Sentenza n. 438 del 2005

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SENTENZA N. 438

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Annibale                     MARINI                                       Presidente

- Franco                         BILE                                                 Giudice

- Giovanni Maria           FLICK                                                   "

- Francesco                    AMIRANTE                                         "

- Ugo                             DE SIERVO                                         "

- Romano                      VACCARELLA                                   "

- Paolo                           MADDALENA                                    "

- Alfio                           FINOCCHIARO                                  "

- Alfonso                       QUARANTA                                        "

-Franco                          GALLO                                                 "

-Luigi                            MAZZELLA                                         "

- Gaetano                      SILVESTRI                                          "

- Sabino                         CASSESE                                             "

- Maria Rita                   SAULLE                                               "

- Giuseppe                     TESAURO                                            "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge 8 giugno 1966, n. 424 (Abrogazione delle norme che prevedono la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni a carico dello Stato o di altro ente pubblico) promosso con ordinanza del 10 settembre 2004 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, sul ricorso proposto da Fanelli Antonio contro la Procura regionale, iscritta al n. 1016 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2005.

  Udito nella camera di consiglio del 16 novembre 2005 il Giudice relatore Luigi Mazzella.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un procedimento in materia di danno erariale promosso a suo carico davanti alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, Fanelli Antonio, ex dipendente regionale, proponeva ricorso, ai sensi dell'art. 669-decies del codice di procedura civile, diretto ad ottenere, tra l’altro, che l’efficacia del sequestro conservativo dell’indennità di fine servizio disposto ai suoi danni fosse limitata fino alla concorrenza di un quinto dell’ammontare di quell’emolumento.

La sezione solleva, con riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge 8 giugno 1966, n. 424 (Abrogazione delle norme che prevedono la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni a carico dello Stato o di altro ente pubblico) nella parte in cui, per i dipendenti degli enti pubblici diversi dallo Stato, prevede la sequestrabilità e la pignorabilità, per il realizzo dei crediti da risarcimento del danno causato dal dipendente, delle indennità da liquidarsi in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro, senza osservare i limiti stabiliti dall’art. 545 del codice di procedura civile.

2.- Il giudice rimettente premette che, con riferimento all'azione di realizzo dei crediti da risarcimento del danno causato dal dipendente pubblico, l’art. 4 della legge n. 424 del 1966 stabilisce il limite del quinto solamente riguardo alla sequestrabilità e pignorabilità degli emolumenti pensionistici e non anche rispetto alle indennità di fine rapporto. Ricorda, poi, che questa Corte, con sentenza n. 225 del 1997, ha dichiarato l’illegittimità della norma predetta nella parte in cui prevedeva, per i dipendenti civili e militari dello Stato, la sequestrabilità e la pignorabilità delle indennità di fine rapporto di lavoro senza l’osservanza dei limiti stabiliti dall’art. 545, quarto comma, del codice di procedura civile. Tale pronuncia non spiegherebbe però i suoi effetti rispetto alle indennità di fine rapporto dovute ai dipendenti di enti pubblici diversi dallo Stato. Né la regola della sequestrabilità e pignorabilità nei limiti di un quinto, enucleabile dalla sentenza, potrebbe essere applicata ad altre categorie di dipendenti pubblici in via di interpretazione analogica, considerata l’assenza di lacune da colmare e la regola generale posta dall’art. 2740, primo comma, del codice civile, secondo cui il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni.

Ciò precisato, la sezione osserva che l’integrale sequestrabilità e pignorabilità delle indennità di fine rapporto di lavoro per il realizzo di crediti da risarcimento del danno causato dai dipendenti di enti pubblici diversi dallo Stato configura un’ingiustificata disparità di trattamento in danno di questi ultimi, sia rispetto ai dipendenti privati, sia rispetto ai dipendenti statali.

Quanto ai primi, il rimettente afferma che il diverso regime in tema di limiti alla pignorabilità e sequestrabilità degli emolumenti di fine rapporto non trova più giustificazione nell’attuale contesto di graduale equiparazione dei rispettivi regimi giuridici (come ritenuto anche nella citata sentenza n. 225 del 1997 di questa Corte). Rispetto ai secondi, lo stesso rimettente rileva che la disparità di trattamento venutasi a determinare a seguito del ricordato intervento della Corte costituzionale non è giustificata se si considera che i dipendenti degli enti pubblici diversi dallo Stato sono equiparati ai dipendenti statali sia a’ termini del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni), sia dalla giurisprudenza costituzionale.

Riguardo alla rilevanza della questione, la sezione evidenzia che l’eventuale dichiarazione dell’illegittimità costituzionale della norma censurata comporterebbe l’accoglimento del ricorso con limitazione, nella misura di un quinto, dell’efficacia del sequestro dell’indennità di fine servizio.

Considerato in diritto

1.- La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, dubita, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge n. 424 del 1966 nella parte in cui non prevede che, in ipotesi di danno erariale, le indennità di fine rapporto spettanti a dipendenti di enti pubblici diversi dallo Stato siano sequestrabili o pignorabili senza l’osservanza dei limiti contemplati dall’art. 545 del codice di procedura civile. Tale disposizione, secondo il giudice a quo, realizzerebbe una ingiustificata disparità di trattamento ai danni dei dipendenti dei citati enti pubblici rispetto al regime applicabile, in analoghe fattispecie, ai dipendenti dei datori di lavoro privati ed ai dipendenti civili e militari dello Stato.

  2.- La questione è fondata.

        Questa Corte, con la sentenza n. 225 del 1997, ha affermato che la progressiva eliminazione delle differenze in materia di regime giuridico dell’indennità di fine rapporto spettante ai dipendenti del settore privato e dell’analogo emolumento erogato ai dipendenti pubblici rende non più tollerabile una disparità di trattamento tra le due categorie di lavoratori in tema di sequestrabilità e pignorabilità di quegli emolumenti. E ciò neppure in presenza di un credito della stessa pubblica amministrazione consistente nel risarcimento del cosiddetto danno erariale. A giudizio della Corte tale credito, nel bilanciamento dei valori, non può prevalere senza alcun limite sul diritto al trattamento di fine rapporto del lavoratore, pubblico o privato che sia. Secondo la Corte era evidente  l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge n. 424 del 1966, nella parte in cui non prevedeva che la sequestrabilità o la pignorabilità del trattamento di fine rapporto dei dipendenti civili e militari dello Stato, per i crediti derivanti da danno erariale, fosse contenuta nei limiti previsti dall'art. 545 del codice di procedura civile.

  Le argomentazioni svolte nella sentenza n. 225 del 1997 sono pertinenti anche con riferimento alla fattispecie oggetto del presente giudizio, concernente la sequestrabilità e la pignorabilità della indennità di fine rapporto spettante ai dipendenti di enti pubblici diversi dallo Stato per il realizzo dei crediti da risarcimento del danno erariale causato da quei dipendenti.

  Questa Corte ha ripetutamente affermato che le varie categorie di indennità di fine rapporto proprie del settore pubblico hanno un carattere unitario - pur se governate da diversi meccanismi di provvista e di erogazione dei singoli trattamenti - in considerazione dell’analoga natura di retribuzione differita collegata ad una concorrente funzione previdenziale e della comune correlazione alle contribuzioni versate dai lavoratori e dalle rispettive pubbliche amministrazioni (si vedano, tra le tante, le sentenze n. 243 del 1997, n. 439 e n. 63 del 1992, n. 763 del 1988, n. 115 del 1979). Una simile connotazione unitaria consente una generale applicazione a qualsiasi tipo di rapporto di lavoro subordinato dei relativi principî informatori della materia (sentenze n. 106 del 1996, n. 243 e n. 99 del 1993).

Da tale carattere unitario consegue l’esigenza di equiparare dipendenti statali e dipendenti di enti pubblici diversi dallo Stato anche con specifico riferimento al regime dei limiti posti alla pignorabilità degli emolumenti traenti fonte dal rapporto di lavoro (v. sentenza n. 878 del 1988).

Non sussiste, infatti, alcuna ragione che possa giustificare il più gravoso regime cui sono sottoposti i dipendenti degli enti pubblici diversi dallo Stato che, diversamente dai dipendenti statali, possono veder sequestrata e pignorata l’indennità di fine rapporto senza alcun limite.

  Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge n. 424 del 1966 nella parte in cui prevede, per i dipendenti degli enti pubblici diversi dallo Stato, la sequestrabilità e la pignorabilità delle indennità di fine rapporto di lavoro, per il realizzo dei crediti da risarcimento del danno erariale, senza osservare i limiti stabiliti dall’articolo 545 del codice di procedura civile.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge 8 giugno 1966, n. 424 (Abrogazione delle norme che prevedono la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni a carico dello Stato o di altro ente pubblico) nella parte in cui prevede, per i dipendenti degli enti pubblici diversi dallo Stato, la sequestrabilità e la pignorabilità delle indennità di fine rapporto di lavoro, per crediti da danno erariale, senza osservare i limiti stabiliti dall’articolo 545 del codice di procedura civile.

            Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 novembre 2005.

Annibale MARINI, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 9 dicembre 2005.