Ordinanza n. 475 del 2005

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ORDINANZA N. 475

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Annibale    MARINI                                                     Presidente

-  Franco       BILE                                                              Giudice

-  Francesco  AMIRANTE                                                      ”

-  Ugo           DE SIERVO                                                      ”

-  Romano     VACCARELLA                                                ”

-  Paolo         MADDALENA                                                 ”

-  Alfio          FINOCCHIARO                                               ”

-  Alfonso     QUARANTA                                                     ”

-  Franco       GALLO                                                              ”

-  Luigi          MAZZELLA                                                      ”

-  Gaetano     SILVESTRI                                                       ”

-  Sabino       CASSESE                                                          ”

-  Maria Rita  SAULLE                                                           ”

-  Giuseppe  TESAURO                                                         ”

ha pronunciato la seguente                                                

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all’esito della modifica apportata dall’art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), come convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, promossi con ordinanze del 7 gennaio 2005 dal Giudice di pace di Lauria, nel procedimento civile vertente tra Chiarelli Giacomo e il Comune di Trecchina, e del 10 novembre 2004 dal Giudice di pace di Terni, nel procedimento civile vertente tra Monetini Marco e il Comune di Acquasparta, iscritte ai nn. 290 e 295 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2005.

Udito nella camera di consiglio del 30 novembre 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che il Giudice di pace di Lauria, con ordinanza del 7 gennaio 2005 (r.o. n. 290 del 2005), ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per contrasto con gli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione – dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all’esito della modifica apportata dall’art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214;

che il rimettente – sul presupposto di dover giudicare dell’opposizione proposta dal proprietario di un autoveicolo, per l’annullamento del verbale di contestazione di infrazione stradale commessa da conducente «rimasto sconosciuto» – ha ritenuto di dover sollevare questione di legittimità della norma testé indicata, «nella parte in cui non prevede che il proprietario del veicolo vada esente dalla decurtazione dei punti della patente qualora dimostri di non essere l’autore dell’infrazione», per violazione degli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione;

che in relazione al primo di tali parametri, il giudice a quo pone in luce la palese irragionevolezza del differente trattamento previsto per il «proprietario che può provare di non aver commesso l’infrazione e sia in grado di indicarne l’autore», giacché questi «va esente dalla decurtazione dei punti dalla patente», ed il proprietario che, «pur riuscendo a dimostrare la sua estraneità all’infrazione, non sia in grado di identificarne l’autore», atteso che in questa seconda ipotesi egli, invece, «deve subire la suddetta  sanzione »;

che ulteriori profili di irragionevolezza vengono ravvisati tanto nella disparità di trattamento tra il proprietario titolare della patente di guida e quello che ne sia invece sprovvisto (operando la sanzione de qua esclusivamente nei confronti del primo), quanto nel fatto che, se a norma dell’art. 196 del codice della strada il proprietario del veicolo può «liberarsi della responsabilità» in relazione alla sanzione pecuniaria, «quando provi che la circolazione del mezzo è avvenuta contro la sua volontà», il medesimo, anche ricorrendo tale ipotesi, «paradossalmente sarebbe costretto a subire la decurtazione punti dalla patente»;

che – quanto all’ipotizzata violazione dell’art. 24 della Costituzione – il rimettente deduce che con la norma impugnata si «istituisce una sorte di “delazione amministrativa”», per giunta ponendo a carico del proprietario un «comportamento inesigibile» (o, meglio, non interamente esigibile), giacché «non si può pretendere» che egli «fornisca i dati della patente del presunto trasgressore, ove questi si opponga»;

 

che, conclusivamente, il predetto Giudice di pace di Lauria sottolinea come la misura in questione sia «parificabile in sostanza ad una sanzione accessoria», di natura personale, ciò che dovrebbe comportare «la sua inapplicabilità a soggetto diverso dal trasgressore»;

che anche il Giudice di pace di Terni, con ordinanza del 10 novembre 2004 (r.o. n. 295 del 2005), ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione – del medesimo art. 126-bis (erroneamente indicato come art. 126) del codice della strada;

che tale rimettente deduce, preliminarmente, di essere chiamato a giudicare della legittimità di un verbale di contestazione di infrazione stradale emesso nei confronti del proprietario di un autoveicolo, a carico del quale «veniva irrogata la sanzione accessoria della decurtazione di dieci punti dalla patente di guida», giacché il medesimo «non era stato in grado di comunicare i dati personali e della patente del conducente al momento dell’infrazione, in quanto la stessa autovettura viene utilizzata da tutti i familiari e dai dipendenti dell’azienda di famiglia»;

 

che secondo il Giudice di pace di Terni «il sistema sanzionatorio su indicato viola il principio di eguaglianza, potendo applicarsi soltanto ai proprietari di auto muniti di patente», e non anche a «coloro che ne sono sprovvisti», dando luogo così ad «una disparità di trattamento fondata su di un elemento del tutto casuale e contingente»;

che la norma impugnata, inoltre, contrasterebbe con l’art. 27 della Costituzione, e segnatamente con il suo primo comma, atteso che «il principio della personalità della pena, affermato con riferimento ai reati è estensibile alle violazioni amministrative che prevedano sanzioni afflittive nei confronti della persona», tale appunto essendo la natura della misura costituita dalla decurtazione del punteggio dalla patente di guida;

che l’applicazione di tale misura ad un soggetto diverso dall’autore dell’infrazione stradale, infine, «urta contro i principi dello stesso sistema sanzionatorio del codice della strada», il quale – in «piena coerenza con i principi costituzionali» – «prevede una solidarietà passiva del conducente e del proprietario solo per le sanzioni pecuniarie, mentre sancisce l’intrasmissibilità delle sanzioni non pecuniarie a soggetti diversi da chi ha commesso la violazione e la loro estinzione alla morte del contravventore».

Considerato che il Giudice di pace di Lauria ed il Giudice di pace di Terni hanno sollevato – in riferimento, il primo, agli artt. 3, 24 e 25, il secondo, agli artt. 3 e 27 della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all’esito della modifica apportata dall’art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214;

che, difatti, anche l’iniziativa del secondo dei giudici a quibus si indirizza avverso la disposizione così come individuata, giacché – per un verso – il riferimento all’art. 126 (e non 126-bis) del codice della strada deve ritenersi frutto di un mero lapsus calami, così come, del pari, indubbia è la volontà anche di tale rimettente di investire con la propria iniziativa la disposizione ricavabile dal (solo) comma 2 dell’art. 126-bis;

che tuttavia questa Corte, chiamata medio tempore a giudicare di tale disposizione, ha concluso nel senso della sua illegittimità costituzionale, affermando in particolare che essa «dà vita ad una sanzione assolutamente sui generis, giacché la stessa – pur essendo di natura personale – non appare riconducibile ad un contegno direttamente posto dal proprietario del veicolo e consistente nella trasgressione di una specifica norma relativa alla circolazione stradale» (sentenza n. 27 del 2005);

 

che questa Corte ha, quindi, già riconosciuto che «la peculiare natura della sanzione prevista dall’art. 126-bis» (e segnatamente la sua incidenza sulla «legittimazione soggettiva alla conduzione di ogni veicolo») «fa emergere l’irragionevolezza della scelta legislativa di porre la stessa a carico del proprietario del veicolo che non sia anche il responsabile dell’infrazione stradale» (così nuovamente la citata sentenza n. 27 del 2005);

 

che la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale del predetto art. 126-bis, comma 2, del codice della strada impone, pertanto, la restituzione degli atti a ciascuno dei Giudici di pace rimettenti.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi;

 

ordina la restituzione degli atti al Giudice di pace di Lauria ed al Giudice di pace di Terni.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 2005.

 

Annibale MARINI, Presidente

 

Alfonso QUARANTA, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2005.