Ordinanza n. 162 del 2006

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ORDINANZA  N. 162

 

ANNO 2006

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

- Annibale            MARINI              Presidente

 

- Franco                BILE                    Giudice

 

- Giovanni Maria   FLICK                      "

 

- Francesco          AMIRANTE              "

 

- Ugo                   DE SIERVO              "

- Romano              VACCARELLA         "

- Paolo                 MADDALENA          "

 

- Alfio                  FINOCCHIARO        "

 

- Alfonso              QUARANTA             "

 

- Franco                GALLO                     "

 

- Luigi                  MAZZELLA              "

 

- Gaetano             SILVESTRI               "

 

- Sabino                CASSESE                  "

 

- Maria Rita          SAULLE                   "

 

- Giuseppe            TESAURO                 "

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 19 (recte: comma 2) e 29, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promosso con ordinanza del 16 maggio 2005 dal Tribunale di Genova, in composizione monocratica, sul ricorso proposto da M. M. C. J. contro il Prefetto di Genova, iscritta al n. 540 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2005.

 

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio dell’8 marzo 2006 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.

 

Ritenuto che il Tribunale di Genova, in composizione monocratica, con ordinanza depositata il 16 maggio 2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 19 e 29, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui, nel disciplinare rispettivamente i divieti di espulsione dello straniero e i casi di ricongiungimento familiare, non prendono in considerazione la posizione dei giovani adulti, titolari del diritto all’unità familiare che, per ragioni oggettive, vivano a carico dei loro parenti a loro volta titolari di permesso di soggiorno;

che il giudizio a quo ha ad oggetto l’opposizione al decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Genova nei confronti di M.M.C.J., cittadino extracomunitario, entrato nel territorio dello Stato, senza il permesso di soggiorno;

che il rimettente, in punto di fatto, rileva che sono presenti sul territorio nazionale i genitori del ricorrente, entrambi in possesso del permesso di soggiorno, nonché i tre fratelli minori, dei quali quest’ultimo «risulta occuparsi durante gli impegni di lavoro dei genitori»;

che, secondo il giudice a quo, ciò renderebbe evidente l’intenzione del ricorrente di «ricostituire nel nostro paese l’unità del nucleo parentale esistente nella nazione di origine», essendo «fuori discussione lo stato di dipendenza, anche economica, del ricorrente dal suo nucleo familiare, atteso che egli non risulta svolgere attività lavorativa» in quanto presente irregolarmente sul territorio dello Stato;

che, secondo il rimettente, dagli artt. 2 della Costituzione e 2 del d.lgs. n. 286 del 1998, nonché da alcune norme di diritto internazionale ratificate dall’Italia, risulta la piena equiparazione tra lo straniero e il cittadino quanto al riconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana, tra i quali rientra quello all’unità familiare;

che, sempre a parere del giudice a quo, la Corte costituzionale ha affermato che la protezione riconosciuta alla famiglia prescinde dalla condizione di cittadino o straniero, trovando tale protezione un limite solo in specifiche e motivate esigenze volte alla tutela della convivenza democratica (sentenza n. 376 del 2000);

che, in particolare, il diritto all’unità familiare, secondo quanto stabilito dall’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, è suscettibile di limitazioni da parte della pubblica autorità solo quando ciò si riveli necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine pubblico, di benessere economico del paese, di prevenzione dei reati, di protezione della salute o della morale, di protezione dei diritti e delle libertà altrui;

che, secondo il ricorrente, il diritto all’unità familiare risulterebbe leso dal provvedimento di espulsione impugnato, in quanto l’inserimento lavorativo e scolastico dei congiunti del ricorrente nel nostro paese «rende del tutto astratta e, come tale, non proponibile» l’ipotesi che l’unità familiare possa essere realizzata da costoro in un paese diverso dal nostro;

che, l’esecuzione del provvedimento di espulsione si porrebbe, altresì, in contrasto con l’art. 30 della Costituzione che prevede, tra l’altro, il diritto e il dovere dei genitori di mantenere i figli fino a quando questi ultimi non si rendono autonomi, risultando nella fattispecie, che il nucleo familiare del ricorrente provvede al mantenimento e alla assistenza di costui;

che, quindi, a parere del rimettente, il decreto di espulsione impugnato determinerebbe una discriminazione non giustificabile tra la posizione dello straniero e quella del cittadino che, seppur maggiorenne, convive con la famiglia di origine;

che, secondo il giudice a quo, l’art. 29, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sarebbe irragionevole nella parte in cui limita la possibilità per lo straniero di richiedere il ricongiungimento con i figli maggiorenni a carico ai soli casi in cui quest’ultimi, per ragioni oggettive, non possono provvedere al proprio sostentamento a causa del loro stato di salute che ne comporta un’invalidità totale;

che, in particolare, tale ultima disposizione sarebbe lesiva del diritto all’unità familiare, di cui «dovrebbe poter godere anche lo straniero, presente sul territorio di uno Stato estero, ove si tratti di un giovane adulto ancora a carico dei suoi familiari, per ragioni di carattere oggettivo indipendenti, quindi, dalla volontà del soggetto»;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o comunque di infondatezza della questione;

che, secondo l’Avvocatura, risulta carente il requisito della rilevanza, in quanto il rimettente ha omesso di motivare sulle asserite ragioni di carattere «oggettivo», non riconducibili ad uno stato di invalidità, che nel caso sottoposto al suo esame determinerebbero lo stato di dipendenza del ricorrente dal suo nucleo familiare, non essendo a tal uopo sufficiente affermare che lo straniero non svolge alcuna attività lavorativa in ragione della sua presenza irregolare sul territorio dello Stato;

 

che l’interveniente ritiene la questione, comunque, infondata, poiché sussiste un’ampia discrezionalità del legislatore nel regolare la materia dell’immigrazione, limitata solo dal vincolo che le scelte non risultino manifestamente irragionevoli, stante l’ineludibile compito dello Stato di presidiare le proprie frontiere con regole che tutelino la collettività nazionale;

che tali scelte possono anche comportare, a seguito del bilanciamento con detto prevalente interesse, il sacrificio di valori costituzionalmente protetti, come quelli richiamati nell’ordinanza di rimessione;

che, come la Corte costituzionale ha affermato (sentenze n. 224 del 2005 e n. 232 del 2001), l’inviolabilità del diritto all’unità familiare può essere invocato tutte le volte in cui il ricongiungimento riguarda lo straniero ed il coniuge e i figli minori, ma non laddove il ricongiungimento interessi figli maggiorenni e genitori, non essendo irragionevole la scelta del legislatore di limitarlo alle sole ipotesi in cui i figli maggiorenni a carico non possono, per ragioni oggettive, provvedere al proprio sostentamento a causa della loro invalidità totale.

Considerato che il Tribunale di Genova, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 19 e 29, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui, nel disciplinare rispettivamente i divieti di espulsione dello straniero e i casi di ricongiungimento familiare, non prendono in considerazione la posizione dei giovani adulti, titolari del diritto all’unità familiare che, «per ragioni oggettive», vivano a carico dei parenti a loro volta titolari di permesso di soggiorno;

che, secondo il rimettente, le norme impugnate sarebbero lesive del diritto all’unità familiare di cui dovrebbe godere anche lo straniero che, seppur maggiorenne, «per ragioni oggettive» si trovi ancora a carico dei propri familiari;

che, quanto alla censura relativa all’art. 19 del d.l.gs. n. 286 del 1998, a prescindere dall’impossibilità di invocare il diritto all’unità familiare in tutti i casi di ricongiungimento tra genitori e figli maggiorenni (sentenza n. 224 del 2005), il giudice a quo nella propria ordinanza si è limitato ad affermare in modo apodittico l’impossibilità per il ricorrente di svolgere attività lavorativa a causa di «ragioni oggettive», cosa che, rendendolo dipendente dal proprio nucleo familiare, giustificherebbe l’estensione in suo favore del divieto di espulsione;

che, dalla prospettazione così fornita dal giudice a quo, risulta impossibile ogni valutazione della effettiva rilevanza della questione di costituzionalità, non essendo a tal uopo sufficiente affermare che le richiamate «ragioni oggettive» discendono dal fatto che il ricorrente si trova irregolarmente sul  territorio dello Stato;

che, quanto alla questione relativa all’art. 29, comma 1, lettera b-bis), del d.lgs. n. 286 del 1998, è sufficiente osservare che il rimettente, in quanto chiamato a giudicare della legittimità dell’impugnato decreto di espulsione, non deve fare applicazione della norma che attiene al procedimento relativo al ricongiungimento familiare;

 

che, difettando, con riferimento ad entrambe le questioni, il requisito della rilevanza, le stesse vanno dichiarate manifestamente inammissibili.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 19 e 29, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione, dal Tribunale di Genova, in composizione monocratica, con l’ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2006.

 

Annibale MARINI, Presidente

 

Maria Rita SAULLE, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 14 aprile 2006.