Ordinanza n. 185 del 2006

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ORDINANZA N. 185

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Annibale                     MARINI                        Presidente

- Franco                        BILE                               Giudice

- Giovanni Maria          FLICK                                   "

- Francesco                   AMIRANTE                          "

- Ugo                            DE SIERVO                          "

- Romano                      VACCARELLA                    "

- Paolo                          MADDALENA                     "

- Alfio                           FINOCCHIARO                   "

- Alfonso                      QUARANTA                         "

- Franco                        GALLO                                  "

- Luigi                           MAZZELLA                          "

- Gaetano                      SILVESTRI                           "

- Sabino                        CASSESE                              "

- Maria Rita                  SAULLE                                "

- Giuseppe                    TESAURO                             "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 53, comma 6, lettera a), della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), promosso dal Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro nei procedimenti riuniti vertenti tra G. L. ed altri e la Gestione commissariale fondo buonuscita lavoratori Poste italiane s.p.a. – Istituto Postelegrafonici Ipost, con ordinanza del 7 giugno 2005, iscritta al n. 456 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2005.

    Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nella camera di consiglio dell'8 marzo 2006 il Giudice relatore Francesco Amirante.

    Ritenuto che, nel corso di un giudizio in cui i ricorrenti, già dipendenti postali, avendo percepito l'indennità di buonuscita per il periodo dall'assunzione in servizio fino al 28 febbraio 1998, congelata alla suddetta data, ne avevano chiesto la rivalutazione per il periodo dal 1° marzo 1998 alla data di risoluzione del rapporto, il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, comma 6, lettera a), della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica);

    che la norma è impugnata nella parte in cui non prevede, per l'indennità di buonuscita dei dipendenti postali maturata al 28 febbraio 1998, la rivalutazione annuale – da calcolare secondo gli indici Istat o sulla base dei criteri di perequazione dei trattamenti retributivi o pensionistici del settore pubblico ovvero in conformità ai criteri di cui all'art. 2120, quarto e quinto comma, del codice civile – dalla data del 1° marzo 1998 a quella di cessazione del rapporto di lavoro del singolo dipendente;

    che il giudice a quo non condivide la tesi dei ricorrenti secondo la quale sarebbe nella specie applicabile l'art. 2120, quarto e quinto comma, del codice civile, atteso il carattere sussidiario di tale normativa nel settore del pubblico impiego (in cui rientrava il rapporto di lavoro fino al febbraio 1998), con la conseguenza per cui l'indennità di buonuscita, dovuta al personale postelegrafonico per la parte di rapporto di natura pubblicistica, sarebbe regolata esclusivamente dalla norma impugnata;

    che quest'ultima esclude ogni possibilità di rivalutazione o di adeguamento della indennità di buonuscita maturata al 28 febbraio 1998, né consente un pagamento immediato di tale emolumento, il quale entrando a far parte, pro quota, dell'unitario trattamento di fine rapporto quale porzione del medesimo e non essendovi interruzione del rapporto di lavoro nel passaggio dall'Ente Poste italiane a Poste italiane s.p.a. può essere erogato solo all'atto del collocamento in pensione; pertanto l'indennità resta congelata in cifra fissa per il periodo compreso tra il 1° marzo 1998 e la data di cessazione del rapporto, non determinabile preventivamente e variabile per ciascun dipendente;

    che il Tribunale richiama, a sostegno della prospettata violazione degli artt. 36 e 38 Cost., la natura di retribuzione differita, con funzione previdenziale, propria dell'istituto in esame, non più proporzionata alla qualità e quantità del lavoro svolto, né idonea a sostenere il lavoratore nella delicata fase di cessazione della vita lavorativa, citando anche le affermazioni di questa Corte a proposito di indennità di anzianità spettante ai dipendenti ONMI (Opera nazionale maternità e infanzia) transitati ad altre amministrazioni;

    che inoltre, secondo il remittente, la norma impugnata si pone in contrasto con l'art. 3 Cost. con riguardo agli altri dipendenti pubblici, per i quali, essendo intervenuta una trasformazione del rapporto, il calcolo viene effettuato sulla base dell'ultima retribuzione percepita al momento della cessazione dal servizio, cosicché la misura della indennità risulta rapportata ai valori dell'epoca della liquidazione;

    che tale penalizzazione sembra al Tribunale anche irragionevole, in quanto l'indennità in esame riguarda la fase pubblica del rapporto – peraltro proseguito senza soluzione di continuità in regime privatistico – a causa delle occasionali diversificazioni del valore reale della somma, anche tra gli stessi destinatari della norma impugnata, con concreto rischio di totale svilimento della somma accantonata;

    che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la manifesta infondatezza della questione, in quanto la prospettazione comporterebbe una “contaminazione” tra due sistemi complementari autonomi succedutisi nel tempo, con conseguente arbitrario innesto in via “additiva” di un sistema sull'altro ed effetti ingiustificati e discriminanti, in quanto generanti un ibrido sistema di calcolo.

    Considerato che il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, dubita, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 53, comma 6, lettera a), della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), «nella parte in cui non prevede che l'indennità di buonuscita dei dipendenti postali, maturata alla data del 28 febbraio 1998 e calcolata sulla base della retribuzione percepita alla stessa data, debba essere annualmente rivalutata secondo gli indici Istat o secondo i criteri di perequazione dei trattamenti retributivi o pensionistici del settore pubblico, ovvero secondo i criteri di cui al quarto e quinto comma della legge 29 maggio 1982, n. 297, dalla data del 1° marzo 1998 a quella di cessazione del rapporto del singolo dipendente»;

    che il remittente denuncia la lesione dei suindicati parametri costituzionali, ma per ricondurre la norma a legittimità prospetta una varietà di ipotesi di soluzione e, conseguentemente, non configura una pronuncia additiva a contenuto costituzionalmente obbligato;

    che tale varietà di ipotizzate conclusioni è connessa alla mancata individuazione di una ben precisa ragione di illegittimità;

    che, infatti, nella elencazione dei possibili rimedi il remittente implicitamente sostiene l'illegittimità della mancata previsione dell'immediato pagamento alla data del 28 febbraio 1998 della buonuscita maturata per il periodo di pubblicità del rapporto o, alternativamente, la mancata assimilazione, ai fini dei meccanismi di calcolo e rivalutazione, dell'indennità di buonuscita al trattamento di fine rapporto spettante ai dipendenti privati;

    che, pertanto, non soltanto esplicitamente si prospettano alternativamente decisioni diverse, ma questa diversità ha la sua origine nella stessa ambiguità dei termini in cui si ravvisa l'illegittimità della disposizione censurata;

    che, di conseguenza, deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità della questione.

    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, comma 6, lettera a), della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 36 e 38 della Costituzione, dal Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 aprile 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2006.