Ordinanza n. 226 del 2005

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ORDINANZA N. 226

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Fernanda         CONTRI                    Presidente

- Guido             NEPPI MODONA      Giudice 

- Piero Alberto  CAPOTOSTI                    “

- Annibale         MARINI                           “

- Franco             BILE                                 “

- Giovanni Maria FLICK                            “

- Francesco        AMIRANTE                     “

- Ugo                 DE SIERVO                     “

- Romano          VACCARELLA               “

- Paolo               MADDALENA                “

- Alfio               FINOCCHIARO              “

- Alfonso           QUARANTA                   “

- Franco             GALLO                            “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza del 9 giugno 2004 dal Giudice di pace di Sant’Angelo dei Lombardi nel procedimento civile vertente tra Ruggiero Giuseppe e la Regione Campania, iscritta al n. 933 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2004.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2005 il Giudice relatore Ugo De Siervo.

Ritenuto che, con ordinanza del 9 giugno 2004, il Giudice di pace di Sant’Angelo dei Lombardi nel procedimento civile avente ad oggetto l’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione;

che, premette il giudice a quo, il ricorrente avrebbe presentato istanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale relativamente all’art. 18 della legge sopra citata nella parte in cui, prevedendo la possibilità per gli interessati di far pervenire all’autorità scritti difensivi e documenti entro trenta giorni dalla data di contestazione o notificazione della violazione, non prevede per gli interessati la facoltà di consegnare tali scritti e documenti all’Ufficio postale nel rispetto del termine suddetto;

che il giudice a quo ritiene che tale norma contrasterebbe con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, in quanto rappresenterebbe un indubbio e ingiustificato ostacolo per la tutela in sede giurisdizionale dei diritti del ricorrente il quale «potrebbe essere di fatto privato della possibilità di far pervenire scritti e documenti comprovanti la sua estraneità alla violazione»;

che richiamando giurisprudenza di questa Corte, la quale avrebbe affermato il principio secondo cui il diritto di difesa non può essere pregiudicato da attività riferibile a terzi, il giudice a quo ritiene che tale principio dovrebbe essere «esteso a tutte le ipotesi di contraddittorio per l’irrinunciabile esercizio del diritto di difesa» (sentenza n. 447 del 2002, recte sentenza n. 477 del 2002);

che l’ordinanza si conclude con l’affermazione della rilevanza della questione ai fini della definizione del giudizio;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, la quale ha preliminarmente rilevato che la questione sarebbe inammissibile per difetto assoluto di motivazione in ordine alla rilevanza della questione;

che nel merito, secondo l’Avvocatura, il dubbio di legittimità sarebbe comunque privo di fondamento, in quanto la disposizione censurata disciplinerebbe una fase amministrativa della procedura (in particolare la facoltà riconosciuta all’interessato di far pervenire scritti difensivi e/o documenti al Prefetto ovvero la richiesta di essere sentiti), nella quale sarebbe del tutto fuori luogo richiamare il diritto di difesa costituzionalmente garantito e paventarne la violazione;

che il caso in esame non rientrerebbe, secondo la difesa dello Stato, nell’ipotesi prevista dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale si riferisce a deroghe alla regola generale della improrogabilità dei termini perentori soltanto qualora l’inutile decorso dei termini derivante da causa non imputabile alla parte onerata abbia determinato la perdita definitiva del diritto vantato e l’impossibilità per la parte di agire altrimenti e difendersi in giudizio per la tutela dei propri diritti;

che nel giudizio a quo la parte conserverebbe comunque la facoltà di opporsi all’ordinanza eventualmente pronunciata dall’autorità amministrativa e di far valere in giudizio i propri diritti.

Considerato che il Giudice di pace di Sant’Angelo dei Lombardi, nel sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, ha omesso di fornire alcuna descrizione della fattispecie oggetto del suo giudizio;

che, inoltre, l’ordinanza di rimessione non contiene alcuna motivazione sulla rilevanza della questione ai fini della definizione del giudizio, soltanto apoditticamente affermata;

che pertanto deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità della questione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2005.

Fernanda CONTRI, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Depositata in Cancelleria l'8  giugno 2005.