Ordinanza n. 376 del 2005

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ORDINANZA N. 376

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Piero Alberto

CAPOTOSTI

Presidente

- Fernanda

CONTRI

Giudice

- Guido

NEPPI MODONA

"

- Annibale

MARINI

"

- Franco

BILE

"

- Giovanni Maria

FLICK

"

- Francesco

AMIRANTE

"

- Ugo

DE SIERVO

"

- Romano

VACCARELLA

"

- Paolo

MADDALENA

"

- Alfio

FINOCCHIARO

"

- Alfonso

QUARANTA

"

- Franco

GALLO

"

- Luigi

MAZZELLA

"

- Gaetano

SILVESTRI

"

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), in relazione agli artt. 13, comma 13, e 17 del medesimo decreto legislativo, promossi con ordinanze emesse dal Tribunale di Napoli in data 13 marzo 2003 (n. 3 ordinanze), 14, 15 marzo 2003 (n. 2 ordinanze) e 29 settembre 2003, rispettivamente iscritte ai numeri 483, 484, 485, 486, 834 e 835 del registro ordinanze 2003 e 2 del registro ordinanze 2004, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 32, 43, prima serie speciale, dell’anno 2003, e 7, prima serie speciale, dell’anno 2004.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2005 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che con le ordinanze in epigrafe, di tenore sostanzialmente identico, il Tribunale di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 24, 27 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), in relazione agli artt. 13, comma 13, e 17 del medesimo decreto legislativo;

che il giudice a quo – chiamato alla convalida dell’arresto ed alla contestuale celebrazione del giudizio direttissimo nei confronti di stranieri imputati del reato di ingiustificato trattenimento nel territorio dello Stato, di cui all’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 — dubita, anzitutto, della legittimità costituzionale della scelta legislativa di prevedere, per tale fattispecie criminosa, un «anomalo» rito direttissimo, svincolato dagli ordinari presupposti;

che tale soluzione normativa si porrebbe in contrasto con il principio di uguaglianza, con il diritto di difesa e con i principi del «giusto processo», in particolare perché precluderebbe all’imputato lo svolgimento di attività – quali le indagini difensive – dirette a contrastare l’ipotesi accusatoria, dimostrando ad esempio l’esistenza di ragioni giustificative del mancato allontanamento dal territorio nazionale;

che egualmente censurabile, sul piano costituzionale, sarebbe la previsione dell’arresto obbligatorio per il reato in questione;

che detta previsione lederebbe l’art. 3 Cost., stante la natura contravvenzionale ed il mite trattamento sanzionatorio della fattispecie criminosa; nonché l’art. 2 Cost., per contrasto con il principio di solidarietà politica e sociale, essendo l’incriminazione riferibile esclusivamente a stranieri;

che risulterebbe compromesso, altresì, il principio della finalità rieducativa della pena, enunciato dall’art. 27 Cost., giacché la norma impugnata commina una sanzione penale nei confronti di soggetti destinati ad essere immediatamente espulsi, con la conseguenza che essa non verrebbe di fatto mai eseguita;

che alla stregua, infatti, dell’art. 13, commi 3 e 3-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, il decreto di espulsione dello straniero – la cui adozione costituisce un presupposto del reato de quo – è immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa; mentre, se lo straniero è sottoposto a procedimento penale, l’esecuzione dell’espulsione è subordinata al nulla osta dell’autorità giudiziaria: nulla osta che va peraltro rilasciato all’atto della convalida dell’arresto e può essere negato solo in ipotesi tassative – in pratica quasi mai configurabili rispetto alla fattispecie criminosa considerata – così da risultare pressoché automatico;

che da ciò deriverebbe nuovamente una lesione del diritto dello straniero, tutelato dagli artt. 24 e 111 Cost., di difendersi dall’imputazione a suo carico, presenziando al dibattimento: senza che si possa far leva, in contrario, sulla facoltà dello straniero espulso di rientrare nel territorio dello Stato per l’esercizio del diritto di difesa, prefigurata dall’art. 17 del d.lgs. n. 286 del 1998, dato che detta facoltà presupporrebbe «formalità burocratiche» tali da rendere praticamente impossibile il rientro in tempo utile per la partecipazione ad un processo celebrato con le rapide cadenze del rito direttissimo;

che il meccanismo normativo censurato violerebbe, ancora, l’art. 10 Cost., stante la possibilità che l’immediata espulsione determini il ritorno dello straniero in uno Stato nel quale gli è impedito l’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione;

che sarebbe vulnerato, da ultimo, l’art. 3 Cost., in relazione agli artt. 5, comma 4, e 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, essendosi configurato un caso di restrizione della libertà personale che non trova il suo naturale sbocco nel vaglio giurisdizionale del merito dell’accusa: e ciò stante la previsione in forza della quale il giudice, acquisita la prova dell’avvenuta espulsione (conseguente, a sua volta, al rilascio del nulla osta), pronuncia sentenza di non luogo a procedere (art. 13, comma 3-quater, del d.lgs. n. 286 del 1998);

che in cinque dei giudizi di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata.

Considerato che le ordinanze di rimessione sollevano identiche questioni, onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione;

che il Tribunale rimettente, con le suddette ordinanze, censura la sequenza procedimentale che si innesca nel caso di (ipotizzata) commissione del reato previsto dall’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 – vale a dire, la sequenza procedimentale dell’arresto obbligatorio, del conseguente giudizio direttissimo, del nulla osta all’espulsione dell’imputato e della successiva sentenza di non luogo a procedere per avvenuta esecuzione dell’espulsione stessa – reputando che tale meccanismo confligga, tanto nel suo complesso che nelle singole articolazioni, con plurimi parametri costituzionali;

che, tuttavia, il giudice a quo – in luogo di sottoporre a scrutinio le disposizioni che contemplano le scansioni procedimentali censurate – si limita ad impugnare l’art. 14, comma 5-ter, «con riferimento agli artt. 13, comma 13, e 17», del d.lgs. n. 286 del 1998: ossia la sola norma - di natura sostanziale - che prevede la fattispecie criminosa dello straniero che, senza giustificato motivo, si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell’ordine impartito dal questore, stabilendo la relativa sanzione; unitamente a disposizioni – quelle di «riferimento», di cui ai citati artt. 13, comma 13, e 17 – regolative di aspetti non direttamente coinvolti dalle censure (rispettivamente, il divieto di rientro dello straniero espulso nel territorio dello Stato, salva speciale autorizzazione del Ministro dell’interno; e la facoltà di rientro del medesimo per l’esercizio del diritto di difesa);

che il Tribunale rimettente denuncia, pertanto, norme inconferenti rispetto alle proprie doglianze, non essendo la prospettata lesione dei parametri costituzionali ricollegabile ad esse;

che l’erronea individuazione delle norme da censurare rende le questioni sollevate manifestamente inammissibili (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 153 del 2005 e n. 217 del 2003).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, della norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), in relazione agli artt. 13, comma 13, e 17 del medesimo decreto legislativo, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 24, 27 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Napoli con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 settembre 2005.

F.to:

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2005.