Ordinanza n. 8 del 2006

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ORDINANZA N. 8

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Annibale                          MARINI                                Presidente

-      Franco                             BILE                                        Giudice

-      Francesco                        AMIRANTE                                 "

-      Ugo                                 DE SIERVO                                 "

-      Romano                           VACCARELLA                           "

-      Paolo                               MADDALENA                            "

-      Alfio                                FINOCCHIARO                          "

-      Alfonso                           QUARANTA                               "

-      Franco                             GALLO                                        "

-      Luigi                                MAZZELLA                                "

-      Gaetano                           SILVESTRI                                  "

-      Sabino                             CASSESE                                     "

-      Maria Rita                       SAULLE                                       "

-      Giuseppe                         TESAURO                                    "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 8, lettera a), del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari), convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2002, n. 222, promossi dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto con ordinanza del 17 giugno 2004, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con ordinanza del 16 dicembre 2003, dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino Alto Adige con ordinanza del 7 dicembre 2004, rispettivamente iscritte ai nn. 846, 1094 del registro ordinanze 2004 e al n. 129 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2004 e nn. 6 e 11, prima serie speciale, dell’anno 2005.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 30 novembre 2005 il giudice relatore Francesco Amirante.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso da un lavoratore extracomunitario avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di regolarizzazione presentata dal datore di lavoro del ricorrente e gli altri atti amministrativi connessi, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, con ordinanza del 17 giugno 2004 (r.o. n. 846 del 2004), ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 8, lettera a), della legge 9 ottobre 2002, n. 222, (recte: del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195 recante “Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari”, convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2002, n. 222);

che, come precisa il remittente, la disposizione censurata – della quale il provvedimento prefettizio impugnato costituisce mera applicazione – esclude dalla regolarizzazione, fra l’altro, i lavoratori extracomunitari nei cui confronti non possa essere disposta la revoca del provvedimento di espulsione, in quanto per l’esecuzione di tale atto è stato previsto l’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ovvero in quanto abbiano lasciato il territorio nazionale e si trovino nelle condizioni di cui all’art. 13, comma 13, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni;

che il giudice a quo richiama una propria precedente ordinanza di remissione sottolineando il contrasto della suddetta normativa con l’art. 3 Cost., sotto il duplice profilo del principio di eguaglianza e del principio di ragionevolezza, in quanto essa equipara ai fini dell’esclusione dalla “regolarizzazione” la differente posizione del lavoratore extracomunitario colpito da un provvedimento di espulsione eseguito coattivamente per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o perché socialmente pericoloso a quella del lavoratore extracomunitario che sia stato, invece, espulso coattivamente solo perché si sia trattenuto nel territorio dello Stato oltre il termine fissato nel decreto di espulsione ovvero perché vi sia entrato clandestinamente senza un valido documento di riconoscimento, non commettendo reati e non rendendosi concretamente pericoloso per la sicurezza pubblica;

che tali rilievi sarebbero particolarmente appropriati per il caso di specie nel quale l’atto di diniego si fonda sull’ultima parte della disposizione censurata, relativa, come si è detto, ai soggetti che, dopo aver lasciato il territorio nazionale, si trovino nelle condizioni di cui all’art. 13, comma 13, del d.lgs. n. 286 del 1998 e successive modificazioni;

che, infatti, in applicazione di tale ultima norma, si può del tutto irragionevolmente verificare che, mentre riesce ad ottenere la regolarizzazione, risultando incensurato, un soggetto destinatario di un provvedimento di espulsione che non vi abbia ottemperato e abbia iniziato a lavorare entro il prescritto termine, viceversa non può beneficiarne chi abbia spontaneamente ottemperato all’ordine di espulsione, ma sia poi rientrato in Italia senza richiedere la prescritta autorizzazione ministeriale;

che, quanto alla rilevanza, il giudice a quo – che ha temporaneamente accolto la domanda incidentale di sospensiva presentata dal ricorrente – afferma di ritenere indispensabile, con riguardo al giudizio in corso e, in particolar modo, per la fase cautelare, la risoluzione della sollevata questione di legittimità costituzionale, ai fini di decidere se l’istanza di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati debba essere definitivamente accolta o respinta;

che, nel corso di analogo giudizio avverso il provvedimento prefettizio di archiviazione del procedimento di legalizzazione avviato su domanda presentata da una datrice di lavoro di un lavoratore extracomunitario e gli atti amministrativi ad esso collegati, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, con ordinanza del 16 dicembre 2003, pervenuta a questa Corte il 24 dicembre 2004 (r.o. n. 1094 del 2004), ha sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 8, lettera a), della legge n. 222 del 2002, (recte: del d.l. n. 195 del 2002, convertito, con modificazioni, nella legge n. 222 del 2002);

che il giudice remittente argomenta analogamente al TAR per il Veneto il contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il duplice profilo del principio di eguaglianza e del principio di ragionevolezza, della disposizione censurata, nella parte in cui esclude dalla regolarizzazione i lavoratori extracomunitari che siano stati destinatari di provvedimenti di espulsione da eseguire mediante accompagnamento coattivo alla frontiera;

che, in punto di rilevanza, il giudice a quo, dopo aver precisato di aver accolto temporaneamente la domanda incidentale di sospensiva della ricorrente, sottolinea come già nell’attuale fase cautelare della controversia la decisione sulla sollevata questione sia determinante ai fini di confermare o meno il provvedimento di sospensiva adottato;

che, nel corso di un giudizio proposto per l’annullamento del provvedimento di rigetto della domanda di una datrice di lavoro di regolarizzazione di una cittadina extracomunitaria, anche il Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, ha sollevato, con ordinanza del 7 dicembre 2004 (r.o. n. 129 del 2005), questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 8, lettera a), del d.l. n. 195 del 2002, convertito, con modificazioni, nella legge n. 222 del 2002;

che il giudice remittente, dopo aver precisato di aver accolto con separata ordinanza la domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato, rivolge alla disposizione in oggetto censure analoghe a quelle degli altri remittenti con riferimento all’art. 3 Cost. e ad esse aggiunge quella relativa alla ipotizzata violazione dell’art. 35, primo comma, Cost., sul rilievo che la norma censurata impedirebbe l’inserimento sociale dei cittadini extracomunitari, cui la regolarizzazione del rapporto di lavoro – come manifestazione del diritto al lavoro – concorre in maniera determinante e che, nel contempo, nel disegno del legislatore, rappresenta la condizione per la revoca del provvedimento di espulsione;

che, in punto di rilevanza, il giudice a quo si limita ad affermare la pregiudizialità della soluzione della sollevata questione ai fini della decisione della fattispecie in esame;

che nei giudizi davanti alla Corte introdotti dalle ordinanze del TAR per il Veneto e del TAR per la Puglia, sede di Bari, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato;

che nel primo dei due indicati giudizi il Presidente del Consiglio ha chiesto, senza peraltro argomentare al riguardo, la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione;

che nell’altro giudizio è stata richiesta una dichiarazione di manifesta infondatezza della questione essendo del tutto ragionevole che il legislatore, nella sua valutazione discrezionale, abbia ritenuto non regolarizzabile la situazione di un cittadino extracomunitario destinatario di un provvedimento di espulsione con accompagnamento coattivo alla frontiera, in quanto si tratta di una situazione «meritevole di valutazione di maggiore disfavore rispetto a quelle poste a raffronto dal giudice remittente».

Considerato che la Corte è chiamata a scrutinare la legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 8, lettera a), del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari), convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2002, n. 222, laddove esclude la regolarizzazione, a seguito di istanza di emersione, dei lavoratori extracomunitari che siano stati destinatari di provvedimenti di espulsione con accompagnamento alla frontiera ovvero che abbiano lasciato il territorio nazionale e si trovino nelle condizioni di cui all’art. 13, comma 13, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni;

che i procedimenti vanno riuniti in ragione dell’analogia delle questioni sollevate;

che i remittenti, aditi per l’annullamento dei provvedimenti di rigetto o di archiviazione delle istanze di emersione, censurano tutti la suindicata disposizione nella parte relativa al divieto di regolarizzazione della posizione dei lavoratori extracomunitari destinatari di provvedimenti di espulsione con accompagnamento alla frontiera ed evocano l’art. 3 Cost., sostenendo l’illegittimità ai fini della regolarizzazione, dello stesso trattamento a soggetti che si trovino in situazioni diverse;

che, in particolare, viene posto l’accento sul contrasto con i principi di uguaglianza e di ragionevolezza della previsione del medesimo trattamento sia nei confronti dei destinatari di ordinanze di espulsione con accompagnamento alla frontiera per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o perché ritenuti socialmente pericolosi, sia nei confronti dei soggetti colpiti dai medesimi provvedimenti esclusivamente per essersi trattenuti nel territorio dello Stato oltre il termine di quindici giorni dall’intimazione di espulsione, oppure per essere entrati clandestinamente in Italia privi di un valido documento di identità, ma senza essersi resi colpevoli di alcun reato o essere concretamente pericolosi per la sicurezza pubblica;

che il Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige solleva la questione anche in riferimento all’art. 35, primo comma, Cost., sostenendo al riguardo che il procedimento di emersione e il provvedimento di regolarizzazione favoriscono l’inserimento sociale dei lavoratori extracomunitari;

che il TAR per il Veneto solleva, altresì, questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 1, comma 8, lettera a), del d.l. n. 195 del 2002, nella parte in cui esclude dalla regolarizzazione coloro che abbiano lasciato il territorio nazionale e si trovino nelle condizioni di cui all’art. 13, comma 13, del d.lgs. n. n. 286 del 1998 e successive modificazioni;

che, a tale ultimo riguardo, il giudice remittente sostiene l’assoluta irragionevolezza della norma in quanto essa impedisce di ottenere la regolarizzazione a soggetti più meritevoli rispetto a coloro i quali, pur essendo destinatari di analogo provvedimento espulsivo, non vi abbiano ottemperato, ma risultando incensurati ed avendo iniziato a lavorare entro il 10 giugno 2002, viceversa, possono beneficiarne;

che, nel relativo giudizio, l’atto impugnato riguarda un cittadino extracomunitario trovatosi nelle condizioni di cui all’art. 13, comma 13, del d.lgs. n. 286 del 1998 e successive modificazioni per essere rientrato nel territorio dello Stato, dopo esserne stato espulso, senza la prescritta autorizzazione del Ministro dell’interno;

che, pertanto, in tale giudizio la questione riguardante la parte della disposizione impugnata che prescrive il divieto di regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari destinatari di provvedimenti di espulsione con accompagnamento alla frontiera si appalesa manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza;

che, in merito a tale ultima questione, è da sottolineare che né il TAR per la Puglia né il TRGA del Trentino-Alto Adige riferiscono compiutamente sulla fattispecie oggetto dei giudizi di cui si tratta ed entrambi omettono, in particolare, di precisare le motivazioni dei provvedimenti di espulsione, sicché non è possibile stabilire quale sia la concreta situazione in cui versa ciascuno dei lavoratori interessati ai giudizi a quibus;

che, per effetto delle modifiche introdotte dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, l’espulsione mediante intimazione a lasciare il territorio dello Stato è riservata a coloro i quali si trattengono nel territorio italiano pur essendo scaduto il permesso di soggiorno da più di sessanta giorni (con la possibilità però che il prefetto, laddove ravvisi pericolo di sottrazione alla esecuzione, disponga anche in questo caso l’accompagnamento), mentre è divenuta di generale applicazione l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, salva restando l’ipotesi di cui all’art. 14, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998 (v. sentenza n. 222 del 2004 e ordinanza n. 126 del 2005);

che le suindicate carenze di motivazione privano questa Corte della possibilità di ogni controllo sulla rilevanza della questione nei giudizi di merito;

che l’invocazione dell’art. 35, primo comma, Cost., contenuta nell’ordinanza del TRGA del Trentino-Alto Adige, non è sorretta da congrua motivazione;

che anche tale questione è, pertanto, manifestamente inammissibile (v. ordinanza n. 126 del 2005);

che, quanto alla questione sollevata dal TAR per il Veneto in merito alla norma che prescrive l’esclusione dalla regolarizzazione dei cittadini extracomunitari che abbiano lasciato il territorio nazionale e si trovino nelle condizioni di cui all’art. 13, comma 13, del d.lgs. n. n. 286 del 1998 e successive modificazioni, si rileva che la disparità di trattamento denunciata dal giudice remittente – legata ai molteplici fattori che possono, nei singoli casi concreti, determinare differenze applicative della normativa di cui si tratta – si risolve in una disparità di mero fatto, inidonea come tale, per costante giurisprudenza di questa Corte, a fondare un giudizio di violazione del principio di eguaglianza (v., da ultimo, sentenze n. 264, n. 276 e n. 338 del 2005 e ordinanza n. 155 del 2005);

che, conseguentemente, tale questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 8, lettera a), del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari), convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2002, n. 222, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 35, primo comma, della Costituzione, dai Tribunali amministrativi regionali per il Veneto e per la Puglia, sede di Bari, nonché dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, con le ordinanze indicate in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 1, comma 8, lettera a), del decreto-legge n. 195 del 2002, convertito, con modificazioni, nella legge n. 222 del 2002, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2006.