Ordinanza n. 435 del 2005

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ORDINANZA N. 435

 

ANNO 2005

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

- Annibale                     MARINI                                Presidente

 

- Franco                         BILE                                        Giudice

 

- Giovanni Maria           FLICK                                          "

 

- Francesco                    AMIRANTE                                 "

 

- Ugo                             DE SIERVO                                 "

 

- Romano                      VACCARELLA                           "

 

- Paolo                           MADDALENA                            "

 

- Alfio                           FINOCCHIARO                          "

 

- Alfonso                       QUARANTA                               "

 

- Franco                         GALLO                                        "

 

- Gaetano                      SILVESTRI                                  "

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2751-bis, numero 1, del codice civile, promosso dal Tribunale di Lanusei, nel procedimento civile vertente tra D. M. e il Fallimento Arbatex a r.l., con ordinanza del 31 luglio 2003, iscritta al n. 153 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2005.

 

Udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 2005 il Giudice relatore Francesco Amirante.

 

Ritenuto che il Tribunale di Lanusei – nel corso di un procedimento promosso per l’insinuazione tardiva nei confronti del fallimento di una società cooperativa, onde ottenere il riconoscimento della natura privilegiata del credito di una lavoratrice, dimessasi a seguito del mancato pagamento di alcune retribuzioni, la quale aveva richiesto il risarcimento dei danni conseguenti al proprio recesso da un contratto di formazione e lavoro – ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione, dell’art. 2751-bis, numero 1, del codice civile, nella parte in cui «non accorda il privilegio generale sui mobili al credito del lavoratore dipendente per risarcimento del danno subito per effetto di qualsiasi cessazione patologica del rapporto di lavoro per causa imputabile al datore di lavoro, ed in particolare al danno subito per recesso del lavoratore ex art. 2119 codice civile per inadempimento del datore di lavoro»;

 

che, secondo il remittente, la censurata esclusione sarebbe lesiva dei principi di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. e di tutela del lavoro di cui all’art. 35 Cost. poiché, malgrado l’individuazione dei crediti risarcitori del lavoratore assistiti dal privilegio ai sensi dell’art. 2751-bis, numero 1, cod. civ. corrisponda a scelte discrezionali, tale discrezionalità dovrebbe sempre essere utilizzata secondo criteri di ragionevolezza, sì che non sarebbe consentito al legislatore discriminare tra situazioni accomunate da una identità di ratio;

 

che il caso del credito risarcitorio del lavoratore conseguente al recesso per grave inadempimento del datore di lavoro sembra al Tribunale del tutto omogeneo all’ipotesi del credito per il risarcimento del danno dipendente da licenziamento illegittimo, differenziandosi le due fattispecie soltanto perché nel primo caso lo scioglimento del rapporto dipende da un atto di volontà del lavoratore, mentre nell’ipotesi del licenziamento ne è indipendente, il che non parrebbe giustificare una diversa considerazione del rango del credito;

 

che, da un lato, la volontà del lavoratore receduto per un grave inadempimento del datore di lavoro è coartata e non libera, poiché egli è costretto a presentare le proprie dimissioni in ragione di una giusta causa e quindi l’aspetto volitivo non assume una rilevanza tale da distinguere in modo significativo le due fattispecie;

 

che, dall’altro lato, l’incidenza della volontà del lavoratore sull’effetto risolutivo del rapporto non presenta alcuna attinenza alla ratio della norma, che sarebbe quella di accordare un’amplissima tutela al lavoro subordinato attraverso il riconoscimento della particolare meritevolezza dei crediti retributivi o di quelli risarcitori, in quanto legati allo svolgimento del rapporto di lavoro;

 

che, infine, quanto alla rilevanza della questione, il remittente evidenzia come, ove tale tesi non trovasse accoglimento, il credito di cui si tratta non potrebbe non essere ammesso al passivo in chirografo, non essendo la disposizione censurata suscettibile di interpretazione analogica.

 

Considerato che questa Corte ha affermato, «in considerazione del carattere politico-economico dei criteri che presiedono al riconoscimento della natura privilegiata di dati crediti», l’impossibilità di «utilizzare lo strumento del giudizio di legittimità costituzionale per introdurre, sia pure con riguardo al rilievo costituzionale di un determinato credito, una causa di prelazione ulteriore, con strutturazione di un autonomo modulo normativo» (v. sentenza n. 113 del 2004, e, in precedenza, sentenze n. 84 del 1992 e n. 40 del 1996);

 

che è stata però anche ritenuta la possibilità di «sindacare, all’interno di una specifica norma attributiva di un privilegio, la mancata inclusione in essa di fattispecie omogenee a quella cui la causa di prelazione è riferita» (cfr. le medesime sentenze sopra citate);

 

che, nel caso in esame, l’ordinanza di rimessione non contiene tutti gli elementi necessari perché possa essere effettuato il giudizio di omogeneità tra il credito di cui si tratta ed altro credito munito di privilegio;

 

che, infatti, oltre a non aver chiarito la natura del danno da liquidare, il remittente chiede a questa Corte di emettere una sentenza additiva dai contenuti generici non precisando a quali contratti, tra le molteplici tipologie dei rapporti di lavoro, dovrebbe riferirsi l’estensione del privilegio previsto per le indennità scaturenti da licenziamento inefficace, nullo o annullabile al credito di risarcimento del lavoratore dimessosi per inadempimento del datore;

 

che tale credito viene fatto rientrare dal remittente, senza congrua motivazione, tra quelli eventualmente spettanti al lavoratore «per effetto di qualsiasi cessazione patologica del rapporto di lavoro per causa imputabile al datore di lavoro»;

 

che sussistono pertanto evidenti e concorrenti aspetti di indeterminatezza i quali impediscono alla Corte di pronunciarsi nel merito della questione, che pertanto deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2751-bis, numero 1, del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 35 delle Costituzione, dal Tribunale di Lanusei con l’ordinanza di cui in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 novembre 2005.

 

Annibale MARINI, Presidente

 

Francesco AMIRANTE, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 2 dicembre 2005.