Sentenza n. 284 del 2006

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA  N. 284

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Franco                    BILE                                                   Presidente

-    Giovanni Maria      FLICK                                                  Giudice

-    Ugo                        DE SIERVO                                              ”

-    Romano                 VACCARELLA                                        ”

-    Paolo                      MADDALENA                                         ”

-    Alfio                      FINOCCHIARO                                       ”

-    Alfonso                  QUARANTA                                             ”

-    Franco                    GALLO                                                      ”

-    Luigi                      MAZZELLA                                              ”

-    Gaetano                 SILVESTRI                                               ”

-    Sabino                    CASSESE                                                  ”

-    Maria Rita              SAULLE                                                    ”

-    Giuseppe                TESAURO                                                 ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 14, comma 5, e 33, comma 2, della legge della Regione Calabria 17 agosto 2005, n. 13 (Provvedimento generale, recante norme di tipo ordinamentale e finanziario – collegato alla manovra di assestamento di bilancio per l’anno 2005 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 17 ottobre 2005, depositato in cancelleria il successivo giorno 19 ed iscritto al n. 86 del registro ricorsi 2005.

Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria;

udito nell’udienza pubblica del 20 giugno 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi l’avvocato Federico Sorrentino per la Regione Calabria e l’avvocato dello Stato Aldo Linguiti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto


1.— Con ricorso notificato il 17 ottobre 2005 e depositato il successivo giorno 19, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 14, comma 5, e 33, comma 2, della legge della Regione Calabria 17 agosto 2005, n. 13 (Provvedimento generale, recante norme di tipo ordinamentale e finanziario – collegato alla manovra di assestamento di bilancio per l’anno 2005 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), per violazione degli artt. 117, primo comma, secondo comma, lettera s), terzo comma, e 120, secondo comma, della Costituzione.

Le disposizioni impugnate prevedono, rispettivamente, la sospensione della realizzazione del raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro (art. 14, comma 5), nonché la sospensione della realizzazione e dell’esercizio dell’impianto di smaltimento e stoccaggio dei rifiuti solidi urbani sito in Reggio Calabria, frazione di Sambatello, località «Cartiera», di cui all’ordinanza 29 luglio 2002, n. 1963 del Commissario delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria (art. 33, comma 2), in attesa dell’approvazione del nuovo piano regionale dei rifiuti.

Il ricorrente sottolinea che lo stato di emergenza nella Regione Calabria è stato dichiarato, ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del servizio nazionale della protezione civile), con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 settembre 1997 e protratto, fino al 31 dicembre 2005, con d.P.C.M. 23 dicembre 2004. In questo arco temporale, il Commissario delegato è preposto ad effettuare gli interventi necessari al superamento dell’emergenza ambientale nel settore sia delle acque che dei rifiuti.

1.1.— Svolta questa premessa, il ricorrente assume, innanzitutto, che le disposizioni impugnate eccederebbero la competenza legislativa in materia di protezione civile, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, violando «i principi fondamentali di cui alla legge n. 225 del 1992 (in particolare gli artt. 2, 5 e 12)».

In secondo luogo, le norme censurate violerebbero l’art. 117, primo comma, della Costituzione, in riferimento ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, nonché l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in quanto i piani di gestione dei rifiuti sono predisposti dalle Regioni come previsto dalle direttive 91/156/CEE del 18 marzo 1991 (Direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti), 91/689/CEE del 12 dicembre 1991 (Direttiva del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi), e 94/62/CE del 20 dicembre 1994 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio), attuate dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio). L’art. 22, comma 8, di quest’ultimo decreto prevede espressamente che, in caso di inerzia della Regione, il Ministro dell’ambiente adotta in via sostitutiva i provvedimenti necessari alla elaborazione del piano. La sospensione adottata dalla legge regionale – sottolinea la difesa statale – «di fatto blocca le iniziative intraprese dal Commissario delegato e viola i principi costituzionali da ultimo richiamati».

Infine, il ricorrente assume che le norme censurate contrasterebbero anche con il principio di leale collaborazione di cui all’art. 120, secondo comma, della Costituzione, in quanto la vigente normativa in materia di “protezione civile” (decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, recante «Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile», convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 9 novembre 2001, n. 401) dispone che le ordinanze di protezione civile debbano essere emanate d’intesa tra il Governo e la Regione interessata, proprio allo scopo di evitare che disposizioni, pur se eccezionali, possano invadere «competenze reciproche». Con le norme impugnate, pertanto, la Regione, sospendendo unilateralmente gli effetti di provvedimenti adottati previa intesa, avrebbe violato il principio di leale collaborazione.

2.— Si è costituita la Regione Calabria, la quale contesta il presupposto da cui muove il ricorrente e cioè che la dichiarazione dello stato di emergenza e la nomina di un Commissario delegato precluda alla Regione la possibilità di esercitare le proprie potestà normative in materia di “protezione civile” «nell’ambito delle decisioni adottate dallo stesso Commissario» per il periodo di vigenza del medesimo stato di emergenza.

Assume la difesa regionale che la stessa legge n. 225 del 1992 prevede la partecipazione della Regione all’organizzazione e all’attuazione delle attività di protezione civile anche in presenza della dichiarazione dello stato di emergenza.

La giurisprudenza della Corte avrebbe, inoltre, stabilito che «l’emergenza non legittima il sacrificio illimitato dell’autonomia regionale» e che «l’esercizio del potere di ordinanza deve quindi risultare circoscritto per non compromettere il nucleo essenziale delle attribuzioni regionali» (sentenza n. 127 del 1995). Occorrerebbe, dunque, a fronte degli ampi poteri attribuiti al Commissario dalla legge n. 225 del 1992, tutelare la potestà legislativa regionale.

Del resto, si aggiunge, la Regione sarebbe intervenuta non già «per porre nel nulla un intervento disposto dal Commissario (quello per l’impianto di Regione Calabria)», ma unicamente per sospenderne gli effetti fino all’adozione del piano regionale dei rifiuti, al fine di razionalizzare gli interventi stessi dopo oltre otto anni di gestione straordinaria della crisi legata allo smaltimento dei rifiuti (si cita il d.P.C.M. 12 settembre 1997, con il quale è stato dichiarato lo stato di emergenza nella Regione Calabria, e le ulteriori proroghe attuate con successivi decreti sino al d.P.C.M. 23 dicembre 2004).

La difesa regionale evidenzia, inoltre, come la competenza all’adozione del piano è regionale (art. 84 della legge della Regione Calabria 12 agosto 2002, n. 34, recante «Riordino delle funzioni amministrative regionali e locali») e che detto piano disciplina, tra l’altro, «la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella Regione» (art. 22, comma 3, lettera b, del d.lgs. n. 22 del 1997), «per cui non è dubbio che l’adozione dello stesso assicura una più adeguata considerazione degli interessi coinvolti».

2.1.— Alla luce delle considerazioni che precedono la difesa regionale assume, innanzitutto, la inammissibilità, per genericità, della censura di violazione dei principi fondamentali di cui alla legge n. 225 del 1992, in quanto il ricorrente non avrebbe indicato quali sarebbero i principi violati, limitandosi «a rinviare genericamente ad alcuni articoli di legge».

Nel merito, comunque, la questione sarebbe, nella prospettiva della Regione, non fondata, atteso che, come già rilevato, la citata legge n. 225 del 1992 (artt. 5, comma 2, e 12) assicurerebbe la partecipazione regionale nella gestione dell’emergenza.

Quanto alla seconda censura si osserva come sarebbero del tutto inconferenti i richiami alle «direttive rifiuti» così come recepite dal d.lgs. n. 22 del 1997. In particolare, si afferma contestualmente, «è incomprensibile il riferimento all’art. 22, comma 8, del suddetto decreto» (relativo al potere sostitutivo statale per l’adozione dei provvedimenti necessari all’elaborazione del piano di gestione dei rifiuti), il quale, secondo la difesa regionale, non riguarderebbe le sospensioni disposte dalle norme impugnate.

Infine, si assume che sarebbe «inappropriato il richiamo al principio di leale collaborazione dal momento che la norma impugnata non dispone la revoca dell’ordinanza del Commissario, né la priva di efficacia sine die, bensì si limita a disporne la sospensione fino all’adozione del nuovo piano di gestione dei rifiuti, di sua esclusiva competenza».

3.— Nell’imminenza dell’udienza pubblica la Regione Calabria ha depositato una memoria con la quale ha sottolineato, in particolare, che, pur non essendovi dubbi che «particolarmente estesa sia la competenza statale», nondimeno residuerebbero in materia «delle competenze regionali (…) in vista della scadenza dello stato di emergenza, al fine di assicurare il rientro nell’ordinario delle attività della fase emergenziale». La Regione sarebbe intervenuta, al fine di «razionalizzare gli interventi stessi dopo oltre otto anni di gestione straordinaria della crisi legata allo smaltimento dei rifiuti per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi» (si cita la sentenza n. 82 del 2006 di questa Corte). Le norme impugnate sarebbero, pertanto, state emanate in attuazione della competenza espressamente conferita alla Regione dall’art. 108, lettera a), n. 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), secondo cui spettano alle Regioni le funzioni relative all’«attuazione degli interventi necessari per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi». In particolare, le disposizioni censurate sarebbero «funzionali ad una complessiva riorganizzazione dell’emergenza rifiuti da realizzarsi con la prossima adozione del piano regionale dei rifiuti». «Negare un tale potere» – conclude la difesa regionale – «significherebbe non solo negare un’espressa competenza regionale (…), ma ancor di più precludere un’ordinata e razionale gestione ordinaria dei rifiuti, condannando così il territorio interessato ad una gestione perennemente straordinaria ed eccezionale legata alla contingenza dello stato di emergenza».

Considerato in diritto

1.— L’impugnativa proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri investe gli artt. 14, comma 5, e 33, comma 2, della legge della Regione Calabria 17 agosto 2005, n. 13 (Provvedimento generale, recante norme di tipo ordinamentale e finanziario – collegato alla manovra di assestamento di bilancio per l’anno 2005 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), per violazione degli artt. 117, primo comma, secondo comma, lettera s), terzo comma, e 120, secondo comma, della Costituzione.

Le norme impugnate prevedono, rispettivamente, la sospensione della realizzazione del raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro (art. 14, comma 5), nonché la sospensione della realizzazione e dell’esercizio dell’impianto di smaltimento e stoccaggio di rifiuti solidi urbani sito in Reggio Calabria, frazione di Sambatello, località «Cartiera», di cui all’ordinanza del 29 luglio 2002, n. 1963 del Commissario delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria (art. 33, comma 2), in attesa – stabiliscono entrambe le disposizioni censurate – dell’approvazione del nuovo «piano regionale dei rifiuti».

Con il medesimo ricorso introduttivo sono state proposte questioni di legittimità costituzionale di altre norme della stessa legge della Regione Calabria n. 13 del 2005, già oggetto di decisione da parte di questa Corte (sentenza n. 233 del 2006).

2.— Prima di analizzare il contenuto delle singole censure, appare opportuno premettere, ai fini di un inquadramento sistematico delle norme impugnate, che con la legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del servizio nazionale della protezione civile), il legislatore statale «ha rinunciato ad un modello centralizzato per una organizzazione diffusa a carattere policentrico» (sentenze n. 129 del 2006 e n. 327 del 2003). In tale prospettiva, le competenze e le relative responsabilità sono state ripartite tra i diversi livelli istituzionali di governo in relazione alle seguenti tipologie di eventi che possono venire in rilievo: eventi da fronteggiare mediante interventi attuabili dagli enti e dalle amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lettera a); eventi che impongono l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lettera b); calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità o estensione, richiedono mezzi e poteri straordinari (art. 2, comma 1, lettera c).

In particolare, lo Stato, sulla base di quanto previsto dall’art. 5 della legge n. 225 del 1992, ha una specifica competenza a disciplinare gli eventi di natura straordinaria di cui al citato art. 2, comma 1, lettera c). Tale competenza si sostanzia nel potere del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, di deliberare e revocare lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. L’esercizio di questi poteri – come è stato specificato dalla normativa successivamente intervenuta – deve avvenire d’intesa con le Regioni interessate, sulla base di quanto disposto dall’art. 107 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), nonché dall’art. 5, comma 4-bis, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile) convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 9 novembre 2001, n. 401.

Per l’attuazione dei predetti interventi di emergenza possono essere adottate ordinanze – anche da parte di Commissari delegati (art. 5, comma 4, della legge n. 225 del 1992; sentenza n. 418 del 1992) – in deroga ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico (art. 5, comma 2, della stessa legge n. 225 del 1992).

Appare opportuno, inoltre, sottolineare che l’art. 107, comma 1, lettere b) e c), del d.lgs. n. 112 del 1998 ha chiarito che tali funzioni hanno rilievo nazionale, data la sussistenza di esigenze di unitarietà, coordinamento e direzione, escludendo che il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte della legge regionale (sentenza n. 82 del 2006).

2.1.— In attuazione della normativa sin qui richiamata e, in particolare, dell’articolo 5 della legge n. 225 del 1992, con d.P.C.M. 12 settembre 1997 è stato dichiarato, «fino al 31 dicembre 1998», lo stato di emergenza nella Regione Calabria a causa della crisi socio-economico-ambientale determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Tale crisi è dipesa dalla «inadeguatezza infrastrutturale delle discariche preesistenti», che ha fatto insorgere una «situazione straordinaria che presenta peculiarità tali da poter essere considerata estremamente pericolosa per l’ambiente e per la salute della popolazione residente costretta a convivere in un contesto di particolare degrado» (citato d.P.C.M. 12 settembre 1997). Da qui la necessità di far fronte alle gravi carenze strutturali e alla conseguente situazione di emergenza ambientale attraverso l’impiego di mezzi e poteri straordinari.

A questo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ne sono succeduti altri (d.P.C.m. 23 dicembre 1998; d.P.C.m. 29 dicembre 1999; d.P.C.m. 16 giugno 2000; d.P.C.m. 14 gennaio 2002; d.P.C.m. 20 dicembre 2002; d.P.C.m. 23 dicembre 2003; d.P.C.m. 23 dicembre 2004; d.P.C.m. 13 gennaio 2006; d.P.C.m. 2 marzo 2006), che hanno prorogato lo stato di emergenza nel territorio regionale per periodi variamente determinati, fino alla data del 31 maggio 2006, prevista dall’ultimo dei decreti sopra indicati.

2.2.— Durante la vigenza della predetta situazione di grave rischio ambientale il Presidente della Regione Calabria, in qualità di Commissario delegato, ha, tra l’altro, emesso l’ordinanza 29 luglio 2002, n. 1963, con la quale, dopo avere approvato il relativo progetto, ha autorizzato la realizzazione e l’esercizio dell’impianto di smaltimento e stoccaggio di rifiuti solidi urbani sito in Reggio Calabria, località «Sambatello».

Lo stesso Commissario delegato, con ordinanza 17 marzo 2004, n. 2885, ha approvato il progetto e autorizzato la realizzazione e l’esercizio degli interventi di potenziamento dell’impianto di termovalorizzazione di Gioia Tauro «localizzato nell’area di sviluppo industriale di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando nel Comune di Gioia Tauro».

2.3.— In questo contesto si collocano i censurati articoli 14, comma 5, e 33, comma 2, della legge della Regione Calabria n. 13 del 2005.

Il legislatore regionale, in attesa dell’approvazione del nuovo «piano regionale dei rifiuti», con le norme impugnate, ha sospeso gli effetti di entrambe le ordinanze sopra indicate (ancorché venga espressamente citata la sola ordinanza 29 luglio 2002, n. 1963), bloccando “temporaneamente” la realizzazione sia del raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro sia dell’impianto di smaltimento e stoccaggio dei rifiuti sito in Reggio Calabria.

3.— Tutto ciò premesso, si può passare ad esaminare le singole censure formulate con il ricorso.

Lo Stato assume, innanzitutto, che le norme impugnate violerebbero l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, ponendosi in contrasto con «i principi fondamentali di cui alla legge n. 225 del 1992 (in particolare gli artt. 2, 5 e 12)» in materia di “protezione civile”.

3.1.— In via preliminare, deve essere rigettata l’eccezione della difesa regionale, con la quale si deduce la inammissibilità della censura per genericità.

Deve, al riguardo, infatti, ritenersi che lo Stato, attraverso la specificazione delle norme della legge n. 225 del 1992, che contengono i principi fondamentali di cui si deduce la violazione, abbia indicato i requisiti argomentativi minimi per identificare i termini della censura.

3.1.1.— Nel merito, la questione è fondata.

Questa Corte ha già avuto modo di rilevare che le previsioni contemplate nei richiamati articoli 5 della legge n. 225 del 1992 e 107 del d.lgs. n. 112 del 1998 sono «espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, sicché deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze legislative delineato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione)» (sentenza n. 82 del 2006; v. anche sentenza n. 327 del 2003).

Lo Stato è, dunque, legittimato a regolamentare – in considerazione della peculiare connotazione che assumono i “principi fondamentali” quando sussistono ragioni di urgenza che giustificano l’intervento unitario del legislatore statale – gli eventi di natura straordinaria di cui all’art. 2, comma 1, lettera c), della stessa legge n. 225 del 1992, anche mediante l’adozione di specifiche ordinanze autorizzate a derogare, in presenza di determinati presupposti, alle stesse norme primarie.

Lo Stato rinviene, altresì, un ulteriore titolo a legiferare in ragione della propria competenza legislativa in materia di “tutela dell’ambiente”, nel cui ambito si colloca il settore relativo alla gestione dei rifiuti (sentenze n. 161 e n. 62 del 2005; n. 312 e n. 96 del 2003). Questa Corte, ha, inoltre, più volte affermato che la “tutela dell’ambiente” si connette, tra l’altro, «in modo quasi naturale con la competenza regionale concorrente della “protezione civile”» (sentenza n. 32 del 2006; v. anche sentenze n. 214 e n. 135 del 2005; n. 407 del 2002).

3.2.— Per quanto concerne, in particolare, la dedotta violazione dei suddetti principi fondamentali, va osservato che con le impugnate disposizioni il legislatore regionale, pur essendo ancora in atto la situazione di emergenza, ha adottato una normativa destinata ad incidere sugli effetti prodotti dalle ordinanze emanate dal Commissario delegato, disponendo la sospensione della realizzazione degli impianti ritenuti dal Governo necessari per fronteggiare la situazione di crisi ambientale derivante dalle deficienze strutturali del sistema di smaltimento dei rifiuti.

La Regione – derogando, in tal modo, a quanto previsto dalle predette ordinanze, della cui legittimità amministrativa in questa sede si prescinde – ha violato i principi fondamentali posti dall’art. 5 della legge n. 225 del 1992, con cui è stato autorizzato in via provvisoria l’esercizio dei predetti poteri di ordinanza.

Né vale rilevare, come sostiene la difesa regionale, che «la Regione è intervenuta non già per porre nel nulla un intervento disposto dal Commissario (quello per l’impianto di Reggio Calabria), ma semplicemente per sospenderne gli effetti fino all’adozione del piano regionale dei rifiuti». Deve, infatti, ribadirsi che, vigente la situazione di emergenza, le Regioni non hanno alcun potere “straordinario” o “derogatorio” della legislazione in vigore (cfr. sentenza n. 82 del 2006), né tantomeno sono legittimate a paralizzare gli effetti di provvedimenti specificamente indirizzati a fronteggiare una situazione di grave crisi ambientale ancora in atto.

E neppure può essere condivisa la tesi della Regione, illustrata nella memoria depositata il 5 giugno 2006, secondo la quale l’impugnata normativa regionale avrebbe lo scopo di «razionalizzare gli interventi (…) dopo oltre otto anni di gestione straordinaria della crisi legata allo smaltimento dei rifiuti per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi». In realtà, siffatta finalità di «ritorno alle normali condizioni di vita» ben poteva essere perseguita con l’approvazione del piano regionale di gestione dei rifiuti, e non già mediante la sospensione autoritativa di atti emanati nell’esercizio di una competenza dello Stato legata alla sussistenza di situazioni straordinarie di emergenza.

3.3.— Quanto sopra osservato non significa, tuttavia, che l’emergenza possa giustificare «un sacrificio illimitato dell’autonomia regionale»: la salvaguardia delle attribuzioni legislative regionali viene garantita attraverso la configurazione di un potere di ordinanza, eccezionalmente autorizzato dal legislatore statale, ben definito nel contenuto, nei tempi e nelle modalità di esercizio (sentenze n. 127 del 1995 e n. 418 del 1992).

La legge n. 225 del 1992, in relazione ai profili indicati, risponde a queste esigenze, circoscrivendo il predetto potere in modo da non compromettere il nucleo essenziale delle attribuzioni regionali, attraverso il riconoscimento della sussistenza di un nesso di adeguatezza e proporzione tra le misure adottate e la qualità e natura degli eventi, la previsione di adeguate forme di leale collaborazione e di concertazione nella fase di attuazione e organizzazione delle attività di protezione civile (art. 5, comma 4‑bis, del decreto-legge n. 343 del 2001), nonché la fissazione di precisi limiti, di tempo e di contenuto, all’attività del Commissario delegato (sentenze n. 327 del 2003 e n. 127 del 1995).

Nel caso in cui le ordinanze emanate non dovessero rispettare i suddetti limiti sostanziali e procedimentali, posti a presidio delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite, tali ordinanze, avendo natura di provvedimenti amministrativi soggetti ai normali controlli giurisdizionali (sentenze n. 4 del 1977, n. 26 del 1961 e n. 8 del 1956), possono essere contestate dalla Regione nelle competenti sedi giudiziarie ed eventualmente, ricorrendone i necessari presupposti, anche innanzi a questa Corte mediante ricorso per conflitto di attribuzione.

In conclusione, il legislatore regionale non può utilizzare, come è avvenuto nel caso di specie, la potestà legislativa per paralizzare – nel periodo di vigenza della situazione di emergenza ambientale – gli effetti di provvedimenti di necessità ed urgenza, non impugnati, emanati in attuazione delle riportate disposizioni di legge espressive di principi fondamentali.

4.— Alla luce delle considerazioni che precedono, le norme impugnate debbono essere dichiarate costituzionalmente illegittime per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, con conseguente assorbimento delle rimanenti censure.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 14, comma 5, e 33, comma 2, della legge della Regione Calabria 17 agosto 2005, n. 13 (Provvedimento generale, recante norme di tipo ordinamentale e finanziario – collegato alla manovra di assestamento di bilancio per l’anno 2005 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2006.

Franco BILE, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2006.