Ordinanza n. 72 del 2006

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ORDINANZA N. 72

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Annibale                  MARINI                    Presidente

-  Franco                     BILE                             Giudice

-  Giovanni Maria       FLICK                                   ”

-  Francesco                AMIRANTE                          ”

-  Ugo                         DE SIERVO                          ”

-  Romano                   VACCARELLA                   ”

-  Paolo                       MADDALENA                     ”

-  Alfio                        FINOCCHIARO                   ”

-  Alfonso                   QUARANTA                        ”

-  Franco                     GALLO                                 ”

-  Luigi                        MAZZELLA                         ”

-  Gaetano                   SILVESTRI                           ”

-  Sabino                      CASSESE                             ”

-  Maria Rita               SAULLE                               ”

-  Giuseppe                 TESAURO                            ”

ha pronunciato la seguente                     

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 4 dicembre 2003 (doc. 4-quater, n. 74-R), relativa alla insindacabilità  delle opinioni espresse dall'on. Alberto Acierno, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, promosso con ricorso del Tribunale di Catania – sezione distaccata di Giarre, nei confronti della Camera dei deputati, depositato in cancelleria il 20 giugno 2005 ed iscritto al n. 30 del registro conflitti fra poteri dello Stato 2005, fase di ammissibilità.

    Udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

    Ritenuto che il Tribunale di Catania – sezione distaccata di Giarre,  ha promosso, con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 20 giugno 2005, conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione da essa adottata nella seduta del 4 dicembre 2003 (doc. 4-quater, n. 74-R);

    che il ricorrente premette di essere chiamato a giudicare della responsabilità penale dell'on. Alberto Acierno, in relazione al reato previsto dall'art. 595, primo e secondo comma, del codice penale, perché, comunicando con più persone, offendeva la reputazione di Macaluso Antonino, dichiarando espressamente che «l'onorevole Macaluso Antonino non gli ha consegnato gli stampati con le firme raccolte per la presentazione dei candidati alla elezione proporzionale della Sicilia occidentale, per non danneggiare l'onorevole Guido Lo Porto, anch'egli candidato per Alleanza Nazionale nella medesima circoscrizione, ricevendo il Macaluso dal Lo Porto un compenso in denaro» (fatto asseritamente commesso «in Giarre, in epoca antecedente e prossima al 13 maggio 2003», aggravato dalla circostanza «di aver proferito un'offesa consistente nell'attribuzione di un fatto determinato»);

    che il Tribunale ricorrente deduce che «la Camera dei Deputati, su conforme proposta della Giunta per le autorizzazioni, con delibera assembleare del 4 dicembre 2003, ha statuito che i fatti per i quali è in corso il citato procedimento penale concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione»;

    che secondo il ricorrente la summenzionata deliberazione è lesiva della sua «sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantite», in quanto «non avrebbero potuto essere dichiarate insindacabili le dichiarazioni, riportate nel capo di imputazione, rese dall'imputato Acierno Alberto»;

    che le stesse, difatti, «sono state rese nel corso di un colloquio del tutto sganciato da qualsiasi atto di funzioni parlamentari», non ricorrendo quindi l'ipotesi «della riproduzione e divulgazione all'esterno di atti compiuti nell'esercizio di funzioni parlamentari perché manca la corrispondenza del contenuto della conversazione con un atto parlamentare»;

    che, inoltre, secondo il ricorrente, «per il tenore delle espressioni usate e per le modalità ed il luogo in cui sono state espresse, non sembra che quelle dichiarazioni possano costituire una forma di esercizio di funzioni parlamentari»;

    che su tali basi, e quindi escludendo che «le dichiarazioni di Acierno Alberto fossero coperte dall'insindacabilità», il ricorrente, «ai sensi dell'art. 37 della legge n. 87 del 1953», ha disposto «la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale perché risolva l'insorto conflitto tra poteri dello Stato».

    Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a delibare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto esista «la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», sussistendone i requisiti, soggettivo ed oggettivo, fermo restando il potere della Corte, a seguito del giudizio, di pronunciarsi su ogni aspetto del conflitto, ivi compresa la sua ammissibilità;

    che, sotto il profilo del requisito soggettivo, va riconosciuta la legittimazione del ricorrente a sollevare conflitto, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene nell'esercizio delle funzioni attribuitegli;

    che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione della Camera dei deputati ad essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all'applicabilità dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;

    che, per quanto attiene al profilo oggettivo, sussiste la materia di un conflitto, giacché il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto illegittimo, per inesistenza dei relativi presupposti, del potere spettante alla Camera di appartenenza del parlamentare di dichiarare l'insindacabilità delle opinioni espresse da quest'ultimo ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;

    che pertanto il conflitto promosso col presente ricorso deve ritenersi ammissibile, ai sensi dell'art. 37, quarto comma, della legge n. 87 del 1953.

per questi motivi

 

    LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione proposto, nei confronti della Camera dei deputati, con l'atto indicato in epigrafe;

    dispone:

    a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione, al ricorrente Tribunale di Catania – sezione distaccata di Giarre, della presente ordinanza;

    b) che, a cura del ricorrente Tribunale di Catania – sezione distaccata di Giarre, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui sub a), per essere successivamente depositati, con la prova dell'avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine di venti giorni fissato dall'art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2006.