Ordinanza n. 53 del 2006

 CONSULTA ONLINE 

 

ORDINANZA N. 53

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-         Annibale                                      MARINI                                Presidente

-         Giovanni Maria                            FLICK                                   Giudice

-         Ugo                                              DE SIERVO                               "

-         Romano                                       VACCARELLA                        "

-         Paolo                                            MADDALENA                          "

-         Alfio                                            FINOCCHIARO                        "

-         Alfonso                                        QUARANTA                             "

-         Franco                                          GALLO                                      "

-         Luigi                                            MAZZELLA                              "

-         Gaetano                                       SILVESTRI                                "

-         Sabino                                          CASSESE                                   "

-         Maria Rita                                    SAULLE                                    "

-         Giuseppe                                      TESAURO                                 "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 30 luglio 2003, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’on. Umberto Bossi nell’intervista rilasciata al quotidiano “Il Messaggero” pubblicata nell’edizione del 25 marzo 2002, promosso con ricorso del Tribunale di Roma nei confronti della Camera dei deputati, depositato in cancelleria il 16 giugno 2005 ed iscritto al n. 27 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2005, fase di ammissibilità.

Udito nella camera di consiglio del 14 dicembre 2005 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

Ritenuto che, con ricorso depositato il 16 giugno 2005, il Tribunale di Roma, in composizione monocratica, nel corso di un procedimento civile promosso dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro e da Sergio Cofferati nei confronti del deputato Umberto Bossi, oltre che della società “Il Messaggero S.p.A.”, di Mario Conti e di Paolo Graldi, rispettivamente editrice, giornalista e direttore responsabile del quotidiano “Il Messaggero”, al fine di ottenerne la condanna in solido, previo accertamento del reato di diffamazione, al risarcimento dei danni derivanti dalla pubblicazione, nell’edizione del 25 marzo 2002, di un articolo intervista avente ad oggetto l’omicidio del prof. Marco Biagi ad opera delle Brigate Rosse in Bologna, ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera adottata dall’Assemblea, su conforme proposta della Giunta per le autorizzazioni, nella seduta del 30 luglio 2003, con la quale si è dichiarato che i fatti per i quali è in corso il predetto procedimento riguardano opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari e sono, in quanto tali, insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che il ricorrente fa presente che gli attori addebitavano al deputato in questione, intervistato dal giornalista Conti, le seguenti affermazioni: di avere il sindacato «attuato una politica delle bugie che l’aveva portato al terrorismo»; di essere il Cofferati «andato in giro per le fabbriche a raccontare delle balle», come quella che (la politica del governo) licenziava i lavoratori, «così portando al terrorismo»; che «la sinistra prima aveva ammazzato (il prof. Biagi) e poi si era appropriata del morto»; che «gli assassini non erano “chissà chi”, venivano da quel mondo e l’alibi erano le balle che Cofferati aveva raccontato in fabbrica»; che il Cofferati «andando in giro a dire che ci saranno licenziamenti, sarebbe diventato anche segretario della sinistra ma aveva aperto la strada al terrorismo»; espressioni aventi la chiara finalità di suggerire ai lettori la sussistenza di un collegamento di causa ed effetto tra l’azione del sindacato a tutela dei diritti dei lavoratori e l’omicidio del prof. Biagi, nonché di individuare nel sindacato il mondo di provenienza dei terroristi, spinti al delitto dall’opera del Cofferati e dell’organizzazione da lui guidata;

che nella relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere, a sostegno del giudizio di insindacabilità, si richiamano le argomentazioni svolte in relazione alla analoga vicenda riguardante il deputato Taormina, secondo cui le dichiarazioni rese dal parlamentare, pur al di fuori delle sedi parlamentari, nell’ambito di un più ampio contesto facente riferimento a questioni sindacali, alla riforma dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori, erano strettamente connesse all’ampio dibattito politico sviluppatosi nei giorni seguenti l’omicidio del prof. Biagi, mentre, contemporaneamente, si era svolta anche una discussione in sede parlamentare, nel corso della quale molti esponenti dei partiti di maggioranza avevano argomentato sul nesso esistente tra il grave delitto ed il dibattito politico sulla riforma del mercato del lavoro; e secondo le quali, ancora, la funzione di ministro ricoperta dal deputato Bossi rendeva implicito che, intervistato sull’azione politica del Governo in relazione a fatti specifici, egli avesse espresso opinioni in tale veste, e nell’esercizio di tale funzione;

che il Tribunale di Roma – richiamata la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo 3 giugno 2004, emessa nella causa De Jorio c. Italia – osserva che non risulta che il deputato Bossi abbia effettuato in aula un intervento nella immediatezza dell’omicidio del prof. Biagi o comunque abbia svolto un’attività nell’ambito del dibattito politico sulla riforma del mercato del lavoro, nel cui contesto abbia affrontato le tematiche dei rapporti tra sindacato e terrorismo, e più specificamente argomentato nei termini di cui alla intervista del 23 marzo 2002;

che, inoltre, si rileva nel ricorso, il richiamo al contemporaneo dibattito politico e parlamentare sulle connessioni tra detto omicidio e la riforma del mercato del lavoro in via di attuazione da parte della maggioranza di governo è estremamente generico, mancando non solo di ogni riferimento ad una personale attività del deputato Bossi, ma soprattutto del requisito della identità sostanziale di contenuto con la specifica opinione espressa nell’articolo intervista;

che nulla di analogo alle affermazioni contestate al deputato in questione è, secondo il ricorrente, riscontrabile negli interventi dei deputati Cicchitto di Forza Italia e Cristaldi di Alleanza Nazionale, effettuati in aula il 20 marzo 2002 e richiamati dalla Giunta a conferma della centralità assunta dall’omicidio del prof. Biagi nel dibattito politico-parlamentare dell’epoca;

che, infine, ad avviso del ricorrente il richiamare l’incarico di governo ricoperto dal deputato Bossi introdurrebbe un irrilevante elemento di confusione, poiché nessuna immunità per le opinioni espresse è invocabile a tutela della funzione di ministro della Repubblica;

che, in definitiva, la Camera, secondo il ricorrente, avrebbe interpretato in modo erroneo la nozione di esercizio delle funzioni parlamentari, ledendo la sfera di attribuzioni della magistratura, in quanto le dichiarazioni rese dal deputato Bossi nella intervista di cui si tratta non potrebbero ritenersi collegate alle sue funzioni parlamentari, sicché non sarebbe invocabile, in relazione ad esse, l’immunità di cui all’art. 68, primo comma, Cost.;

che il Tribunale di Roma ha, pertanto, chiesto l’annullamento della deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 30 luglio 2003, relativa alla intervista in questione.

Considerato che, in questa fase del giudizio, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte costituzionale è chiamata a deliberare, senza contraddittorio, se “esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza”, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilità;

che nella fattispecie sussistono i requisiti soggettivo ed oggettivo del conflitto;

che, infatti, quanto al requisito soggettivo, il Tribunale di Roma è legittimato a sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza, costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente, per il procedimento di cui è investito, la volontà del potere cui appartiene;

che, del pari, la Camera dei deputati è legittimata ad essere parte del presente conflitto in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta;

che, quanto al profilo oggettivo, il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, da parte della citata deliberazione della Camera dei deputati;

che dal ricorso possono ricavarsi “le ragioni del conflitto” e “le norme costituzionali che regolano la materia”, come richiesto dall’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

che, pertanto, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte.

per questi  motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione sollevato dal Tribunale di Roma nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe;

dispone:

a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al Tribunale di Roma, ricorrente;

b) che, a cura del ricorrente, l’atto introduttivo del presente giudizio e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine di venti giorni, previsto dall’art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 2006.

F.to:

Annibale MARINI, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 febbraio 2006.