Ordinanza n. 273 del 2005

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ORDINANZA N. 273

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Piero Alberto CAPOTOSTI                                         Presidente

-  Fernanda   CONTRI                                                        Giudice

-  Guido        NEPPI MODONA                                             ”

-  Annibale    MARINI                                                            ”

-  Franco       BILE                                                                  ”

-  Giovanni Maria FLICK                                                        ”

-  Francesco  AMIRANTE                                                      ”

-  Ugo           DE SIERVO                                                      ”

-  Romano     VACCARELLA                                                ”

-  Paolo         MADDALENA                                                 ”

-  Alfio          FINOCCHIARO                                               ”

-  Alfonso     QUARANTA                                                     ”

-  Franco       GALLO                                                              ”

ha pronunciato la seguente                                                

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5-ter, terzo comma, della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), introdotto dall’art. 1, comma 3, della legge 26 luglio 1995, n. 328 (Introduzione della prova di preselezione informatica nel concorso notarile), promosso con ordinanza del 4 ottobre 2004 dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Catarci Francesco ed altri contro il Ministero della giustizia ed altri, iscritta al n. 90 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2005.

Visti  gli atti di costituzione di Gervasio Paola ed altri, di Chiarini Lorenzo nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 21 giugno 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi l’avvocato Giuseppina Schettino per Gervasio Paola ed altri e l’avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione I, ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per violazione degli articoli 3 e 97, primo e terzo comma, della Costituzione – dell’art. 5-ter, terzo comma, della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), introdotto dall’art. 1, comma 3, della legge 26 luglio 1995, n. 328 (Introduzione della prova di preselezione informatica nel concorso notarile);

che il Tribunale rimettente deduce, preliminarmente, di essere stato adito, anche in sede cautelare, da taluni aspiranti notai, i quali – impugnati i bandi, pubblicati in data 9 gennaio 2001 e 31 dicembre 2002, di due concorsi a duecento posti di notaio – censurano specificamente le previsioni concernenti «le modalità di svolgimento della relativa prova di preselezione»;

che i predetti ricorrenti, sul presupposto di aver presentato domanda di partecipazione a tali concorsi, hanno dedotto «l’invalidità della previsione impugnata principalmente a cagione dell’illegittimità dell’art. 1 della legge 26 luglio 1995, n. 328, istitutivo della preselezione informatica per l’accesso alle prove scritte del concorso notarile»;

che, a loro dire, tale prova preliminare «comprometterebbe una seria e ragionevole selezione, trattandosi di un sistema per sua natura inidoneo a dimostrare l’effettiva preparazione dei candidati e contrario al buon andamento dell’amministrazione», e ciò soprattutto in ragione del fatto che «le sue finalità, di natura organizzativa, interferirebbero negativamente con l’opera di verifica della preparazione dei candidati»;

che, sempre ad avviso dei medesimi ricorrenti, «il limite numerico» previsto dall’art. 5-ter, terzo comma, della legge n. 89 del 1913, «introdurrebbe un criterio apodittico di riduzione dei candidati ad un esame di abilitazione professionale, e, subordinando la partecipazione dei concorrenti ad indici numerici che esulano dalla valutazione della loro preparazione, esaspererebbe la natura aleatoria e mnemonica della prova»;

che il giudice a quo, previamente sottolineata «l’infondatezza delle censure di parte non riconducibili a questioni di legittimità costituzionale», pone in luce, di conseguenza, la rilevanza di queste ultime, atteso che da esse dipendono, in definitiva, «le sorti dei ricorsi in esame»;

che il rimettente – nel ripercorrere le ragioni dell’introduzione della norma impugnata – evidenzia come attraverso lo strumento della procedura preselettiva si siano voluti affrontare «gli inconvenienti derivanti dalla crescente moltitudine dei partecipanti al concorso notarile», ponendo così rimedio all’aggravamento delle «operazioni connesse all’espletamento delle sue prove scritte» ed al prolungamento a dismisura dei «tempi occorrenti per la correzione degli elaborati»;

che la finalità della “preselezione” è, dunque, «quella di operare una prima scrematura tra gli aspiranti», e cioè di accertare «il possesso da parte loro di un livello di preparazione minimo»;

che, pertanto, non appare irragionevole, «a scopi di semplificazione ed accelerazione dell’iter concorsuale», la previsione «della necessità di sottoporre i candidati ad una prova preliminare preordinata ad accertare il possesso da parte loro dei requisiti culturali di base», rispondendo all’esigenza «di ridurre il numero dei partecipanti alle prove scritte – con conseguente riduzione della complessità e dei tempi della procedura – attraverso un meccanismo semplice e tale da garantire la parità di trattamento degli interessati»;

che, dunque, secondo il rimettente lo strumento della preselezione informatica, nella sua configurazione astratta, non si sostanzia «in un sistema ontologicamente inidoneo a dimostrare la preparazione dei candidati e contrario al parametro del buon andamento dell’amministrazione»;

che le considerazioni appena svolte, tuttavia, non varrebbero – secondo il giudice a quo – a mandare automaticamente esente dai prospettati dubbi di illegittimità costituzionale la disposizione legislativa che prevede la preselezione informatica nell’ambito del concorso notarile;

che, difatti, il «vaglio di una disciplina legislativa in punto di conformità ai canoni di ragionevolezza e buon andamento amministrativo», prosegue il Tribunale rimettente, «non può risolversi nell’ambito di una dimensione puramente astratta, in termini avulsi dalle conseguenze» prodotte «nel suo venire a contatto con la fenomenologia da essa regolata», occorrendo, invece, attribuire rilievo anche a queste ultime, allorché le stesse «non scaturiscono dal concorso di cause anomale o altri fattori contingenti», dovendo piuttosto «considerarsi come fedele proiezione della stessa disciplina sulla realtà regolata»;

che alla luce di una valutazione di tale natura dovrebbe prendersi atto, secondo il giudice a quo, che gli svolgimenti del meccanismo preselettivo nel concorso notarile hanno costantemente condotto a limitare l’ammissione alle successive prove scritte ai soli aspiranti non incorsi in alcun errore, sancendo invece l’esclusione di tutti coloro che abbiano commesso «un ridotto numero di sbagli e, al limite, anche uno solo»;

che, pertanto, avendo la preselezione «costantemente funzionato nella pratica nel senso di esigere, nei candidati, la mancanza di qualsivoglia errore e la necessità indefettibile del raggiungimento del punteggio massimo», ciò evidenzierebbe «come la realtà abbia reagito in modo difforme da quanto immaginato in sede di previsione normativa», giacché «tutto il complesso apparato sulla classificazione dei quesiti per gradi di difficoltà si è sistematicamente rivelato inutile e privo di senso, così come il rituale della formazione di una graduatoria»;

che, inoltre, l’innesto della preselezione informatica nel concorso notarile – essendo lo stesso contraddistinto dalla «necessità di una previa pratica biennale particolarmente impegnativa» per gli aspiranti, nonché dal «carattere settoriale ma estremamente specialistico delle materie di studio» (circostanze che escludono, secondo il rimettente, che lo stesso si presti «ad improvvisazioni e tentativi estemporanei da parte di aspiranti impegnati su molteplici fronti», vedendo, invece, «cimentarsi platee di candidati in gran parte notevolmente motivati e concentrati in maniera pressoché esclusiva nel preciso obiettivo professionale prescelto») – avrebbe «fatalmente indotto» gli aspiranti notai «ad una pratica di massa di meccanica memorizzazione passiva» dei quesiti oggetto della prova preliminare, la quale, a sua volta, «ha portato ad un altissimo numero di concorrenti – sicuramente superiore al preventivato – in grado di non incappare in alcun errore»;

che, in tal modo, lo svolgimento della prova preliminare finisce col richiedere «un patrimonio di acquisizioni mnemoniche eccellenti, e non di semplice o magari qualificata sufficienza», ponendosi così in contrasto – donde l’ipotizzata irragionevolezza dell’impugnata disposizione di legge – «con la funzione della preselezione di operare una prima scrematura» dei candidati;

che, inoltre, la preselezione informatica – nel valorizzare «un quid che non può essere incondizionatamente apprezzato, in realtà, come indice di una superiore preparazione o capacità tecnico-professionale», giacché «costringe la platea degli aspiranti notai ad indugiare oltre modo in una spossante opera di memorizzazione (e indi di ripasso periodico) di dati normativi o pseudonormativi» – finirebbe col distogliere costoro «dallo studio vero e proprio»;

che in tale situazione, quindi, si produrrebbero anche evidenti «ricadute negative sull’approfondimento delle attività di studio e sullo sviluppo delle capacità di analisi di tutti gli interessati», giacché molti di essi «finiranno con il dedicare alle attività realmente formative energie e tempi ridotti», il tutto in palese contrasto «con l’interesse pubblico ad ottenere attraverso la selezione» le «migliori individualità», donde l’ipotizzata violazione anche dell’art. 97, primo e terzo comma, della Costituzione;

che, peraltro, secondo il giudice a quo, ad eliminare la descritta condizione di illegittimità costituzionale che connota la disposizione impugnata basterebbe introdurre nel suo testo «la previsione a priori di una congrua soglia massima di errori suscettibile di portare in ogni caso al superamento della preselezione»;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, in via preliminare, che la presente questione di legittimità costituzionale sia «dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza nel processo a quo»;

che, identificato il petitum della domanda proposta dai ricorrenti nella mera richiesta di «annullamento, previa sospensione, del provvedimento di esclusione dalle prove scritte del concorso notarile» (non avendo essi agito anche per «l’annullamento di tutto il concorso e la ripetizione di tutte le prove, a parità di condizioni, da parte di tutti i concorrenti»), la difesa erariale reputa essersi verificata la «improcedibilità dei ricorsi per sopravvenuta carenza di interesse»;

che, inoltre, la circostanza dell’avvenuto espletamento delle prove scritte (con esito oltretutto negativo per il solo dei ricorrenti che risulta avervi preso parte, giacché ammesso con riserva in forza del concesso provvedimento cautelare) comporta che «un ipotetico accoglimento della questione di costituzionalità sollevata non potrebbe avvantaggiare in alcun modo i ricorrenti»;

che l’Avvocatura generale dello Stato deduce l’inammissibilità della questione anche sotto un ulteriore profilo, ponendo in luce come nel caso di specie il dubbio di costituzionalità «non riguardi la disciplina legislativa», bensì le conseguenze da essa prodotte, essendo invece del tutto evidente «come il controllo di conformità della legge ai principî costituzionali non possa parametrarsi a fatti casuali e contingenti»;

che, infine, quanto al merito della questione, la difesa erariale svolge diverse argomentazioni, per lo più comunque dirette ad evidenziare come non sia «irragionevole che la legge non determini una soglia massima di errori che garantisca il superamento della prova selettiva» (scegliendo, invece, di ricollegare tale esito «al risultato dei migliori» e quindi indirettamente «alle performances altrui»), giacché «la valutazione comparativa è insita nel sistema del concorso che, a differenza dell’esame di abilitazione, è volto a selezionare non i meritevoli, ma i più meritevoli, tenendo conto del limitato numero dei posti disponibili rispetto al numero dei partecipanti»;

che sono intervenuti in giudizio alcuni dei ricorrenti nel giudizio a quo, con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 25 marzo 2005, articolando le proprie difese su di un triplice piano argomentativo;

che, in primis, essi evidenziano che «i soggetti e gli organi istituzionali, all’uopo investiti del problema, si sono tutti orientati nel senso della necessità di modificare, ovvero abolire, la preselezione informatica al concorso notarile, avendone constatato l’inutilità e l’intrinseca irragionevolezza»;

che gli intervenienti, inoltre, rilevano che «la preselezione informatica, così come è disciplinata, contrasta con i principî che regolano l’accesso alle libere professioni»;

che, infine, i medesimi deducono l’esistenza di una «totale assenza di coerenza tra la normativa sull’accesso al concorso notarile e quella che ha riformato gli ordinamenti didattici universitari introducendo le scuole di specializzazione», vale a dire la legge del 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari);

che su tali basi gli interventori hanno non solo ribadito le censure di legittimità costituzionale già sollevate dal rimettente, ma hanno, altresì, proposto autonome doglianze;

che, in particolare, essi hanno dedotto la contrarietà dell’impugnata disposizione normativa anche agli articoli 3, 4 e 97 della Costituzione, perché la stessa «unitamente alla disposizione che ha abbassato il limite massimo di età a 40 anni, scoraggia l’iscrizione al concorso degli studenti che lavorano, i quali non hanno il tempo materiale necessario per poter memorizzare perfettamente i quiz, e degli studenti meno abbienti, che non possono rischiare, per una svista o per un futile errore di memoria di vanificare anni di studio serio e ragionato»;

che, conclusivamente, viene ipotizzata la violazione dell’art. 3 della Carta fondamentale anche in ragione della «diseguaglianza di trattamento tra i laureati in giurisprudenza che parteciperanno ai prossimi concorsi per uditori giudiziari», giacché dispensati dalla legge 13 febbraio 2001, n. 48 (Aumento del ruolo organico e disciplina dell’accesso in magistratura) «dall’inutile fardello della preselezione», e coloro i quali «vogliono accedere al notariato, ancora vessati»;

che, con memorie depositate presso la cancelleria della Corte, rispettivamente il 7 e l’8 giugno 2005, l’Avvocatura generale dello Stato e gli interventori nel presente giudizio hanno ribadito le proprie argomentazioni;

che con atto, depositato fuori termine, è intervenuto nel presente giudizio anche altro ricorrente nel giudizio a quo.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per violazione degli articoli 3 e 97, primo e terzo comma, della Costituzione – dell’art. 5-ter, terzo comma, della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), introdotto dall’art. 1, comma 3, della legge 26 luglio 1995, n. 328 (Introduzione della prova di preselezione informatica nel concorso notarile);

che il citato comma prevede che «è ammesso a sostenere le prove scritte» del concorso de quo «un numero di candidati pari a cinque volte i posti a concorso, e comunque, non inferiore a novecento, secondo la graduatoria formata in base al punteggio conseguito da ciascun candidato nella prova di preselezione»;

che in via preliminare, peraltro, appare necessario chiarire – a fronte dell’iniziativa assunta dalle parti private intervenute nel presente giudizio, le quali hanno proposto questioni di costituzionalità ulteriori rispetto a quelle sollevate dal Tribunale rimettente – quali siano gli esatti limiti dell’odierno thema decidendum;

che, in proposito, va ribadito l’indirizzo interpretativo di questa Corte secondo cui l’oggetto del giudizio di costituzionalità in via incidentale «deve ritenersi limitato alle norme ed ai parametri indicati nelle ordinanze di rimessione, poiché, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non possono essere presi in considerazione, oltre i limiti in queste fissate, ulteriori questioni o profili di costituzionalità dedotti dalle parti, sia che siano stati eccepiti ma non fatti propri dal giudice a quo, sia che siano diretti ad ampliare o modificare successivamente il contenuto delle stesse ordinanze» (sentenza n. 244 del 2005; ordinanza n. 174 del 2003);

che, così delimitato l’oggetto del giudizio, deve concludersi nel senso della manifesta inammissibilità della sollevata questione di legittimità costituzionale, e ciò in base al rilievo – assorbente rispetto ad ogni altro profilo oggetto di eccezione da parte della difesa erariale – che l’iniziativa assunta dal giudice rimettente è diretta sostanzialmente a sollecitare un intervento di questa Corte non meramente “caducatorio”, bensì di tipo manipolativo-creativo;

che, infatti, il giudice a quo – muovendo dal presupposto che quello della preselezione informatica, nella sua configurazione astratta, non si sostanzia «in un sistema ontologicamente inidoneo a dimostrare la preparazione dei candidati e contrario al parametro del buon andamento dell’amministrazione» – non richiede l’eliminazione tout court della disposizione impugnata, bensì la manipolazione del suo testo attraverso «la previsione a priori di una congrua soglia massima di errori suscettibile di portare in ogni caso al superamento della preselezione»;

che in tal modo il Tribunale amministrativo rimettente sollecita «una operazione di “riempimento” dei contenuti della norma che (…) si palesa comunque estranea, per il suo carattere apertamente “creativo”, ai poteri di questa Corte, rimanendo eventualmente affidata alla discrezionalità del legislatore» (così da ultimo – seppur in materia diversa da quella in esame – sentenza n. 382 del 2004);

che solo il legislatore nella sua discrezionalità potrebbe stabilire quale sia siffatta «congrua soglia massima di errori» idonea a consentire il superamento della preselezione;

che, pertanto, appare del tutto evidente come il richiesto intervento “correttivo” presupponga una valutazione discrezionale anche in relazione alla scelta del modus operandi, come tale evidentemente riservata al solo legislatore e per definizione preclusa, invece, a questa Corte;

che, in base alle considerazioni che precedono, deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità della proposta questione di legittimità costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5-ter, terzo comma, della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), introdotto dall’art. 1, comma 3, della legge 26 luglio 1995, n. 328 (Introduzione della prova di preselezione informatica nel concorso notarile), sollevata – in riferimento agli artt. 3 e 97, primo e terzo comma, della Costituzione – dal Tribunale amministrativo per il Lazio, con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2005.

F.to:

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2005.