Ordinanza n. 65 del 2006

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ORDINANZA N. 65

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Annibale                          MARINI                                Presidente

-      Franco                             BILE                                        Giudice

-      Giovanni Maria               FLICK                                          "

-      Francesco                        AMIRANTE                                 "

-      Ugo                                 DE SIERVO                                 "

-      Romano                           VACCARELLA                           "

-      Paolo                               MADDALENA                            "

-      Alfio                                FINOCCHIARO                          "

-      Alfonso                           QUARANTA                               "

-      Franco                             GALLO                                        "

-      Luigi                                MAZZELLA                                "

-      Gaetano                           SILVESTRI                                  "

-      Sabino                             CASSESE                                     "

-      Maria Rita                       SAULLE                                       "

-      Giuseppe                         TESAURO                                    "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nel testo sostituito dalla legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), promosso dal Tribunale di Udine, nel procedimento civile vertente tra Q. F. e M. L. ed altro, con ordinanza del 14 febbraio 2005 iscritta al n. 202 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2005.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 14 dicembre 2005 il Giudice relatore Francesco Amirante.

Ritenuto che nel corso di un giudizio in cui l’ex-coniuge, titolare di un assegno provvisorio di mantenimento, aveva richiesto la ripartizione della pensione di riversibilità nei confronti del coniuge superstite del de cuius, il Tribunale di Udine, con ordinanza del 14 febbraio 2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 29 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nel testo sostituito dalla legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio);

che il remittente osserva come il diritto di una divorziata a percepire una quota della pensione sia subordinato, a norma del citato articolo della legge, alla titolarità «di assegno ai sensi dell’art. 5» della stessa legge;

che nel caso di specie, aggiunge il Tribunale, è stata pronunciata sentenza non definitiva e il processo deve «continuare per la determinazione dell’assegno», mentre la parte convenuta ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza del presupposto, consistente nella titolarità del predetto assegno;

che tale situazione determina la privazione di un apporto economico, essenziale per la sopravvivenza, per un tempo indeterminato, in attesa cioè della definizione del procedimento – interrotto a seguito dell’intervenuto decesso – da riassumere nei confronti degli eredi;

che al remittente non appare congruo limitare il diritto di una divorziata a percepire una quota della pensione di riversibilità, a seguito del decesso del suo ex-marito, al solo caso in cui sia titolare di assegno ai sensi dell’art. 5, disposto con la sentenza definitiva di divorzio, dovendosi invece tener conto anche dell’analoga situazione in cui – attribuito a titolo provvisorio un assegno di mantenimento – sia stata pronunciata sentenza non definitiva di divorzio ed il procedimento debba proseguire, allo scopo di scongiurare conseguenze «devastanti e disumane» e quindi irrazionali (art. 3 Cost.), contrarie ai diritti fondamentali dell’uomo (art. 2 Cost.) e della famiglia (art. 29 Cost.);

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità, ovvero per la non fondatezza della questione;

che l’Avvocatura qualifica il problema come derivante soltanto dal tempo processuale necessario per acquisire la titolarità dell’assegno di divorzio e non già da un vizio della norma denunciata, la quale non nega l’eventuale diritto della coniuge divorziata a conseguire la quota della pensione di riversibilità del coniuge deceduto, ma ne subordina l’acquisto alla titolarità dell’assegno;

che, inoltre, essendo l’attribuzione della quota di pensione ispirata al criterio della certezza della situazione giuridica, si osserva come la norma in questione, allorquando ha svincolato il diritto alla pensione di riversibilità dalla persistenza del vincolo coniugale, abbia logicamente richiesto la compresenza di requisiti oggettivamente riscontrabili, quali l’esistenza del precedente vincolo coniugale, l’inesistenza di nuove nozze e la fruizione dell’assegno post-matrimoniale (la misura del quale rientra tra gli elementi da valutare nella determinazione della quota di pensione di riversibilità spettante);

che, infine, nel sindacato di legittimità costituzionale non può prendersi in considerazione il tempo occorrente a riassumere il giudizio nei confronti degli eredi e ad ottenere la determinazione giudiziale nell’an e nel quantum dell’assegno in argomento.

Considerato che il Tribunale di Udine ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 29 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nel testo sostituito dalla legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), nella parte in cui subordina l’attribuzione di una quota della pensione di riversibilità in favore del coniuge divorziato alla titolarità da parte di questi dell’assegno di mantenimento determinato ai sensi dell’art. 5 della stessa legge;

che, successivamente all’ordinanza di remissione, è intervenuta la legge 28 dicembre 2005, n. 263 (Interventi correttivi alle modifiche in materia processuale civile introdotte con il decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, nonché ulteriori modifiche al codice di procedura civile e alle relative disposizioni di attuazione, al regolamento di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, al codice civile, alla legge 21 gennaio 1994, n. 53, e disposizioni in tema di diritto alla pensione di reversibilità del coniuge divorziato), che all’art. 5 stabilisce che le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, «si interpretano nel senso che per titolarità dell’assegno ai sensi dell’articolo 5 deve intendersi l’avvenuto riconoscimento dell’assegno medesimo da parte del tribunale ai sensi del predetto articolo 5 della citata legge n. 898 del 1970»;

che, pertanto, si rende necessaria la restituzione degli atti al giudice a quo per un nuovo esame della questione alla luce della normativa sopravvenuta.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Udine.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2006.