’altro, il compito di «a) assicurare il necessario supporto amministrativo alla funzione di indirizzo e coordinamento del Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga» e di «b) effettuare le attività istruttorie necessarie ai fini dell’esercizio del potere di indirizzo e coordinamento del Governo».

La Regione Umbria, richiamando l’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), afferma che «il Governo non ha più titolo all’esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento», in quanto si tratta di materie di cui al terzo e al quarto comma dell’art. 117 Cost. Né, a suo dire, tale titolo potrebbe ravvisarsi nelle disposizioni di cui al d.P.R. n. 309 del 1990 che fanno espresso riferimento all’esercizio da parte del Governo della funzione di indirizzo e coordinamento. Esse, infatti, sarebbero «venute meno» a seguito della citata legge n. 131 del 2003, nonché della sentenza n. 329 del 2003 di questa Corte.

1.4. – Un secondo oggetto di censura viene ravvisato dalla ricorrente nell’art. 2, comma 1, lettera f), del decreto in esame, là dove dispone che è compito del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga «predisporre, in applicazione degli indirizzi generali del Governo, un Piano di interventi pluriennale di contrasto alla diffusione del fenomeno della droga, nonché ulteriori proposte e piani operativi»; unitamente a questa viene impugnata la statuizione di cui alla lettera g) dell’art. 3, comma 1, che individua, fra gli obiettivi che il Dipartimento avrebbe dovuto conseguire nel 2004, l’aggiornamento del Piano nazionale degli interventi di cui sopra, «anche sulla base dei contributi delle regioni e del privato sociale».

Al riguardo, la Regione Umbria obietta che si tratta di «un potere generale di pianificazione che limita le attribuzioni generali, senza essere sorretto da alcun fondamento normativo, visto che il d.P.R. n. 309 del 1990 non contiene nessuna disposizione in materia». Più precisamente si tratterebbe di «funzioni e finalità che riguardano la generalità delle politiche antidroga e quindi tutti gli aspetti concernenti la materia della tutela della salute e l’assistenza sociale, di competenza delle Regioni ai sensi degli artt. 117, terzo e quarto comma». In proposito, la ricorrente non nega che lo Stato possa intervenire in materia, sia pure solo per «individuare i principi fondamentali (tutela della salute) e determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (tutela della salute e assistenza sociale)».

D’altra parte, aggiunge la Regione, l’attribuzione di una siffatta funzione di pianificazione generale non è disposta con legge secondo le procedure e nel rispetto del principio di leale collaborazione, come indicato da questa Corte nella sentenza n. 303 del 2003. Le disposizioni censurate, infatti, non specificherebbero «in quale misura l’esercizio di tali compiti garantisca il rispetto delle prerogative e competenze regionali, che potrebbe essere assicurato solo da un’azione concertativa mediante lo strumento dell’intesa».

1.5. – Viene, infine, censurato l’art. 2, comma 1, lettera i), del decreto, che assegna al Dipartimento il compito di «verificare il rispetto, da parte delle amministrazioni dello Stato competenti e degli altri soggetti pubblici e privati operanti nel settore, delle indicazioni previste dal Piano di interventi e da ogni ulteriore provvedimento del Governo in materia di recupero dei tossicodipendenti, sia per l’utilizzazione delle risorse finanziarie, sia per l’attuazione degli interventi».

La statuizione in parola è impugnata in quanto ritenuta esorbitante dalle competenze dello Stato, innanzitutto perché, non spettando a quest’ultimo la competenza di carattere pianificatorio nelle materie in esame, non potrebbe essergli riconosciuta neanche quella di esercitare poteri di controllo.

Più in generale, lo Stato, in ossequio alla pari dignità istituzionale riconosciuta dal nuovo testo dell’art. 114 Cost. a tutti gli enti costitutivi della Repubblica, non avrebbe alcun titolo a svolgere controlli sugli atti delle Regioni. Né, d’altra parte, potrebbe giustificarsi un intervento sostitutivo del Governo al di fuori dei casi di cui all’art. 120 Cost. e senza il rispetto delle procedure espressamente individuate dall’art. 8 della legge n. 131 del 2003.

A detta della difesa regionale, la previsione di cui alla lettera i) sarebbe in contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost. anche con riferimento al potere di verifica del rispetto di «ogni ulteriore provvedimento del Governo in materia di recupero dei tossicodipendenti». Infatti, trattandosi di interventi «senz’altro da ricondurre alla materia dell’assistenza sociale», essi costituirebbero una «parte fondamentale dei compiti delle Regioni», spettando allo Stato solo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali inerenti al recupero dei tossicodipendenti.

1.6. – Per le ragioni suesposte la Regione chiede che la Corte dichiari che non spettava allo Stato, attraverso la struttura organizzativa del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, l’esercizio dei compiti e delle funzioni previste nell’art. 2, comma 1, lettere a), b), f) e i), e nell’art. 3, comma 1, lettera g), del decreto del Vicepresidente del Consiglio dei ministri 31 maggio 2004, richiamato in premessa; la ricorrente chiede altresì che venga annullato lo stesso nelle parti sopra indicate e per i profili evidenziati nel ricorso.

2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che il ricorso sia rigettato in quanto infondato.

Secondo la difesa erariale il provvedimento impugnato disciplinerebbe l’organizzazione interna del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, determinandone i compiti in conformità alla delega conferita al Vicepresidente del Consiglio. A questo proposito, il resistente rileva che l’elencazione dei compiti affidati al Dipartimento costituirebbe solo «una esemplificazione» delle competenze già attribuite alla predetta struttura e «non già, come evocato dalla ricorrente, una nuova allocazione di funzioni e compiti ai sensi dell’art. 118 della Costituzione né, tanto meno, una diversa attribuzione di competenze rispetto al riparto delineato dall’art. 117 della Costituzione». D’altra parte, osserva il Presidente del Consiglio, il provvedimento impugnato non potrebbe rappresentare uno strumento idoneo per il conferimento di nuove funzioni amministrative.

Più in generale, la difesa dello Stato sottolinea come l’attività di coordinamento, che il detto Dipartimento è chiamato a svolgere, riguardi pur sempre «azioni già attribuite alle amministrazioni dello Stato competenti».

Il resistente conclude rilevando che il decreto impugnato contemplerebbe, inoltre, «un’attività di collaborazione con le Regioni nel settore della prevenzione» e soprattutto espliciterebbe «la competenza esclusiva dello Stato nelle attività concernenti la lotta alla tossicodipendenza sotto il profilo riguardante la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza».

3. – In prossimità dell’udienza la Regione Umbria ha depositato una memoria con la quale insiste nella richiesta dell’accoglimento delle conclusioni formulate nel ricorso.

In particolare, la ricorrente contesta le argomentazioni svolte dalla difesa erariale nell’atto di costituzione, ribadendo che il decreto impugnato «ridefinisce integralmente le funzioni del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, estendendone i compiti al di là di quanto espressamente previsto dalla legge [n. 350 del 2003] e recuperando, a tal fine, funzioni già previste dall’art. 36 del d.P.C.m. 23 luglio 2002, espressamente abrogato dal d.P.C.m. 15 marzo 2004».

La difesa regionale, dopo aver ripreso molte delle argomentazioni già svolte nel ricorso, pone a confronto le funzioni attribuite al Dipartimento dall’art. 6-bis del d.lgs. n. 303 del 1999 e quelle previste nel decreto impugnato, notando come risulti «fin troppo evidente che esse sono state notevolmente ampliate».

Infine, la Regione conclude rilevando l’impossibilità di ricondurre tutte le funzioni elencate nel decreto alla materia dell’ordine pubblico e sicurezza, trattandosi piuttosto di attività funzionali alla tutela della salute.

Considerato in diritto

1. – Con ricorso notificato il 3 agosto 2004 e depositato il 7 agosto 2004, la Regione Umbria, in persona del Presidente pro tempore, ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione all’art. 2, comma 1, lettere a), b), f) e i), ed all’art. 3, comma 1, lettera g), del decreto del Vicepresidente del Consiglio dei ministri 31 maggio 2004 (Linee di indirizzo amministrativo in tema di promozione e coordinamento delle politiche, per prevenire e contrastare il diffondersi delle tossicodipendenze e delle alcooldipendenze correlate), per violazione degli artt. 114, 117, secondo, terzo e quarto comma, e 118 della Costituzione.

2. – Successivamente alla proposizione del ricorso è stata emanata la legge 17 luglio 2006, n. 233 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri. Delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri), la quale, modificando il comma 6 dell’art. 1 del decreto-legge convertito, ha così previsto: «Sono altresì trasferiti al Ministero della solidarietà sociale, con le inerenti risorse finanziarie e con l’Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze di cui al comma 556 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, i compiti in materia di politiche antidroga attribuiti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’articolo 6-bis del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, è abrogato. Il personale in servizio presso il soppresso dipartimento nazionale per le politiche antidroga è assegnato alle altre strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fatto comunque salvo quanto previsto dall’articolo 12, comma 1, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni».

La legge n. 233 del 2006, abrogando la norma istitutiva del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga (art. 6-bis del d.lgs. n. 303 del 1999), ha profondamente inciso sull’oggetto del conflitto che verte sulle attribuzioni del soppresso Dipartimento.

Ne consegue che, a seguito del predetto intervento legislativo, il conflitto in questione deve essere ritenuto inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse della ricorrente.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Umbria con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2006.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Gaetano SILVESTRI, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2006.