Sentenza n. 302 del 2005

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SENTENZA N. 302

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Piero Alberto                            CAPOTOSTI                Presidente 

- Fernanda                                   CONTRI                         Giudice

- Annibale                                   MARINI                                "

- Franco                                       BILE                                      "

- Giovanni Maria                         FLICK                                   "

- Francesco                                  AMIRANTE                          "

- Ugo                                           DE SIERVO                          "

- Romano                                    VACCARELLA                    "

- Paolo                                         MADDALENA                     "

- Alfio                                         FINOCCHIARO                   "

- Alfonso                                     QUARANTA                        "

- Franco                                       GALLO                                 "

ha pronunciato la seguente                                                 

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota 3 aprile 2003, n. prot. 2096, del Provveditorato regionale alle opere pubbliche – Magistrato alle acque di Venezia, promosso con ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia, notificato il 7 giugno 2003, depositato in cancelleria l’11 successivo ed iscritto al n. 22 del registro conflitti 2003.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 24 maggio 2005 il Giudice relatore Paolo Maddalena;

uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia e l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. ¾ Con ricorso notificato il 7 giugno 2003 la Regione Friuli-Venezia Giulia solleva conflitto di attribuzione avverso il Presidente del Consiglio dei ministri, impugnando la nota 3 aprile 2003, n. prot. 2096, del Provveditorato regionale alle opere pubbliche – Magistrato alle acque di Venezia, per violazione degli articoli 5, n. 14 e n. 22, e 8 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) e degli articoli 1, 2 e 3, comma 1, del decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo, nonché di funzioni in materia di risorse idriche e di difesa del suolo).

1.1. ¾ Con la nota impugnata il Magistrato alle acque di Venezia ritiene che – in base al disposto dell’art. 1 del decreto legislativo n. 265 del 2001, il quale prevede il mantenimento in capo allo Stato della tratta del fiume (rectius: torrente) Judrio, che delimita il confine di Stato, e delle tratte dei fiumi Livenza e Tagliamento, che delimitano il confine con la Regione Veneto – sia necessario il mantenimento nelle proprie attribuzioni «degli immobili adibiti a casello e/o magazzino idraulico, funzionali ad assicurare il servizio di piena in dette tratte».

Conseguentemente la nota invita le Agenzie del demanio interessate a non procedere al trasferimento di taluni beni immobili, ritenuti «funzionali all’attività residua di questo istituto».

2. ¾ La ricorrente Regione Friuli-Venezia Giulia lamenta che il Magistrato alle acque di Venezia, nel rivendicare la titolarità dello Stato sui beni in questione, avrebbe rivendicato anche l’esercizio delle funzioni amministrative connesse ed avrebbe, in tal senso, leso i parametri costituzionali invocati.

2.1. ¾ Preliminarmente la ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 341 del 2001, n. 212 del 1984 e n. 20 del 1956), che ha riconosciuto la deducibilità delle norme di attuazione degli statuti speciali delle Regioni autonome quali parametro nel giudizio di costituzionalità, anche ove il loro contenuto sia integrativo praeter legem e non meramente attuativo o esecutivo secundum legem degli statuti, con il limite della coerenza con le norme e le finalità degli statuti stessi.

Alla luce di questa giurisprudenza non sarebbe dubitabile, secondo la ricorrente, il tono costituzionale del conflitto sollevato in riferimento al decreto legislativo n. 265 del 2001, norma di attuazione dello statuto speciale della Regione autonoma ricorrente.

2.2. ¾ Nel merito la Regione Friuli-Venezia Giulia sostiene che alcuni dei beni elencati nella nota 3 aprile 2003, n. prot. 2096 del Magistrato alle acque di Venezia rientrino nel proprio demanio e nella propria competenza amministrativa, in quanto non pertinenti alle tratte del torrente Judrio e dei fiumi Livenza e Tagliamento che l’articolo 1 del decreto legislativo n. 265 del 2001 eccettua dal generale trasferimento alla Regione, lasciandole nella titolarità dello Stato.

In questa parte la nota impugnata, sostiene la ricorrente, violerebbe pertanto gli articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 265 del 2001, i quali attribuiscono alla Regione la titolarità dei beni e delle funzioni amministrative relative a tutto il demanio idrico statale, salvo i beni espressamente eccettuati.

2.3. ¾ In ordine ai restanti beni indicati nella suddetta nota la Regione non nega che essi siano pertinenti e strumentali alle tratte del torrente Judrio e dei fiumi Livenza e Tagliamento restate nel demanio idrico dello Stato, ma sostiene che l’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 265 del 2001, nel trasferire alla Regione autonoma, oltre ai beni ed alle funzioni cui si riferiscono i precedenti articoli 1 e 2, anche tutte le funzioni amministrative relative ai beni del demanio idrico attribuite alle Regioni ordinarie (e pertanto tutte quelle relative al demanio idrico, non espressamente conservate allo Stato dall’articolo 88 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”), avrebbe trasferito alla stessa dette funzioni anche in relazione ai beni del residuo demanio idrico statale.

La ricorrente sostiene, altresì, che «in conseguenza della titolarità delle funzioni» indicate nell’art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 265 del 2001 spetterebbero «alla Regione quei beni che sono strumentali al loro esercizio» e pertanto i restanti immobili indicati nella nota impugnata.

Detta nota del Magistrato alle acque sarebbe dunque lesiva delle attribuzioni regionali, quali configurate dall’art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 265 del 2001, «nei suoi due ultimi capoversi» e pertanto nella parte in cui rivendica allo Stato la titolarità dei beni in questione, in quanto funzionali alla propria residua attività di istituto.

2.4. ¾ La ricorrente rileva poi che, ove si intendesse conservare la competenza amministrativa statale in relazione a tali beni, si perverrebbe all’incongrua situazione per cui i fiumi Tagliamento e Livenza sarebbero gestiti, nei tratti a confine con la Regione Veneto, in sponda destra da questa Regione ordinaria e in sponda sinistra dallo Stato, con palese disparità di trattamento tra le due Regioni finitime.

Ancora la ricorrente rileva una contraddittorietà nel comportamento degli organi statali, dato che, in due occasioni, l’Ufficio del Genio civile di Pordenone ha chiesto finanziamenti alla Regione per sostenere le spese per il funzionamento dei beni reclamati dal Magistrato alle acque con la nota impugnata, in tal senso «confermando che la competenza ad utilizzare i beni in questione spetta alla Regione stessa».

3. ¾ Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in giudizio, chiedendo che venga dichiarata l’infondatezza del ricorso.

La difesa erariale sostiene, in particolare, che, al mantenimento nella titolarità statale di talune tratte del torrente Judrio e dei fiumi Livenza e Tagliamento, consegue “necessariamente” che siano conservate in capo al Magistrato alle acque, «oltre che gli immobili rivieraschi, anche le connesse funzioni amministrative (relative ai caselli e/o magazzini idraulici) che servono ad assicurare il controllo delle piene nella tratta in questione».

4. ¾ In prossimità dell’udienza pubblica la Regione Friuli-Venezia Giulia ha depositato una memoria nella quale ha contestato le deduzioni del Presidente del Consiglio dei ministri ed ha ulteriormente argomentato le prospettazioni poste a base del conflitto.

4.1. ¾ La ricorrente contesta, in particolare, le argomentazioni della relazione del Dipartimento affari regionali, secondo cui:

- dall’articolo 2 del decreto legislativo n. 265 del 2001, che trasferisce alla Regione le funzioni amministrative relative ai beni ad essa trasferiti ai sensi del precedente articolo 1, si evincerebbe che le funzioni amministrative sono strettamente correlate ai beni e ne seguono la destinazione;

- l’articolo 4, comma 2, del medesimo decreto, che consente allo Stato di avvalersi degli uffici della Regione per lo svolgimento delle funzioni amministrative rimaste di sua competenza, riguarderebbe proprio le funzioni amministrative relative ai beni restati nella titolarità del demanio statale, in quanto la disposizione non avrebbe ragione d’essere ove le attribuzioni statali in ordine ai propri beni fossero limitate, come assume la Regione, ai soli “compiti di rilievo nazionale” sanciti dall’art. 88 del decreto legislativo n. 112 del 1998, essendo questi “compiti di indirizzo e programmazione e non funzioni amministrative”.

4.2. ¾ La Regione Friuli-Venezia Giulia sostiene al riguardo che l’interpretazione statale delle norme in questione non sarebbe sostenibile, dato che “la chiara dizione” dell’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 265 del 2001 affiderebbe alla Regione le funzioni amministrative anche in relazione ai tratti di fiume di proprietà statale e ritiene che l’articolo 4, comma 2, del medesimo decreto legislativo sarebbe una generica clausola residuale («nel senso che qualora allo Stato residuassero funzioni amministrative in relazione al demanio idrico, esso sarebbe abilitato ad avvalersi degli uffici regionali»).

La ricorrente afferma poi che l’inserimento dell’articolo 3, comma 1, sarebbe avvenuto successivamente alla originaria stesura del decreto legislativo in questione e che sarebbe stato determinato dalla necessità di adeguare e pareggiare le competenze della Regione a statuto speciale con quelle conferite dal decreto legislativo n. 112 del 1998 alle Regioni ordinarie. Questo spiegherebbe, a dire della ricorrente, il non del tutto agevole coordinamento dell’articolo 3, comma 1, con le altre disposizioni del decreto.

4.3. ¾ La Regione Friuli-Venezia Giulia ricorda, infine, di avere finanziato opere (di consolidamento di argini e completamento di diaframmature lungo il corso del fiume Tagliamento) relative al residuo demanio idrico statale, avvalendosi anche del Magistrato alle acque di Venezia, e di avere ricevuto, sempre in relazione all’attività di gestione del demanio idrico statale, una richiesta di accreditamento di spese per servizi istituzionali da parte di uffici statali (nota 3 giugno 2003, n. prot. 1983 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Ufficio del Genio civile di Udine), che avrebbero in tal senso, implicitamente, riconosciuto la titolarità regionale della competenza controversa.

Considerato in diritto

1. ¾ La Regione Friuli-Venezia Giulia impugna la nota 3 aprile 2003, n. prot. 2096 del Provveditorato regionale alle opere pubbliche – Magistrato alle acque di Venezia, con la quale, in riferimento all’art. 1 del decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo, nonché di funzioni in materia di risorse idriche e di difesa del suolo), si eccettua dal trasferimento al demanio della Regione talune tratte del torrente Judrio e dei fiumi Tagliamento e Livenza e si invitano le Agenzie del demanio interessate a non procedere al trasferimento a favore dell’ente territoriale di alcuni beni immobili (caselli e magazzini idraulici) del demanio idrico statale.

1.1. ¾ La ricorrente lamenta che il Magistrato alle acque di Venezia avrebbe leso le prerogative della Regione a statuto speciale, in quanto nel riaffermare la titolarità dello Stato su tali beni:

a) da un lato, avrebbe erroneamente rivendicato alcuni immobili già trasferiti alla Regione in base agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 265 del 2001;

b) dall’altro, avrebbe rivendicato non solo gli immobili costituenti pertinenze delle tratte del torrente Judrio e dei fiumi Tagliamento e Livenza restate nel demanio statale, ma anche l’esercizio delle funzioni amministrative connesse.

In ordine agli immobili costituenti pertinenze del residuo demanio idrico dello Stato la ricorrente sostiene che essa, indipendentemente dalla titolarità statale sulle ricordate tratte fluviali, sarebbe competente, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 265 del 2001, all’esercizio delle funzioni amministrative e che, in ragione di questa competenza amministrativa, pure detti immobili, aventi carattere strumentale allo svolgimento delle relative funzioni, dovrebbero considerarsi trasferiti a proprio favore.

2. ¾ In relazione alla rivendicazione della titolarità degli immobili (caselli e magazzini idraulici) non strumentali alle tratte del torrente Judrio e dei fiumi Livenza e Tagliamento, rimaste nel demanio idrico statale, il ricorso è inammissibile.

2.1. ¾ La pressoché costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ultimo sentenza n. 177 del 2005, ma anche sentenze numeri 179 del 2004, 95 del 2003, 213 del 2001, 444 del 1994, 211 del 1994, 309 del 1993, 111 del 1976) esclude l’ammissibilità di un conflitto tra enti, quando si controverta della titolarità di beni (vindicatio rei) e non della spettanza o della delimitazione di funzioni attribuite dalla Costituzione o dagli statuti speciali di autonomia e dalle relative norme di attuazione (vindicatio potestatis), essendo nel primo caso la questione da proporre nelle forme ordinarie davanti ai giudici comuni competenti.

2.2 ¾ In relazione ai suddetti immobili, in effetti, la ricorrente pone una mera questione di titolarità, asserendo che gli stessi, non pertinenti alle tratte del torrente Judrio e dei fiumi Livenza e Tagliamento, restati nel demanio statale, sarebbero ricompresi tra quelli di cui l’art. 1 del decreto legislativo n. 265 del 2001 prevede il trasferimento alla Regione.

Si tratta, come è in tutta evidenza, di una questione priva di tono costituzionale, giacché involge unicamente un aspetto proprietario e richiede l’accertamento, di puro fatto, in ordine alla sussistenza di un nesso pertinenziale tra i beni rivendicati dallo Stato e le tratte fluviali di sua competenza.

3. ¾ In relazione ai restanti beni immobili cui si riferisce la nota impugnata del Magistrato alle acque di Venezia e sulla cui natura pertinenziale e strumentale ai beni del residuo demanio idrico statale le parti sono concordi, il ricorso è invece infondato.

3.1. ¾ La ricorrente muove, a ben vedere, dal presupposto interpretativo che l’art. 3 del decreto legislativo n. 265 del 2001 individui una competenza ulteriore rispetto a quella delineata dai precedenti articoli 1 e 2 e, pertanto, che esso, ferma la competenza regionale sui beni del demanio idrico oggetto di trasferimento a favore dell’ente territoriale, estenda alla residua parte del demanio idrico statale il regime proprio delle Regioni a statuto ordinario, di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).

3.2. ¾ L’interpretazione proposta dalla ricorrente, che varrebbe ad attribuire alla stessa le funzioni amministrative, diverse dai “compiti nazionali” di cui all’art. 88 del decreto legislativo n. 112 del 1998, sui beni del demanio idrico restati allo Stato, non è condivisibile.

Gli articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 265 del 2001 pongono infatti un chiaro parallelismo tra titolarità del bene demaniale (e relative pertinenze) ed esercizio delle relative funzioni amministrative di gestione e cura.

In quest’ambito e coerentemente con la ratio complessiva della disciplina in questione l’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 265 del 2001, lungi dal configurare competenze accessorie o ulteriori della ricorrente, si limita a specificare il contenuto delle funzioni trasferite alla Regione speciale ai sensi del precedente articolo 2, salvaguardando, non diversamente da quanto è avvenuto in relazione alle Regioni ordinarie, l’esercizio unitario dei compiti di indirizzo e programmazione.

3.3. ¾ La diversa interpretazione proposta dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, oltre a contraddire la logica del parallelismo sottesa al decreto legislativo n. 265 del 2001, verrebbe d’altra parte a negare la legittimità dell’esercizio dei compiti nazionali di cui all’art. 88 del decreto legislativo n. 112 del 1998 in relazione ai beni trasferiti, con chiara ed inammissibile compromissione delle esigenze di tutela generale dei bacini idrografici sottese alla norma in questione.

La tesi della ricorrente renderebbe, inoltre, sostanzialmente inutile la disposizione dell’articolo 4, comma 2, dello stesso decreto legislativo n. 265 del 2001, il quale prevede la facoltà di avvalimento degli uffici regionali da parte dello Stato per l’esercizio delle sue funzioni. Considerato che i compiti nazionali di cui all’articolo 88 del decreto legislativo n. 112 del 1998 si sostanziano in attività generali di programmazione e coordinamento proprie degli organi statali e che sarebbe irrazionale e contraddittoria una delega di esercizio agli uffici regionali, risulta evidente che possa darsi un contenuto concreto al disposto dell’art. 4, comma 2, solo ove non si neghi, come invece fa la Regione, l’esistenza di compiti amministrativi residui dello Stato.

3.4. ¾ Neppure condivisibile è l’argomentazione della ricorrente, che lamenta, sotto taluni profili, un trattamento deteriore rispetto alle Regioni a statuto ordinario.

La disciplina dettata dal decreto legislativo n. 265 del 2001, incentrata sul trasferimento alla Regione non solo di competenze amministrative ma anche della gran parte dei beni del demanio idrico (e relative pertinenze), non consente infatti una comparazione con la situazione delle Regioni ordinarie in relazione a singoli aspetti e certamente risulta nel complesso non deteriore per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

3.5. ¾ Né, infine, può condividersi la tesi della ricorrente che spiega l’incoerenza tra la propria lettura dell’articolo 3 ed il disposto dell’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 265 del 2001 in ragione della lunga e poco coordinata genesi storica delle norme in questione, dato che l’interpretazione obiettiva del complessivo disposto del decreto legislativo n. 265 del 2001 impone, necessariamente, un coordinamento sistematico e teleologico tra le varie norme, senza che assumano rilievo elementi ulteriori o diversi.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spettava allo Stato, e per esso al Provveditorato regionale alle opere pubbliche – Magistrato alle acque di Venezia, invitare, con nota del 3 aprile 2003, n. prot. 2096, le Agenzie del demanio a non procedere al trasferimento degli immobili adibiti a casello e/o magazzino idraulico, funzionali ad assicurare il servizio di piena nella tratta del torrente Judrio che delimita il confine di Stato e nelle tratte dei fiumi Livenza e Tagliamento che delimitano il confine tra le Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia;

dichiara, per il resto, inammissibile il conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia nei confronti dello Stato, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2005.

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2005.