Ordinanza n. 348 del 2005

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ORDINANZA N. 348

 

ANNO 2005

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai Signori:

 

- Piero Alberto              CAPOTOSTI             Presidente

 

- Fernanda                    CONTRI                      Giudice

 

- Guido                         NEPPI MODONA         "

 

- Annibale                     MARINI                         "

 

- Franco                        BILE                               "

 

- Giovanni Maria          FLICK                            "

 

- Francesco                   AMIRANTE                   "

 

- Ugo                            DE SIERVO                   "

 

- Romano                      VACCARELLA             "

 

- Paolo                          MADDALENA              "

 

- Alfio                           FINOCCHIARO            "

 

-Alfonso                       QUARANTA                 "

 

- Franco                        GALLO                          "

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 335, 409 e 410, comma 3, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza del 21 maggio 2004 dal G.I.P. del Tribunale di Padova nel procedimento penale a carico di (persona da identificare), iscritta al n. 725 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2004.

 

    Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

    udito nella camera di consiglio dell'8 giugno 2005 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

 

    Ritenuto che, con ordinanza del 21 maggio 2004, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 335, 409 e 410, comma 3, del codice di procedura penale, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui – a seguito di opposizione alla richiesta di archiviazione ex art. 410 del codice di procedura penale – non consente al Giudice per le indagini preliminari di invitare il pubblico ministero che abbia chiesto l'archiviazione di un procedimento penale, formalmente a carico di ignoti, ma dal quale possa evincersi il nome della persona sottoposta ad indagini, ad iscrivere il nome della persona alla quale il reato è attribuito nel registro delle notizie di reato di cui all'art. 335 del codice di procedura penale prima dell'udienza ex art. 409, comma 2, del codice di procedura penale;

 

    che, secondo il rimettente, nel procedimento penale iscritto nel registro delle notizie di reato come «persona da identificare» in relazione al reato di cui all'art. 589 del codice penale (omicidio colposo) con l'indicazione delle parti offese Gabaldo Cristian (quest'ultimo deceduto a seguito dell'incidente) e Comparin Renato, il pubblico ministero aveva chiesto l'archiviazione, per non essere ravvisabile alcun illecito penale a carico di terzi, emergendo dalla consulenza tecnica che il sinistro mortale è da attribuire alla condotta di guida del Gabaldo in modo esclusivo;

 

    che il difensore dei prossimi congiunti di Gabaldo aveva proposto opposizione all'archiviazione, rilevando che un concorso di colpa era sicuramente da ascrivere al conducente del veicolo antagonista, Comparin Renato, e aveva chiesto che il giudice per le indagini preliminari ordinasse la prosecuzione delle indagini, affinché fosse chiamato il consulente tecnico d'ufficio a chiarimenti, sulle circostanze diffusamente indicate nell'atto di opposizione;

 

    che, alla richiesta del giudice per le indagini preliminari di identificare la persona sottoposta alle indagini, al fine di consentirne la partecipazione all'udienza in camera di consiglio da fissare ex art. 409 del codice di procedura penale, il pubblico ministero aveva risposto di potere omettere l'iscrizione del nome dell'indagato nel registro delle notizie di reato previsto dall'art. 335 del codice di procedura penale perché sarebbe risultata ingiustificatamente vessatoria, in caso di infondatezza della notizia di reato, e che il giudice delle indagini preliminari poteva sollecitare tale iscrizione solo in sede di udienza in camera di consiglio;

 

    che il Tribunale, ritenuta l'opposizione ammissibile, aveva fissato l'udienza ex art. 409 del codice di procedura penale, con avviso al pubblico ministero e alla sola parte offesa opponente (art. 410, comma 3, del codice di procedura penale);

 

    che, secondo il giudice a quo, l'art. 335, comma 1, del codice di procedura penale stabilisce che il pubblico ministero iscrive immediatamente nell'apposito registro, ogni notizia di reato, nonché «contestualmente o dal momento in cui risulta» il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito;

 

    che il tenore letterale della norma di cui all'articolo 415 bis del codice di procedura penale – «se non deve formulare richiesta di archiviazione» – sembra stabilire in modo inequivoco che il pubblico ministero ha l'obbligo di iscrivere nel registro delle notizie di reato il nome della persona alla quale il reato è in astratto attribuito, a prescindere da qualsiasi valutazione sulla fondatezza della notizia di reato; che tale interpretazione sarebbe coerente con il sistema che ha inteso garantire l'indagato con la previsione di precisi termini di durata della fase delle indagini, a decorrere proprio dalla iscrizione del nome dell'indagato nel registro delle notizie di reato, garanzia completamente svuotata di significato, ove s'intenda che il pubblico ministero ha il potere di raccogliere, prima, tutti gli elementi necessari e poi, quando si convince che l'accusa è fondata e vuole esercitare l'azione penale, iscrive il nome dell'indagato nel registro delle notizie di reato;

 

    che, così intesa la norma, il sistema conterrebbe in sé idonee salvaguardie, poiché ove pervenga una richiesta di archiviazione ai sensi dell'art. 409 del codice di procedura penale e non sia iscritta nel registro degli indagati la persona alla quale il reato è attribuito, il giudice potrebbe, analogamente a quanto prevede l'art. 415 del codice di procedura penale per i reati commessi da ignoti, restituire gli atti al pubblico ministero ordinandogli di procedere all'iscrizione, prima di fissare l'udienza ex art. 409, comma 2, del codice di procedura penale e proprio allo scopo di consentire all'indagato di essere avvisato e di parteciparvi;

 

    che, secondo il rimettente, la Corte di cassazione (sezioni unite penali del 15 gennaio 2001) avrebbe, però, dato della norma un'interpretazione diversa, per la quale, di fronte ad una richiesta di archiviazione ex art. 409 del codice di procedura penale, il giudice ha solo i poteri concessigli dall'art. 409 del codice di procedura penale di emettere decreto di archiviazione o disporre l'udienza camerale; e che, aderendo a tale giurisprudenza, il pubblico ministero si era rifiutato di procedere all'iscrizione di Comparin nel registro delle notizie di reato e al giudice non era rimasto che fissare l'udienza ex art. 409 del codice di procedura penale con indagato «persona da identificare»;

 

    che, così inteso, l'art. 335 del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 409 e 410, comma 3, dello stesso codice, violerebbe, a parere del rimettente, il diritto di difesa, garantito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione;

 

    che l'ordine al pubblico ministero ex art. 415 del codice di procedura penale di iscrivere il nome della persona già individuata nel relativo registro, quando l'archiviazione sia stata richiesta nei confronti di «ignoto», non contiene naturalmente alcuna valutazione circa la sussistenza del reato e la responsabilità dell'indagato, limitandosi a sottolineare che la formula richiesta non è corretta, perché l'indagato ha, in realtà, un nome e cognome; e che il pubblico ministero, una volta iscritto l'indagato, potrà richiedere l'archiviazione ai sensi dell'art. 409 del codice di procedura penale e il giudice potrà disporla;

 

    che, nel caso di specie, i carabinieri avevano identificato, fin dal 13 ottobre 2003, Renato Comparin, che aveva anche nominato un difensore di fiducia;

 

    che nell'atto di opposizione si insiste sulla responsabilità di Comparin e non vi è dubbio che – a prescindere dall'eventuale responsabilità della pubblica amministrazione per la manutenzione della strada – l'unico coinvolto nel sinistro è Comparin, al quale il pubblico ministero si riferisce implicitamente, ma chiaramente, nella richiesta di archiviazione, attribuendo la colpa «esclusiva» al Gabaldo;

 

    che secondo la Corte di cassazione l'invito del giudice al pubblico ministero a iscrivere l'indagato può avvenire solo all'esito dell'udienza ex art. 409 del codice di procedura penale;

 

    che a nulla varrebbe osservare che, nella nuova udienza ex art. 409 del codice di procedura penale, l'indagato potrà far valere le sue ragioni, poiché rimane, comunque, il dato, insuperabile, che è stato escluso da una udienza alla quale aveva, comunque, diritto di partecipare, senza considerare che anche l'ordinanza di archiviazione emessa dal giudice all'esito dell'udienza ex art. 409 del codice di procedura penale nei confronti di «persona da identificare» in realtà lede comunque il diritto di difesa della persona alla quale il reato è attribuito, se non altro perché tale ordinanza non potrebbe mai avere, nei suoi confronti, un'efficacia preclusiva, dal momento che se Comparin non è mai stato formalmente indagato non potrà, in un eventuale futuro procedimento a suo carico per lo stesso fatto, eccepire che le indagini sono proseguite senza il decreto di autorizzazione ex art. 414 del codice di procedura penale, obbligatorio nel caso di archiviazione emessa nei confronti di un indagato identificato;

 

    che, secondo il rimettente, la questione è rilevante, dal momento che, ove la Corte dichiarasse l'incostituzionalità del combinato disposto degli artt. 335, 409 e 410, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente al giudice di invitare il pubblico ministero ad iscrivere il nome della persona alla quale il reato è attribuito nel relativo registro, prima di fissare l'udienza ex art. 409, comma 2, del codice di procedura penale, per consentire che gliene sia dato avviso, il giudice potrebbe, in accoglimento della eccezione del difensore, dichiarare la nullità dell'udienza, per omesso avviso al difensore, ai sensi dell'art. 127, comma 5, del codice di procedura penale, restituendo gli atti al pubblico ministero perché iscriva Comparin nel registro delle notizie di reato e fissare, quindi, una nuova udienza in camera di consiglio, questa volta con avviso anche al suo difensore, in esito alla quale decidere secondo uno dei modi previsti dall'art. 409 del codice di procedura penale;

 

    che, allo stato, invece, l'eccezione dovrebbe essere rigettata, dal momento che Comparin non è persona sottoposta alle indagini e non ha alcun diritto a ricevere l'avviso dell'udienza;

 

    che nessuna nullità si è dunque verificata e non rimane che decidere sulla richiesta del pubblico ministero accogliendola, disponendo ulteriori indagini o anche ordinando allo stesso di procedere all'iscrizione di Comparin, ritenuta in sostanza, la necessita' di formulare l'imputazione a suo carico;

 

    che si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o comunque infondata.

 

    Considerato che il Tribunale di Padova dubita della legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 335, 409 e 410, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui – a seguito di opposizione alla richiesta di archiviazione ex art. 410 del codice di procedura penale – non consente al giudice per le indagini preliminari di invitare il pubblico ministero che abbia chiesto l'archiviazione di un procedimento penale, formalmente a carico di ignoti, ma dal quale possa evincersi il nome della persona sottoposta ad indagini ad iscrivere il nome della persona alla quale il reato è attribuito nel registro delle notizie di reato di cui all'art. 335 del codice di procedura penale prima dell'udienza ex art. 409, comma 2, del codice di procedura penale (che viene fissata quando il giudice abbia deciso di non accogliere la richiesta di archiviazione e alla quale sono invitati a partecipare il pubblico ministero, la persona offesa dal reato e la persona sottoposta ad indagini), impedendo alla persona sostanzialmente sottoposta ad indagini di essere invitata a partecipare all'udienza di cui all'art. 409, comma 2, del codice di procedura penale e quindi di difendersi all'interno di essa, per violazione del diritto di difesa di cui all'art. 24, secondo comma, della Costituzione;

 

    che, contrariamente all'assunto del rimettente, l'art. 415, secondo comma, del codice di procedura penale, espressamente prevede che il giudice «se ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata ordina che il nome di questa sia iscritta nel registro delle notizie di reato»;

 

    che questa Corte, con ordinanza n. 176 del 1999, ha dichiarato la manifesta infondatezza, in riferimento agli artt. 3 e 112 Cost., della questione di legittimità costituzionale dell'art. 409 del codice di procedura penale censurato in quanto, ad avviso del giudice a quo, non avrebbe previsto che il giudice per le indagini preliminari possa ordinare al pubblico ministero, quando il pubblico ministero non vi abbia già provveduto, di iscrivere nel registro di cui all'art. 335 del codice di procedura penale, il nome della persona da considerarsi indiziata, perché non può in alcun modo revocarsi in dubbio che, a prescindere dal "tipo" di archiviazione richiesta dal pubblico ministero, spetti in ogni caso al giudice il potere – ove nel procedimento non figurino persone formalmente sottoposte alle indagini – di disporre, nella ipotesi in cui non ritenga di poter accogliere la richiesta di archiviazione, l'iscrizione, nel registro delle notizie di reato, del nominativo del soggetto cui il reato sia a quel momento da attribuire;

 

    che la questione proposta deve, pertanto, essere dichiarata manifestamente infondata.

 

    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

    dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 335, 409 e 410, comma 3, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'articolo 24, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Padova, ufficio del giudice per le indagini preliminari, con l'ordinanza in epigrafe.

 

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 2005.

 

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

 

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 29 luglio 2005.